3. LA SOFT LAW 1 Una premessa
3.5 Il superamento del sistema gerarchico verso uno a normatività graduata
L’eterogeneità, come visto, appare un tratto peculiare del diritto morbido: esso può essere soffice con riguardo alla sua autorità, al suo contenuto, alla sua efficacia e alla sua mancanza di coattività. Il coniugare un esiguo potenziale autoritativo ad un livello variabile di effettività e di rilevanza giuridica ha fatto sorgere l’impressione che il diritto morbido resti ai margini delle vere fonti del diritto.
414 “Al punto che l’immagine che ne scaturisce sembra essere quella resa da uno specchio infranto”. Così BRECCIA, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto, in Pol. Dir., 2006, p. 366. Nello stesso senso anche MODUGNO-NOCILLA, Crisi della legge e sistema delle fonti, in Dir.
Alla base di tale approccio stava, come visto, l’idea che, poiché la vincolatività e la coercibilità si pongono come connotati tipici del diritto, siffatte regole elastiche, la cui ottemperanza ha carattere per lo più volontario, che insistono sulla persuasione piuttosto che sulla cogenza, non sarebbero state regole giuridiche415.
Detta teoria, giova ripeterlo, non teneva però conto del fatto che le regole soffici trovano applicazione, divenendo efficaci: giudici, legislatori, arbitri, operatori del diritto trasformano, in relazione alle esigenze concrete, criteri non cogenti in norme definite416.
All’interno di questa dinamica, che vede venir meno il monopolio legislativo statale, con la conseguente incertezza nella gerarchia delle fonti417 e che risulta accentuata dai processi di globalizzazione, i quali instaurano multiformi rapporti dialettici tra diversi produttori di diritto e tra componenti formali e informali, la giuridicità è venuta a perdere i suoi connotati hard, i cui tratti sono rappresentati dal nesso esclusivo con la sovranità, dalla verticalità, dalla gerarchia dalle fonti, dalla coattività418.
Il primato del diritto legislativo è insidiato ed eroso, in quanto troppo rigido ed incapace di seguire i percorsi più articolati e complessi; il sistema delle fonti si destruttura e si sbriciola, tendendo le fonti a fuggire da un ordine fisso di tipo piramidale verso uno di tipo reticolare. In quest’ottica il diritto soffice ben esprime l’immagine di una normatività che si allontana dalla stretta cogenza impositiva e sanzionatoria, per disporsi come un tessuto a rete, orizzontale, che si lascia integrare dalle opzioni dei vari soggetti giuridici. Ciò, comunque, sempre nel rispetto di determinati “noccioli duri”, caratterizzati da una normativa hard, come la Carta Costituzionale, l’insieme dei diritti fondamentali, le norme internazionali e comunitarie, le sentenze giudiziarie.
415 FERRERI-PIZZORUSSO, Le fonti del diritto italiano, in SACCO, Trattato di diritto civile, Torino, 1998, p. 299.
416 Emblematica, a questo proposito, con riferimento specifico all’utilizzo di atti non aventi effetti giuridici vincolanti che operano quali strumenti integrativi o interpretativi di atti vincolanti, è la già menzionata sentenza Grimaldi del 13 dicembre 1989 (causa C-322/88), in cui la Corte di Giustizia afferma che le raccomandazioni, benché non siano vincolanti ai sensi dell’art. 189, comma 5, del Trattato CEE, non possono per questo essere considerate atti privi di qualsiasi effetto giuridico, dal momento che “giudici nazionali sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni ai fini della soluzione della controversie sottoposte al loro giudizio, in particolare quando esse sono di aiuto nell’interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione, o mirano a completare norme comunitarie aventi natura vincolante”. In ambito nazionale, nello stesso senso, anche Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, secondo la quale sebbene il Parlamento non abbia autorizzato la ratifica della Convenzione di Oviedo, da ciò “non consegue che essa sia priva di qualsiasi effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all’accordo concluso sul piano internazionale, ma non ancora eseguito sul piano interno, può assegnarsi una funzione ausiliaria sul piano interpretativo: essa dovrà cedere di fronte a norme interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme”.
417 ZACCARIA, Trasformazione e riarticolazione delle fonti del diritto, oggi, in Ragion pratica, 2004, p. 109; FERRAJOLI, Principia iuris, Roma, 2007, I, p. 924; VOGLIOTTI, Tra fatto e diritto, Torino, 2007, p. 272. 418 FERRARESE, Il diritto al presente, Bologna, 2002, p. 147.
Insomma, allo stato attuale, pare proprio che nei sistemi giuridici convivano e interagiscano tra loro, nella stessa rete, diversi livelli, di hard law, ad alta vincolatività, e di normativa leggera, dotati di una flessibilità connessa ad esigenze difficilmente ingabbiabili entro schemi troppo rigidi.
Va detto che il diritto ha da sempre fatto riferimento a varie tipologie di norme al fine di influenzare le condotte e le ha ordinate secondo la loro differente forza obbligatoria419. Quindi, si può affermare che la gradazione dei livelli di vincolatività, a cui allude la distinzione tra hard law e soft law, non è cosa nuova.
Peraltro, come ribadito già molte volte, la stessa formulazione degli atti soffici non appare essere una caratteristica distintiva e saliente, essendo i principi, ad esempio, tipicamente norme senza fattispecie o a fattispecie aperta e abitualmente formulati in un linguaggio valutativo o ottativo, con l’indicazione di un fine da conseguire. E non va dimenticato che spesso gli atti di soft law enunciano disposizioni di principio.
Tutto ciò conferma l’idea che i materiali che compongono il mondo giuridico sono molto più complessi e articolati rispetto a quanto tradizionalmente e semplicisticamente prospettato dalla dogmatica; va allora colta la valenza propria del diritto attenuato, ricerca che pare condurre al punto in cui il tema delle fonti si interseca con quello dell’interpretazione. Prima di entrare nel vivo della questione, va ancora una volta ribadito come il diritto morbido sia tipicamente costituito da testi che sono in qualche senso giuridici perché entrano in quella prassi che chiamiamo diritto. L’elasticità, la flessibilità, l’indeterminatezza e la vaghezza dei suoi scopi sono relativi sia alle condizioni di sua applicazione che al modello di condotta prescritto. Senza dubbio, il diritto soffice, nelle sue molteplici manifestazioni, in quanto diritto scritto non obbligatorio prima facie, prescrive, anche se in maniera attenuata, qualcosa, un fine, un atteggiamento da assumere, un programma da seguire, un aspetto da tenere in considerazione.
Il diritto morbido, dunque, fa parte del corpus normativo ed entra nel processo di positivizzazione: è, come si è detto, una fonte del diritto, nel senso che è ritenuto capace di generare, in qualche modo regole giuridiche420.
Per arrivare alla descrizione reticolare del panorama giuridico attuale parte della dottrina è partita dalla distinzione tra nozione materiale e formale di fonte.
419 Infatti nel mondo del diritto esistono anche comandi, divieti, ordini, intimazioni, precetti, istruzioni, direttive, raccomandazioni, pareri, proposte, richieste, istanze, ammonimenti, ecc.
420 PASTORE, Il soft law nella teoria delle fonti, in SOMMA, Soft law e hard law nelle società postmoderne, cit., p. 128.
Come noto, la prima denota ogni atto o fatto che produce diritto: cioè, per sapere se un certo atto è fonte o meno, occorre identificare il suo contenuto, se atto, o il suo risultato, se fatto. La seconda fa riferimento ad ogni atto o fatto autorizzato a produrre, e non già effettivamente produttivo, norme, indipendentemente dal contenuto o dal risultato; ne segue che per sapere se un certo fatto o atto sia fonte del diritto basta guardare se nell’ordinamento di riferimento vi sia una norma sulla produzione che autorizza l’atto o fatto in questione a produrre diritto421.
Orbene, proprio tale distinzione tra fonte in senso formale e in senso materiale sarebbe venuta meno alla luce del panorama giuridico odierno, caratterizzato da fonti di fatto non inquadrabili in nessuna gerarchia, fonti extra ordinem operanti sulla base del principio di effettività e fonti atipiche, come quelle di diritto leggero, che evidenziano vieppiù il ruolo dell’interpretazione; insomma una rete in cui interagiscono tutte le norme grazie soprattutto all’opera ermeneutica. Gli interpreti, infatti, di fronte alla molteplicità delle fonti, formali ed informali422, ed al loro flusso continuo e incontrollabile, devono previamente individuare il dato cui riferire il lavoro di attribuzione dei significati. Al tradizionale compito di trarre la norma dalla fonte si affianca, dunque, quello del reperimento della fonte stessa, che va costruita423. Si assiste insomma ad un processo di revisione delle fonti verso un ordinamento aperto, dove accanto alle norme formali si collocano quelle accettate dalla comunità giuridica, ricomprensive anche delle fonti informali.
Fonte è allora un termine che rimanda all’insieme dei fattori che influiscono sulla produzione delle norme e questa influenza può variare: vi sono fonti che forniscono all’operatore giuridico immediatamente una norma valida e fonti che offrono soltanto indicazioni, orientamenti, indirizzi, da cui essi devono poi trarre le norme. Le fonti presentano così gradi diversi di oggettivizzazione, ma si pongono tutte come risorse ufficiali da cui trarre le regole. Queste ultime, nel contempo, sono frutto di interpretazione e di decisione, operanti come ragioni che sostengono le soluzioni giuridiche.
L’uso delle fonti dunque rinvia al momento applicativo e interpretativo, nel senso che la ricerca delle fonti diviene una questione di interpretazione e applicazione del diritto, a
421 MODUGNO, voce Fonti del diritto (gerarchia delle), in Enc. dir., Milano, vol. I, 1997, p. 586; GUASTINI,
Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, p. 57.
422 Le prime consistenti in atti o fatti soggetti a condizioni definite di validità, le seconde concretizzandosi in atti o fatti privi di forme giuridiche normativamente predisposte, dotate di qualche grado di effettività. Sul punto, FERRAJOLI, Principia iuris, cit., p. 418.
monte del quale vi sono materiali eterogenei che formano un materiale normativo in potenza da attualizzare424.
Da questo angolo visuale il diritto positivo appare come un’impresa solidale di soggetti, istituzionali e non, che, con la loro attività ermeneutica, articolano il discorso delle fonti all’interno di una prassi in cui la normatività giuridica si pone come il risultato di valori complessi che si combinano tra loro. In questa prospettiva, l’operare del diritto morbido conferma come la teoria delle fonti non possa essere considerata come statica e a sé stante, essendo palese come si intrecci con la teoria dell’interpretazione.
Il diritto appare come un tessuto, una rete di interrelazioni, dove regolazioni morbide, fluide ed elastiche, che giocano vari ruoli, rispondendo alle richieste di flessibilità provenienti da contesti sociali sempre più complessi, convivono con discipline pienamente obbligatorie. La normatività risulta, in tale quadro, non monolitica, ma caratterizzata da un notevole tasso di gradualità425.
Quindi, incrinata l’unità e la rigidità del sistema delle fonti, l’ordinamento vive nel rapporto che lega i molteplici e diversamente vincolanti atti di normazione con le attività interpretative che da essi si sviluppano. L’effettività, perciò, viene in rilievo, non solo come risposta di obbedienza alle norme da parte dei destinatari, ma anche come riposta riconoscimentale dei consociati che, partendo da elementi infrastatuali, statuali, sovranazionali, costituiscono ermeneuticamente un ordine giuridico che presenta un intrinseco carattere dinamico426.
Soft law e hard law, così, vengono a convivere come plessi normativi spesso intrecciati nel processi di articolazione progressiva dell’ordinamento giuridico, contribuendo, con gradi più o meno intensi di giuridicità e in relazione ai concreti ambiti sociali e alle specifiche regole, ad orientare i comportamenti.
Ecco perché parte della dottrina ha affermato di recente che col termine soft law non si vuole confezionare un ossimoro o un paradosso, bensì celebrare l’avvenuto superamento del tradizionale modello occidentale e statalista di produzione del diritto secondo i canoni del positivismo legislativo427.
424 VIOLA-ZACCARIA, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto, Roma, 1999, p. 316.
425 RUGGERI, Prospettive metodiche di ricostruzione del sistema delle fonti e Carte internazionali dei diritti, in Ragion pratica, 2002, p. 73; BRECCIA, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e
ritorno al diritto, in Pol. Dir., 2006, p. 364.
426 Così, PERLINGIERI, Complessità e unitarietà dell’ordinamento giuridico vigente, in Rass. dir. civ., 2005, p. 203.
427 SOMMA, Some like it soft. Soft law e hard law nella costruzione del diritto privato europeo, in SOMMA,
In particolare si è osservato che da molti punti di vista la decadenza di quel modello è un fatto consolidato, giacchè è a tutti evidente che i comportamenti dei consociati non sono indirizzati unicamente dalle fonti formali di produzione mediatamente o immediatamente riconducibili allo Stato. E non potrebbe essere diversamente: il tipo di Stato a cui fa riferimento il positivismo legislativo non conosce limiti esterni, se non contratti su un piano di parità con gli altri Stati, ed è modellato sullo schema della tripartizione dei poteri, funzionale alla repressione dei corpi intermedi.
Diverso è il modello di Stato chiamato in causa dalle attuali riflessioni sulla normativa soffice, sia essa evocata in alternativa o in combinazione con l’hard law: è uno Stato sociale ed è permeabile a forme interne ed esterne di sovranità.
È altresì apparso palese come il superamento nel senso indicato del tradizionale modello di produzione del diritto implichi anche una diversificazione degli strumenti attraverso cui si mira ad ottenerne l’osservanza, certo non riconducibili unicamente alla coercizione statuale. Si delinea in tal modo il carattere distintivo del diritto morbido, fonte non vincolante secondo i canoni tradizionali, ma pur sempre giuridicamente rilevante, parte di un complesso e flessibile sistema di regole dotate di differente intensità prescrittiva, in cui la normatività è graduata. Un sistema, pare opportuno ribadire, definibile a rete, e non più a piramide, che conosce anche nodi duri, ma che sempre più si arricchisce di elementi soffici428.
All’interno di tale corrente di pensiero, merita essere riportato il ragionamento di quegli studiosi più propensi ad immaginare, piuttosto che una netta demarcazione tra hard e soft law, una linea di continuità che muove dalla piena vincolatività del precetto fino ad arrivare a forme regolative più leggere.
Con maggior precisione, secondo tale impostazione nell’uso corrente si intrecciano due diversi criteri definitori: da un lato, con più frequenza, si fa ricorso ad un criterio procedurale che porta alla definizione elementare di diritto leggero come norme non vincolanti per i destinatari, prive cioè di una sanzione in caso di violazione e non giustiziabili davanti all’autorità giudiziaria; dall’altro lato, in forme meno esplicite, si pone il parametro sostanziale che riferisce la leggerezza ai contenuti vaghi, indeterminati, con ampi spazi per l’interpretazione e l’applicazione.
428 Se così stanno le cose, stupisce ancora meno che le prime riflessioni intorno alla soft law si siano sviluppate nell’ambito del diritto internazionale pubblico, materia desiderosa di emanciparsi dal diritto statuale e nel contempo incapace di creare un ordine dotato di una reale forza coercitiva.
Spostandosi su un piano diverso, poi, si nota che il significato non si esaurisce in tali accezioni, riferendosi la morbidezza non solo ad uno specifico complesso di norme, ma anche al metodo con cui tali regole vengono prodotte e utilizzate.
Un tanto rilevato, ci si è allora chiesti se il diritto soffice si espande laddove non vi sia la possibilità di una legislazione hard. Tendenzialmente si è portati ad immaginare un rapporto di opposizione tra le due, eppure se si guarda al diritto internazionale e a quello europeo questa idea può essere facilmente smentita.
Nel diritto internazionale, si può parlare, come emerge dal quadro precedentemente descritto, di “un intreccio dinamico tra obblighi hard e obblighi soffici”, simile a quello esistente tra diritto statale e diritto internazionale. Difatti, è raro trovare una legislazione attenuata che viva da sola; essa, invece, viene usata più frequentemente sia in precedenza e in funzione di preparazione dell’hard law sia come supplemento di vario tipo ad uno strumento giuridico hard”429. Nel diritto internazionale i non binding agreements, come si vedrà in seguito, per lo più non sono un’alternativa alla legislazione o agli accordi vincolanti, ma rappresentano piuttosto “il primo importante elemento di un processo evolutivo, che forgia le relazioni giuridiche tra molteplici attori, facilitando e, in qualche modo rafforzando, l’effettività e l’efficienza del policy-making transnazionale”430.
Analogamente, in Europa, il diritto leggero va letto non in rapporto di contrapposizione alla legislazione, ma quasi di funzionalità rispetto a questa. Ciò appare maggiormente chiaro se si tiene conto della invalsa tripartizione tra funzioni pre-law, para-law e post-law431. Infatti, in ben due ipotesi, la prima e l’ultima, si può parlare di un rapporto di collaborazione che la soft law svolge rispetto alla legislazione hard.
Secondo una diversa impostazione, invece, la diffusione del diritto morbido avrebbe molto a che vedere con il nuovo rilievo assunto dagli aspetti funzionali, piuttosto che strutturali del diritto; essi inseriscono il fenomeno de quo in quel percorso di allontanamento dalla tradizione giuspositivista che conduce, come indicato da Bobbio, “dalla struttura alla funzione del diritto”. Detto altrimenti, con la normativa soffice si sarebbe, in un certo senso, di fronte al rovesciamento del tradizionale modo di pensare il diritto: piuttosto che pensarlo soprattutto come struttura, ossia come coerente articolazione di norme in un tessuto
429 Così, SHELTON, Commitment and Compliance, Oxford, 2003, p. 10. 430 Sempre SHELTON, Commitment and Compliance, Oxford, 2003, p. 75. 431
Si ricorda che la funzione para-law viene svolta quando il diritto leggero consiste in documenti preparatori o informativi sulle leggi che sono in fase di elaborazione: essa dunque precede le leggi e appresta un terreno di comunicazione, informazione e elaborazione. La funzione para-law nasce come una vera alternativa alla legislazione, temporanea o definitiva. Infine, la funzione post-law si verifica quando la soft law mira ad integrare, modificare o conferire maggiore effettività a leggi già esistenti.
unitario, si guarda ad esso prevalentemente come funzione, ossia come capacità di prestazione di compiti.
In particolare due aspetti paiono principali per ciò che concerne le prestazioni funzionali della normativa leggera: le differenze funzionali rispetto al diritto legislativo e la varietà di funzioni che essa può assolvere rispetto al monofunzionalismo che era tipico delle leggi. Il diritto attenuato, in quest’ottica, si presta assai bene anche a descrivere una giuridicità multifunzionale anziché monofunzionale, a differenza del diritto normativo che mirava soprattutto ad ottenere l’obbedienza, ossia a condotte conformi alle prescrizioni; da qui l’insistenza di Kelsen sulle sanzioni, intese come strumenti necessari per riscuotere l’obbedienza da parte dei destinatari. Vi era in tal senso una coincidenza tra fini e funzioni del diritto: l’ordine funzionale delle norme, tipico del diritto, corrispondeva alla capacità di produrre un orientamento sociale432; accanto a questa funzione preminente e presupposta potevano poi conviverne altre, come quella di legittimazione del potere e di risoluzione dei conflitti.
Quanto al diritto soffice, si può ben osservare come esso risponda a molteplici ordini di funzioni, che possono anche prescindere da quella orientativa. Se, come si è già detto prima, la normativa leggera può essere vista come una forma giuridica che emerge in riposta alla complessità giuridica della globalizzazione, l’allargamento dello spettro delle sue funzioni corrisponde a due ragioni principali: da un lato, la diversificazione e l’espansione della platea dei destinatari; dall’altro lato, l’indebolimento della capacità prescrittiva del diritto, che richiede di essere compensata e sostenuta da altri modi di radicamento. Per quanto attiene al primo aspetto, basti pensare al fatto che il diritto morbido, in genere, non si rivolge ai cittadini di un dato territorio, come faceva il diritto legislativo statale, ma proprio a quegli Stati che in passato si ritenevano esenti da scrutini. Quanto al secondo aspetto, il diritto leggero, rinunciando alle sanzioni, punta sullo sviluppo di altre capacità per farsi ascoltare e ricevere applicazione.
Venendo più specificatamente alle funzioni in grado di compensare la debole capacità orientativa della normativa soffice, tradizionalmente ne vengono individuate quattro. Innanzitutto, la normativa morbida può svolgere una funzione di tipo comunicativo, ossia indirizzata a promuovere la partecipazione e l’informazione del suo stesso iter formativo e sui suoi scopi o linee evolutive. La comunicazione, a sua volta, può avere diversi caratteri e destinatari. Può essere rivolta a promuovere la trasparenza dell’iter istituzionale e incentivare la partecipazione dei cittadini e può dunque riguardare il circuito istituzionale o