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L A DEFINIZIONE DI UN NUOVO ORIZZONTE METODOLOGICO

VERSO UN’ERMENEUTICA DEI DINAMISMI COSCIENZIAL

1. L A DEFINIZIONE DI UN NUOVO ORIZZONTE METODOLOGICO

L’articolazione della questione ermeneutica presente nel pensiero di Lonergan è fortemente connessa con il problema del metodo che caratterizza l’intero sviluppo della sua riflessione già a partire dalle prime opere fino alla più piena formulazione in Method in Theology. L’elaborazione di una nuova metodologia presenta, del resto, importanti connessioni con il tema dell’autenticità del soggetto, sotto il profilo sia gnoseologico che esistenziale, con importanti ripercussioni sul problema dell’interpretazione e del ruolo del soggetto all’interno di questo processo.

1.1. Breve excursus storico

Per comprendere i caratteri della proposta metodologica avanzata da Lonergan è importante soffermarsi brevemente sulla considerazione di alcuni importanti riferimenti storici. Nell’esame dell’interpretazione della rivoluzione scientifica si è già sottolineata la sua proposta di sostituire l’impostazione logico-metafisica della filosofia aristotelica con una più propriamente metodologica.

Un altro riferimento storico particolarmente significativo preso in considerazione per l’elaborazione del nuovo metodo è rappresentato dal filosofo inglese Francis Bacon: estremamente critico nei confronti delle posizioni tradizionali di stampo aristotelico, questi aveva infatti sostenuto la necessità per la filosofia di una rifondazione dalle fondamenta. Tale restaurazione prevedeva una prima fase, definita pars destruens, in cui il campo del sapere sarebbe stato liberato da tutti gli idola, seguìta da una seconda, pars construens, nella quale si sarebbe realizzato il passaggio da una “filosofia delle parole” ad una “filosofia delle opere” caratterizzata dall’asservimento del sapere al bene comune di tutti gli uomini. Il filosofo inglese auspicava l’avvento di un nuovo regnum hominis sulla natura tanto esteso, profondo e duraturo da porsi come una Magna Instauratio, la cui realizzazione richiedeva un nuovo metodo, fondato sull’esperienza, che fosse in grado di comprendere la natura concreta e multiforme della realtà e di agevolare il

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giusto utilizzo delle capacità conoscitive dell’uomo. Bacon aveva chiamato il suo metodo empirico sperimentale organum, con chiaro riferimento ad Aristotele, ma lo aveva qualificato allo stesso tempo come novum per indicare l’insieme delle differenze migliorative che distanziavano il nuovo strumento conoscitivo, sperimentale e induttivo, dall’antico strumento logico, argomentativo e deduttivo.

Se, nel caso di Aristotele, Lonergan aveva sottolineato la necessità di passare dalla logica al metodo, ora, nei confronti di questo Novum Organum, afferma che si deve d’altro canto superare il metodo empirico limitato all’esperienza sensibile, in funzione di un metodo empirico che ricomprenda anche l’esperienza coscienziale: si tratta di ampliare la nozione di “empirico”, limitata ai soli contenuti dell’esperienza esterna, quindi alle attività dei sensi, fino ad applicarla anche alle operazioni conoscitive della coscienza umana. Ciò è possibile dal momento che i “dati di senso” e i “dati di coscienza” sono entrambi compresi nella base empirica di ogni metodo, delle scienze naturali come di quelle umane, della storia, della filosofia, degli studi religiosi e della teologia: sia i dati di senso che i dati di coscienza sono, infatti, contenuti di cui il soggetto umano può disporre, poiché, come precisa Natalino Spaccapelo:

le attività di entrambi costituiscono i fatti di base e i materiali di partenza per una indagine sul mondo esterno all’uomo (i dati di senso) o una indagine sul mondo dell’interiorità (i dati di coscienza) 1.

L’ampliamento dell’empirico dalla sfera sensibile a quella coscienziale non implica quindi un rifiuto della dimensione “esperienziale” ma solo un suo allargamento fino a comprendere anche la sua dimensione coscienziale, così come, nel caso di Aristotele, il passaggio dal logico al metodologico non implicava un rifiuto della logica ma richiedeva un’espansione della struttura logica del pensiero fino a ricomprendere in pienezza la struttura della conoscenza umana.

Nonostante riprenda dal filosofo inglese espressioni come “Instauratio Magna” o “Novum Organum” per indicare aspetti importanti del suo programma filosofico, Lonergan al tempo stesso sembra a mio avviso riconoscere a Bacon solo un ruolo modesto in seno alla rivoluzione del quadro concettuale, scientifico e filosofico della filosofia moderna, come può risultare dal fatto che il suo nome non è citato nelle opere principali, come Insight e Method in Theology, e compare solo in testi minori come conferenze e saggi.

Sempre Natalino Spaccapelo, nella sua analisi epistemologica del pensiero lonerganiano, sottolinea come questa posizione sia analoga a quella di altri filosofi della scienza, come Thomas Kuhn 2: Lonergan, infatti, inserisce la figura e l’opera di

Bacone

1 SPACCAPELO, L’opera di Bernard Lonergan e la costruzione di un Novum Organum, p. 36.

2 «In assenza di un paradigma o di un qualcosa che possa aspirare a diventare tale, può succedere che tutti i fatti che in qualche modo possono interessare lo sviluppo di una data scienza sembrino ugualmente rilevanti. Ne consegue che la raccolta iniziale di fatti è un’attività molto più casuale di quella resa familiare dal successivo sviluppo scientifico […] di solito ristretta a quei dati che si trovano già a portata di mano […]. Ma sebbene questo raccogliere fatti sia stato essenziale per l’origine di molte scienze importanti, chiunque esamini, ad esempio, gli scritti enciclopedici di Plinio o le storie naturali di Bacone del XVII secolo, scoprirà che esso porta a impantanarsi. Si è un po’ esitanti a chiamare scientifica la letteratura che ne risulta» (KUHN, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, p. 35).

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soltanto lungo la linea dei contributi apportati successivamente alla lenta trasformazione della conoscenza scientifica, in attesa che una persona di genio arrivasse a compiere un’effettiva rivoluzione […] rispetto all’intero quadro del pensiero aristotelico 3.

L’autore del Novum Organum viene ricordato soprattutto per aver contribuito a cambiare il senso complessivo della conoscenza scientifica, che viene ora rivolta all’utilizzazione concreta delle ricchezze della natura e non più alla contemplazione teoretica delle verità universali.

In modo analogo Lonergan si richiama a Giovan Battista Vico la cui filosofia rappresenta a suo avviso l’inizio di una fase nuova di riflessione sulla storia e sulla scienza del mondo umano, connessa con l’affermazione della scienza naturale moderna: l’influsso del pensiero vichiano si può riscontrare sia per quanto riguarda l’elaborazione di una propria teoria della storia, sia, relativamente alla formulazione di una nuova metodologia, nel processo di generalizzazione del metodo empirico che permette, a partire dal fondamento della struttura dinamica e operativa della coscienza umana, di poter abbracciare tanto i metodi delle scienze della natura, quanto quelli degli studi del mondo umano.

1.2. Una duplice formulazione del metodo: dall’empirico al trascendentale

Le operazioni conoscitive, consce e intenzionali, che sono alla base del sistema coscienziale, sono caratterizzate dal loro molteplice collegarsi e raccordarsi in uno schema aperto e dinamico che, nell’esercizio, tende ad auto-strutturarsi fino a diventare stabile e normativo. Tale schema si concretizza nella formulazione di una nuova metodologia a partire da un duplice processo di appropriazione: da una parte l’assimilazione della tradizione culturale e delle sue crisi, unita alla considerazione del carattere radicale di tali trasformazioni e alla percezione della consistenza dei nuovi orizzonti che queste hanno contribuito a costruire; dall’altra il passaggio dalla coscienza alla conoscenza dei propri atti coscienziali, che permette al soggetto di realizzarsi autenticamente.

Fin dalle prime opere appare chiaro come per Lonergan il metodo non rappresenti un aspetto marginale, un corollario della ricerca filosofica e teologica ma assuma un ruolo centrale, come dimostra l’interesse al riguardo che rimane immutato anche negli scritti successivi. Giovanni B. Sala sostiene in particolare la possibilità di rintracciare, per quel che interessa l’aspetto metodologico, una linea di continuità tra i due maggiori trattati lonerganiani: l’analisi condotta in Insight circa i metodi praticati nelle scienze della natura, nella filosofia e nelle scienze umane può, infatti, essere letta in funzione della successiva elaborazione di quella nuova metodologia, formulata in Method in Theology, in grado di «abbracciare e unificare la deduzione e l’induzione, le scienze naturali e gli studi umani, la psicologia e l’economia, l’ermeneutica e la storia, la filosofia e la teologia» 4.

3 SPACCAPELO, L’opera di Bernard Lonergan e la costruzione di un Novum Organum, p. 34. 4 Ivi, p. 48.

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È opportuno precisare che, nonostante Lonergan parli dell’elaborazione di un nuovo metodo che permetta di «far progredire i campi del sapere rimasti indietro» 5,

riferendosi chiaramente alla teologia e all’insegnamento del sapere teologico, il suo intento di base non è esclusivamente teologico, ma metodologico, poiché, come ben mette in evidenza Robert M. Doran, è rivolto non agli oggetti trattati dai teologi ma alle operazioni da loro compiute:

consideration of method is not directly concerned with the object, not with God, with scripture, with the councils, with the Fathers, with the liturgy, or with the Scolastics, but with me and my operations. It is concerned with the theologian and what the theologian does. It does not imply a total neglect of the object – that is impossible. If you eliminate the object you eliminate the operation, and if you eliminate the operation the subject reverts to the state of sleep, and there are no operations at all. But it is not directly concerned with the objects, and insofar as it considers objects it considers them through the operations. Similarly, it considers the subject non purely as subject without any operations, but as operating. Accordingly, while it is necessary to begin from objects, still objects are considered simply as means to pin down the operations that are involved. It considers objects not for their own sakes, but as discriminants of operations 6.

L’intenzione del filosofo è rivolta a individuare un modo alternativo di concepire il metodo rispetto all’arte e alla scienza, una “terza via” che permetta di spingersi all’origine dei procedimenti delle scienze naturali per raggiungere «qualcosa di più generale e di più fondamentale, vale a dire i procedimenti della mente umana» 7 fino a mettere in luce uno «schema fondamentale di operazioni che

viene usato in qualsiasi impresa conoscitiva» 8.

I principali aspetti da evidenziare nella formulazione del metodo lonerganiano sono indicati nella duplice denominazione data al metodo stesso: metodo empirico generalizzato [generalized empirical method] e metodo trascendentale [transcendental method].

La prima denominazione si basa principalmente sul fatto che il metodo opera sulla combinazione di dati di senso e dati di coscienza, resa possibile dall’ampliamento della nozione di “empirico” ai dati di coscienza, che rappresentano appunto la base empirica dell’auto-conoscenza umana, proprio come i dati di senso fungono da sostrato per la conoscenza della natura: «il metodo empirico generalizzato sta ai dati di coscienza come il metodo empirico sta ai dati di senso» 9. Tale combinazione permette di prendere in esame, da una parte, gli oggetti

«senza dimenticare le corrispondenti operazioni del soggetto» e, dall’altra, «le operazioni del soggetto senza tralasciare gli oggetti corrispondenti» 10.

In tal senso viene operata una sorta di generalizzazione che interessa la nozione stessa di metodo, l’ambito empirico e i metodi particolari delle scienze. Il metodo si

5 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 34.

6 Robert M. DORAN, What is Systematic Theology?, University of Toronto Press, Toronto - Buffalo - London 2005, p. 154.

7 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 34. 8 Ibidem.

9 Insight, OBL 3, pp. 328-329.

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presenta ora come un insieme fondamentale di operazioni basilari che possono essere indefinitamente combinate e correlate per dare procedure diverse, utili per ricerche in campi vari e sempre nuovi. La struttura operativa e dinamica permette di aumentare le possibili applicazioni del metodo a un numero sempre maggiore di ambiti particolari. Per quel che riguarda invece l’ambito empirico, l’operazione di generalizzazione riguarda i dati, in quanto il metodo adottato si ripropone di considerarli nella loro totalità e completezza, senza che sia necessario eliminarne alcuni in modo arbitrario. Infine, sulla base delle precedenti operazioni, vengono presi in considerazione i metodi particolari delle scienze e le scienze stesse, con l’obiettivo di giungere a un’integrazione dei diversi metodi e delle diverse procedure.

Il metodo empirico generalizzato, in definitiva, pur nel rispetto delle diverse specializzazioni delle scienze e della specificità dei vari campi, tende verso una ricomposizione dell’universalità del sapere, non in vista di un’impossibile unificazione degli oggetti di conoscenza, bensì a partire dalla fonte unitaria di ogni metodo e di ogni conoscenza rappresentata dalla «fondamentale struttura operativa della coscienza dinamica e intenzionale di ogni soggetto conoscente» 11, come spiega

lo stesso Lonergan nel lungo passo che riportiamo:

sostenendo metodi speciali troviamo quello che io chiamo metodo empirico generalizzato. Le sue operazioni sono le operazioni che ognuno può verificare nella propria coscienza. E lo schema normativo che mette in relazione queste operazioni è il dinamismo cosciente della spontaneità sensitiva, dell’intelligenza che solleva domande e si aspetta risposte soddisfacenti, della ragionevolezza che insiste sull’evidenza sufficiente prima che possa dire sì ed è ancora di più obbligata ad assentire quando l’evidenza sufficiente è raggiunta, della coscienza che presiede dappertutto e che rivela al soggetto la sua autenticità o non autenticità mentre segue o viola le norme immanenti della sua sensitività, della sua intelligenza, della sua ragionevolezza, della sua libertà e responsabilità 12.

Alla base del metodo si colloca il processo di auto-appropriazione che può essere definito come quel «processo fondamentale di sviluppo che tende a renderci familiari la realtà e la costituzione del nostro mondo interiore» 13 dal momento che

«la conoscenza, la padronanza e l’utilizzazione della nostra interiorità operativa costituiscono […] la base fondante ogni intervento umano in qualsiasi dipartimento del vivere e del sapere» 14. La connessione tra elemento empirico e normativo, tra

applicazione del metodo e realizzazione della propria autenticità, rappresenta quindi il fulcro di questa prima denominazione del metodo, come viene chiarito nel passo seguente:

in brief, generalized empirical method goes beyond the empirical to the normative. It reveals the human subject to himself, reveals norms immanent in his own operations,

11 SPACCAPELO, L’opera di Bernard Lonergan e la costruzione di un Novum Organum, p. 51.

12 LONERGAN, The Ongoing Genesis of Method, «Studies in Religion», VI (1976-1977), pp. 341-355; ora in

A Third Collection, pp. 146-165, qui p. 150 [trad. it. a cura di Giuseppe Guglielmi, in GUGLIELMI, La sfida

di dirigere se stessi, p. 38].

13 SPACCAPELO, L’opera di Bernard Lonergan e la costruzione di un Novum Organum, p. 40. 14 Ibidem.

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confronts him with the alternatives of being an authentic human being or, in some measure, unhautentic, and leaves him with the responsibility of making himself whatever he makes himself 15.

La seconda denominazione, strettamente collegata alla precedente, è quella di metodo trascendentale: al fine di evitare equivoci e fraintendimenti si deve sottolineare che «il termine trascendentale è usato qui secondo un senso analogo a quello scolastico, cioè come opposto a categoriale (o predicamentale)» 16; al tempo

stesso, però, il modo di procedere è di fatto trascendentale anche in senso kantiano 17

«poiché mette in luce le condizioni di possibilità per conoscere un oggetto in quanto tale conoscenza è a priori» 18. Lonergan definisce il metodo trascendentale non in

termini di princìpi e di regole, ma come uno «schema normativo di operazioni ricorrenti e connesse tra di loro che dànno risultati cumulativi e progressivi» 19:

C’è dunque metodo là dove ci sono operazioni distinte, dove ciascuna operazione è in relazione con le altre, dove l’insieme delle relazioni forma uno schema, dove lo schema è descritto come il modo adatto per fare una determinata cosa, dove le operazioni che si svolgono in conformità allo schema possono ripetersi indefinitamente e dove i frutti di tale ripetizione sono non qualcosa che semplicemente si ripete, bensì qualcosa di cumulativo e progressivo 20.

15 LONERGAN, The Scope of Renewal, in Philosophical and Theological Papers 1965-1980, CWL 17, pp. 294- 295.

16 Il Metodo in Teologia, OBL 12, p. 44, nota 4.

17 Lonergan si riferisce alla definizione di “trascendentale” che Kant dà nell’Introduzione alla Critica

della ragion pura: «chiamo trascendentale ogni conoscenza la quale si occupa non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti in generale, in quanto questo modo deve essere possibile a priori» (B 25. Cf. A 11s.). Appare tuttavia opportuna una precisazione in merito alla somiglianza tra l’analisi trascendentale kantiana e quella lonerganiana; Kant parla del modo di conoscere gli oggetti che deve essere possibile a priori, cioè anteriormente e indipendentemente da quella conoscenza che procede dall’esperienza, intesa nel senso di pura sensazione. Ora questo nostro modo di conoscere che è reso possibile o fondato dal soggetto stesso è chiarito da Kant come presenza nel soggetto di principi formali determinati (categoriali) sia quanto alla sensibilità sia quanto all’intelletto. Ma questo stesso modo di conoscere che è possibile a priori e che fa sì che noi possiamo conoscere gli oggetti come estesi nello spazio, situati nel tempo, e intelligibili secondo dodici categorie, fa anche sì che agli oggetti così conosciuti debba essere assegnato lo statuto ontologico dell’apparenza. La tendenza all’incondizionato, pur essendo un fattore a priori della ragione, non è in grado di operare un superamento della mera apparenza, dal momento che Kant riconosce a tale tendenza solo una funzione regolativa rispetto a una conoscenza oggettiva già intrinsecamente compiuta. Accanto a questo a priori oggettuale-categoriale si trova nella Critica della ragion pura anche un a priori oggettuale-trascendentale rappresentato dall’operatività del soggetto: l’analisi trascendentale di Lonergan mette precisamente in luce siffatta operatività del soggetto interpretandola come la sua intelligenza e la sua razionalità alla ricerca dell’intelligibile nei dati e del vero, per poter così arrivare all’essere. La coscienza umana racchiude già da sé, per i suoi caratteri, una nozione dell’obiettivo verso cui mira la stessa coscienza; la struttura della coscienza permette inoltre di determinare in maniera universalmente valida la struttura intrinseca dell’oggetto proporzionato al modo proprio della conoscenza umana.

18 Ivi, p. 44, nota 4. In seguito Lonergan specificherà anche una terza accezione del termine trascendentale riconducibile all’analisi dell’intenzionalità di Husserl; cfr. LONERGAN, Religious

Knowledge, in A Third Collection, p. 145, nota 8. 19 Ivi, p. 34.

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Si può, quindi, riscontrare un carattere metodico all’interno della stessa struttura delle operazioni consce e intenzionali compiute dal soggetto, dal momento che ci troviamo di fronte a operazioni distinte, ma reciprocamente collegate tra di loro e volte a formare una struttura dinamica. Questa struttura è presente, anche se non necessariamente operante, in ogni soggetto che è, almeno potenzialmente, in possesso della capacità di conoscere, di agire in modo responsabile e di realizzarsi autenticamente, fin dalla nascita. È compito, poi, di ogni soggetto far sì che questa capacità potenziale diventi attivamente operativa: ciò è possibile attraverso una presa di coscienza e uno sforzo di comprensione che costituiscono il cammino dell’auto-appropriazione.

È questa la ragione per cui Lonergan ribadisce più volte che il metodo non si può apprendere dai testi, né può essere considerato una sorta di manuale in grado di fornirci istruzioni preconfezionate pronte all’uso, ma che solo un continuo e costante sforzo di auto-appropriazione, messo in atto dal soggetto stesso per realizzare la propria autenticità, potrà garantire l’apprendimento e l’applicazione del metodo trascendentale, al cui fondamento si pone l’intensificazione della propria coscienza attraverso la sua oggettivazione, consistente nell’«applicare le operazioni in quanto intenzionali alle operazioni in quanto consce» 21. Ciò che è

conscio, infatti, può essere inteso, a condizione che il soggetto si sforzi di passare dalla coscienza di sé alla conoscenza di sé e dei propri atti conoscitivi: esperienza, intelligenza, giudizio e decisione, che caratterizzano il soggetto, non solo devono venir sperimentate in concreto, ma anche intese nella loro unità e nelle loro relazioni, così da affermarne in modo positivo la realtà e insieme decidere di operare in conformità con le norme immanenti insite nelle loro relazioni spontanee.

L’aspetto decisivo del metodo è, pertanto, rappresentato dalla comprensione dell’atto intellettivo umano, nelle sue caratteristiche specifiche, nel suo funzionamento e contesto dinamico, nei suoi risultati; l’oggettivazione così perseguita rappresenta la base da cui partire per compiere in modo adeguato lo sforzo del ricercare e del filosofare: per quanto possano essere incomplete, e quindi bisognose di ampliamento, le teorie o le descrizioni delle nostre operazioni conoscitive vanno derivate senz’altro dalle stesse operazioni consce e intenzionali:

Sono queste operazioni – puntualizza Lonergan – in quanto date nella coscienza che