Capitolo III Fondamenti teoric
6. L’appartenenza: tra attaccamento e separazione
Legata al tema dell’attaccamento vi è quello della separazione, altra chiave di lettura imprescindibile quando si tratta di affido e adozione. La separazione è una dinamica che si gioca insieme nella vita delle persone a quella dell’attaccamento. Con l’affido familiare gli specialisti intervengono di fatto su questi normali avvenimenti dinamici, quando valutano che la qualità dell’attaccamento rende difficile la crescita di un minore.
Nel concetto di “senso di appartenenza” confluiscono gli aspetti relativi all’attaccamento tra bambino e adulti significativi, l’importanza di sentirsi parte vitale di un gruppo (famiglia del bambino, famiglia affidataria, comunità, classe, squadra sportiva ecc.) e, dunque, il bisogno per ciascuno di disporre di un luogo fisico, emozionale, relazionale e sociale all’interno del proprio
165 garantire il diritto alla propria storia e, quindi, a non smarrire i ricordi: i bambini, crescendo, hanno, infatti, bisogno di avere un accesso sempre aperto ai propri ricordi, che costituiscono il fondamento della propria storia e quindi della propria identità personale.
Genitori affidatari e operatori si trovano a svolgere un ruolo complesso, dovendo garantire al bambino una nuova possibilità di attaccamento e sicurezza: non si pongono pertanto in antitesi fra loro, ma piuttosto si pongono nel ruolo di co-genitori, possibilmente alleati dei genitori naturali nel sostegno alla crescita del bambino, a partire, come si è detto, da una concezione plurale della genitorialità. Questo comporta un particolare lavoro di ridefinizione dei confini e degli spazi comuni tra famiglia affidataria, servizi e famiglia del bambino, per rendere possibile al bambino di trovare positivo senso alla sua duplice appartenenza familiare e sostenere attivamente ognuna delle due famiglie ad apprendere a giocare il suo ruolo in maniera chiara nei confronti del bambino e dell’altra famiglia, in modo che il bambino non divenga terreno di scontro e che fra i due soggetti si giochi una partita onesta e consapevole di solidarietà reciproca, piuttosto che uno scontro latente all’insegna della disistima e della svalutazione reciproca.
166 La riuscita dell’affido in ambito nazionale e internazionale è focalizzata nei seguenti fattori:
Stabilità del tipo di intervento e durata adeguata
Chiarezza del progetto di affido e possibilmente della tempistica Arrivare al livello di studi desiderato
Avere degli adulti di riferimento stabili Poter contare su relazioni intime
Fare in modo che il periodo di affido sia davvero un’esperienza terapeutica
Prevenire episodi di fuga o drop out
Poter accedere ai servizi specialistici per la cura del disagio mentale Poter effettuare una transizione protetta al mondo adulto
Aiutare i giovani ad acquisire un’indipendenza economica.
Per quanto riguarda l’Italia risultano poco più di 10.000 i minori che vengono dimessi dal progetto di accoglienza fuori dalla propria famiglia e le motivazioni rispetto alla dimissione sono prevalentemente il rientro in famiglia d’origine (34 % dei casi) ed il passaggio ad un’altra forma di accoglienza (nel 33% dei casi). Del rimanente solo l’8% raggiunge una collocazione autonoma, mentre il resto dei minori viene collocato in affido pre - adottivo (I. COMELLI, L. SAVIANE, Affido familiare. Sguardi e orizzonti
dell'accoglienza, Vita e Pensiero, Milano, 2013). I soggetti coinvolti
nell’affido sono numerosi come anche le dinamiche relazionali e personali che si attivano e si fa, pertanto, riferimento alla composizione di più attori e fattori in gioco. Per rispondere alla naturale complessità di questo intervento diventa
167 familiare è la forma di intervento maggiormente utilizzata come strumento di tutela per i minori (circa il 78% dei minori fuori famiglia). I ragazzi in affido nel 2010 negli USA, infatti, risultano essere circa 500 mila (US Department of Health and Human Services, 2011).
Di seguito vengono presentate tre direzioni di intervento che permettono di avviare reali pratiche di sostegno alle famiglie dei bambini affidati:
- family and strength centered (essere centrati sulla famiglia e sui punti di forza): la prima (direzione) richiama l’esigenza di considerare il mondo del
Bambino e non il solo bambino come cuore del processo di intervento. Ciò
significa che la famiglia del bambino nel suo insieme e le sue relazioni sono protagoniste del progetto. Se i genitori non sono inizialmente in grado di assumere questo ruolo «non collaborano, non vengono, sono ostili», vanno aiutati gradualmente a mettersi in questa posizione di autodeterminazione, che per molte famiglie costituisce un punto di arrivo piuttosto che di partenza, posizione dalla quale poter apprendere, poco alla volta, a risolvere i problemi che hanno condotto all’allontanamento. La collaborazione famiglie-servizi, in questa logica, viene considerata un punto di arrivo, non un prerequisito da verificare. Gran parte dei genitori, infatti, se aiutata a gestire i propri sentimenti, la propria identità e la propria situazione e come mobilitare le proprie risorse, «può contribuire positivamente alla stabilità e al benessere dei propri figli, può cambiare in molti aspetti della propria vita, ma questo sembra dipendere più da come gli operatori si rappresentano e favoriscono tale cambiamento, che dalla natura delle sue difficoltà» (G. SCHOFIELD, E. WARD, Understanding and working with parents of children in long-term
168 rapporto trasparente, di reale partenariato, in cui tutta la soggettività sia del bambino sia del genitore sono pienamente prese in considerazione nel progetto che li riguarda e in cui la dinamica prevalente è quella dell’aiuto e non del controllo e del potere, basata sulla trasparenza nelle decisioni, la lealtà e il rispetto reciproci. Costruire e mantenere tale legame non è semplice, richiede un approccio flessibile che comprenda diverse possibilità rispetto a come ascoltare, rispettare, interagire con i diversi genitori. Come si è già visto, partecipare «non significa solamente ‘prendere parte’ a qualche cosa, ma piuttosto ‘essere parte’, cioè l’essenza, la sostanza di una identità comune, di un noi al quale diamo vita partecipando» (P. CAGLIARI, A. BAROZZI, AND C. GIUDICI, Thoughts, theories and experiences: For an educational project
with participation, Children in Europe 6, 8-9, 2004).
Per partecipare, le persone hanno bisogno di avere accesso a servizi e interventi il più trasparenti e accoglienti possibili. La partecipazione, infatti, costituisce un indicatore di cambiamento positivo in quanto offre sia al bambino sia al genitore la possibilità di comprendere il senso della loro vicenda esistenziale, delle scelte che sono state fatte con e non su di loro, nonché di giungere a costruirsene una rappresentazione sensata che tesse una trama di senso fra i differenti eventi, anche negativi, e i soggetti che hanno preso parte alla loro vita. Sia i bambini che i genitori devono quindi poter essere costantemente informati, ascoltati, coinvolti nelle decisioni e discussioni che riguardano la loro vita.
La terza direzione è garantire l’accompagnamento e riguarda la necessità di garantire l’accompagnamento concreto e fattivo della famiglia del bambino (genitori e fratelli, famiglia allargata, nonni, zii, ecc.) nel poter apprendere a costruire una relazione positiva con il bambino, coerente nel tempo, basata sul
169 all’interno di una progettualità condivisa, in cui i diversi attori abbiano co- definito la direzione del percorso intrapreso e il senso da attribuire alle azioni. Una progettualità in cui sia garantita la piena partecipazione, oggettiva e soggettiva, al progetto della famiglia e del bambino e in cui venga superato l’attuale sbilanciamento per cui le forme del sostegno e dell’accompagnamento a favore della famiglia affidataria sono sovente più numerose, diversificate e qualificate di quelle garantite alla famiglia del bambino.
Va ricordato qui infine di non sottovalutare l’importanza dei fratelli: quando si parla di famiglia naturale è importante tenere presente che si parla non solo di genitori, ma di soggetti diversi con cui esistono relazioni affettive di natura e grado differente. I fratelli naturali ad esempio sono soggetti con cui esiste sovente un’intensità affettiva che aiuta a comprendere come davvero i bambini si possano aiutare a vicenda, assumendo il ruolo di tutori di resilienza gli uni per gli altri (B. CYRULNIK, La résilience ou le ressort intime, L’Harmattan, Paris, 2000).