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Il nodo centrale attorno al quale ruota tutto il sistema di pensiero elaborato da Lonergan è costituito dalla riflessione sul dinamismo intenzionale della coscienza, su come esso si struttura e sul processo di appropriazione necessario affinché ogni soggetto possa realizzarsi autenticamente.

Pertanto, per comprendere l’articolarsi del suo pensiero, è importante soffermarsi su cosa egli intenda per coscienza 63 e su come questo sistema venga

articolato, tenendo presente che, come sottolinea Pierpaolo Triani, questa «rappresenta il punto d’arrivo di un ampliamento e approfondimento dello studio della mente e, insieme, il punto di partenza per un successivo ampliamento al soggetto nella sua globalità» 64.

60 Ivi, p. 25.

61 Tale espressione ha richiesto particolare attenzione quanto alla sua traduzione; Natalino Spaccapelo ha specificato che «si può dire che i patterns sono i “tipi” primi e principali, ovvero i “modi” organizzativi fondamentali, che la “coscienza-esperienza” – nel suo vitale, naturale e spontaneo polimorfismo – incarna (i “tipi”) e differenzia (i “modi”) nel suo polivalente rapporto, “biologico, estetico, intellettuale, drammatico-pratico” e variamente disturbato o/e deformato, con la realtà»; cfr.

Comprendere e essere, OBL 5, p. 59, annotazione 1 [del curatore]. 62 Insight, OBL 3, pp. 252-263.

63 Tra i principali testi lonerganiani sulla coscienza si segnala: De constitutione Christi ontologica et

psychologica, Apud aedes Universitatis Gregorianae, Romae 1956, 19582, pp. 83-89; Insight, OBL 3, pp. 320-328; Il Metodo in Teologia, OBL 12, cap. I, pp. 33-56.

31 3.1.La nozione di coscienza

Lonergan concepisce la coscienza come attività e la analizza in relazione alla sua intenzionalità, partendo dalla categoria della presenza del soggetto a se stesso; in particolare il filosofo si preoccupa di chiarire che il termine “presenza” è ambiguo e può indicare diverse tipologie di presenza, non tutte adeguate a definire che cosa s’intenda per coscienza, come si evince dalla tavola sotto riportata:

Figura 1 – Tipi di presenza 65

PRESENZA MATERIALE O LOCALE La statua è presente nel cortile PRESENZA INTENZIONALE CONOSCITIVA La statua è presente al soggetto

COSCIENTE Il soggetto è presente a sé come soggetto di operazioni Nel suo significato originario, infatti, il termine indica la cosiddetta presenza “locale” o “materiale”, quella, ad esempio, degli oggetti presenti in una stanza: in questo caso si può dire che «le sedie sono presenti nella stanza, ma non […] che le sedie sono presenti alla stanza o che la stanza è presente alle sedie» 66. La presenza

degli oggetti nella stanza è, però, concepita dal soggetto che può affermare che «le sedie e i tavoli sono presenti nella stanza […] essi non sono fuori […], sono qui» 67;

nello stesso tempo, inoltre, il soggetto è consapevole della presenza, ad esempio, di un’altra persona nella stessa stanza. Rispetto al primo tipo di presenza si tratta qui di un tipo diverso di presenza che è di carattere conoscitivo, quella dell’oggetto al soggetto conoscente per la quale, come sottolinea Giovanni Sala, «se mi guardo nello specchio vedo il mio volto: esso diventa presente a me come oggetto veduto; se mi do da fare per capire che cosa Kant intendeva con il termine trascendentale, questo concetto è presente al mio pensiero» 68.

Accanto alla presenza conoscitiva, che riveste comunque un carattere intenzionale totalmente assente nel primo tipo di presenza che è puramente materiale, vi è, infine, la presenza cosciente vera e propria per la quale «una persona deve essere in qualche modo presente a se stessa perché altri siano presenti a lei» 69: senza questa presenza a se stessi non sarebbe possibile nessun altro atto

conoscitivo, dal momento che «un atto di vedere senza coscienza sarebbe un atto di vedere senza nessuno che vede; l’oggetto visto non verrebbe fatto presente a nessuno – cioè non sarebbe affatto visto, così come una macchina fotografica ha materialmente presente l’oggetto fotografato, senza che essa lo veda, non essendo presente a se stessa» 70.

Lonergan, quindi, non considera la coscienza come frutto di un atto di riflessione compiuto dal soggetto nell’atto di rivolgere la sua attenzione verso la

65 Personale rielaborazione della tavola riportata in TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, p. 109.

66 Comprendere e essere, OBL 5, p. 35, corsivi non presenti nel testo originale. 67 Sull’educazione, OBL 10, p. 128.

68 SALA, Coscienza e intenzionalità in Bernard Lonergan, p. 58. 69 Comprendere e essere, OBL 5, p. 35.

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propria interiorità; tale ripiegamento, del resto, sarebbe non solo impossibile ma anche inutile, dal momento che se il soggetto non è già di per sé conscio, anche riflettendo su di sé, non potrebbe far altro che scoprire se stesso come inconscio:

Ora che cosa dovete fare per ottenere questa presenza di voi stessi a voi stessi? Girare il collo e guardare dentro di voi per vedere se ci siete? Anzitutto questo non si può fare. Non potete voltarvi verso voi stessi e darvi un’occhiata. In secondo luogo, se anche fosse possibile, non raggiungereste l’obiettivo […] perché […] ciò a cui giungereste sarebbe non il terzo, ma solo il secondo tipo di presenza. Stareste guardando voi stessi, avreste voi stessi «lì fuori» presenti a voi stessi. Ma noi vogliamo il voi che è presente, a cui voi sareste presenti. Ciò che è importante, in altre parole, è colui che guarda, non colui che è guardato, anche quando colui che è guardato è il sé. Quindi, non è una questione di introspezione in alcun senso spaziale, in alcun senso di «guardare dentro», perché ciò che conta non è la presenza di ciò che è guardato, ma la presenza del soggetto che guarda, anche quando egli sta guardando se stesso 71. Se gli oggetti sono presenti per il fatto che ci si presta attenzione, il soggetto presta attenzione all’oggetto perché anzitutto è presente a se stesso e questa presenza è la condizione perché ciò che si percepisce come presente possa essere conosciuto: la presenza del soggetto, in quanto operatore che compie atti consci, è quindi concomitante, correlativa e opposta alla presenza dell’oggetto 72.

3.2. Il soggetto ai diversi livelli di coscienza

La realtà coscienziale del soggetto si manifesta attraverso un insieme strutturato di operazioni caratterizzate in primo luogo dal fatto che intendono oggetti, hanno cioè oggetti non solo in senso grammaticale ma psicologico:

questo senso psicologico è quello indicato dal verbo intendere, dall’aggettivo intenzionale, dal sostantivo intenzionalità. Dire che le operazioni intendono oggetti è riferirsi a fatti di questo tipo: che con il vedere diventa presente ciò che è visto, coll’udire diventa presente ciò che è udito, con l’immaginare diventa presente ciò che è immaginato e così via; dove in ognuno dei casi la presenza di cui si tratta è un evento psicologico 73.

In secondo luogo le operazioni sono svolte da un operatore che in modo analogo non è soggetto solo in senso grammaticale ma anche «nel senso psicologico di operare consciamente» poiché «ogni volta che una di queste operazioni viene eseguita, il soggetto è consapevole di se stesso quale operante, è presente a se stesso come operante, esperimenta se stesso come operante» 74.

In definitiva, come nota Pierpaolo Triani, vi è una duplice dimensione psicologica delle operazioni:

71 Comprendere e essere, OBL 5, p. 36.

72 Cfr. LONERGAN,Cognitional Structure, «Continuum», 2 (1964), pp. 530-542; ora in Collection, CWL 4, pp. 205-221; trad. it. La struttura della conoscenza, a cura di Giovanni B. Sala, in LONERGAN, Ragione e fede

di fronte a Dio, pp. 79-103, qui p. 83 ss, § 3. 73 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 38. 74 Ibidem.

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una rappresentata dalla coscienza e l’altra dall’intenzionalità. Entrambe sono, nell’esperienza del soggetto, inseparabili e insieme comportano nel soggetto un movimento duplice e unitario: il movimento intenzionale attraverso cui il soggetto intenziona oggetti diversi e il movimento coscienziale il quale rivela al soggetto tipi diversi di presenza a sé. L’intenzionalità rimanda alla coscienza e questa si manifesta nell’intenzionalità 75.

Nei suoi scritti Lonergan parla di una pluralità di operazioni 76 che può, però,

essere sintetizzata in base ai diversi livelli di presenza e d’intenzionalità riconducendo le operazioni a quattro tipi principali definiti “livelli di coscienza del soggetto”: «se per brevità indichiamo le varie operazioni ai quattro livelli mediante l’evento principale a quel livello, possiamo parlare delle operazioni come esperienza, intelligenza, giudizio e decisione» 77. Per spiegare il rapporto che lega tra

loro i vari livelli Lonergan ricorre alla categoria hegeliana dell’Aufhebung per cui «un essere inferiore è ritenuto, preservato, ancorché trasceso e completato da un essere superiore» 78, omettendo l’idea che il livello superiore riconcili una

contraddizione in quello inferiore. Ad ogni livello le diverse operazioni presuppongono e completano le operazioni del livello precedente rivelando complesse relazioni di interdipendenza funzionale tra i diversi livelli di coscienza e tra le diverse operazioni di ciascun livello. In modo analogo anche il soggetto presente a se stesso varia, in quanto attua e sperimenta la propria soggettività in maniera sempre più piena dando così luogo a un’auto-manifestazione e a una presa di possesso della soggettività sempre crescente.

3.2.1. Livello empirico

Il termine “esperienza” è utilizzato dal filosofo in senso tecnico per indicare ciò che è dato al soggetto anteriormente all’applicazione su di essa della struttura coscienziale: i dati dell’esperienza interna, provenienti dai sensi, dall’immagina- zione e dalla rappresentazione, e i dati dell’esperienza interna, quindi l’intero spettro delle operazioni e dei dinamismi coscienziali.

Alla base del sistema coscienziale Lonergan colloca il soggetto esperienziale che è tale nel momento in cui «si sveglia 79, quando diventa il soggetto di lucida

75 TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, p. 112.

76 Lonergan elabora anche uno “schema fondamentale delle operazioni”: «Le operazioni dello schema sono: vedere, udire, toccare, odorare, gustare, indagare, immaginare, capire, concepire, formulare, riflettere, disporre in ordine e pesare l’evidenza, giudicare, valutare, decidere, dire, scrivere» (Il Metodo

in Teologia, OBL 12, p. 39).

77 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 46.

78 LONERGAN, The Subject, Marquette University Press, Milwaukee 1968; poi pubblicato in LONERGAN,

A Second Collection, pp. 69-86; trad. it. Il soggetto, a cura di Valter Danna in DANNA, Bernard Lonergan. Il

metodo teologico, le scienze e la filosofia, pp. 144-157, qui p. 152.

79 Prima di affrontare la riflessione sul soggetto che opera ai quattro livelli di coscienza Lonergan parla dell’esistenza di altri due livelli frammentari che precedono quelli coscienziali: il primo è quello del sonno e dello stato di coma in cui il soggetto è solo potenzialmente presente a sé; il secondo è quello dell’inconscio considerato come una parte della psiche non coscientizzata chiamata in causa anche nel caso del livello frammentario del sogno. Molteplici sarebbero le riflessioni possibili anche in ambito bioetico di questa considerazione lonerganiana che non possono, per ovvie ragioni, trovare

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percezione, di schemi immaginativi, di impulsi emotivi e conativi e di azioni del corpo» 80: a questo primo e fondamentale livello il filosofo riconduce la presenza a sé

del soggetto che sperimenta e che, attraverso i sensi, entra in contatto con il mondo esterno. L’ampiezza secondo la quale il soggetto esperienziale si svela a sé si manifesta attraverso le stesse leggi di associazione spontanea che presiedono al regolamento della coscienza sensitiva e che si ritrovano anche negli animali, in particolare nell’insieme rigido e complesso degli istinti. Per quel che riguarda l’intenzionalità e quindi il modo in cui a questo livello viene inteso l’oggetto dalle diverse operazioni, essa si esprime attraverso i sensi e l’immaginazione: l’intendere dei sensi, in particolare, è un fare attenzione in modo selettivo ma non creativo, questo perché per Lonergan la coscienza riveste anche un’importante funzione selettiva 81 sulla base di complessi criteri biologici, affettivi, intellettivi,

«drammatici» 82. L’intendere dell’immaginazione, invece, può essere sia

rappresentativo che creativo. 3.2.2. Livello intellettuale

L’uomo non si ferma tuttavia allo stato della pura esperienza: di fronte ai dati sperimenta infatti quella meraviglia che Aristotele 83 poneva come causa stessa della

filosofia. Qui ha luogo il salto radicale dal livello empirico a quello intellettuale «sul quale – scrive Lonergan – noi indaghiamo, arriviamo a capire, esprimiamo ciò che abbiamo capito, elaboriamo i presupposti e le implicazioni di ciò che esprimiamo»

84. Il soggetto intelligente, ricorda Giovanni Sala, è presente a sé come «colui che

domanda al fine di capire che cosa le cose sono, perché sono quel che sono, e arriva a definire le cose non come lo scolaro che ripete a memoria una definizione, ma come colui che per primo formulò la definizione perché aveva capito i dati» 85. Se,

quindi, l’intendere del livello empirico è un fare attenzione, l’intendere del livello intellettuale è un meravigliarsi, un domandare, un cogliere, attraverso il sostegno dell’immagine, un’organizzazione di carattere intelligibile:

spazio in questa sede: per approfondimenti si rimanda a GUGLIELMI, La sfida di dirigere se stessi, pp. 39- 40 e TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, pp. 113-115; per la questione del tema della psiche nella filosofia di Lonergan vedi anche NatalinoSPACCAPELO, Psiche e coscienza dopo Freud: tracce

per un’epistemologia dell’inconscio, in ID.,Fondamento e orizzonte. Scritti di antropologia e filosofia, Armando Editore, Roma 2000, pp. 35-50.

80 LONERGAN, Il soggetto, p. 152.

81 Come si avrà modo di vedere anche in seguito il tema della selettività della coscienza è un aspetto rilevante per la filosofia lonerganiana: in particolare, nelle opere successive ad Insight, il filosofo affermerà che tale funzione si fonda sull’interesse [concern] e specificherà che, pur potendo essere di diverso tipo, la diversificazione si muove sempre tra i due poli rappresentati dal mondo del soggetto e dall’universo dell’essere; cfr. TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, p. 116, nota 43.

82 Lonergan utilizza il termine nella sua valenza teatrale per indicare quell’aspetto della vita dell’uomo che è rappresentato dal vivere con altri; cfr. Insight, OBL 3, § 2.5, pp. 259 ss.

83 «Che poi essa [la filosofia] non tenda a realizzare qualcosa, risulta chiaramente anche dalle affermazioni di coloro che per primi hanno coltivato filosofia. Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia» (ARISTOT., Metaph., A 2, 982 b 12-15).

84 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 39.

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l’intelligenza umana accoglie attivamente ogni contenuto di esperienza con la perplessità, la meraviglia, l’impulso, l’intenzione, che può essere tematizzata (ma non consiste) in domande quali: Che cos’è? Perché è così? L’indagine, attraverso l’atto di intelligenza, si traduce in pensiero che, quando è esaminato, si formula in definizioni, postulati, supposizioni, definizioni, ipotesi teorie 86.

Questo livello è composito e caratterizzato da tre operazioni principali: in primo luogo si deve prendere in considerazione l’indagine [inquiry] che scaturisce dalla meraviglia, un’indagine che va ricollegata alla natura propria di un soggetto in grado di muoversi dalla percezione dei dati a una ricerca di comprensione:

Profondo in tutti noi, emergente quando il rumore degli altri appetiti si è acquietato, c’è un impulso a conoscere, a comprendere [understand], a vedere il perché, a scoprire la ragione, a trovare la causa, a spiegare. Proprio ciò che è voluto ha molti nomi. In che cosa precisamente consista è oggetto di discussione. Tuttavia, il fatto della ricerca [inquiry] è al di là di ogni dubbio 87.

L’indagine porta all’intellezione [insight], l’operazione che consiste appunto nell’afferrare [to grasp] mentalmente le relazioni intelligibili all’interno dei dati e fra i dati. Queste intellezioni compiute dal soggetto sono caratterizzate, inoltre, dalla proprietà di svilupparsi, integrarsi e fondersi tra loro; la conoscenza che ne deriva si sviluppa così in modo cumulativo, ossia attraverso un accumularsi progressivo di intellezioni in un processo che Pierpaolo Triani paragona, con un’efficace metafora, al procedere incerto del soggetto nel buio:

l’apprendere è segnato da un periodo iniziale di oscurità in cui si va a tastoni, senza sicurezza, in cui non si vede dove si va, in cui non si può afferrare su cosa si faccia tanto chiasso, e solo gradualmente, mano a mano che si comincia ad intendere, l’oscurità iniziale cede a un successivo periodo di crescente luce, fiducia, interesse, e impegno sempre crescenti 88.

L’intellezione mette poi in moto un’ulteriore operazione, la concettualizzazione che consiste nell’esprimere in uno o più concetti [concepts] – si parla in questo caso di formulazione – il contenuto intelligibile colto dall’intellezione 89. Il processo che

porta alla produzione dei concetti è al tempo stesso selettivo – dal momento che la concezione stessa è «la selezione dai dati, dalla presentazione empirica, dall’immagine di ciò che è essenziale per avere l’intellezione» 90 – e sintetico, poiché

«il concepire mette insieme il contenuto dell’intelligenza con quanto nell’immagine

86 LONERGAN, Ragione e fede di fronte a Dio, p. 88.

87 Insight, OBL 3, p. 38 [cfr. Insight, CWL 3, p. 28: come si evince dal testo inglese indicato da parentesi quadre l’Autore qui non parla della ricerca – research – ma dell’indagine].

88 TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, p. 120.

89 Per la distinzione tra concettualizzazione e formulazione cfr. l’appendice al volume di Pierre ANGERS - Colette BOUCHARD, L’appropriation de soi, Les Éditions Bellarmin, Montréal 1986; trad. it.

L’autoappropriazione, collana Attività educativa: una teoria, una prassi, vol. II, a cura di Natalino Spaccapelo, Edizioni Dehoniane, Bologna 1993, pp. 149-152.

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è essenziale per il verificarsi dell’intelligenza stessa» 91. Interessante è notare il

legame che Lonergan pone tra il concetto, inteso in termini di prodotto della mente fondato su un atto di intelligenza, e il significato che viene richiamato dal concetto, in quanto indica ciò che è stato compreso: da ciò consegue la dipendenza del significato dall’intellezione, il che rimanda alla questione dell’interpretazione 92.

3.2.3. Livello razionale

Quando il soggetto riflette sul processo della comprensione per valutarne il contenuto e verificarne il rapporto con la realtà si colloca a un livello successivo, quello della razionalità, in cui riflette, individua e dispone in ordine l’evidenza ed emette giudizi sulla verità e falsità, sulla certezza o probabilità di un’asserzione 93.

Mentre opera cercando di produrre giudizi ponderati il soggetto razionale è presente a sé come colui che riflette criticamente, cerca ragioni, comprende verità e intende il vero, quindi ciò che a ragion veduta può dirsi non solo possibile ma anche reale.

In modo analogo al precedente, il livello razionale è caratterizzato da un susseguirsi circolare di operazioni la cui dinamica ruota attorno all’intellezione riflessiva. Non ci chiediamo più solamente quale sia l’oggetto a cui prestiamo attenzione, né ci limitiamo a chiarirne il significato, ma ritorniamo sul processo compiuto per renderci conto del rapporto tra quel che sperimentiamo o affermiamo e la realtà:

questa questione, ciò è così?, è ciò che fa la differenza tra alchimia e chimica, astrologia e astronomia, leggenda e storia, opinione e verità. Non importa quanto brillante […] plausibile […] completa possa essere una spiegazione; noi chiediamo: ciò è realmente così? A questo punto la coscienza spicca un altro salto. Nel primo livello, la coscienza è meramente empirica; nel secondo, essa diventa intelligente; nel terzo, essa diventa riflessiva, razionale 94.

Tale indagine dà origine a un atto di intendimento riflessivo [reflective insight] che consiste nel comprendere se si sono verificate le condizioni per affermare la verità o la falsità, la certezza o la probabilità, dei concetti e delle formulazioni derivanti dall’intellezione; questo permette di cogliere quello che Lonergan definisce un incondizionato virtuale, cioè «un condizionato le cui condizioni sono soddisfatte» 95.

L’incondizionato virtuale implica il coinvolgimento di tre elementi: a) un condizionato; b) un legame tra condizionato e condizioni; c) l’adempimento delle

91 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 41. Come puntualizza Triani occorre osservare che «la selezione e la sinteticità crescono all’interno di una esigenza sistematica che mira alla definizione. La concezione di concetti è però sempre presente anche quando il soggetto vive senza tematizzare l’esigenza sistematica. In questo caso il concetto assume forme molto più elementari di “rappresentazione” di ciò che si è colto attraverso un atto di intellezione» (TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione, p. 121).

92 Come si vedrà in seguito, Lonergan dedicherà al tema dell’interpretazione l’intero capitolo VII de Il

Metodo in Teologia.

93 Cfr. Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 39. 94 Sull’educazione, OBL 10, p. 147.

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condizioni. L’indagine riflessiva pone il condizionato mentre l’intendimento riflessivo afferra le condizioni ed esamina se vengano o meno soddisfatte 96: questo

afferrare non è un processo meramente logico ma una nuova intellezione del soggetto concreto che, come è stato osservato, «fonda e precede tutti i tipi di giudizio: quello dell’inferenza deduttiva così come i giudizi concreti di fatto» 97.

Lonergan osserva che non è facile tuttavia determinare con una regola generale quando si raggiunge l’intellezione che può essere considerata come invulnerabile, che deriva dal fatto che tutte le domande pertinenti intorno alla questione sono state esaurite; per questo si può concludere con Pierpaolo Triani che «non esiste un