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5. La Direttiva accoglienza e le principali differenze delle misure fornite da

5.1. La Direttiva Accoglienza

La direttiva 2003/9/CE recante “norme minime relative all’accoglienza dei

richiedenti asilo negli Stati membri” è stata recepita nell’ordinamento interno con il

150 Commissione Europea, (2007), Relazione della Commissione al Consiglio e al

Parlamento europeo sull'applicazione della Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli stati membri COM (2007) 745

151 L’art.5, c.2 del D.Lgs. 140/2005 che richiama l’art. 5, c. 2, del D.lgs. 286/1998 prevedeva

la possibilità di accedere alle misure di accoglienza solo se la domanda fosse stata presentata entro otto giorni dall’ingresso

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decreto legislativo 140 del 30 maggio 2005. Secondo l’art.5, c.2, del D.lgs. 140/05 alle misure di accoglienza può accedere il richiedente, e ai suoi familiare, che:

“Risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per la salute e per il sostentamento proprio e dei propri familiari”

Il richiedente al momento della presentazione della domanda di asilo deve dichiarare di non possedere tali mezzi di sussistenza, la valutazione, che si riferisce a un periodo non superiore ai 6 mesi, viene poi eseguita dalla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo.

Secondo la direttiva 2003/9/CE art.16, c.2, uno Stato ha la facoltà di non fornire le misure di accoglienza se ritiene che il richiedente non abbia presentato la propria domanda entro un tempo ragionevole dalla sua entrata sul territorio. In Italia è stato chiarito che per poter accedere alle misure di accoglienza la domanda deve essere presentata entro otto giorni dall’ingresso, cioè il termine previsto dall’art.5, c.2, del D. Lgs. 286/98. Se il richiedente sta già soggiornando regolarmente in Italia il periodo di otto giorni si calcola dal verificarsi degli eventi che motivano la domanda di protezione.

Si comincia a beneficiare delle misure di accoglienza a partire dalla presentazione della domanda di asilo fino a quando non viene presa una decisione dalla Commissione (art. 5, c. 5, D. Lgs. 140/05). Come sancito dalla direttiva 2003/9/CE entro tre giorni lo Stato deve rilasciare un documento che attesti la regolarità del soggiorno del richiedente asilo.

Se la decisione è negativa, nei casi di ricorso giurisdizionale, si può accedere all’accoglienza solo nel periodo in cui non è permesso svolgere un’attività lavorativa come sancito dall’art.11 c.1, di cui si parlerà in seguito, oppure se le condizioni fisiche152 non ne consentono lo svolgimento (art.5, c.7, D.lgs. 140/05).

152 Tra queste condizioni fisiche particolari possono rientrare anche le persone considerate

vulnerabili secondo l’art.8, c.1, D.Lgs. 140/05: “minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale”

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L’art.10, c.1, del D.p.r 303/2004 stabiliva che il richiedente asilo accolto nel centro153 aveva diritto alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o essenziali e i

servizi di assistenza medica generale erano assicurati a chi risiedeva in un centro che ospitava almeno 100 richiedenti asilo. Al contrario il Decreto del 2005, art.10 c.1, prevede che i richiedenti asilo e i loro familiari devono essere iscritti dai responsabili del centro al Servizio sanitario nazionale come sancito dall’art. 34, comma 1, del Testo Unico.

La direttiva accoglienza stabilisce che gli Stati devono consentire, ai minori richiedenti asilo e ai figli minori dei richiedenti, l’accesso154 al sistema educativo in

maniera simile a quanto previsto per i cittadini dello Stato membro, eventualmente è anche possibile fornire l’istruzione anche all’interno dello stesso centro ove risiedono.

L’art.11 del D. Lgs. 140/05 riguarda l’accesso al lavoro, esso stabilisce che se dopo sei mesi dal momento in cui il richiedente ha presentato la domanda, la Commissione non ha ancora preso una decisione, gli deve essere rilasciato un permesso di soggiorno che permette di svolgere attività lavorativa fino al momento della sentenza. Il ritardo della decisione presa dalla Commissione non deve però essere attribuibile al richiedente, cioè non deve rientrare nei casi di:

a) Presentazione di documenti e certificazioni false relative alla sua identità o nazionalità o, comunque, attinenti agli elementi della domanda di asilo; b) Rifiuto di fornire le informazioni necessarie per l'accertamento della sua

identità o nazionalità;

c) Mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione davanti l'organo di esame della domanda, nonostante la convocazione sia stata comunicata presso il centro di accoglienza ovvero nel luogo del domicilio eletto, fatti salvi i motivi di forza maggiore.

153 Ci si riferisce ai centri di identificazione istituiti ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 3, del

decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e successive modificazioni.

154 Secondo la direttiva europea sono considerati minori coloro che hanno un età inferiore

alla maggiore età considerata dallo Stato dove la richiesta d’asilo è presentata o esaminata (art.10, c.1, direttiva 2003/9/CE).

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Il richiedente che svolge una attività lavorativa continuare a risiedere nel centro a patto che contribuisca alle spese di accoglienza, queste vengono decise dal gestore del servizio (art.11, c.4, D. Lgs. 140/05).

Il permesso è valido fino alla fine della procedura del riconoscimento dello status di rifugiato, è valido anche nel periodo che riguarda un eventuale ricorso, ma non può essere convertito in altro permesso di lavoro (art. 11, co. 1-2 D. Lgs.140/05).

Secondo la direttiva accoglienza ogni decisione di revoca, riduzione o rifiuto delle misure di accoglienza deve essere motivata e presa individualmente. Le misure di accoglienza possono essere annullate secondo l’art.12, c.1 nei seguenti casi:

a) Mancata presentazione presso la struttura individuata155;

b) Mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione; c) Presentazione in Italia di precedente domanda di asilo;

d) Accertamento della disponibilità del richiedente asilo di mezzi economici sufficienti per garantirsi l'assistenza;

e) Violazione grave o ripetuta delle regole del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo.

Il gestore del centro è tenuto a dare comunicazione di tali comportamenti alla Prefettura-UTG che dispone la revoca delle misure di accoglienza, la quale però può essere impugnata con ricorso al TAR156.

All’interno della direttiva accoglienza non vengono specificate le tipologie di strutture dove possono essere ospitati i richiedenti asilo in attesa di risposta. Tuttavia viene dichiarato che gli Stati possono scegliere un luogo di residenza o un area dove gli sia possibile circolare, che possono trattenerlo per un periodo limitato al controllo

155 In questo caso se il richiedente viene rintracciato o si presenta di sua volontà alle Forze

dell’ordine o al centro da cui si era allontanato senza autorizzazione il prefetto può disporre il ripristino delle misure di accoglienza (art.12, c.2, D.Lgs. 140/05). In ogni caso l’allontamento senza autorizzazione dal centro non annulla il procedimento per la domanda di riconoscimento di protezione internazionale.

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della domanda in un luogo preciso nel rispetto della legge nazionale. Inoltre agli Stati è concesso di subordinare l’accesso alle forme materiali di accoglienza alla residenza del richiedente nel luogo prescelto dallo Stato membro (art.7, c. 1-4, direttiva 2003/9/CE).

La scelta del centro di accoglienza in Italia è stabilita in parte dal Decreto Procedure (artt.20 – 21, D. Lgs. 25/08) e in parte dal Decreto Accoglienza (art.6, c.2- 6, D.Lgs. 140/05), in quest’ultimo è stabilito che la Prefettura nel momento in cui ha verificato che non sussistono i criteri per il trattenimento in un CARA o in un CIE, dispone la sistemazione in uno dei posti gestiti dallo SPRAR.

Qualora non vi siano posti disponibili in uno dei centri SPRAR il richiedente viene inviato in un CARA e se si verifica una totale indisponibilità di posti la Prefettura nel tempo di attesa per l’accoglienza in una delle strutture rilascia un contributo temporaneo, l’importo è deciso in base al decreto annuale di finanziamento dello SPRAR come deciso dall’ art. 1-sexies, co. 3, lett. c, l.n. 39 del 1990. Tale importo cambia in base alla Regione ma generalmente varia tra i 1,50€ e i 2,00€.

La struttura scelta sarà la residenza del richiedente a cui farà riferimento la Commissione Territoriale per l’invio dei documenti durante tutto il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato. La Prefettura può disporre, per motivate ragioni, il trasferimento del richiedente in un altro centro (art.6, c.5, D.Lgs. 140/05) per esempio nel rispetto dell’art.8 della direttiva 2003/83/CE secondo il quale gli Stati sono obbligati a mantenere l’unità del nucleo familiare.

Non si sono particolari garanzie che le persone vulnerabili siano alloggiate in centri adeguati alle loro esigenze specifiche. La valutazione delle eventuali necessità dovrebbe essere eseguita dal personale del centro ma non è sempre garantita. La qualità delle prestazioni fornite variano in base al centro essendo affidate alle cooperativa che lo gestisce.

Il Sistema di accoglienza è gestito dal Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno e prevede diverse strutture dove vengono ospitati i richiedenti protezione internazionale. Tali centri si differenziano tra loro in base alla funzione e alla categorie di persone accolte, si dividono in:

122 - Centri di accoglienza (CDA);

- Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA); - Centri di identificazione ed espulsione (CIE).

I CSPA sono i centri che accolgo le persone nei luoghi dove si verificano il maggior numero di sbarchi via mare. La loro funzione è quella di accogliere le persone e fornire loro le prime cure mediche, foto-segnalarle e raccogliere le eventuali domande di protezione internazionale. I centri attualmente operativi si trovano a: Lampedusa (Agrigento), Elmas (Cagliari), Lecce e Pozzallo (Ragusa).

I CDA sono invece dei centri destinati a fornire una prima forma di assistenza a chi viene trovato a soggiornare irregolarmente sul territorio nazionale. Sono stati istituiti con il d.l. 451/1995 che autorizzava i prefetti della regione Puglia a predisporre misure emergenziali per fornire soccorso agli stranieri privi di mezzi di sostentamento, arrivati in Italia in maniera irregolare. Tra queste misure era prevista anche l’istituzione di tre centri dislocati lungo la frontiera pugliese (art.2, d.l. 451/1995). La persona può essere trattenuta il tempo necessario a determinarne l’identità per verificare se deve essere espulsa, se ha il diritto di presentare la domanda di protezione internazionale o se è inespellibile. I centri attualmente operativi si trovano a: Bari, Brindisi, Caltanissetta, Crotone e Foggia.

I CARA sono dei centri destinati ai richiedenti asilo che si trovano nelle condizioni previste dall’art.20, c.2, D.Lgs. 25/2008. La permanenza nel centro è limitata all’identificazione del richiedente o alla decisione della Commissione e non può in nessun caso superare i 35 giorni. Se entro questo tempo la decisone non è ancora stata presa al richiedente viene lasciato un permesso di soggiorno di tre mesi rinnovabile fino alla sentenza.

All’interno dei CARA agli ospiti vengono forniti i servizi di:

a) Orientamento legale per informazioni sulla legislazione italiana in tema di asilo ed in tema di immigrazione;

b) Informazione sul ritorno volontario;

c) Insegnamento della lingua italiana di base;

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Gli ospiti possono uscire dal centro nelle ore diurne e devono obbligatoriamente ritornarvi nelle ore notturne, altrimenti è possibile chiedere al prefetto un permesso. In caso di allontamento dal centro vengono revocate le misure di assistenza ma non viene annullato il procedimento per la domanda di riconoscimento di protezione internazionale.

I CIE sono i centri in cui viene trattenuto chi, nel momento in cui ha presentato la domanda di protezione internazionale, era già interessato da un provvedimento di espulsione o di respingimento, rientrava nell’art.1, lett. F della Convenzione di Ginevra, era stato condannato per un reato previsto dall’art.380, c.1-2. Sono i centri di permanenza temporanea introdotti con la legge Turco-Napolitano, art.14 c.1, D. Lgs. 286/98, a cui, con l’art.9 del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" viene cambiato il nome in Centri di Identificazione ed Espulsione. Il tempo di trattenimento è stato prolungato dai precedenti sessanta giorni ad un massimo di centottanta giorni.