2.4 I singoli fattori endogeni alla base della crisi della legalità
2.4.9 Il diritto penale incerto ed inefficace
Una ragione molto significativa dell’incertezza del diritto pena è la scomparsa dello Stato sovrano. La certezza del diritto penale è nata e vissuta su un presupposto: la legge come atto di uno Stato sovrano che ha un efficacia di tipo territoriale nei confronti dei soggetti che operano in tale ambito268.
Questo era uno dei connotati fondamentali dell’Illuminismo, ma ora, come visto, certo non è così.
263 Ordinanze del Sindaco di Firenze n. 2007/774 e n. 2007/833.
264 D.l. 1 novembre 2007, n. 181, non convertito in legge, ma riproposto con d.l. 29 dicembre 2007, n. 249. 265
PISTORELLI, Attenzione spostata sulla perversione del reo, in Guida dir., 2006, n. 9, p. 51. 266 D.d.l. governativo 30 ottobre 2007 lett. h).
267 PALIERO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed effetti penali dei media), in Scritti per
Stella, Napoli, I, p. 289.
La sovranità statale è minata dai noti fenomeni della globalizzazione; il legislatore, come figura unitaria, è scomparso, sostituito da una pluralità di fonti; la produzione legislativa statuale è diventata sussidiaria non solo in senso verticale, ma anche in orizzontale. Non si tratta solo del venire meno della divisione dei poteri, con il Parlamento che diventa giudice attraverso le commissioni di inchiesta e coi giudici che si fanno legislatori, il fenomeno è più esteso. Basti pensare alle autorità amministrative indipendenti che sono indubbiamente legislatori: l’autorità garante introdotta dalla legge sulla privacy produce di continuo norme regolamentari269; ma allo stesso tempo è giudice che irroga sanzioni. Inoltre, oggi il precetto comportamentale deriva da una pluralità di fonti, tra le quali la legge non è neppure oramai la più significativa. L’intreccio di varie fonti rende incerto il profilo della disciplina comportamentale, non tanto per la fumosità del precetto, nella maggior parte dei casi al contrario estremamente minuzioso, ma per un avvicendarsi di fonti che continuamente rinviano ad altre.
Un altro fattore di incertezza è dato dalla precarietà della norma: l’idea illuministica della codificazione stabile di valori e principi è tramontata. La norma penale è ora in continuo divenire, nasce come sperimentale e spesso ha vita breve, diventando rapidamente desueta o gettata via perché non è riuscita a produrre i risultati auspicati.
Anche il c.d. politeismo dei valori dà un contributo all’incertezza del diritto penale. La certezza della legge è data infatti non solo dalla tassatività e dalla determinatezza del testo formale, ma anche, e questo anzi era forse il dato più cogente per il giudice, dai presupposti di tipo sociale e culturale che una società omogenea condivideva. L’attuale pluralismo dei valori rende, invece, difficile il compito del legislatore di risolvere il conflitto e per questo esso affida tale compito al giudice, che cercherà di decidere nel contesto della situazione concreta. Qualcuno al proposito ha parlato di un’etica situazionale per descrivere il fenomeno per cui la norma agendi è individuata ex post dal giudice che la concretizza e al contempo la crea.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è il relativismo: non esistono più valori assoluti e precetti validi in assoluto; questi ultimi prevalgono finchè non incontrano un valore che sia prevalente. Il disvalore del fatto non risiede nell’offesa come tale, ma nel creare un pregiudizio insostenibile, oltre il tollerabile: non sta nel drogarsi, ma nel farlo
269 CASSESE, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, p. 606; NOTARO, Autorità indipendenti e norma penale. La crisi del principio di legalità nello Stato policentrico, Torino, 2010, p. 26, secondo cui tale tecnica “espressiva della frantumazione delle sedi decisionali” fa sì che “la norma penale si disorienta, scontando una certa precarietà”.
senza utilizzare le siringhe messe a disposizione; sta nell’omicidio commesso senza rispettare le regole sull’eutanasia.
Oggi poi si assiste al fenomeno del distacco dei diritti e degli obblighi dalla legge: le norme comportamentali, con i loro divieti e obblighi, non stanno nella legge, ma fuori da essa. L’osservanza della legge non mette più al riparo il cittadino da problemi penali. Allora in questo contesto rovesciato, il problema penalistico si pone in un’ottica inversa: se si è sempre detto che la certezza del diritto penale serve a prevedere come l’autorità userà la sua forza coercitiva, oggi questo non vale più: da un lato i precetti sono vaghi ed indeterminati, dall’altro l’osservanza della regola normativa non rappresenta un criterio valido per valutare il comportamento individuale.
Anche le incertezze scientifiche contribuiscono all’incertezza penale. Ad esempio, si dice che il diritto penale deve occuparsi anche delle vittime del futuro. Ora, un importante fattore di certezza operativa del diritto penale è costituito dalla centralità del singolo e specifico fatto: la condotta umana, la causalità, l’evento, l’elemento psicologico si apprezzano tradizionalmente in un arco temporale concentrato di valutazione e verificazione.
Oggi, nel contesto della società del rischio, la prospettiva è mutata radicalmente, rilevando anche i rischi non conosciuti, o non identificati con sicurezza scientifica, al momento della condotta, rischi che possono concretizzarsi in un danno in un futuro vicino, ma anche lontano. Certo, il diritto penale non può non occuparsi delle vittime future, però è difficile conciliare questa doverosa preoccupazione con il dogma del fatto su cui poggiano tutte le fondamentali garanzie penali. Elettrosmog, amianto, mucca pazza, uranio impoverito, uso dei cellulari, clonazione, organismi geneticamente modificati: anche se è incerta la loro pericolosità, in ogni caso si discute di eventuali danni futuri.
Qui si pone allora l’arduo compito di individuare il parametro in base a cui il giudice deve oggi giudicare la condotta umana. Se il giudice effettua il suo giudizio, ex post, in base al principio di precauzione, sarà orientato a configurare un obbligo di attivarsi nel momento in cui uno studio scientifico anche non accreditato dice che c’è pericolo. E tale conclusione potrà anche retroagire, con riferimento al comportamento posto in essere anni prima, realizzando con ciò una cripto retroattività penalmente rilevante, dovuta alla retroattività non del precetto, bensì della valutazione giudiziale del rischio.
Il fenomeno è insidioso, perché non concerne la legge. Invero, non siamo di fronte né ad un nuovo precetto applicato a fatti pregressi, né ad operazioni di interpretazione o di creazione analogica effettuate dal giudice sul diritto positivo, ma di fronte ad una scoperta
tecnico-scientifica che avviene in sede giudiziale. Le risultanze di tale scoperta retroagiscono dall’esterno sul diritto positivo e inducono il giudice, ex post, a rimodulare i parametri della colpa generica e a ricostruire le situazioni di fatto che danno luogo ad obblighi di agire. La scienza e la tecnica trionfano sulla legge.
Con ciò, vengono eluse le tradizionali garanzie, non solo sottese al principio della riserva di legge, ma anche quelle insite nel divieto di retroattività e di analogia forgiate per l’operatività della legge penale. L’imputato, privato di tali garanzie, potrà difendersi solo con argomenti di tipo soggettivo, quali la buona fede, la non conoscenza, la non rimproverabilità, la non esigibilità.
Il principio precauzionale può condurre ad una valutazione del rischio di tipo sociologico: può essere addirittura sufficiente che l’opinione pubblica percepisca emotivamente l’esistenza di un rischio. Così ragionando, gli obblighi di attivarsi nascono dalla realtà sociale e nascono anche prima della legge che imponga una soglia positivizzata di accettabilità del rischio.
Ciò che si evince da tutto ciò è che la vecchia idea della prevenzione generale, della intimidazione, del messaggio non ha più senso perché il messaggio per essere obbedito dovrebbe essere certo, dotato di un minimo di riconoscibilità.
Si dice che la prevenzione generale deve essere letta in termini pedagogici, cioè nel senso non tanto di intimidazione e deterrenza, quanto piuttosto di educazione dei cittadini ai valori che stanno alla base della legislazione penale. Ma ciò presuppone un’omogeneità di valori che ora non c’è più. Conseguentemente il diritto penale incerto determina il sorgere di una responsabilità individuale attraverso l’incertezza legislativa. L’incertezza favorisce la crescita spirituale dei cittadini che devono capire da soli cosa è lecito e cosa illecito. Il diritto penale diventa deontologia.
Il diritto penale incerto produce poi una singolare effettività in termini di educazione. La famosa sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale sull’art. 5 c.p. vedeva il diritto penale incerto come fattore di promozione dell’informazione giuridica: il cittadino ha il dovere di informarsi secondo le proprie capacità. In tale pronuncia emergeva l’idea di un diritto che non mira ad educare ai valori, che non mira alla deterrenza e alla intimidazione: ma un diritto penale che, in quanto incerto, stimola all’educazione giuridica tutti i consociati. Se il cittadino non si informa viola il principio dell’art. 2 Cost. sui doveri di solidarietà, non perché trasgredisce il precetto, ma perché non si informa.
Se la certezza non è più un connotato della legge statale, deve essere la società civile ad operarsi per ripristinarla. Il cittadino è chiamato necessariamente ad una produzione
giuridica secondaria, cioè a produrre certezza visto che la legge non la fornisce. Basti vedere lo sviluppo dei protocolli di comportamento nei più svariati settori: codici di condotta elaborati per i sindaci di società, per i medici, per le banche; i comitati etici; i comitati deontologici; le consensus conferences in cui gruppi di scienziati cercano di raggiungere un accordo circa lo stato attuale della scienza in ordine alla pericolosità di cose e attività.
La supremazia della legislazione è andata in crisi di fronte al prevalere di fonti extralegislative e del diritto giurisdizionale. Ecco allora che il diritto penale incerto determina l’effetto per cui il cittadino viene chiamato a produrre certezza e a recuperare tramite formazioni secondarie e settoriali quel livello di prevedibilità operativa che la legge non è più in grado di assicurare.