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Le politiche sociali in ambito familiare e minorile

Capitolo III Fondamenti teoric

4. Le politiche sociali in ambito familiare e minorile

Le associazioni e reti di famiglie affidatarie svolgono innanzitutto una preziosa attività di «informazione, sensibilizzazione e promozione dell’affidamento familiare sul territorio» nonché di «confronto e formazione, finalizzate anche al mantenimento nelle famiglie della motivazione all’affidamento familiare» (E. CARRÀ, I molti «volti» dell’associazionismo

familiare: due studi di caso, in Di Nicola P. (a cura di), «Famiglia e politiche di welfare», Sociologia e politiche sociali, I, 3, 153-179, 1998)

In merito alle altre attività di cura degli affidamenti (progettazione- abbinamento, monitoraggio, …) le Linee di Indirizzo indicano la possibilità che le équipe multidisciplinari dei Centri per l’affidamento familiare si avvalgano della collaborazione dell’associazionismo. Assai importante è il ruolo che l’associazionismo può svolgere nella promozione di percorsi di rete territoriale con le diverse agenzie locali competenti a vari livelli in ambito minorile, familiare e sociale: scuole, parrocchie, associazioni culturali e sportive, comitati di quartiere, etc. (R. TANGORRA a cura di; Linee di

indirizzo per l’affidamento familiare, ministero del lavoro e delle politiche sociali, Azienda Poligrafica TecnoStampa, Villa d’Agri (PZ), 2012).

140 Esistono numerosi ambiti nei quali la presenza delle associazioni è molto importante come per esempio l’affidamento con sostegni professionali, l’accoglienza familiare madre bambino, l’affidamento part-time e le esperienze di solidarietà inter-familiare, l’accompagnamento all’autonomia dei neo-maggiorenni.

Senza entrare nel merito dei diversi approcci e dei relativi punti di forza e di criticità, è possibile affermare che la selezione delle famiglie deve vedere il coinvolgimento attivo e la responsabilità ultima degli operatori pubblici e che, al contempo, occorre tenere presenti e valorizzare gli elementi conoscitivi forniti dalle associazioni – le quali approcciano le famiglie da angolazioni e punti di vista diversi (e integrativi) da quelli dei servizi pubblici (E. MORETTI, E.GABALLO, affidamenti familiari e collocamenti in comunità al

31.12.2012, rapporto finale, Quaderni della Ricerca Sociale n. 31-2015,

141 L’affido e l’accoglienza sono temi complessi e multisettoriali e lo è anche il sistema operativo che si è sviluppato attorno alla tutela del minore; in tale contesto la composizione di diversi punti di vista, di approcci e di linee guida è la chiave che permette la buona riuscita di un percorso di accoglienza (I. COMELLI, L. SAVIANE, Affido familiare. Sguardi e orizzonti

dell'accoglienza, Vita e Pensiero, Milano, 2013).

Così come l’intervento sociale si snoda a partire da tale complessità anche i contributi teorici, pur differenti, si intrecciano per poter al meglio delineare i confini di tale oggetto.

Nel corpo della presente literature review trovano posto il paradigma dell’attaccamento, vero baluardo intramontabile di chi si occupa di minori e famiglie, ma anche il concetto di resilienza psicologica, che rappresenta un aspetto più individuale del singolo minore e della singola famiglia. Nella prospettiva relazionale simbolica, nata nell’alveo della psicologia sociale, troviamo inoltre la concezione del “sistema famiglia” e l’analisi dei confini relazionali, dell’appartenenza come fulcro teorico attorno a cui ruota l’innesto del minore in una nuova famiglia e la considerazione della famiglia come “corpo”.

Da tali fondamenti teorici nasce la considerazione di cosa sia un buon intervento in tale ambito, e a quali dati imprescindibili debba ascriversi perché possa essere ritenuto tale.

Al termine dell’elaborato trova spazio la riflessione condivisa dalle linee guida nazionali sull’affido e dagli autori che si sono espressi in tal senso riguardo a cosa sia e cosa serva l’associazionismo famigliare, e come possa contribuire a

142 L’attuale complessità teorica si è strutturata riflettendo su un fenomeno la cui storia affonda nel tempo, i cosiddetti “bambini allevati altrove” o “gli esposti”, che un tempo le famiglie stesse mandavano “a balia” e riprendevano quando erano orami grandi o che abbandonavano (A.PALMONARI, I servizi per

bambini e ragazzi in difficoltà: innovazioni e valutazioni, in Canali C., Vecchiato T., Whittaker J.K. (a cura di), Conoscere i bisogni e valutare l’efficacia degli interventi per bambini, ragazzi e famiglie in difficoltà,

Fondazione Zancan, Padova 2008.)

Storicamente i bambini allontanati dalla famiglia o nascevano in famiglie assolutamente disgregate, incompetenti e spesso inesistenti, o godevano di misure di tutela sociale. Il moderno istituto dell’affidamento familiare è la conseguenza diretta dell’evoluzione e del consolidamento di un’antica prassi, che è andata a definire i diritti dei minori in condizione di fragilità (V. BELLOTTI, a cura di, accogliere bambini, biografie, storie e famiglie, le

politiche di cura, protezione e tutela in Italia, Questioni e documenti, n. 24,

Istituto degli Innocenti, Firenze 2002).

Pratica frequente in passato, l’affidamento di bambini a terzi, si trova anche nei poemi omerici dove è presente la figura della nutrice.

La nutrice era una figura che non solo allevava il piccolo, ma lo seguiva in tutta la sua vicenda con aspetti di protezione e famigliarità profonda che permanevano anche in età adulta (E. BECCHI, D. JULIA, Storia dell’infanzia, Laterza, Roma-Bari, 1996).

La letteratura dell’ 800 è ricca di storie di bambini “a balia” e allevati ed educati da istitutrici: legami importanti e significativi tanto per i bambini quanto per l’adulto che li accompagnava nella crescita.

143 loro famiglia, per esempio il patriarca (a volte il suocero) consentiva loro di intingere il pane nel vino finché durava l’allattamento.

Quando era in vigore una tradizione di questo genere, il legame familiare e “dinastico” era fortissimo, nonostante il bambino fosse altrove la famiglia lo riconosceva come proprio membro e il bambino, nonostante fosse cresciuto altrove, sentiva fortemente l’appartenenza al suo nucleo (F. MAZZUCCHELLI, Le famiglie sostitutive, quale protezione riparazione per il

minore allontanato. Documentazione agli atti della Cooperativa Progettazione

Onlus, Pedrengo (BG) 2011).

In passato, oltre ai figli legittimi, magari allevati altrove, era presente la categoria degli “innocenti” o degli “esposti”, bambini abbandonati che venivano accolti in istituzioni che testimoniavano il grande senso di responsabilità civile delle città.

Erano istituzioni che provvedevano all’accudimento, all’educazione, alla formazione professionale e alla dote per le fanciulle, sino a che gli ospiti diventavano adulti. Spesso erano istituzioni cittadine, quindi con un’impronta civile, ma con una ispirazione di carattere religioso ispirata dalla carità cristiana.

I minori che erano allevati altrove conservavano un marchio, quelli che in Francia tuttora sono chiamati «i figli dell’assistenza», e addirittura avevano il cognome che rivelava il loro passaggio dalle istituzioni, (per esempio i

Colombo a Milano, gli Innocenti a Firenze (B. DELGADO, storia dell’infanzia, Dedalo, Bari, 2002).

Nel dopoguerra e fino a tutti gli anni ’70, soprattutto le madri vedove, avevano la consuetudine di inviare i figli in quei grandi collegi nazionali, istituiti per queste categorie di orfani dove ricevevano formazione e istruzione scolastica.

144 opposte: o venire considerati a tutti gli effetti figli della famiglia accogliente e sentirsi uguale ai figli legittimi o essere considerati diversi e «ultimi» (D. Ghezzi, Il bambino compromesso e la sua famiglia in difficoltà, a cura di D. GHEZZI, F. VADILONGA, La tutela del minore. Protezione dei bambini e

tutela genitoriale, Raffaello Cortina editore, Milano, 1996).