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VERSO UN’ERMENEUTICA DEI DINAMISMI COSCIENZIAL

4. O RIZZONTI E CATEGORIE

Con le due specializzazioni funzionali della dialettica e della fondazione si affronta concretamente il passaggio dalla prima alla seconda fase della teologia; la prima che «cerca di rendersi conto quali siano stati gli ideali, le credenze, la realizzazione dei rappresentanti della religione intorno alla quale verte l’indagine»

117, viene così completata dalla seconda che non si limita più a verificare e narrare

quanto accaduto ma affronta il problema della verità e della conciliazione dei conflitti con l’obiettivo di

dichiarare quali sono le dottrine vere, come queste possono conciliarsi tra loro e con le conclusioni della scienza, della filosofia, della storia, e come possono venire comunicate in maniera appropriata ai membri di ogni classe di qualsiasi cultura 118.

115 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 255.

116 Scrive Coelho: «As for the remote criterion, we must distinguish between a technical and a non- technical handling; while the latter is done in history, the former is reserve to the specialties dialectic and foundations. History deals with what was going forward, where “what was going forward” is understood in the generalized sense that includes not only progress but also decline, not only development but also breakdowns. Still, the method of history is designed to be able to handle only relative horizons; absolute horizons, while certainly not absent in the field of history, are left to the further specialties dialectic and foundations» (COELHO, Hermeneutics and Method: the “Universal

Viewpoint” in Bernard Lonergan, p. 172). 117 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 299. 118 Ibidem.

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La necessità di un completamento si pone perché limitandosi solo alla ricerca, all’interpretazione e alla storia non è possibile realizzare un incontro con il passato che si traduce nel venire a contatto con i suoi valori, permettendo che «la propria vita sia messa in questione fino alle radici» 119 dalle parole e dalle azioni che da quel

passato provengono. Se quindi, come si è visto, l’interpretazione dipende dall’auto- comprensione di sé da parte del soggetto e la scrittura della storia si lega all’orizzonte all’interno del quale opera lo storico: l’incontro autentico con il passato rappresenta l’unico modo attraverso il quale sia l’auto-comprensione che l’orizzonte possono essere messi alla prova.

Entrambe le specializzazioni assolvono a questo compito, secondo la specificità propria di ognuna: la dialettica porta alla luce i conflitti dell’interpretazione e della storia, collocandoli all’interno di orizzonti di riferimento; la fondazione, attraverso l’individuazione di categorie, propone invece una loro risoluzione. Tale possibile risoluzione, come sottolinea acutamente Ivo Coelho, facendo riferimento anche a testi che precedono la scrittura del Method in Theology, si fonda sull’oggettivazione della triplice conversione, intellettuale, morale e religiosa:

The foundations of theology are therefore the horizon fixed by intellectual, moral, and religious conversion. Now if dialectic brings conflicts of interpretations and histories to light, it is foundations that resolves them […] by providing the criterion for such resolution, and this criterion is the reflective objectification of triple conversion 120. Le due specializzazioni, inoltre, sono particolarmente importanti dal punto di vista ermeneutico, dal momento che contengono i presupposti per lo sviluppo del rapporto tra soggetto e orizzonte che, come si avrà modo di vedere, costituisce lo sfondo sul quale si staglia l’intera questione ermeneutica lonerganiana.

4.1.La dimensione dialettica dei conflitti

La formulazione della dialettica in termini di specializzazione funzionale risale, con molta probabilità, al 1968, quando, in occasione di un corso estivo su Trascendental Philosophy and the Study of Religion 121, Lonergan individua in questa, e

non nella conversione come aveva fatto in precedenza, la quarta specializzazione funzionale; fino a questo momento, infatti, il metodo dialettico era considerato come una parte della specializzazione funzionale della storia.

La funzione primaria della dialettica, secondo la ricostruzione lonerganiana, è quella di integrare le precedenti specializzazioni funzionali dell’interpretazione e della storia, attraverso l’introduzione della dimensione valoriale: il procedimento

119 Ivi, p. 277.

120 COELHO, Hermeneutics and Method: the “Universal Viewpoint” in Bernard Lonergan, pp. 179-180; cfr. LONERGAN, Method in Theology. Institute at Regis College, Toronto 7-18 luglio 1969; trascrizione a cura di Nicholas W. Graham, inedito [da qui indicato come Method in Theology, 1969 per distinguerlo dalla versione definitiva dell’opera].

121 Cfr. LONERGAN, Transcendental Philosophy and the Study of Religion, Institute at Boston College, Boston 3-12 luglio 1968; trascritto nel 1984 da Nicholas W. Graham dalle registrazioni delle lezioni; inedito.

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dialettico, infatti, non a caso ricondotto al livello coscienziale della responsabilità, al quale compete la valutazione 122, permette di aggiungere «all’interpretazione che

capisce un’ulteriore interpretazione che valuta […] e alla storia che coglie ciò che è avvenuto una storia che valuta i risultati» 123.

In particolar modo, poi, nel caso specifico dell’interpretazione, l’introduzione della dialettica permette di riscontrare la presenza, accanto all’ermeneutica intellettuale [intellectual hermeneutics] 124, di un’ermeneutica valutativa [evaluative

hermeneutics] che opera in vista del compito del quarto livello della coscienza intenzionale, poiché incentrata sull’apprensione di valori e disvalori, compito della risposta intenzionale la cui ampiezza dipende direttamente dallo sviluppo della sensibilità del soggetto.

A questa prima funzione si aggiunge, poi, l’ulteriore compito di portare alla luce i conflitti che inevitabilmente sorgono a causa dell’impossibilità di ottenere risultati univoci nella storia, così come nell’interpretazione; la dialettica si occupa delle differenze che emergono dai conflitti, che non si possono considerare semplicemente come divergenze di prospettiva, né si possono eliminare con la scoperta di nuovi dati, ma devono essere valutate alla luce di una differenza di orizzonti non eliminabile se non attraverso la ricerca dell’autenticità da parte del soggetto e tramite una conversione.

La struttura su cui opera la dialettica presenta così due livelli, uno superiore che comprende gli operatori e uno inferiore che riunisce i materiali sui quali operare: il procedimento che lega i due livelli si basa sulla dialettica tra le posizioni, che vengono sviluppate poiché in accordo con la conversione, e le contro-posizioni, che vengono invece rovesciate poiché con questa incompatibili. Prima di poter operare sui materiali è comunque necessario che questi siano radunati, completati, messi a confronto, ridotti, classificati e scelti.

La strategia della dialettica, mediante tale procedimento che permette di sviscerare in modo esplicito e radicale i conflitti, è quella di svelare i presupposti filosofici e i giudizi di valore e, servendosi delle loro opposizioni, portare a termine il duplice intento di chiarificare il passato e mutare i teologi contemporanei in chiave di auto-comprensione e auto-criticismo 125.

Posizioni e contro-posizioni, infatti, non sono astrazioni contraddittorie ma vanno intese concretamente come momenti opposti in un unico processo continuo e cumulativo caratterizzato dal metodo trascendentale. Su queste basi deve essere letto l’invito che, secondo il filosofo, la dialettica rivolge a ogni interprete e storico, affinché l’esame critico rivolto agli altri diventi un esame critico rivolto verso se

122 Per la definizione del ruolo della valutazione all’interno del sistema coscienziale lonerganiano vedi il capitolo I, nota 104 del presente lavoro.

123 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 276.

124 Con questa espressione ci si riferisce al processo di interpretazione analizzato che consiste nel «capire la cosa, le parole, l’autore, se stessi, nell’emettere un giudizio sull’accuratezza della propria comprensione, nel determinare il modo in cui esprimere ciò che è stato capito» (Ibidem); cfr. anche LONERGAN, Method in Theology, p. 245.

125 Scrive Lonergan: «The strategy of dialectic, then, is to bring out into the open all relevant philosophic presuppositions and value-judgments […] to use their oppositions both to clarify the past and to challenge contemporary theologians to self-understanding and self-criticism» (LONERGAN,

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stessi in un processo reciproco di auto-trascendenza che permetta di riconoscere sia gli altri che noi stessi, affinando la personale apprensione di valori:

come la propria auto-trascendenza fa sì che uno sia in grado di riconoscere gli altri accuratamente e di giudicarli imparzialmente, così, viceversa, la conoscenza e l’apprezzamento degli altri ci conduce a conoscere noi stessi e ad ampliare e raffinare la nostra apprensione dei valori 126.

Di conseguenza, mediante il continuo venire alla luce sia delle contraddizioni del passato, sia della soggettività che ha rilevato quelle contraddizioni, si profila un’oggettivazione della soggettività stessa, che promuove la conversione, il cui evento, come Lonergan puntualizza, consiste in uno

scoprire se stessi e in se stessi che cosa vuol dire essere intelligenti, essere ragionevoli, essere responsabili, amare. La dialettica contribuisce a questo fine mettendo in rilievo le differenze ultime, presentando l’esempio di altri che differiscono radicalmente da se stessi fornendo l’occasione per una riflessione e per un esame di sé, il quale può condurre a una nuova comprensione di se stessi e del proprio destino 127.

La scoperta di se stessi, il percorso che conduce il soggetto a riconoscere e, laddove necessario, a mutare o abbandonare il proprio orizzonte, in funzione di una sempre maggiore autenticità, sono gli elementi che fanno della conversione, come delineata da Lonergan, un evento fondante che funge da base allo sviluppo di tutta la seconda fase della teologia.

4.2. L’evento fondante della conversione

La riflessione lonerganiana sul ruolo della fondazione nella teologia in oratione recta richiederebbe ben più spazio e approfondimento di quello che in questa sede sia possibile concedere, pertanto mi limiterò a evidenziare gli aspetti che sono maggiormente rilevanti ai fini delle presente analisi sulla posizione ermeneutica del filosofo canadese.

L’attuarsi del processo ermeneutico si lega, come si avrà modo di vedere dettagliatamente in seguito, all’orizzonte del soggetto e ai suoi mutamenti che possono interessare la sua struttura o comportare il passaggio a un nuovo orizzonte; ciò comporta un rovesciamento messo in atto dal soggetto che «procede dal precedente [orizzonte] ripudiandone dei tratti caratteristici […] e dà inizio ad una nuova sequenza la quale può rivelare una sempre maggiore profondità, ampiezza e ricchezza» 128. Tale rovesciamento è il processo attraverso il quale si attua la

conversione: tale evento, di cui si occupa la specializzazione funzionale della fondazione, gioca certamente un ruolo fondamentale nel campo teologico, ma ha

126 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 284. Si può riscontrare qui un’eco di ciò che Lonergan aveva già sostenuto nella conclusione del saggio su Hermeneutics (1962) nel quale citava Ebeling sulla necessità di vivere un personale coinvolgimento con la storia; cfr. LONERGAN, Hermeneutics, p. 15; Gerhard EBELING,

Die Bedeutung der historich-kritischen Methode, «Zeitschrift für Theologie und Kirche» 47 (1950), p. 33. 127 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 284.

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una portata che può essere allargata a un discorso più generale, in quanto ogni autentica comprensione richiede in fondo una conversione che può interessare l’ambito intellettuale, morale o religioso.

La conversione intellettuale è un chiarimento radicale che comporta l’eliminazione del mito del vedere che riduce il conoscere al guardare, l’oggettività al «vedere ciò che c’è da vedere e nel non vedere ciò che non c’è» e, infine, il reale come «quello che è fuori là ora e al quale si deve guardare» 129.

Questa impostazione è, ad avviso di Lonergan, fuorviante riguardo alla realtà, all’oggettività e alla conoscenza, dato che non tiene conto della fondamentale distinzione tra il mondo dell’immediatezza, costituito dalla semplice somma di ciò che è percepito dal soggetto attraverso i sensi, e il mondo mediato dal significato del quale il primo rappresenta solo un frammento; un mondo che si estende dall’esperienza sensibile di un individuo, all’esperienza esterna e interna di una comunità culturale.

Il conoscere, di conseguenza, non può essere considerato semplicemente un vedere, ma va ricondotto ai livelli della coscienza e declinato come uno sperimentare, un capire, un giudicare, un credere, secondo criteri di oggettività per i quali la realtà conosciuta non è identificabile con l’oggetto di uno sguardo ma è data nell’esperienza, organizzata dall’intelligenza e posta dal giudizio e dalla credenza.

Accanto alla conversione intellettuale si colloca quella morale che modifica il criterio delle decisioni e delle scelte personali, spostando l’attenzione dalle soddisfazioni conseguite ai valori da raggiungere. All’interno della conversione morale si colloca l’esercizio della libertà che ci permette di operare una scelta nella consapevolezza che le sue conseguenze non sono solo da riferire al soggetto, ma hanno, o potranno avere, delle ripercussioni sugli oggetti, scelti o rifiutati.

Infine l’ultimo ambito è rappresentato dalla conversione religiosa descritta dal filosofo come un’esperienza di amore ultramondano, un «consegnarsi totalmente e per sempre senza condizioni, restrizioni, riserve» 130 che deve essere letto non tanto

come un atto quanto, piuttosto, come uno stato dinamico, anteriore agli atti successivi e che pertanto ne costituisce il principio.

Tutte e tre le conversioni sono accomunate, in ultima analisi, dal loro essere diverse modalità di un unico processo di auto-trascendenza: quella intellettuale come conversione alla verità raggiunta mediante l’auto-trascendenza conoscitiva; quella morale come conversione ai valori appresi e attuati da un’auto-trascendenza morale; quella religiosa nella misura in cui si pone come fondamento ultimo di ogni auto-trascendenza.

Per comprendere adeguatamente la portata della triplice conversione è importante sottolineare che la sua natura fondante non è da imputare alla capacità di fornire le premesse dalle quali vengono poi derivate le conclusioni desiderabili, relativamente alle altre specializzazioni funzionali delle dottrine, della sistematica e della comunicazione; essa non è un insieme di proposizioni enunciate dal teologo, quanto, piuttosto, «un cambiamento fondamentale e decisivo in quella realtà umana che è il teologo» 131. Il suo modo di operare, infatti, non segue il processo di trarre

129 Ibidem, per entrambe le citazioni. 130 Ivi, p. 271.

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conclusioni dalle premesse ma opera un cambiamento al livello della realtà, la cui comprensione da parte dell’interprete richiede, appunto, un cambiamento di orizzonte che può attuarsi solo nella misura in cui il soggetto scopre quello che di in autentico c’è in lui e si distanzia da esso.

L’oggettivazione di tale evento avviene tramite categorie dedotte da una base trans-culturale, rappresentata dall’uomo autentico o in autentico, per le categorie cosiddette generali; e dal cristiano autentico o, rispettivamente, in autentico, per le categorie speciali. Al di là del processo di derivazione delle categorie, è qui importante sottolineare che l’uso di esse avviene secondo un processo paragonato al movimento di una forbice [scissors movement 132], la cui lama superiore è

rappresentata dalla categorie, mentre quella inferiore è costituita dai dati: la teologia si pone quindi come «il risultato di un processo continuo e cumulativo il quale ha un piede nella base transculturale e l’altro nei dati sempre più organizzati» 133.

L’attuarsi del processo ermeneutico in Lonergan, si lega, così, alla dimensione della soggettività autentica, che si appropria della struttura coscienziale e si realizza nell’autenticità della triplice conversione, attraverso il cambiamento del proprio orizzonte ermeneutico di riferimento, sempre nell’oggettività garantita dal metodo trascendentale. Questo rapporto che lega l’interpretazione al soggetto, nella sua dimensione intenzionale, storica e valutativa, e che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti nel corso della trattazione, permette in questa prima e parziale conclusione di ancorare la costruzione ermeneutica lonerganiana alla dimensione dell’interiorità non tanto nella sua dimensione conoscitiva quanto piuttosto nella sua dimensione esistenziale.

132 Cfr. LONERGAN, Method in Theology, p. 293; si tratta di un’immagine che Lonergan aveva già utilizzato per indicare il procedimento del metodo empirico classico, cfr. Insight, OBL 3, pp. 723 ss. 133 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 325.

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