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Diritto d’asilo e le operazioni di ricerca e soccorso in mare

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 46-53)

Secondo una parte della dottrina, la Carta repubblicana del 1947 non conosce, né riconosce – se non nei termini in cui ciò possa indirettamente rilevare per il tramite di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta ex art. 10, co. 1, Cost. o sostanziare un obbligo internazionale ex art. 117, co. 1, Cost. – la distinzione tra il cd. asilo territoriale e il cd. asilo extraterritoriale, ben potendo il richiedente asilo, per essere considerato tale, non trovarsi (ancora) in Italia. Al contempo, il «territorio della Repubblica» costituisce un elemento teleologico essenziale dell’art. 10, co. 3, Cost. e, di conseguenza, i pubblici poteri non solo non possono ostacolarne il raggiungimento, ma sono tenuti ad adoperarsi, in tutte le sedi opportune (politiche, diplomatiche, internazionali ecc.) e con le modalità di volta in volta più efficaci, per far sì che uno straniero impedito nell’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana possa raggiungerlo. 90.

Negli stessi termini logici, altra dottrina, ha acutamente osservato che il dettato costituzionale tutela lo straniero con una previsione più ampia dell’art.3 CEDU, che pone il divieto di refoulement unicamente laddove sussista il pericolo di pena di morte, tortura o di trattamenti o pene inumani o degradanti, riconoscendo il «diritto d’asilo nel territorio della Repubblica» come diritto fondamentale dello straniero «al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana». I nostri padri costituenti, nella stesura degli articoli 2, 10 ma anche 11 della Costituzione, hanno lanciato il cuore oltre l’ostacolo, tracciando una strada di apertura ai diritti degli esseri umani in quanto tali, che guarda al futuro, pur trovando l’assemblea costituente le proprie radici in un’epoca storica ben diversa, uscita dal flagello della seconda guerra mondiale, ed hanno inteso evitare il rischio di rinascita di quelle spinte nazionalistiche e particolaristiche, che in quella terribile guerra hanno avuto il loro nefasto epilogo91. La configurazione del diritto d’asilo proposta dalla dottrina citata, peraltro, è stata altresì seguita dalla sentenza n. 22917/2019 del Tribunale Civile di Roma, trattata al precedente paragrafo 3.g.. Al riguardo, inoltre, appare utile rilevare che la citata sentenza 2019 del Tribunale di Roma costituisce un’evoluzione rispetto alla precedente pronuncia n. 49565/1999 in cui il medesimo Tribunale riconobbe Abdullah Öcalan (leader del quantomeno controverso movimento separatista PKK). La sentenza del 1999, infatti, nel dichiarare il diritto dell’attore all’asilo politico in Italia ai sensi dell’art. 10, 3 co. della Costituzione, ebbe modo di osservare che la presenza del richiedente diritto di asilo non è condizione necessaria per il conseguimento del diritto stesso. Tale statuizione, tuttavia, non essendo l’Öcalan (al momento della decisione) più presente sul territorio della Repubblica italiana, si era rivelata una petizione di principio, senza un reale valore precettivo. Diversamente, invece, la sentenza n. 22917/2019 del Tribunale Civile di Roma si è spinta oltre, accertando il diritto dei migranti (mai giunti sul territorio italiano) ad accedere nel territorio italiano allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale ovvero di protezione speciale. Tale interpretazione, invero, risulta in linea con quanto evidenziato da parte della dottrina, secondo cui la Costituzione riferisce testualmente a un diritto di asilo ‹‹nel territorio della Repubblica››, senza prevedere alcun riconoscimento dell’asilo extraterritoriale, il quale verrebbe recuperato mediante una protezione indiretta, attraverso l’art. 2 Cost. che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Tuttavia, non bisogna confondere i due piani, perché affermare che 90 Cfr. Marco Benvenuti, La forma dell’acqua. Il diritto di asilo costituzionale tra attuazione, applicazione e attualità, Questione Giustizia 2/2018 (https://www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/la-forma-dell-acqua-il-diritto-diasilo-costituzionale-traattuazione-applicazione-eattualita_531.php).

91 Cfr. Cristina Correale, Il diritto di asilo costituzionale e gli effetti del decreto sicurezza: manovre di assestamento in

un difficile equilibrio ed il ruolo del giudice, La Magistratura Gennaio - Marzo 2020 Anno LXVIII – Numero 1. Il testo

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presupposto per l’effettivo godimento del diritto di asilo sia la presenza nel territorio dello Stato è diverso dal ritenere la presenza nel territorio un requisito per il riconoscimento del diritto di asilo. Da questa precisazione discende la conclusione che titolari del diritto di asilo siano anche quei soggetti impossibilitati a lasciare il loro Paese92.

In base all’impostazione sopra indicata, dunque, il diritto d’asilo sussisterebbe già al momento in cui il naufrago è tratto in salvo a bordo di una nave, sia che si tratti di una nave militare che di una nave privata intenta in attività commerciali o appartenente ad una ONG. Tale impostazione – che come si vedrà in seguito non appare, a sommesso avviso di chi scrive, convincente – messa a sistema con la prevalente interpretazione del regolamento di Dublino III dovrebbe tuttavia coerentemente comportare che lo Stato di bandiera della nave soccorritrice è quello competente alla trattazione della domanda d’asilo e non quello ove avviene lo sbarco. Stante la logica del regolamento di Dublino III, infatti, non sarebbe coerente che lo Stato di sbarco sia quello competente alla trattazione della domanda d’asilo, se lo Stato di bandiera della nave soccorritrice avesse già tale obbligo.

Non sorprende, dunque, che alcuni Paesi, nell’ambito dei negoziati per l’approvazione del norme per la sorveglianza delle frontiere marittime in ambito FRONTEX, si siano posti la questione della possibilità per i naufraghi salvati in mare di richiedere asilo nei confronti dello Stato di bandiera della nave soccorritrice, operante sotto l’egida della citata Agenzia europea. La risposta individuata, tuttavia, è stata diversa da quella suggerita dalla citata dottrina italiana. A tal riguardo, è interessante la seguente valutazione del pertinente quadro giuridico in termini di diritto d’asilo applicabile alle operazioni di ricerca e soccorso in mare che ha avanzato i Governo olandese:

An asylum request can only be submitted to the responsible authority of the state in which territory – including the territorial waters – the application is made. A Dutch ship is not part of the Dutch territory and on a Dutch ship there is no authority responsible for handling applications, being the commander of the ship not entitled to receive them.

However, on a Dutch ship the Dutch jurisdiction applies. In this regard, it is the responsibility of a Dutch ship’s commander that if a migrant on board expresses a wish to submit an application, this is not left without consequences.

This requires that an alien who thinks to need protection has to be returned only after his/her request has been assessed and there is no reason to grant the protection in question. These migrants should therefore be given the opportunity to submit an application to a competent authority93.

In relazione a quanto precede, preliminarmente, si evidenzia che la sentenza del 5 maggio 2020 (ric. n. 3599/18) della Grand Chamber della Corte europea dei diritti dell’uomo (case of M.N. and others v. Belgium) e la sentenza del 7 marzo 2017della Grand Chamber della Corte di Giustizia dell’UE (case X e X v. Belgium - C-638/16 PPU), hanno seguita un’impostazione rigorosamente territoriale del diritto d’asilo, negando, pertanto, l’esistenza del diritto a ottenere l’asilo, da intendersi quale diritto ad ottenere un visto per raggiungere il territorio di un determinato Paese (nel caso di specie il Belgio). Di talché, le coordinate ermeneutiche che hanno trovato conferma nella sentenza n. 22917/2019 del Tribunale Civile di Roma appaiono non così evidenti come potrebbe apparire prima facie.

In realtà - volendo condividere l’estensiva interpretazione dell’art. 10, co. 3, Cost. propugnata dalla dottrina sopra indicata - la possibilità di riconoscere il diritto d’asilo, in alto mare, già al momento in cui il naufrago è tratto in salvo a bordo di una nave non appare compatibile con quanto previsto dal Regolamento n. 656/2014 e, più in generale, con l’art. 80 del Trattato sul funzionamento

92 Cfr. Laura Restuccia, Il ruolo della giurisprudenza nella riscoperta del diritto di asilo costituzionale, Rivista Ius in itinere Numero 1/2020. Il testo dell’articolo è disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/wp/wp-content/uploads/2020/04/Il-ruolo-della-giurisprudenza-nella-riscoperta-del-diritto-di-asilo-costituzionale-Restuccia.pdf.

93 Cfr. E. Hirsch Ballin, Ministro della Giustizia olandese, Letter from the Minister of Justice to the President of the House

of Representatives (03.09.2010), disponibile al seguente link:

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dell'Unione europea in combinato disposto con l’articolo 1894 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Più in particolare, infatti, si osserva che:

ai sensi dell’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, “l'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo”. La portata del diritto d’asilo rientra, pertanto, nell’ambito d’applicazione del diritto dell’Unione. La Carta dei diritti fondamentali dell’UE (all’art. 18) segue un’impostazione eminentemente territoriale del diritto d’asilo, in linea con la Convenzione di Ginevra del 1951.

• Nell’ambito delle operazioni navali svolte sotto l’egida dell’Agenzia europea FRONTEX, il Regolamento (UE) n. 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, non prevede la possibilità per i migranti salvati in mare di presentare domanda d’asilo a bordo della nave soccorritrice. Tale impostazione, peraltro, è coerente con il decimo considerando del citato Regolamento n. 656/2014 secondo cui “Gli Stati membri e l’Agenzia sono vincolati dalle disposizioni dell’acquis in materia di asilo, in particolare dalla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionali] per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, anche alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri”. A tal riguardo, il citato Regolamento n. 656/2014, in aderenza con quanto sopra evidenziato, riconosce in alto mare l’applicazione del principio di non respingimento (non-refoulement) e circoscrive la possibilità di presentare la domanda d’asilo nel territorio, anche alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri e non altresì nell’alto mare a bordo delle navi battenti la bandiera di uno Stato dell’Unione.

• È evidente, peraltro, il citato Regolamento n. 656/2014 costituisce un punto di riferimento fondamentale in tema di protezione internazionale nell’ambito delle operazioni marittime. Diversamente opinando, infatti, si avrebbe l’effetto paradossale per cui il riconoscimento del diritto d’asilo sarebbe più – o meno – ampio in caso di operazioni svolte sotto l’egida di FRONTEX ovvero quando svolte sotto l’esclusivo ambito nazionale da parte di navi battenti bandiera italiana. Tale effetto paradossale sarebbe incompatibile con il principio di solidarietà̀ e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri dell’Unione di cui all’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. È evidente infatti che la solidarietà e l’equa ripartizione della responsabilità in materia di protezione internazionale dei migranti possono sussistere se, e solo se, la definizione degli oneri da ripartire sono comuni e condivisi nell’ambito degli Stati dell’Unione e, pertanto, definiti in modo uniforme dal diritto dell’Unione. Di talché non appare compatibile con l’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea un’interpretazione giurisprudenziale di un giudice nazionale che estenda - oltre i limiti sanciti dal diritto dell’Unione - il riconoscimento del diritto d’asilo.

In aggiunta, al fine di corroborare la natura territoriale del diritto d’asilo di cui all’art. 10, co. 3, Cost. si osserva quanto segue:

Costituisce ius receptum che “la norma costituzionale attribuisce allo straniero direttamente il diritto soggettivo all'asilo, ed ha carattere precettivo operando perciò in via immediata, dal momento che, seppur necessiti della norma di attuazione, contiene tuttavia disciplina completa e precisa circa la delimitazione dei poteri della legge siccome ne individua con precisione il presupposto, lo delinea nel suo contenuto che determina nella pretesa all'ingresso ed al soggiorno nel nostro territorio, da intendersi però solo a titolo provvisorio, nella more dell'accertamento circa le condizioni per il suo riconoscimento. Il riferimento alla legge di attuazione configura la volontà del costituente di affidare solo al legislatore ordinario la disciplina attuativa, evitando così una delega al potere discrezionale di altra autorità, tesa a specificare requisiti e modalità del godimento del diritto e dei criteri di accertamento entro una latitudine che non può circoscriverne la sfera costituzionale. Questa legge non è stata emanata, e per l'effetto il diritto di asilo è esercitatile ma

94 Ai sensi dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il diritto di asilo è garantito nel

rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso denominati "i trattati").

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nell'ambito del quadro normativo esistente che è rappresentato dalla legislazione sui rifugiati che opera come punto di riferimento, in armonia col quadro internazionale che, come si e rilevato accomuna le nozioni di asilante e di rifugiato, a cominciare dalle condizioni di ammissione alla frontiera, alla procedura per il visto d'ingresso e di soggiorno, e per il rilascio del permesso provvisorio in attesa che si accertino i requisiti per il riconoscimento del relativo status, ed al divieto di espulsione nelle more” (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 18940/2006 e Cass. Civ. Sez. I n. 18549/ 2006).

La scelta legislativa di non prevedere la possibilità di fare domanda d’asilo a bordo delle navi battenti bandiera nazionale non costituisce “un vuoto di tutela inammissibile” (come ritenuto dal giudice sentenza n. 22917/2019 del Tribunale Civile di Roma, trattata al precedente paragrafo 3.g.), bensì appare espressione di un preciso indirizzo legislativo.

Secondo il dettato costituzionale - che fa espresso riferimento alla nozione di “territorio” - l’asilo è da intendersi limitato al territorio della Repubblica in senso stretto e quindi non coincide con la più ampia sfera nella quale si esercita la sovranità dello Stato. Di talché il diritto di asilo di cui all’articolo 10.3 Cost. si configura essenzialmente come asilo territoriale e non comprende anche l’asilo extraterritoriale, ovvero la possibilità di concedere l’asilo nelle Ambasciate ed a bordo delle navi battenti la bandiera nazionale. Del resto, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale “lo Stato di immatricolazione [di una nave] irradia la propria potestà sulla medesima anche fuori dal limite delle acque territoriali, qualunque sia il luogo in cui essa navighi o sosti, salva la potestà dello Stato straniero quando la nave ne percorra le acque o vi si trattenga. Il collegamento con lo Stato d'iscrizione svolge, quindi, la sua efficacia anche quando la nave si trovi in alto mare; e l'alto mare, infatti, secondo un'altra norma generalmente riconosciuta, è aperto al libero e pari uso di tutti i membri della comunità internazionale, in modo che ogni Stato vi può estendere l'esercizio della propria potestà nel rispetto dell'analoga libertà per gli altri Stati. Il predetto collegamento è tanto intenso da ritenere che la nave sia parte del territorio dello Stato in cui è immatricolata, volendosi affermare che questo vi fa valere la propria autorità come sul proprio territorio (art. 4 Cod. penale, e art. 4 Cod. nav.); e se, in tempi recenti, si è contestato il valore dogmatico di tale assimilazione, non si è oppugnata l'esistenza della norma che l'assimilazione intende esprimere (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 67 del 5 dicembre 1961).

Per quanto precede, la disposizione di cui all’articolo 4 del codice della navigazione (“le navi italiane in alto mare e gli aeromobili italiani in luogo o spazio non soggetto alla sovranità di alcuno Stato sono considerati come territorio italiano”) è una mera fictio iuris, che assimila la nave al territorio dello Stato, per finalità connesse al solo esercizio dell’esercizio dell’azione penale ed all’applicazione dei principi generali in tema di diritto internazionale privato. Come noto, inoltre, la predetta fictio iuris, è altresì pacifica nella giurisprudenza internazionale95. Il fatto che la nave da guerra in alto mare sia considerata territorio dello Stato – si ribadisce, per una mera fictio iuris, nonché per specifiche finalità penali e di diritto internazionale privato – risulta altresì corroborato dalla relazione d’accompagnamento al citato codice della navigazione (la relazione citata è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 93 del 18.4.194296). In altri termini, pertanto, la citata previsione dell’art. 95 A tal riguardo, ci si limita a menzionare la celebre pronuncia emessa dal Comitato Giudiziario del Consiglio Privato (Privy Council) britannico il 02.12.1938 nel caso Chung Chi Cheung c. The King in cui fu precisato che “their Lordships

have no hesitation in rejecting the doctrine of exterritoriality expressed in the words of Mr. Oppenheim which regards the public ship "as a floating portion of the flag State". However the doctrine of exterritoriality is expressed it is a fiction, and legal fictions have a tendency to pass beyond their appointed bounds and to harden into dangerous facts. The truth is that the enunciators of the floating island theory have failed to face very obvious possibilities that make the doctrine quite impracticable when tested by the actualities of life on board ship and ashore” (traduzione: il collegio giudicante

non esita a respingere la dottrina dell'extraterritorialità espressa nelle parole del Sig. Oppenheim che considera la nave pubblica "come una parte fluttuante dello Stato di bandiera". Tuttavia, la dottrina dell'extraterritorialità è espressa come una finzione, e le finzioni legali hanno la tendenza a oltrepassare i loro limiti stabiliti e ad indurirsi in fatti pericolosi. La verità è che gli enunciatori della teoria delle isole galleggianti non sono riusciti a fronteggiare possibilità molto ovvie che rendono la dottrina abbastanza impraticabile quando messa alla prova dalle realtà della vita a bordo della nave e a terra).

96 Più in particolare, secondo detta relazione (punto 23) “il principio stabilito nel primo articolo di questo gruppo (art. 4)

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4 del codice della navigazione non può essere interpretata come un’equiparazione tout court della nave in alto mare al territorio dello Stato, al fine di consentire la possibilità di presentare domanda d’asilo a bordo dell’unità nave.

Quanto precede, corre l’obbligo precisare, è pienamente coerente con la decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 febbraio 2012 (ricorso n. 27765/09 - caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia). Detta sentenza, infatti, non ha affatto riconosciuto la giurisdizione italiana ratione loci né ha equiparato la nave da guerra in alto mare al territorio dello Stato. Viceversa, secondo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la giurisdizione nel caso di specie aveva natura extraterritoriale ed era giustificata dalla natura militare delle navi coinvolte e dal conseguente controllo che il relativo equipaggio (composto da personale delle Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza) era in grado di esercitare sui migranti salvati in alto mare97.

Resta inteso, de iure condendo, che il Legislatore potrebbe stabilire delle specifiche modalità per la concessione dell’asilo a favore dei migranti salvati in alto mare; tuttavia, allo stato dell’odierna legislazione previsioni in tal senso non risultano essere state approvate. A maggior chiarimento, di quanto precede, è opportuno evidenziare, sulla scorta delle indicazioni offerte dai lavori svolti nell’ambito dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati secondo cui while … omissis … there is a clear duty for ship’s masters, their owners and their Governments to rescue asylum-seekers at sea, there is no obligation under international law for the flag State of a rescuing vessel to grant durable asylum to rescued refugees. It is, of course, correct that by boarding a vessel, the refugee comes under the jurisdiction of the flag State which is considered to exercise jurisdiction over the ship on the high seas. There is, however, no valid legal basis for considering that by boarding a vessel a refugee has entered the territory of the State exercising jurisdiction over the ship. Moreover, even if physical presence on the ship were regarded as tantamount to presence in the territory, this would not in the present status of international law constitute an obligation for the flag State to grant

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 46-53)