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Il diritto nello stato tedesco: La Costituzione della Germania

Prima di entrare nel vivo dell'argomentazione hegeliana nel Saggio sul diritto

naturale, può essere utile dedicare alcune riflessioni ad un testo coevo, La Costituzione della Germania, dal momento che anticipa alcuni temi che verranno sviluppati in seguito e

rappresenta una chiave di accesso per capire la situazione politica ai tempi di Hegel. Tale scritto esibisce infatti in maniera esemplare quel rapporto di propulsione reciproca che si instaura nel pensiero hegeliano tra il piano del pensiero e la realtà che lo circonda: se infatti Hegel maturava un vivo interesse per la politica in senso lato, gli anni a cavallo dei due secoli rappresentano un’occasione di analisi e un banco di prova per una filosofia che ha l’ambizione di calarsi nel reale. Dal momento che lo sforzo sistematico che Hegel cerca di compiere in quel periodo si alimenta di un costante confronto con i processi storici, la lettura del pamphlet dedicato alle sorti del paese tedesco rappresenta allora un’interessante fucina per contestualizzare le tesi del giovane pensatore e comprendere come le posizioni teoriche non solo prendano forma a partire dalle dinamiche storiche, ma abbiano un’origine eminentemente politica allorché mirano a modificare i rapporti interni alla Germania49. In tal modo il saggio deve essere letto come lente di ingrandimento per capire l’influsso che gli eventi contemporanei ebbero in Hegel e nella gestazione della sua riflessione. Da questo punto di vista allora tale testo può essere a buon diritto considerato lo “squadernamento” di quei problemi reali a cui il Saggio sul diritto naturale, non a caso scritto in quegli stessi anni, tenterà di offrire una soluzione attraverso la loro rielaborazione sul piano puramente teorico: laddove il piano politico ripropone la scissione propria del suo tempo, il pensiero deve individuare gli strumenti filosofici che possano fornire una composizione di quei conflitti50.

49 VD, p. 503; tr. it., p. 43. Il saggio, che vide una prima stesura quando Hegel si trovava ancora a Francoforte

e fu ripreso durante il primo periodo di Jena, rappresenta il naufragio del sogno coltivato dall'autore di un’unità politica sotto il segno degli ideali rivoluzionari francesi e la desolante constatazione del progressivo disfacimento del Sacro Romano Impero, sancito ancora una volta dalla ratifica della pace di Luneville del 1801.

50 H. Maier sottolinea il fatto che negli scritti filosofici Hegel cerca il superamento dei problemi politici,

mentre nel saggio dedicato alla Costituzione della Germania quegli stessi problemi restano aperti e insoluti, vedi H. Maier, «Lo scritto dell'ordinamento costituzionale dell'impero germanico», in C. Cesa, a cura di, Il pensiero politico di Hegel, Laterza, Roma-Bari 1973, p. 340. La tesi, condivisa dallo stesso Cesa, è alternativa a quella di Th. Haering, il quale mostra invece come le questioni affrontate nella Costituzione siano le stesse degli altri scritti di Jena, vedi Th. Haering, Hegel, sein Wollen und sein Werk, II, Leipzig 1938, pp. 316-317 e C. Cesa, a cura di, Scritti Politici di Hegel, Einaudi, Torino 1972, p. XXII. Ci sembra che le posizioni dei due autori siano molto più affini di quanto sembra, in quanto affermare che gli scritti jenesi affrontino gli stessi problemi trattati nella Costituzione non significa necessariamente accettare che le soluzioni proposte siano le stesse, ma anzi esse dipenderanno dalla natura specifica di ciascun saggio. A tal proposito la prospettiva con la quale affrontiamo la questione si colloca sulla stessa linea di C. Sabbatini, il quale si propone di «ricucire lo strappo», vedi Id., Una piramide di pietre tonde, cit., pp. 16-17.

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Nonostante il carattere incompiuto dell’opera, la tesi di fondo è abbastanza chiara e univoca: la Germania non è più uno stato e la sconfitta con la Francia è solo l’ultimo degli episodi che lo confermano. Riferendosi all’espressione utilizzata da Voltaire, Hegel prende le mosse dal fatto che il paese è ridotto ad anarchia51, perché privo degli elementi che costituiscono una nazione come stato, i quali sono individuati in un esercito comune, che ne garantisca la difesa, e in un sistema fiscale unitario52; a seguito di una ricostruzione dei più recenti episodi salienti della storia tedesca, in cui Hegel dà prova di una lucida capacità di analisi dell’equilibrio geopolitico dell’Europa di fine secolo, il saggio si conclude invocando l’avvento di un novello Teseo, il quale costituisce l’unica possibilità di riscatto per la Germania, dal momento che il processo di unificazione non può avvenire attraverso un’opera di riforma graduale e cosciente, ma necessita l’intervento di un conquistatore, ovvero di un’azione violenta che faccia tabula rasa della situazione vigente53. Il nucleo fondamentale dell'intera trattazione è rappresentato dall’indagine delle cause e dei processi interni che hanno originato la situazione critica tedesca, fotografando la degenerazione degli istituti politici e della struttura sociale alla luce di una precisa concezione del procedere della storia, con il chiaro obiettivo, che troviamo già in questo testo ma che sarà una costante del pensiero hegeliano, di giungere alla “comprensione di ciò che è”, intento che infatti sarà ugualmente alla base dell’impostazione dei Lineamenti 54. L’attenzione che riserviamo all’analisi della Costituzione della Germania dipende quindi dall’importanza che vi è conferita al diritto, il quale è infatti la categoria decisiva attraverso la quale Hegel spiega il declino tedesco, nella misura in cui la semplice relazione fra pubblico e privato nasconde al suo interno una trama più complessa legata al rapporto fra universale e particolare e allo scarto fra istituti giuridici e strutture economiche e sociali.

51 VD, p. 452 ; tr. it., p. 4. L’espressione di Voltaire si trova in Essai sur les moeurs et l’esprit des nations

(1756), cap. 178.

52 Numerosi sono i passi in cui Hegel sottolinea questi aspetti, vedi in particolare VD, pp. 472, 491, 503; tr.

it., pp. 19, 33 e 43.

53 In relazione alla lunga digressione relativa alla recente storia tedesca, vedi VD, p. 405 e ss.; tr. it., p. 37 e

ss.; in merito alla necessità dell’intervento di un nuovo Teseo, vedi pp. 580-581; tr. it., pp. 104-106. Lukács sostiene che Hegel pensasse a Napoleone quale nuovo Teseo per la Germania, discostandosi così da Rosenkranz, vedi Id., op. cit., pp. 423-446. A tal proposito vedi J. D'Hondt, «Hegel et Napoleon», in H.-C. Lucas-O. Pöggeler, hrsg. von, Hegels Rechtsphilosophie in Zusammenhang der europäische Verfassungsgeschichte, Holzboog, Stuttgart 1986, pp. 37-69.

54 Nella Costituzione della Germania Hegel afferma che «i pensieri contenuti in questo scritto non possono

aver ancora nessun altro scopo né effetto, nella loro comunicazione al pubblico, che quello di favorire la comprensione di ciò che è, e di promuovere in questo modo un esame più pacato e una sopportazione moderata sua nel contatto reale con le cose sia nelle parole. Infatti la nostra impazienza e la nostra sofferenza non nascono da ciò che è, bensì dal fatto che esso non sia come deve essere; se invece riconosciamo che esso è com’è necessario che sia, ovvero non è frutto dell’arbitrio e del caso, riconosciamo anche che dev’essere così. E’ difficile però, per gli uomini in genere, innalzarsi all’abitudine di cercar di conoscere la necessità e di pensarla» (p. 463; tr. it., pp. 11-12). L’utilizzo della stessa espressione si ritrova nella prefazione dei Lineamenti, dove Hegel dichiara che «comprendere ciò che è, è il compito della filosofia, poiché ciò che è, è la ragione» (Rph, p. 26; tr. it., p. 15).

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L’elemento principale che contraddistingue la dissoluzione del paese viene pertanto individuato nel fatto che il diritto non trova più il suo fondamento nell’autorità statale, ma al contrario è il risultato dei privilegi che singoli soggetti sociali si sono conquistati; in questo modo il diritto non si presenta come un sistema, non è cioè improntato sulla base di principi comuni e unitari, ma risulta una raccolta incoerente e confusa, accozzaglia di immunità, dispense e potestà che si sono affastellate nel tempo55. Il rapporto fra intero e parti si è ribaltato, in quanto in una direzione contraria procede la relazione tra lo stato e i corpi interni: non è il primo a conferire diritti ai secondi, ma sono questi ultimi che se li attribuiscono da soli. Ne risulta che il potere statale è stato svuotato ed esautorato e i suoi membri si affermano come indipendenti e separati dall’intero. Da un punto di vista strettamente giuridico ciò significa che il diritto privato si è sostituito al diritto pubblico e che quello che assurge allo statuto di “legale” è in realtà semplicemente la descrizione dello stato di fatto56. Hegel ironizza allora sugli attributi conferiti al diritto, il quale è unanimemente considerato sacro e inviolabile, sebbene sancisca in realtà gli interessi particolari invece di quelli universali, determinando come unica prospettiva la dissoluzione dello stato. Egli sottolinea pertanto il carattere di inversione che contraddistingue la realtà giuridica tedesca, come mostra il motto Fiat iustitia pereat Germania che ben esprime la situazione in cui “tutto va in maniera diversa da quella prevista dalle leggi”: ciò significa che il problema non è un sistema di diritto in cui domina la legge, come se essa “non sia necessaria” o sia “uno stato di illibertà”, ma al contrario proprio “la forma assunta da queste leggi…il loro fondamento e la loro causa”57. Sulla base di tale analisi si giunge alla conclusione che l’ordinamento giuridico, nonostante sia ricco e articolato nelle singoli determinazioni, è Unrecht, perché espressione di una giustizia privata, cosicché il grado di sviluppo del diritto non costituisce necessariamente un pregio e l’ossequio riservatogli diventa perciò uno dei principali motivi di crisi. Per questo Hegel dichiara che “la natura dell’autorità statale è intaccata nella sua essenza” e pertanto si può concludere che “l’impero tedesco è un regno pari al regno della natura”58.

La formazione del diritto deve essere ricondotta dunque alla composizione sociale interna alla Germania, lacerata dalla convivenza tra la vecchia nobiltà feudale attaccata ai suoi interessi e la nuova borghesia ancora troppo fragile per mettere in pratica un cambiamento politico così come è avvenuto negli altri paesi europei; portatrice di un modo di pensare che tende alla separazione e “si cura di un’individualità senza indipendenza e

55 VD, p. 467 e ss.; tr. it., p. 14 e ss. 56 Ivi, pp. 454-456; tr. it., pp. 5-7.

57 Ivi, pp. 454 e 464; tr. it., pp. 5 e 12. In diversi passi Hegel utilizza l’espressione «diritto sacro» in senso o

ironico o polemico, vedi, pp. 456 e 470; tr. it. 7 e 17.

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senza nessuna attenzione all’intero”, la borghesia ricopre tuttavia quel ruolo di cesura tra

ancien régime e modernità, che in Germania non ebbe il coraggio di svolgere fino in

fondo. Ne risulta allora una convergenza di problemi: da un lato una struttura ancora legata al feudalesimo, che costringe al frazionamento tra piccoli poteri territoriali, dall’altro un’ulteriore spinta centrifuga generata dalla mentalità individualista che si era diffusa ad opera della borghesia, la quale pertanto concorre all’incremento di uno spirito privato e particolare. Nel corso del tempo sono emerse “cerchie di potere sovrapposte, senza riguardo all’interesse generale” che si sono così fissate e rafforzate non solo da impedire alla Germania di diventare uno stato, ma addirittura da creare un sistema di diritti opposto59. Una delle chiavi per comprendere la situazione tedesca risulta pertanto il rapporto tra sociale e politico, dal momento che coesistono al suo interno strutture di tipo feudale e protocapitaliste, mentre il potere statale è impotente a regolarne i conflitti e quindi ad affermarsi come sovrano: se Hegel matura progressivamente la consapevolezza che la distinzione tra sfera sociale e politica è un elemento centrale dell’epoca moderna, che non può perciò più essere sottovalutato e ignorato, la sua riflessione sarà in parte il tentativo di trovare le forme adeguate per evitare la loro contrapposizione, in modo tale che al sociale sia riconosciuta una certa autonomia e sia al contempo specificata la sua collocazione nell’ambito dello stato, secondo un rapporto gerarchico ben definito, in cui il sociale sia sempre subordinato al politico, pena la dissoluzione dello stato stesso60.

Sottesa alla diagnosi della condizione dell’impero tedesco si profila pertanto una concezione della storia che lega determinati istituti sociali, politici e giuridici e l’epoca storica in cui si affermano. E’ possibile illustrare tale tesi a partire dal concetto chiave di libertà, in quanto appartiene al popolo tedesco “un impulso alla libertà” che si è diffuso nel resto dell’Europa e ha permesso la rottura dei precedenti vincoli nobiliari e la caduta della costituzione feudale sostituita da un “sistema della rappresentanza”. Hegel attribuisce allora alla sua nazione il merito di aver presentato al mondo la forma che gli stati moderni hanno assunto, ma allo stesso tempo denuncia il fatto che “il popolo dal quale il mondo riceve un nuovo slancio universale vada poi in rovina prima di tutti gli altri e che, alla fine, sopravviva solo il suo principio, ma non quel popolo stesso”, poiché “la Germania non ha perfezionato per suo conto il principio che ha arrecato al mondo, e non ha saputo trovare in esso la sua conservazione”61. Il rimprovero che Hegel muove duramente ai tedeschi è infatti “l’ostinazione del carattere”, in quanto causa del rifiuto a sottomettersi all’autorità

59 Ivi, p. 467; tr. it., p. 14.

60 Ha sottolineato questo aspetto R. Bodei, «La funzione della filosofia e degli intellettuali nel mondo storico

hegeliano», in Studi Urbinati, 1963, p. 220 e ss.

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statale62: il valore della libertà individuale è stato deformato proprio nel suo luogo d’origine perché compreso come opposizione a qualunque tipo di legame e di appartenenza. Quando Hegel afferma che la libertà avrebbe dovuto portare i tedeschi a sacrificare le loro qualità particolari per riunirsi in una volontà generale, implicita è una precisa concezione della libertà come vincolo universale e positivo, che è tale solo se ammette come necessario un governo, ovvero l’unione legale del popolo in uno stato e la formazione di un corpo rappresentativo63.

A partire dal concetto di libertà tedesca, non solo è possibile dunque illustrare quel legame di conformità che sussiste tra le istituzioni e il carattere del popolo, ma anche individuare un criterio di valutazione dell’attualità delle strutture socio-politiche in relazione alla fase storica in cui esistono. Qui si nasconde il vero problema della Germania: lo stato tedesco non corrisponde al carattere della sua epoca e presenta una contraddizione fra il diritto che è e quello che dovrebbe essere, in quanto esso ha il suo fondamento nel passato e al suo interno continuano a persistere forme anacronistiche e superate. In questa prospettiva si delinea qui una lettura della situazione contemporanea sulla base dell’incrocio tra evoluzione storica e trasformazione politica, che emerge a partire da concetti chiave che compaiono nel saggio in esame, quali Zeitgeist, Weltgeist e

Weltgeschichte64: Hegel comprende infatti la realtà giuridico-politica a partire dall’intersezione fra spirito del popolo e spirito del tempo, mostrando come la costituzione della Germania racchiuda uno scollamento tra i due. Egli dichiara allora che la libertà quale tratto proprio della nuova epoca “non è esistito nelle foreste della Germania, ma è uscito da esse; fa epoca nella storia del mondo. La concatenazione della cultura mondiale ha condotto il genere umano, dopo il dispotismo orientale e dopo la signoria di una repubblica sul mondo, dalla degenerazione di quest’ultima fino al punto medio fra quei due estremi, e i Tedeschi sono il popolo dal quale è nata questa terza figura universale dello spirito del mondo”65. Nella Germania rimasta immobile nell’impasse tra tradizione e cambiamento, tra dispotismo e anarchia, il diritto ha perso aderenza con la storia perché è rimasto legato al passato, non esiste più come realtà, in quanto costruito sulla base di un fondamento che non appartiene più a quell’epoca. Viene individuata quindi un’opposizione

62 Ivi, p. 465; tr. it., p. 13. 63 Ibidem.

64 Ivi, rispettivamente pp. 453, 465, 533; tr. it., pp. 4, p. 13 e p. 68.

65Ivi, p. 533; tr. it., p. 68. In modo molto chiaro a riguardo si esprime Bobbio, il quale afferma che «occorre

tener conto dell’importanza che nell’interpretazione hegeliana della storia ha accanto allo spirito del popolo (il Volksgeist), lo spirito del tempo (lo Zeitgeist)…quel che corrisponde allo spirito del popolo non è detto che corrisponda allo spirito del tempo, e viceversa, tanto che in determinati periodi, cioè nei periodi di crisi, di grandi trasformazioni, di accelerazione storica, com’è quello da Hegel vissuto, l’adeguamento dello spirito del tempo precede e in qualche modo forza il mutamento dello spirito del popolo» (N. Bobbio, Studi hegeliani, cit., pp. 80-81).

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tra concetti cardine del pensiero hegeliano, quali idealità e realtà da una parte e forma e vita dall’altro, sui quali l’autore insiste nel corso di tutto il testo, che permettono di comprendere come il diritto si riduca a mera forma morta, incapace di far presa su quella realtà che gli sfugge, perché “le leggi hanno perduto la loro antica vita” mentre “a sua volta la vitalità del presente non ha saputo esprimersi in leggi”66. Per questo il diritto ha perso il carattere di universalità ed è ridotto al punto di vista della particolarità, che ha esteso a pubblico il diritto privato, proprio in quanto ha posto la proprietà privata come condizione assoluta. Se l’operazione hegeliana mira a collocare la situazione tedesca alla luce di un confronto con le altre nazioni europee nell’ambito di un unico percorso di avanzamento dello spirito, il diritto diventa un termometro capace di rivelare che nello stato tedesco formalità e realtà si sono separate67. E’ importante quindi sottolineare alcune espressioni che sono utilizzate da Hegel e che hanno particolare pregnanza se lette in continuità con il

Saggio sul diritto naturale: tale situazione di contraddizione generata dallo iato fra ciò che

invece dovrebbe essere unito viene definita come “arida vita dell’intelletto”, in quanto il diritto pretende un’universalità che è solo apparenza, ma allo stesso tempo continua ad esistere, generando quel fenomeno che viene definito “positività della vita esistente”68. In questo contesto il diritto si intende alla luce del binomio Macht-Gewalt, nella misura in cui, avendo perso la sua potenza, esso si impone con violenza di fronte al nuovo che avanza69. In questa prospettiva è sufficiente per il momento mettere in luce che Hegel coglie il diritto alla luce di una precisa considerazione della storia, affrancandosi quindi da una valutazione aprioristica che lo intenda sulla base di assunti universalmente validi, in quanto esso è un fenomeno che incarna un più complesso rapporto con gli elementi sociali e culturali interni a uno stato e che pertanto si evolve e si modifica nel tempo. In maniera analoga tuttavia egli si smarca da quella concezione secondo la quale il diritto, in quanto prodotto spontaneo del divenire storico, si riduce a sancire e a confermare i rapporti esistenti, nel caso della Germania orientati all’interesse economico privato, e coincide con la tutela e la conservazione dello status quo. Come emergerà nel corso della trattazione, alla base di questa duplice distinzione giocherà un ruolo decisivo proprio il carattere di positività, in quanto esso cela quella precisa costellazione di rapporti che si instaura all’interno del fenomeno giuridico fra la razionalità e la storia. La questione teorica di fondo con cui Hegel si confronta nell’ambito della sua riflessione sul diritto può essere pertanto ben esemplificata dall’affermazione secondo la quale “alla positività della vita

66 Ivi, p. 465; tr. it., p. 13.

67 Ivi , pp. 505 e ss.; tr. it., p. 44 e ss. 68 Ivi, pp. 458-459; tr. it., pp. 8-9.

69 Vedi A. Carcagni, «Lo ‘Ständesstaat’ di Hegel», in Il pensiero politico, 4, 1971, pp. 175-203, in particolare

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esistente, sebbene sia una negazione della natura, è lasciato di affermare la verità che deve pur esserci un diritto”: se infatti “nell'impero tedesco è svanito il potere dell'universalità come sorgente di ogni diritto, poiché l'universalità si è isolata, si è fatta particolare” – e dunque “sopravvive solo come pensiero, ma non esiste più come realtà” – ciò non implica il venir meno del diritto, ma comporta semplicemente che i diritti esistenti sono divenuti