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3. La normativa in Italia prima del recepimento delle direttive europee

3.3. La legge Turco – Napolitano

Nemmeno la legge Turco – Napolitano, l. n. 40 del 6 marzo 1998 confluita successivamente nel Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286 denominato “Testo

unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, si occupa di disciplinare il diritto d’asilo. Nonostante sia

stata pensata come strumento necessario a regolamentare l’intera normativa dell’immigrazione si limita a disciplinare in generale la condizione dello straniero presente sul territorio nazionale senza interviene in maniera specifica rispetto alla normativa sull’asilo.

Con il Decreto Legislativo 286/1998 venne introdotta una normativa organica delle discipline che riguardano la condizione dello straniero extracomunitario e vennero abrogati tutti gli articoli della precedente legge 39/1990 tranne l’art.1 relativo ai rifugiati. Le norme che si riferiscono al diritto di asilo presenti all’interno del Testo Unico sono relative a: la protezione umanitaria e la protezione temporanea, i centri di

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permanenza temporanea, il respingimento e l’espulsione e i trattamenti più favorevoli a loro riconosciuti.

Ai sensi dell’art.5 c.6 non è possibile rifiutare o revocare il permesso di soggiorno se sussistono motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato:

“Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati

sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano

La sussistenza di seri motivi umanitari è quindi una delle situazioni per cui il venir meno delle condizioni che hanno motivato il soggiorno non legittima la pubblica amministrazione a revocare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno.

Nell’ambito del diritto di asilo, la protezione umanitaria, viene inoltre pensata per offrire protezione a coloro che non rientrano sotto la Convenzione di Ginevra ma che necessitano ugualmente di aiuto e non possono essere allontanati dal territorio nazionale. Alla generica formula sancita dall’art.5, c.6, si riferiscono infatti le disposizioni riguardanti “divieti di espulsione e respingimento” dell’art.19, c.1 del medesimo decreto.

Anche coloro che rientrano in una delle clausole di esclusione da una forma di protezione internazionale, ma per motivi umanitari non possono essere rimpatriati, possono beneficiare del permesso umanitario. Al contrario, i casi involontari che riguardano la cessazione del riconoscimento della protezione internazionale, prevista nel decreto qualifiche 251/200779, in cui sono presenti motivi di carattere umanitario,

non devono essere ricondotti alla protezione umanitaria prevista dal Testo Unico. Se

79 I casi in cui il rifugiato cessa di essere riconosciuto tale sanciti dall’ art.9, c.1, del D.Lgs.

251/2007 sono ripresi dal paragrafo C dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra; in particolare i casi definiti comunemente involontari riguardano la possibilità per lo straniero di godere della protezione del Paese di cittadinanza, o di dimora abitale se si tratta di un apolide, a causa del venir meno delle circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato

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sono presenti gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine deve essere la stessa clausola di cessazione a essere disapplicata in quanto c’è ancora bisogno della protezione precedentemente riconosciuta.

All’interno del D.Lgs. 286/1998 viene prevista un’ulteriore disciplina particolare che riguarda le misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali come gli esodi di massa:

“Misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea” (art.20, D. Lgs. 286/98)

Tale protezione temporanea non deve essere confusa con la protezione umanitaria e nemmeno con la protezione prevista dalla Direttiva europea 2001/55/CE recepita in Italia nel 2003 con il decreto legislativo 85/2003 di cui si parlerà in seguito80.

Fino ad ora l’art.20 del Testo Unico è stato applicato principalmente alla fine degli anni ’90 per tutelare gli sfollati provenienti dalla ex-Jugoslavia e recentemente nel 2011 in occasione dell’arrivo di sfollati provenienti dal Nord Africa81. Con il Decreto

del 2011 è stato rilasciato a coloro che rientravano nei requisiti un permesso di soggiorno per motivi umanitari valido sei mesi che permetteva di svolgere attività lavorativa82. Al momento della scadenza lo straniero aveva il diritto alla conversione

del suddetto permesso per altri motivi che ne giustificavano il soggiorno. Inoltre chi aveva goduto della protezione temporanea aveva il diritto a presentare successivamente domanda di protezione internazionale.

Con la legge Turco – Napolitano sono stati istituiti i Centri di Permanenza Temporanea che differivano dai centri di accoglienza previsti con la legge Martelli; si

80 Si rimanda al cap.4.1 dedicato all’analisi della direttiva 2001/55/CE 81 DPCM del 5 aprile 2011

82 Il periodo di emergenza e i rispettivi permessi di soggiorno vennero prorogati con un

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trattava in questo caso di veri e propri centri detentivi in cui lo straniero veniva trattenuto. Vennero previste anche apposite misure di vigilanza che dovevano garantire che lo straniero non si allontanasse dal centro

Si procedeva con il trattenimento nei casi in cui non era possibile operare nell’immediato l’accompagnamento alla frontiera o il respingimento, se era necessario soccorrere lo straniero, se bisognava accertarne l’identità o la nazionalità o se non si disponeva di mezzo di trasporto idoneo (art.14 c.1, D. Lgs. 286/98). Se si verificava una di queste ipotesi il questore disponeva che lo straniero fosse trattenuto nel centro di permanenza temporanea più vicino nel rispetto della sua dignità e dell’eventuale assistenza necessaria.

Il Questore disponeva inoltre che la persona fosse trattenuta per un tempo non superiore ai venti giorni prolungabile di altri dieci (art. 14, c.5, D.Lgs. 286/1998). Se possibile, lo straniero doveva essere espulso o respinto anche prima della fine di tale termine. L’eventuale ricorso per cassazione non sospendeva l’esecuzione del provvedimento (art. 14, c.6, D.Lgs. 286/1998).

All’interno del Testo Unico alcune disposizioni riguardano i casi di respingimento ed espulsione, che hanno l’obiettivo di allontanare alcune categorie di stranieri dal territorio dello Stato. In particolare il respingimento riguarda gli stranieri che cercano di fare ingresso sul territorio nazionale senza essere in possesso delle autorizzazioni regolate dalla presente normativa; al contrario l’allontanamento è disposto nei confronti di chi si trova già sul territorio in una condizione di soggiorno irregolare.

In primo luogo è importante ricordare che il principio di non refoulement è presente all’interno del Testo Unico all’art.19 al comma 1 del D.Lgs. 286/1998 intitolato “divieti di espulsione e respingimento” il quale sancisce che:

“In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui

lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione

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Per quanto riguarda i richiedenti asilo gli istituti del respingimento e dell’espulsione non possono generalmente trovare applicazione in quanto, di fatto coloro che fuggono dal Paese di origine o di provenienza per la loro richiesta di protezione internazionale non possono, né al momento dell’ingresso, né durante il soggiorno, essere considerati irregolari.

Inoltre è stata istituita la Direttiva europea 2008/115/CE83, la cosiddetta direttiva

“rimpatri”, recante “norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al

rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. La direttiva ha

introdotto dei principi guida sulle procedure di allontanamento con lo scopo di renderle più eque e trasparenti in ogni Stato membro dell’unione:

“La gradualità degli strumenti di allontanamento, la preferenza per la partenza

volontaria, l’uso residuale e proporzionale di misure coercitive preordinate all’allontanamento, la salvaguardia del divieto di refoulement, la tutela dell’interesse superiore del minore, della vita familiare e del diritto alla salute, la necessaria valutazione di eventuali vulnerabilità del soggetto, un’applicazione limitata del divieto di reingresso, la garanzia di un rimedio effettivo”84

Il respingimento può essere disposto alla frontiera85, se lo straniero non possiede

i requisiti richiesti per l’ingresso sul territorio nazionale, oppure può essere disposto dal Questore il quale provvede ad accompagnare lo straniero alla frontiera86 (il

cosiddetto respingimento differito).

I controlli alle frontiere vengono disciplinati dal Regolamento CE n.526/200687 che

si applica a coloro che attraversano le frontiere interne o esterne di uno Stato membro nel rispetto dei diritti dei richiedenti protezione internazionale. In particolare tale regolamento all’art.13 prevede che il respingimento deve essere motivato e precisato. Il provvedimento di respingimento non prevede conseguenze giuridiche, l’interessato non viene infatti inserito all’interno del SIS e quindi non incorre nel divieto di reingresso.

83Recepita nell’ordinamento italiano con Legge 2 agosto 2011, n. 129 (Conversione in

legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89)

84 UNHCR, La tutela dei richiedenti asilo. Manuale giuridico per l’operatore 85 Art. 10, c. 1, D. Lgs. 286/1998

86 Art. 10, c. 2, D. Lgs. 286/1998

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Ritornando alle norme disciplinate dal Testo Unico è utile riportare che all’art.2, c.1 del D.Lgs. 286/1998 è previsto che:

“Allo straniero comunque presente alla frontiera, sono riconosciuti i diritti

fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciuti

Allo scopo di garantire l’accesso alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato sono stati infatti istituiti dei servizi di accoglienza presso i valichi di frontiera.

Ad ogni modo l’art.10, c.4, del D.Lgs. 286/1998 chiarisce che le disposizioni riguardanti il respingimento non si applicano:

“Nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il

riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari

L’espulsione al contrario viene disposta nei confronti di uno straniero che sta già soggiornando sul territorio nazionale e può essere ordinata da una autorità amministrativa88, da un giudice89 o dal Ministro dell’Interno90. Generalmente

l’espulsione prevede un divieto di reingresso sul territorio dello Stato dove è stata disposta per un periodo che varia dai 3 ai 5 anni e la segnalazione dello straniero nel SIS (Sistema Informativo Schengen).

Come per il respingimento anche il provvedimento di espulsione non può essere applicato nei confronti di chi chiede protezione internazionale. Secondo l’art.7 del D.Lgs. 25/2008 infatti al richiedente asilo viene riconosciuto il diritto di soggiornare nel territorio nazionale fino a quando le autorità competenti avranno preso una decisione rispetto alla sua richiesta di protezione internazionale.

L’espulsione può quindi essere disposta, nei confronti del richiedente asilo, solo al termine del provvedimento di impugnazione contro la decisione delle autorità competenti, rispetto alla sua domanda di protezione internazionale. Ciò avviene nei

88 Art. 13, c. 2 del D. Lgs 286/1998 89 Art. 15 del D. Lgs. 286/1998 90 Art. 13, c. 1 del D. Lgs. 286/1998

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casi in cui lo straniero non lasci volontariamente il territorio nazionale nonostante non possa essergli rilasciato un permesso di soggiorno valido ad altro titolo.

Tuttavia anche nei casi di allontanamento appena descritti, in base a quanto disposto dall’art.5 del D.Lgs. 286/1998, lo straniero ha comunque diritto a scegliere la partenza volontaria che si dovrà realizzare entro 15 giorni dalla disposizione dell’espulsione ed eventualmente partecipare ai programmi di rimpatrio assistito.

Coloro che godono del riconoscimento dello status di rifugiato sono interessati, in alcuni casi, da una disciplina più favorevole rispetto agli stranieri soggiornanti con altro titolo. All’interno del Testo Unico troviamo alcune di queste disposizioni:

a) L’art.29, c.1, del D. Lgs. 286/98 include i titolari del permesso di soggiorno per asilo tra chi può beneficiare del ricongiungimento familiare;

b) L’art. 29, c.3 del D. Lgs. 286/98 esenta coloro che godono dello status di rifugiato dall’obbligo di possedere un alloggio e un reddito annuo altrimenti necessario per poter ottenere il ricongiungimento familiare;

c) L’art. 30, c.1, lett.c) del D.Lgs. 286/1998 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari ai familiari di chi gode dello status di rifugiato anche nei casi in cui i familiari in questione in quel momento non possieda un valido titolo di soggiorno;

d) L’art. 34, c.1, lett.b) del D.Lgs. 286/1998 inserisce i rifugiati, i titolari di protezione umanitaria e i richiedenti asilo nella categoria di persone per i quali è obbligatorio l’iscrizione al servizio sanitario nazionale.