• Non ci sono risultati.

4. Il recepimento in Italia delle Direttive europee

4.3. La Direttiva Qualifiche

4.3.2. Le modifiche introdotte dalla Direttiva 2011/95/UE

La direttiva 2004/83/CE è stata modificata dalla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme

sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

Nel 2008 con il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo il Consiglio ha riconosciuto la presenza di molte divergenze fra gli Stati membri nell’ambito del riconoscimento delle forme di protezione internazionale. Tale situazione ha dimostrato la necessità di dover attuare nuove iniziative che offrano un livello di protezione ai richiedenti e ai beneficiari di protezione internazionale più elevato.

Per quanto riguarda in primo luogo le disposizioni generali non vengono più nominate le “norme minime” ma ci si riferisce più semplicemente alle norme per l’attribuzione di protezione internazionale (art.1). Viene allargata la nozione di familiare anche al padre, alla madre o ad un altro adulto che sia responsabile del beneficiario di protezione internazionale qualora esso sia un minore non coniugato;

112

nella precedente direttiva veniva considerato un familiare esclusivamente il coniuge e i figli non coniugati a carico.

Il termine ultimo per il recepimento della Direttiva era fissato per il 21 dicembre 2013. In Italia è stata recepita con il decreto legislativo n.18 del 21 febbraio 2014 entrato in vigore il 22 marzo 2014.

Il capo II è dedicato alla valutazione delle richieste di protezione internazionale. Per quanto riguarda l’ambito dell’esame dei fatti e delle circostanze, gli elementi che rendono il timore fondato e i soggetti responsabili della persecuzione o del danno grave, vengono sostanzialmente riprese le disposizioni precedenti.

Alcune modifiche sono invece introdotte rispetto alle condizioni che devono essere garantite dai soggetti che possono offrire protezione contro la persecuzione o il danno grave. La protezione può essere disposta dallo Stato o da organizzazioni, anche internazionali, che ne controllano una parte a patto che abbiano la volontà e la capacità di garantirla e deve essere effettiva e non temporanea (art.7, 2011/95/UE).

Viene mantenuta la possibilità, da parte degli Stati in cui viene presentata la domanda, di escludere coloro che potrebbero godere di tutela, dai soggetti di cui l’art.7, in una parte del Paese di origine e potrebbero recarvisi legalmente e senza correre alcun pericolo. A questo proposito viene però aggiunto l’obbligo degli Stati di possedere informazioni valide riguardo la situazione generale del Paese, che devono essere fornite da fonti quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo. Sulla base di queste informazioni è poi possibile decidere se il richiedente abbia fondati motivi di temere di subire una persecuzione in suddetta parte del Paese (art. 8, 2011/95/UE). Viene infine rimosso il comma 3 che riconosceva la possibilità agli Stati di applicare l’ipotesi di protezione interna prevista dall’art.8 nonostante sussistano ostacoli tecnici al ritorno nel Paese di provenienza.

All’art.9, c.3, della direttiva 2011/95/UE viene specificato che i motivi che guidano un atto persecutorio possono essere collegati non solo all’azione in sé ma anche alla mancanza di protezione contro tali atti.

Una delle maggiori novità riguarda i motivi della persecuzione: se la precedente direttiva all’art.10 lettera d) aveva incluso l’orientamento sessuale tra le caratteristiche

113

che fondano un gruppo sociale la nuova direttiva introduce tra tali possibilità l’identità di genere:

“Ai fini della determinazione dell’appartenenza a un determinato gruppo sociale o dell’individuazione delle caratteristiche proprie di tale gruppo, si tiene debito conto delle considerazioni di genere, compresa l’identità di genere”

Per quanto riguarda le condizioni di esclusione viene introdotta un’eccezione alla revoca dello status di protezione internazionale nei casi in cui l’interessato si debba avvalere della protezione del Paese di provenienza, in quanto sono venute meno le circostanze che precedentemente avevano motivato il riconoscimento della protezione. Tale condizione non trova applicazione nei confronti di chi possa invocare altri motivi collegati a persecuzioni o danni gravi (art. 12, c.3, 2011/95/UE).

Se con la precedente direttiva, coloro che beneficiavano della protezione sussidiaria erano esclusi da alcuni diritti riconosciuti solo a chi aveva ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato, la direttiva 2011/95/UE ha avuto, tra gli altri, anche l’obiettivo di avvicinare il contenuto delle due protezioni.

Gli articoli dedicati all’accesso all’occupazione (art.26), all’assistenza sanitaria (art.30) e agli strumenti di integrazione (art.34) non distinguono più chi possiede lo status di rifugiato da chi è beneficiario della protezione sussidiaria ma si riferiscono in generale a chi è stata riconosciuta protezione internazionale equiparando così le due categorie.

All’art. 24, c.2, viene dichiarato che il permesso di soggiorno per i beneficiari della protezione sussidiaria deve essere valido per almeno un anno e in caso di rinnovo deve durare almeno due anni. Per quanto riguarda il titolo di viaggio viene tolta la limitazione a chi gode della protezione sussidiaria di poter ottenere un permesso per recarsi fuori dal territorio nazionale solo se sono presenti gravi ragioni umanitarie (art. 25, c.2, 2011/95/UE).

Viene introdotto un nuovo articolo, l’art. 28, dedicato all’accesso alle procedure per il riconoscimento delle qualifiche. Viene precisato che gli Stati, oltre a garantire parità di trattamento tra i cittadini italiani e i beneficiari di protezione internazionale, devono anche impegnarsi nei confronti di chi è impossibilitato a presentare documenti

114

accertanti la propria qualifica, ad agevolare l’accesso all’accreditamento della formazione precedente.

L’art.32 dedicato all’accesso all’alloggio vincola gli Stati ad equiparare la condizione dei beneficiari di protezione internazionale agli altri cittadini provenienti da Paesi terzi. Gli Stati devono inoltre attuare politiche dirette a contrastare le discriminazione per quanto riguarda l’accesso all’alloggio nei confronti di chi gode della protezione internazionale e garantire pari opportunità.

La protezione sussidiaria rimane ancora legata alla necessità che sia presente un danno grave affinché la protezione venga riconosciuta. Da alcuni casi presentati alla Corte di Giustizia UE, il più famoso è il caso Elgafaji144, è emerso che sussistono

ancora applicazioni differenti da parte dei singoli Stati membri riguardo all’interpretazione dei requisiti necessari al riconoscimento della protezione sussidiaria. Sarebbe stato utile quindi, al momento dell’introduzione delle modifiche apportate con la nuova direttiva, avere dei chiarimenti ulteriori riguardo alle condizioni che giustificano il riconoscimento di tale protezione.

144 Caso C-465/07 del 17 febbraio 2009, Meki Elgafaji e Noor Elgafaji / Staatssecretaris

van Justitie. Il caso Elgafaji riguarda il terzo requisito dell’art.15, la lett. c), della direttiva qualifiche: si considera danno grave “la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di

un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. La Corte ha riconosciuto che non è necessario dimostrare che il richiedente

sia vittima di una minaccia individuale in relazione alla sua situazione personale. La minaccia è considerata tale qualora il conflitto armato è di una gravità tale da mettere in una situazione di rischio l’interessato tornato nel Paese di provenienza.

115

5. La Direttiva accoglienza e le principali differenze delle