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L’uso snaturato di fonti governative

Nel documento Indice Introduzione (pagine 56-62)

2.4 I singoli fattori endogeni alla base della crisi della legalità

2.4.1 L’uso snaturato di fonti governative

Se è vero che gli atti equiparati alla legge sono ormai generalmente ritenuti compatibili con la riserva di legge di cui agli artt. 25 Cost. e 1 c.p., la ricognizione solo tra di alcune tra le più recenti modifiche in materia penale evidenzia da subito il progressivo stravolgimento della fisiologia costituzionale dei rapporti tra il potere legislativo e quello esecutivo nelle scelte di criminalizzazione, attraverso il massiccio utilizzo dei decreti governativi quale fonte del diritto penale111.

Per un verso, infatti, nonostante la dottrina maggioritaria interpreti la detta riserva in senso tendenzialmente assoluto112, dunque con teorica esclusione delle fonti secondarie dalla definizione del precetto, la prassi legislativa consolidata consente ormai un largo ingresso di tali fonti nel settore penale113.

Una certa interazione tra fonti primarie e secondarie, come risaputo, risulta inevitabile anche in ambito penale, sol che si consideri l’impossibilità per l’organo parlamentare di predisporre e aggiornare in tempi accettabili una completa disciplina sanzionatoria nei numerosi settori ormai caratterizzati da un elevato contenuto scientifico e tecnologico; essa addirittura appare necessaria per il raggiungimento di un equo compromesso tra riserva di legge e determinatezza114.

110 CARLASSARE, voce Legge (riserva di), cit., p. 1; MARINUCCI – DOLCINI, Corso di diritto penale, parte

generale, cit., p. 27.

111 Possono menzionarsi, fra gli interventi più significativi degli ultimi anni, le riforme del diritto penale tributario (d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74) e societario (d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61), l’introduzione della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231), il Testo unico in materia di ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 192) e via dicendo.

112 ROMANO, sub art. 1, in Commentario sistematico al codice penale; MARINUCCI- DOLCINI, Corso di

diritto penale, cit., p. 99; PALAZZO, voce Legge penale, cit., p. 353.

113 Trattasi questa di prassi avvallata perfino dalla Corte Costituzionale. In argomento, VASSALLI, voce

Nullum crimen, nulla poena sine lege, cit., p. 304; MANES, L’eterointegrazione della fattispecie penale mediante fonti subordinate. Tra riserva politica e specificazione tecnica, cit., p. 95.

Tuttavia, nella prassi italiana tale interazione ha raggiunto proporzioni talmente significative da indurre la dottrina a rilevare nei fatti una progressiva relativizzazione della riserva di legge penale115.

Dall’altro lato, sull’utilizzo di atti normativi aventi forza di legge, quali decreti legge e legislativi delegati in una materia come quella penale coperta da riserva di legge assoluta, vi è chi, ritenendo che la riserva di legge attenga al rapporto tra organi, nega la compatibilità di tali fonti con la riserva detta116 e chi, reputando la riserva relativa ai rapporti tra fonti, pone sullo stesso piano la legge formale e gli atti dell’esecutivo con valore di legge117. A sostegno di quest’ultima tesi si sottolineano i momenti di indirizzo preventivo, per i decreti legislativi delegati, o di controllo successivo, nel caso dei decreti legge, appannaggio del Parlamento sui contenuti dei detti atti.

Eppure, il massiccio ricorso a fonti governative in materia penale desta non poche perplessità anche tra coloro che in linea di principio ne ammettono la legittimità118: ecco perché il Parlamento dovrebbe conservare centralità quanto meno nella determinazione degli indirizzi di politica criminale per far sì che il ricorso ai decreti sia rispettoso dei limiti sanciti in Costituzione. Invece, specie negli anni più recenti, non solo si è rilevato la prevalenza numerica degli atti normativi dell’esecutivo sulle leggi formali, ma addirittura si è assistito al varo di riforme attraverso decreti governativi, oltretutto poco rispettosi dei succitati limiti119.

Quanto ai decreti legge, i “casi straordinari di necessità e urgenza” di cui all’art. 77 Cost., sono spesso stati identificati con l’esigenza di fornire un’immediata risposta simbolica al clamore suscitato, soprattutto a causa dei mass media, da episodi cruenti di cronaca nera

115 PALAZZO, Riserva di legge e diritto penale moderno, cit., p. 277; RUGA RIVA, Il lavavetri, la donna col burqua e il sindaco. Prove tecniche di diritto penale municipale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, p. 133; MANES, L’eterointegrazione della fattispecie penale mediante fonti subordinate. Tra riserva politica e

specificazione tecnica, cit., p. 95. Quest’ultimo Autore in particolare osserva come “l’incidenza maggiore in

materia penale sia oggi offerta da atti fonte posti alla periferia della tradizionale gerarchia o in alcuni satelliti di importanza crescente: nei fatti, la potestà regolamentare dei Comuni e le connesse abilitazioni individuali, hanno un ruolo di primo piano nel diritto penale urbanistico; le circolari ministeriali (…), per non parlare dei regolamenti delle Autorità indipendenti in taluni settori, come nella materia del diritto penale finanziario; fino all’istruzioni della Banca d’Italia, che hanno un peso decisivo in materia di antiriciclaggio o nella definizione dei tassi usurari” (…): il rinvio a tali fonti dà luogo a differenti forme di integrazione, che vanno oltre allo schema tradizionale della norma in bianco, alcune delle quali non si riducono certo a mere specificazioni tecniche delle scelte politiche del legislatore, con inevitabile indebolimento della riserva di legge.

116 FIANDACA – MUSCO, Diritto penale, cit., p. 54; MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., p. 31.

117 MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 52; ROMANO, Commentario sistematico al codice penale, cit., p. 35. 118

Ad esempio, PALAZZO, voce Legge penale, cit., p. 346, pur ammettendo tali fonti in materia penale, osserva come il decreto legislativo sia lontano dallo spirito della riforma, mentre la decretazione d’urgenza sia poco coerente con quelle che dovrebbero essere le caratteristiche di un diritto penale razionale”. 119 TEGA, Gli atti normativi primari del Governo nelle recenti tendenze, in AA.VV., La prassi degli organi

o dall’incidenza statistica da certi reati120, fatti tuttavia per nulla dipendenti da situazioni contingenti o straordinarie.

Sotto questo profilo non va certo ignorata la recente stretta assestata per la prima volta dalla Corte Costituzionale all’abuso della decretazione d’urgenza fuori dalle ipotesi descritte in Costituzione121, ma anche tale intervento non ha prodotto i risultati sperati. Infatti, negli ultimi anni il Governo ha emanato a ritmo serrato decreti legge introduttivi dei c.d. pacchetti sicurezza, i quali, a dispetto dell’ispirazione emergenziale, introducono significative e ampie riforme nelle materie più disparate, come l’immigrazione, i reati contro la persona e contro il patrimonio.

Passando ai decreti legislativi delegati122, non si può fare a meno di rilevare come essi siano sempre più utilizzati per riformare interi settori di rilevanza penale123.

Le cause di questa prassi normativa sono state ricondotte a tre ordini di fattori124.

La prima ragione è indotta dall’inevitabile ritirarsi del decreto legge in seguito alla sentenza n. 360/1996 con cui la Corte Costituzionale è intervenuta a censurare il fenomeno della reiterazione dei decreti legge.

La seconda motivazione è legata alla comunitarizzazione del diritto penale, per l’esponenziale diffusione di direttive, la cui trasfusione spetta all’esecutivo, che reclamano l’adeguamento anche prevedendo una sanzione penale.

Infine, la terza causa è da rinvenire in quel ruolo non secondario, che gioca la tendenza alla tecnicizzazione della legislazione, relativa soprattutto alla normativa extrapenale di riferimento125.

La critica a tale consuetudine è riconducibile al contrasto con la legalità penale, per la difficile compatibilità con la riserva di legge e con l’innegabile deficit di democraticità dello strumento126. Invero, in un dato momento storico, caratterizzato dalla crisi della legalità, ciò che occorre indagare della riserva di legge, non è più tanto la sua natura assoluta o relativa, quanto se sia rispettato il suo fondamento sostanziale, che si concreta nel limite al potere esecutivo127.

120 È quanto avviene, ad esempio, nei casi di reati commessi da immigrati. 121

Corte Cost., sentenze n. 171/2007 e 128/2008, entrambe consultabili sul sito www.giurcost.org. 122

CUPELLI, La legalità delegata, cit., p. 99.

123 MUSCO, L’illusione penalistica, Milano, 2004, p. 272, che fa in specie riferimento alle riforme penali in ambito economico.

124 CUPELLI, Un difficile compromesso: ancora in termini di rapporti tra legge delega e riforma del codice

penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 1347.

125

FIANDACA-DI CHIARA, Un’introduzione al sistema penale, Napoli, 2003, p. 60.

126 CUPELLI, La legalità delegata. Spunti su riserva di legge e delega legislativa nelle tendenze attuali del

diritto penale, in Critica dir., 2004, p. 99

127 Tra i penalisti, DOLCINI, Il carattere generale e astratto della legge e la riserva di legge in materia penale:

In questo senso, è evidente come il ricorso a tale modello di normazione comporti un pericoloso vulnus alla riserva di legge, appalesandosi la delega come uno strumento solo apparentemente in grado di fornire quel sufficiente tasso di formale compatibilità con la riserva, venendo le garanzie delle minoranze attenuate.

In ogni caso, anche quella dottrina che ritiene ammissibile la delega in materia penale considera necessario comunque un innalzamento degli standards di garanzia come previsto in Costituzione.128

In particolare, da un lato si fa riferimento al rispetto dei c.d. limiti necessari stabiliti dall’art. 76 Cost., quali criteri e principi direttivi, tempo limitato e oggetti definiti, per vincolare il Governo129; dall’altro, si enfatizza il controllo di conformità del decreto delegato ai criteri direttivi compiuto dalla Corte Costituzionale.

Senonchè, con riferimento al primo profilo, si è sottolineato la problematicità in materia penale di stabilire quando si abbia quella determinazione di principi e criteri direttivi, ciò perché l’esigenza di precisione e determinatezza concerne, più che i principi generali, la regolamentazione normativa di dettaglio; per cui delegare i contenuti particolari della disciplina al potere esecutivo rischia di comportare una sostanziale estromissione del Parlamento dalla sede in cui si compiono le scelte di politica criminale130.

Per ciò che concerne il secondo aspetto, si può rilevare come l’effettività del sindacato della Corte Costituzionale risulti condizionato dalla diligenza del delegante, nel senso che quanto più saranno rigorosi, analitici e chiari i principi e i criteri direttivi e ben definiti gli oggetti contenuti nella legge delega, tanto più concreti margini vi saranno per una valutazione. Ciò senza comunque mai dimenticare che il meccanismo della delega rimette all’esecutivo vere scelte discrezionali, come tali sottratte al giudizio della Corte, se non nei stretti limiti della ragionevolezza131.

Infine, è stato evidenziato che la funzione di garanzia sottesa al controllo di costituzionalità appare del tutto eterogenea rispetto alla funzione di garanzia assicurata dalla riserva di

precedente giudiziario in diritto penale, Padova, 2005, p. 61; FIANDACA, La legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituzionale, in Foro it., 2000, V, c. 137; GIUNTA, Il giudice e la legge penale. Valore e crisi della legalità, oggi, in AA.VV., Studi in ricordo di G. Pisapia, Milano, 2002, I, p. 66; PALAZZO, Sistema delle fonti e lagalità penale, in Cass. pen., 2005, p. 66.

128 DE VERO, Corso di diritto penale, Torino, 2004, p. 243; PARODI GIUSINO, Nodi problematici in tema di

fonti nel sistema penale, in Ind. pen., 2002, p. 445; VINCIGUERRA, Delegazione legislativa e disciplina penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, p. 1122.

129 Secondo ROAMANO, Corte costituzionale e riserva di legge, cit., p. 46, per salvaguardare la legalità penale sarebbe necessario e sufficiente “richiedere alla delega legislativa rigore, analiticità e chiarezza”. 130 FIANDACA-DI CHIARA, Un’introduzione, cit., p. 60.

131 LUTHER, voce Ragionevolezza delle leggi, in Dig. disc. pubbl., Torino,1997, vol. XXII, p. 341; DI GIOVINE, Il sindacato di ragionevolezza della Corte Costituzionale in un caso facile. A proposito della

legge formale, in ragione della rappresentatività della sovranità popolare che solo il Parlamento è in grado di assicurare132.

In questo contesto non c’è dubbio che la prassi degli ultimi decenni abbia visto il proliferare di deleghe estremamente vaghe e lacunose; la Corte Costituzionale, preso atto dello stato delle cose, ha sostanzialmente assecondato tale prassi mediante interpretazioni elastiche dei suddetti limiti133.

Ad ogni modo anche principi e criteri puntuali non saranno mai sufficienti a fondare una delega in materia penale davvero rispettosa del principio di riserva di legge, non fosse altro perché, essendo l’illecito penale un illecito a modalità di lesione, l’indicazione, per quanto precisa, di una meta di tutela non potrà mai adeguatamente surrogare tutta la necessaria tipicità del fatto, rimanendo così la piena determinazione della fattispecie in qualche misura lasciata al Governo134.

L’inevitabile spazio lasciato all’esecutivo sulle scelte di incriminazione desta ulteriori perplessità laddove si considerino i noti limiti riconosciuti alle capacità integrative delle fonti subordinate rispetto alla legge statale, che dovrebbero essere inevitabilmente estesi anche all’ambito applicativo dei decreti legislativi in materia penale135. Così si è osservato che se si ritiene che “contrastino con la ratio politica della riserva di legge le norme legislative che, per descrivere il precetto penale, rinviano in funzione integrativa a precetti dell’esecutivo caratterizzati da generalità e astrattezza, e se è questa generalità e astrattezza la ragione della loro incompatibilità con l’art. 25 Cost., non si comprende perché non contrastino con l’art. 25 Cost. le norme legislative che facciano rinvio, in funzione largamente integratrice, a tipici provvedimenti dell’esecutivo generali e astratti, come sono per eccellenza i decreti legislativi”136, considerando per l’appunto come sia “difficile, se non impossibile, richiedere una delega legislativa quei caratteri di rigore, analiticità e chiarezza, che si reputano indispensabili per avere dall’esecutivo precetti e sanzioni penali compatibili con l’art. 25 Cost.”137.

132 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, cit., p. 47. 133

Tale atteggiamento è stato stigmatizzato soprattutto dalla dottrina costituzionalistica, tra cui CERRONE,

Genericità della delega e sindacato della Corte in materia di sanzioni tributarie, in Giur. Cost., 1986, p. 2511;

CELOTTO.FRONTONI, voce Legge di delega e decreto legislativo, in Enc. Giur, Milano, 2002, Aggiornamento, vol. VI, p. 697.

134 FIANDACA, Relazione introduttiva, in AA.VV., Verso un nuovo codice penale. Itinerari, problemi,

prospettive, Milano, 1993, p. 25.

135

DE VERO, Corso di diritto penale, cit., p. 244.

136 MARINUCCI, Politica criminale e codificazione del principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, p. 445.

137 Sempre MARINUCCI, Gestione d’impresa e pubblica amministrazione: nuovi e vecchi profili penalistici, in

In definitiva, l’unica soluzione astrattamente compatibile con la riserva di legge sembrerebbe allora quella di una formulazione di una legge delega che porti in grembo, già scritto, il futuro decreto. Ma anch’essa non porta da nessuna parte, determinando l’inutilità dell’art. 76 Cost.

Insomma, si tratta del solito discorso attorno al destino della delega legislativa in materia penale, che sembrerebbe stretto tra due vie senza uscita: da un lato, il pericolo di incorrere in una pronuncia di illegittimità costituzionale per genericità di criteri e principi espressi nella delega, ove naturalmente la Corte tornasse a mostrare un adeguato rigore nel suo sindacato; dall’altro, lo sbocco in una sostanziale inutilità dell’istituto laddove la delega fosse eccessivamente vincolante.

Quindi, fin qui nulla di nuovo; quello che invece merita di essere sottolineato è l’attuale riscontro nella realtà di leggi delega delle più svariate tipologie e dei più vari contenuti, tanto determinare in non pochi casi la perdita dei tratti distintivi dell’istituto.

L’esempio più eclatante è proprio quello del proliferare delle c.d. deleghe all’emanazione di decreti integrativi e correttivi, con esse intendendosi le preventive autorizzazioni parlamentari ad emanare uno o più decreti successivi aventi il compito di correggere o integrare, appunto, il primo138. Sebbene la ratio dell’istituto sia riconducibile all’opportunità di consentire assestamenti del tessuto normativo soprattutto per le riforme più complesse139, è altresì innegabile che il suo abuso, indice dell’assenza di un’adeguata riflessione, determina un vero e proprio trasferimento della potestà normativa all’esecutivo per tutto il tempo di durata della delegazione, in contrasto con quanto previsto in Costituzione.

Questi i costi in termini di legalità: alla tendenziale stabilità della funzione legislativa in capo al Governo, si somma il grave ed inverso rischio dell’instabilità delle norme create, dando luogo a quello che è stato icasticamente definito il paradosso dell’effettività140. Paradosso per il quale la preventiva autorizzazione al buio a introdurre futuri mezzi correttivi, con l’intento di vagliare la bontà delle norme introdotte in seguito alla loro applicazione, ne determina contestualmente una sorta di instabilità organizzata.

138

Sulla problematica, in maniera esaustiva LUPO, Quale sindacato sui decreti legislativi correttivi, in Giur.

Cost., 2000, p. 3210.

139 CARTABIA, I decreti legislativi integrativi e correttivi: il paradosso dell’effettività, in Rass. Parlam., 1997, p. 69.

2.4.2 Il declino della funzione rappresentativa del Parlamento e del procedimento

Nel documento Indice Introduzione (pagine 56-62)