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Post scriptum

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 53-56)

Nelle more della pubblicazione del presente scritto, è stato adottato il Decreto-Legge 21 ottobre 2020, n. 130 - Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché' misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 261 del 21.10.2020).

Tale ultimo Decreto-Legge, in particolare, per quanto qui d’interesse, ha modificato la normativa in esame:

a. da un lato (cfr. lettere c. e d. dell’art. 1 comma 1 del d.l. n. 130/2020), abrogando, al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sia il comma 1-ter dell'articolo 11 che i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater dell'articolo 12, inseriti dal Decreto Legge 14 giugno 2019, n. 53 ed oggetto di analisi nel presente scritto;

b. dall’altro (cfr. comma 2 dell’art. 1 del d.l. n. 130/2020), inserendo la seguente nuova disposizione normativa: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 83 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all'articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, puo' limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorita' per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonche' dello statuto dei rifugiati fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita' organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. Nei casi di inosservanza del divieto o del limite di navigazione stabilito al periodo precedente, si applica l'articolo 1102 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 e la multa è da euro 10.000 ad euro 50.000.

Premesso che il presente scritto non è – e non può essere – una sede appropriata per una compiuta analisi del nuovo d.l. n. 130/2020, si ritiene comunque di svolgere delle considerazioni sulla recente novella legislativa nella parte in cui esclude l’applicabilità del relativo art. 1, comma 2

“nell’ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati”.

Prima facie, infatti, il “centro di coordinamento competente” e la “competente autorità per la ricerca e soccorso in mare” non sembrano escludere a priori né il centro di coordinamento dei soccorsi di Tripoli (competente per le operazioni di soccorso nell’ambito della Zona di Ricerca e Soccorso libica) né il centro di coordinamento dei soccorsi di La Valletta (competente per le operazioni di soccorso nell’ambito della Zona di Ricerca e Soccorso maltese). La complessa formulazione della norma, tuttavia, non appare chiaramente disciplinare l’eventuale fattispecie in cui

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il competente centro di ricerca dei soccorsi straniero indichi (come sovente ha tentato di fare Malta) un porto di sbarco sito in Italia (e.g. Lampedusa). Tale circostanza, benché non prevista espressamente nel nuovo testo normativo, non dovrebbe inibire i poteri delle autorità italiane di reagire, atteso che in tal caso la designazione da parte del centro dei soccorsi straniero sarebbe ultra vires e dunque nulla per carenza assoluta di potere sul territorio italiano. In favore di siffatta esegesi, tra l’altro, appare militare anche il testo della relazione tecnica predisposta dal Governo ex articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, laddove si precisa che “non ricadono nella precedente previsione le operazioni di soccorso, immediatamente comunicate alle autorità italiane ed alle autorità dello Stato di bandiera e condotte nel rispetto delle pertinenti norme di diritto internazionale e delle indicazioni del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare”103 (enfasi aggiunta).

In aggiunta, il riferimento allo “statuto dei rifugiati” non appare di immediata comprensione

e non risolve l’annosa questione dell’applicabilità del diritto d’asilo a bordo delle navi (oggetto di analisi nel presente scritto). Certo è, tuttavia, che ove tale inciso fosse interpretato nel senso di ritenere sussistente il diritto d’asilo già al momento della salita a bordo della nave soccorritrice, si dovrebbe concludere, per coerenza, che sussiste una ulteriore necessità di sollevare una questione pregiudiziale relativa al regolamento di Dublino III, con riferimento al principio della responsabilità dello Stato di sbarco per il vaglio delle richieste di asilo, ove lo Stato di sbarco sia diverso dallo Stato di bandiera della nave soccorritrice (e.g. nave tedesca od olandese che sbarca i naufraghi/migranti in Italia).

Pertanto – atteso che, con riferimento alla tematica trattata nel presente scritto, il Decreto-Legge 21 ottobre 2020, n. 130, in gran parte, conferma l’impianto complessivo già stabilito dal precedente Decreto Legge 14 giugno 2019, n. 53 – si ritine, sommessamente, che permanga l’opportunità di un intervento chiarificatore della Corte di Giustizia, già autorevolmente prospetto dall’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’EU Eleanor SHARPSTON nelle proprie conclusioni presentate il 20 giugno 2017 nella causa C-670/16 (Tsegezab Mengesteab contro Bundesrepublik Deutschland), al fine di chiarire l’esatta portata del diritto d’asilo e del regolamento di Dublino III, nel contesto di una traversata via mare che si conclude con l’ingresso nel territorio di uno Stato dell’Unione a seguito dell’effettuazione di un’operazione di salvataggio.

103 Cfr. XVIII LEGISLATURA– Atto Camera nr. 2727, disponibile al seguente link: http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.2727.18PDL0118490.pdf.

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L’operazione di Soccorso internazionale Tomodachi in occasione dell’incidente nucleare di

Fukushima ed i suoi seguito contenziosi: un caso di lawfare malriuscito? The international relief operation Tomodachi and the nuclear incident at the Fukushima

Powerplant in their contentious follow up: a case of failed lawfare? di Jean Paul Pierini1

Abstract: Lo Tsunami che ha investito la costa del Giappone in seguito al terremoto di magnitudo 9

nella scala Richter di Sendai e del Töhoku dell’11 marzo 2011 ha danneggiato gravemente la centrale nucleare di Fukushima-Daiichi. In soccorso alle popolazioni colpite, gliu Stati Uniti hanno inviato la Reagan Strike Force dando corso ad una Relief Operation. Nel 2013 numerosi militari colpiti da radiazioni ed i superstiti di militari medio tempore deceduti hanno avviato negli Stati Uniti due class actions parallele contro la TEPCO, che era l’operatore dell’impianto, e la GE che era il produttore dei reattori. Le cause si sono protratte fino al 2018 ed al 2020, non andando oltre la fase della discussione delle mozioni preliminari intese a porre termine alle stesse per motivi giurisdizionali. Tali cause sono di grande interesse e dimostrano l’importanza del diritto internazionale privato per la definizione di contenziosi sorti in seguito ad operazioni militari.

Abstract: The Tsunami that hit the Japanese Coast in 2011 following the earthquake reaching the magnitude 9 severely damaged the Fukushima-Daiichi nuclear power plant. The United States upon request of the Japanese government started the relief operation Tomodachi and sent the U.S.S. RONALD REAGAN and escorting units. In 2013 U.S. Navy crews of the U.S.S. RONALD REAGAN, crews of other vessels participating in the Reagan Strike Force, land-based service personnel, and/or their dependents files two parallel class actions against TEPCO (the operator of the Power Plant) and GE, the designer of the boilers asserting claims for negligence, strict products liability, strict liability for ultrahazardous activities. Both cases never went beyond the discussion of several motions to dismiss by the Defendants. While one case was dismissed in 2018, the other lasted until 2020. The arguments raised in the cases are of significant interest and stand for the relevance of international private law in settlement of causes related with military operations.

Sommario: 1. Premessa. – 2. Le class action negli Stati Uniti nei confronti del gestore e del costruttore dell’impianto. – 3. Le implicazioni giurisdizionali ad ampio spettro. – 4.1. La chiusura anticipata del contenzioso successivo per ragioni di giurisdizione personale. – 4.2. Lo scioglimento del nodo del conflitto di leggi e l’accoglimento (in differente prospettiva) dell’eccezione relativa alla international comity. – 4.3. L’iniziale apertura statunitense alle class

action connesse con il disastro ed i danneggiati giapponesi: una porta che si è chiusa subito. – 5.

Conclusioni. 1. Premessa

Le immagini dello Tsunami che ha investito la costa del Giappone in seguito al terremoto di magnitudo 9 nella scala Richter di Sendai e del Töhoku dell’11 marzo 2011 sono indelebilmente impresse nella memoria della gran parte dei lettori, come lo sono quelle dei servizi televisivi relativi alla centrale nucleare di Fukushima-Daiichi, danneggiata dalle gigantesche ondate.

Nell’immediatezza del disastro i notiziari riferivano delle numerose manifestazioni di solidarietà della comunità internazionale e dell’attivo impegno della U.S. Navy nei soccorsi attraverso un dispositivo navale in prossimità della costa giapponese, costituito dalla portaerei a propulsione nucleare U.S.S. Ronald Reagan e dalle unità di scorta.

1 Capitano di Vascello della Marina Militare Italiana. Le opinioni e le considerazioni espresse riflettono esclusivamente l'opinione personale e la comprensione dell'Autore.

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L’avvio dell’operazione denominata Tomodachi (amicizia) – stando alla ricostruzione dei fatti prospettata nei vari ricorsi dei quali si dirà (ricostruzione non specificamente contestata ai fini giurisdizionali) - è riconducibile ad una richiesta avanzata dall’Ambasciata giapponese a Washington. Nel corso dell’attività – riconducibile alle cosiddette “Disaster Relief Operations” - il personale militare statunitense impegnato in attività di sorvolo e quello adibito alla manutenzioni dei velivoli ed ai ponti scoperti è apparentemente rimasto esposto a radiazioni in assenza di idonee cautele. Si sarebbe, inoltre, verificata la contaminazione delle riserve idriche della Reagan Strike Force, plausibilmente attribuibile all’utilizzo dei dissalatori in prossimità della costa dopo lo sversamento in mare di acqua contaminata dai sistemi di refrigerazione della centrale nucleare. Nei seguenti paragrafi del presente scritto è sommariamente ricostruita la vicenda “contenziosa” seguita all’operazione e protrattasi quantomeno fino al maggio 2020.

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 53-56)