• Non ci sono risultati.

Il diritto della concorrenza come branca del diritto tout court

1 I MPERATIVI ECONOMICI E VALORI SOCIALI : L ' EQUILIBRIO PERDUTO

1.3 L'accesso a beni e servizi essenziali: un ruolo possibile per il diritto della

1.3.3 Il diritto della concorrenza come branca del diritto tout court

Si può, quindi, procedere ad un primo bilancio delle teorie appena prospettate. La prima sembra essere stata travolta dalla storia e, in segnatamente, dalla storia del pensiero economico, che ha lasciato indietro sia il liberalismo di matrice anglosassone, totalmente scollegato dai modelli proposti dalla teoria economica, che l'ordoliberalismo, reo di richiedere misure invasive nei confronti degli

operatori economici senza considerare le ragioni efficientistiche che possono presiedere alla formazione di soggetti di grandi dimensioni. La terza, invece, troppo problematica: troppo gravi le sue implicazioni in chiave di legittimazione dell'autorità garante della concorrenza e di legittimità delle sanzioni. La seconda è certamente la più suggestiva.

Il suo fascino risiede, peraltro, nel suggerire un approccio "scientifico" al diritto della concorrenza. Ciò non tanto perché essa abbia l'ambizione di raffigurarlo come scienza esatta61, ma perché grazie ad essa sembra possibile tracciare una linea netta tra il suo ambito di applicazione, composto da fattispecie che richiedono il mero reinnesco della lotta tra operatori economici, e le considerazioni ad esso esterne, tra le quali vanno collocate le condotte pregiudizievoli per questo o quel valore sociale.

Sembra, tuttavia, criticabile che il diritto della concorrenza venga considerato in termini astratti e puramente autoreferenziali, trascurando così il fatto che si tratta, a ben vedere, di una branca del diritto, che del diritto tout court condivide la natura e le dinamiche operative. Se, infatti, è vero che il diritto è un istituto sociale che vive nel tempo e nello spazio, e che si evolve al mutare di tali fattori62, deve altresì ammettersi che esso raccoglie in una certa misura i valori e gli interessi condivisi che la società esprime qui ed ora. Lo stesso è a dirsi per il diritto della concorrenza63.

61 Irti non è certo sospettabile di qualificare l'antitrust come un asettico potere neutrale. A suo

modo di vedere, non può esservi mercato laddove vi sia arbitrio e totale carenza di regole: a una sola condizione l'individuo è disposto ad intrattenere una relazione commerciale, e cioè a patto che l'agire futuro della controparte o le eventuali sopravvenienze siano disciplinate in modo tale da erodere - almeno parzialmente - l'alea derivante dalla transazione. In altre parole, il singolo necessita di una certa "regolarità e prevedibilità dell'agire", le quali non possono che essere veicolate da norme eteroimposte. Di tali norme fanno parte integrante quelle del diritto della concorrenza. Tale è il muro concettuale contro cui sembra destinata ad infrangersi ogni velleità di affermare la neutralità e l'apoliticità del mercato. (IRTI N., L'ordine giuridico del mercato, cit.). La

critica più calzante a tale impostazione pare quella realizzata da Libonati, il quale ritiene che Irti abbia sottolineato troppo l'alternativa "fra "ordine naturale" e "ordine giuridico", mettendo in ombra l'altra, più significativa ai fini del dibattito giuridico e politico, fra "ordine giuridico spontaneo (consuetudinario)" e "ordine giuridico costruito (legale)"" (LIBONATI B., Concorrenza, in Enciclopedia del diritto, Annali

III, Giuffré, Milano, 2010, pp. 215-216).

62 SCHAUER F., The Social Construction of the Concept of Law: A Reply to Julie Dickson, Oxford Journal

of Legal Studies, Vol. 25, 2005.

63 "Many of the deep divisions among the scholars of antitrust policy stem from divergent presuppositions, seldom

unveiled for critical examination, about these assumptions and ideals that have been "generally retired to hats from which later wonders will magically arise"" (FLYNN J.J., Antitrust Jurisprudence: A Symposium on the

Economic, Political and Social Goals of Antitrust Policy, 125 (6), University of Pennsylvania Law Revew, p. 1187 (1977)).

L'inconsistenza della tesi "purista", che appariva inizialmente valida, deriva, peraltro, dall'essere stata formulata sulla base di una impostazione ermeneutica non più attuale, e cioè aderendo all'idea del diritto come sistema. Concepire il diritto e le norme in modo astratto ed autoreferenziale come tasselli di un mosaico organico costituisce un atteggiamento datato, che è stato definitivamente rigettato dalla teoria del diritto con l'avvento del costituzionalismo novecentesco: più precisamente, con il mutamento dei rapporti tra società e Stato-apparato, propri dell'era liberale, nel senso di una compenetrazione tra società (complessa, mutevole, varia) e Stato, l'idea che i concetti giuridici siano immutabili, fissi nel tempo e nello spazio, legati tra loro da legami logici parimenti stabili è morta64. L'idea moderna di diritto, come è già stato sottolineato, prevede una compenetrazione tra diritto e società tale che nel primo debbano necessariamente confluire i valori che circolano nella seconda; ciò, peraltro, in modo necessariamente problematico. A tale proposito è stato autorevolmente affermato che "[i] concetti giuridici [...] vanno intesi non come in sé normativi, ma solo orientativi per il

pensiero giuridico, e costituiscono al più guide per la delineazione semplificata dei problemi. Nei concetti, come elaborati dalla pandettistica, sono immanenti valori della società liberale-borghese non più assolutizzabili. La pluralità e complessità dei valori nelle società contemporanee, fissati oggi nelle costituzioni, non fa più infatti utilmente cristallizzare in un sistema logico deduttivo di concetti, rispetto ai quali l'interprete ed il giudice svolgono un ruolo differenziato di semplice riproduzione passiva"65.

Tali affermazioni sottolineano come la seconda tesi, che pure rimane valida nei suoi tratti essenziali, non possa essere abbracciata nella sua purezza. Le considerazioni appena formulate consentono, da una parte, di accogliere un'impostazione del diritto della concorrenza aperta alle esigenze della società senza andare incontro a critiche incentrate sull'incoerenza che ne deriverebbe per il sistema-diritto; dall'altra, di formulare valide obiezioni alle critiche che si

64 La "nozione di sistema giuridico [...] inizia ad affiorare, con l'avvento del pensiero moderno e del metodo

cartesiano, quale conseguenza dell'idea di razionalità interna del diritto. [...] A ben vedere questa concezione, nella sua più astratta e cristallina formulazione, era funzionale alla idea di diritto propria del liberalismo classico, teorizzatore di uno Stato che interviene il meno possibile, solo quando strettamente necessario; funzione del diritto, in tale prospettiva, è garantire uno sviluppo della società organico, fondato su strutture semplici e stabili, e quindi su istituti giuridici compenetrati da valori ritenuti immutabili quali la proprietà e la libertà di contratto. [...] La trasformazione dei rapporti economici e sociali nella società industriale della seconda metà dell'ottocento e l'affermarsi di nuovi ideali politici, anche nei campi del diritto civile, mettono in crisi l'idea dell'immutabilità dei concetti giuridici, ricavati dal diritto romano; si perviene quindi a negare l'attitudine del sistema dei concetti giuridici a produrre nuove norme" (MODUGNO F., Appunti dalle lezioni di teoria

dell'interpretazione, Cedam, 1998, pp. 40-41). Nello stesso senso MENGONI L., Problema e sistema

nella controversia sul metodo giuridico, in Studi in onore di Giorgio Balladore Pallieri, vol, I, pp. 329 ss.

potrebbero muovere all'autorità garante laddove il suo operato rivelasse la presa in considerazione di valori ulteriori rispetto alla semplice preservazione del conflitto. Tali critiche consistono - si rammenta - in primo luogo nella carenza di legittimazione dell'autorità procedente in tali circostanze e, in secondo luogo, nell'illegittimità di sanzioni antitrust motivate da motivi ideologici piuttosto che da considerazioni attinenti all'alterazione della struttura competitiva del mercato. Di conseguenza, anche il diritto della concorrenza sperimenta, così come il diritto complessivamente inteso, un problema assai delicato dell'ermeneutica contemporanea: la necessità di realizzare un adeguato bilanciamento tra la connotazione innegabilmente aperta del diritto e l'esigenza di contrastare l'arbitrarietà ermeneutica che deriverebbe da un'apertura totale, senza correttivi. Le più recenti teorie dell'interpretazione sembrano aver trovato un equilibrio soddisfacente (almeno in linea teorica), in base al quale il punto di partenza per la comprensione effettiva del testo o "precomprensione", al contrario di quanto avviene nella sistematica chiusa, è il problema giuridico, ed "è in funzione di

quest'ultimo che il testo va interrogato" 66. Tuttavia, la soluzione deve sempre mantenersi entro i confini tracciati dal testo normativo, la cui portata viene individuata in base agli schemi ed alle categorie della tradizione dogmatica. Il processo ermeneutico realizza così, in questa dialettica tra pensiero dogmatico e problematico, una sintesi efficace tra i due67.

È in questa ottica, quindi, che vanno lette le norme del diritto della concorrenza ed è in questi termini che la considerazione di valori altri rispetto alla salvaguardia degli incentivi alla lotta può trovarvi cittadinanza senza che essa debba necessariamente infrangersi contro le obiezioni illustrate supra. L'importante è che il pensiero dogmatico riesca comunque a soddisfare le esigenze di razionalità sistemica degli esiti ermeneutici, cui è subordinata la controllabilità dell'applicazione del diritto68.

Con ciò, quindi, non si vuol affermare che, nel momento in cui il diritto della concorrenza tuteli interessi ulteriori rispetto alla competizione, problematiche relative alla legittimazione dell'autorità procedente e alla legittimità della sanzione non possano porsi. Il più modesto, ma fondamentale risultato che emerge dalle argomentazioni appena esposte è che la tutela, da parte del diritto antitrust, di valori sociali ed interessi condivisi non è necessariamente esorbitante rispetto alla

66Ibidem, p. 44. 67 Ibidem, pp. 44-45. 68 Ibidem, p. 45.

legittimazione dell'autorità garante ed inconciliabile con un pieno rispetto dello stato di diritto.

Oltre a quanto si è appena detto in chiave di teoria del diritto, la semplice osservazione della realtà sembra rivelare la bontà dell'impostazione da ultimo adottata. In seno al diritto della concorrenza sono infatti riscontrabili differenze notevoli in base al periodo storico che si prende in considerazione69, ma anche in relazione ai paesi in cui la concorrenza viene tutelata. Tali differenze, inoltre, non sono legate alla diversità dei modi in cui ci si impegna a promuovere e a preservare il conflitto tra gli operatori economici; piuttosto, esse sono legate ai valori condivisi in ciascun ordinamento giuridico, che catturano e plasmano in una certa misura il diritto della concorrenza. Di conseguenza, pur non volendosi sottostimare l'importanza della comparazione in questo ambito, risulta inconcepibile l'idea di un diritto della concorrenza monolitico nel senso di immutabile nel tempo e adatto ad ogni ordinamento70.

Proprio per questo Ezrachi ha utilizzato per il diritto della concorrenza la metafora della spugna: il suo ambito di applicazione e la sua stessa natura non sono, a suo dire, elementi fermi ed immutabili, ma il frutto di una complessa e, in taluni casi, incoerente espressione di una moltitudine di valori. Valori, questi, propri della società nell'ambito della quale la tutela della concorrenza viene espletata e che inevitabilmente filtrano nei pori della spugna71.

1.4 "A more economic approach": il mito della tecnicizzazione e depoliticizzazione del diritto della concorrenza.

Rispetto al discorso che si è condotto fino ad ora la necessità di un approccio "economicamente solido" al diritto della concorrenza risulta in una certa misura estraneo, in quanto nulla dice in merito a se i valori sociali possano essere integrati nella politica della concorrenza: esso ha a che vedere con l'approccio, per l'appunto, richiedendo che l'analisi economica sia parte integrante dello strumentario ermeneutico del giurista.

Certo, non si intende qui ridimensionare l'enorme importanza che ha rivestito l'avvento dell'approccio economico al diritto della concorrenza, promosso specialmente dalla scuola di Chicago. Tale nuova impostazione concettuale ha

69 Si pensi alla scarsa considerazione di cui gode attualmente l'approccio liberale all'antitrust

enforcement, completamente avulso dalla realtà del mercato e votato esclusivamente alla preservazione di un ordine naturale di piccoli produttori, artigiani e commercianti.

70 KOVACIC W.E., Institutional Foundations for Economic Legal Reform in Transition Economies: The Case

of Competition Policy and Antitrust Enforcement, 77 Chicago-Kent Law Review, p. 265 (2001).

permesso di superare un problema di prima grandezza: la tendenza dei giuristi, una volta resi edotti della teoria della concorrenza perfetta, ad adeguare la realtà alla teoria. Si è detto in riferimento al periodo antecedente a questa rivoluzione culturale che "gli economisti elaboravano i loro concetti di concorrenza perfetta per fini così per

dire generali e filosofici, mentre i giuristi, orecchiando una materia sempre più complicata, ritenevano che gli economisti stessero delineando, se non proprio la realtà, una realtà possibile in pratica. Ora, i giuristi, che hanno per mestiere principale di risolvere i problemi del giorno per giorno e cioè i casi concreti, trovandosi di fronte a una realtà quotidiana che non corrispondeva alla teoria, si sono messi ad adeguare la realtà alla teoria. Se la teoria economica diceva che per aversi concorrenza occorrono molte imprese mentre in realtà ce ne sono poche, la tendenza del giurista era quella di darsi da fare per spezzettare la struttura industriale e in ogni caso bloccare le possibili concentrazioni e così via. [...] Per riassumere in maniera estremamente semplificata si può dire che questo primo incontro fra diritto ed economia nel campo dell'antitrust è stato una fusione fra l'ignoranza degli economisti e l'ignoranza, aggravata dall'attivismo, dei giuristi"72. In questo orizzonte etereo e lontano dalla realtà, nessuna rilevanza veniva accordata all'efficienza economica delle operazioni che venivano realizzate, alla loro funzione concreta nel mercato.

Una volta chiarito che l'efficienza poteva essere valorizzata in chiave giuridica, gli esiti pratici di questa possibilità hanno allettato non poco i giuristi e li hanno indotti a cambiare mentalità: infatti "se con la logica economica si può dimostrare che le

pratiche sospette sono spiegabili con finalità diverse da quelle della monopolizzazione le corti cesseranno di condannarle"73. In altri termini, l'avvocato che riesce a servirsi efficacemente dell'analisi economica riesce a tutelare efficacemente gli interessi del proprio cliente e a riportare vittorie in sede giudiziale.

Ciò detto, non sembra corretto arrivare ad ipotizzare che l'uso della teoria economica possa de-politicizzare o impermeabilizzare l'antitrust rispetto ai valori sociali, annullando di fatto le premesse del discorso che si è condotto sino ad ora. Certo, nella metafora del diritto della concorrenza come spugna, anche Ezrachi ha valorizzato il ruolo della teoria economica, raffigurata come una membrana che avvolge la spugna e ne limita la capacità d'assorbimento74. E tuttavia, ciò non gli ha impedito di sottolineare che la stabilità e la funzionalità stessa di tale membrana sono soggette a numerose variabili; le quali non consentono di riconoscere alla teoria economica una vitù "sterilizzatrice" della politica della

72 ROMANI F., Pensiero economico, pensiero giuridico e concorrenza, cit. pp. 53-54. 73 Ibidem, p.55.

74 "As such, it prevents it from ‘over absorbing’ values and goals which are inconsistent with economic thinking.

In doing so it helps stabilise the ‘sponge’ by limiting and slowing its absorbency rate" (EZRACHI A., Sponge,

concorrenza rispetto ai valori condivisi dalla società in cui viene elaborata. In particolare, Ezrachi sottolinea come gli economisti possano abbracciare teorie diverse, ciascuna facente riferimento a concetti e criteri che assumono sfumature e funzioni differenti e strettamente dipendenti dal contesto in cui vengono applicate75.

In definitiva, quindi, è questa la vera funzione della teoria economica nel diritto della concorrenza: non bloccare il processo di assorbimento in sé, né selezionare

cosa può entrare nei pori, ma evitare che la spugna risulti eccessivamente

imbevuta e preservarne, in buona sostanza, l'integrità.