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Dalla sittliche Natur alla Geistesphilosophie: coscienza, spirito e natura

Gli anni successivi al Sistema dell’eticità rappresentano un punto di svolta all’interno della riflessione hegeliana, allorché il concetto di Geist guadagna un ruolo decisivo, sostituendo la concezione anteriore elaborata intorno alla nozione di Sittliche

Natur39. Sebbene infatti il termine spirito sia già presente negli scritti precedenti finora analizzati, in particolare in coppia con il termine popolo40, è solo in questa fase successiva che intorno a tale concetto Hegel costruisce la sua intera filosofia, facendo in tal modo assurgere lo spirito ad asse portante del suo pensiero, categoria onnicomprensiva in base alla quale articolare il sistema. Se tale mutamento implica l’abbandono della dicotomia intuizione-concetto, ciò dipende dal fatto che la Geistesphilosophie si definisce attraverso la nozione di soggettività, come è chiaramente espresso in quelle ben note pagine introduttive della Fenomenologia, secondo le quali è come soggetto e non come sostanza che deve essere concepito lo spirito, e quindi l’assoluto41. Questo passaggio si consuma durante i corsi tenuti tra il 1803 e il 1805 e dal punto di vista della concezione politica hegeliana ciò implica un diverso impianto, in cui l’individualità non è più costretta alla

Vernichtung, ma assume una funzione positiva, perché viene ripensato l’intero rapporto

della singolarità con la totalità etica42. Se, come è stato già affermato, è nelle lezioni del 1805-06 che Hegel espone in modo compiuto le conseguenze che questo nuovo approccio avrà nell’ambito della sfera pratica, all’interno della quale il diritto sarà messo in una luce nuova, le lezioni del 1803-04 ne anticipano per certi versi la struttura, in quanto è lì che si delinea la filosofia hegeliana come filosofia dello spirito.

39 Si veda tra gli altri M. Riedel, Hegel tra tradizione e rivoluzione, cit., pp. 48-56; K.H. Ilting, Hegels

Auseinandersetzung, cit., pp. 38-58 e J.M.H. Mascat, op. cit., pp. 254-262.

40 Hegel utilizza spesso il termine spirito riferendosi alla vita, come troviamo nel Systemfragment, quando

l’autore afferma che «la vita infinita può essere chiamata spirito...Lo spirito è la legge vivente in unione con il molteplice che ne è vivificato» (SyF, p. 421; tr. it., pp. 498-499).

41 «Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto mercé l’esposizione del sistema stesso,

tutto dipende dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto». (PdG, pp. 22-23; tr. it., vol. I, p. 13).

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L’elaborazione del concetto di spirito avviene attraverso un ripensamento della coscienza, che costituisce una ripresa di quella distinzione tra coscienza empirica e coscienza assoluta che Hegel aveva già esposto nel Sistema dell’eticità senza tuttavia approfondirne le implicazioni, tanto che il passaggio all’eticità non rifletteva un’esplicita evoluzione della coscienza stessa. Nei frammenti sulla Filosofia dello spirito del 1803-4 lo spirito emerge alla fine della “filosofia dell’organico”, segnando in tal modo il passaggio dalla vita animale alla vita spirituale, ovvero da una dimensione unicamente biologica a quella più propriamente umana. Lo spirito è definito attraverso la coscienza, cosicché, dichiara Hegel, “il concetto così determinato dello spirito è la coscienza, in quanto il concetto dell’esser-uno del semplice e della infinità”, mentre invece “nella filosofia dello spirito l’esser-uno esiste in quanto riprendentesi nell’assoluta universalità, come ciò che è reale in quanto assoluto divenire l’assoluto essere-uno”43. Il punto di vista assunto da Hegel è dunque quello del Bewusstsein al fine di mostrare come le forme di vita spirituali emergano attraverso il suo processo di formazione, in modo che il divenire della coscienza coincida con la genesi dello spirito. Si ribalta così la prospettiva, giacché si pone l’accento sullo sviluppo della totalità etica, in quanto vengono indagate le condizioni della costituzione di quell’eticità, che negli scritti precedenti era assunta come presupposta, orizzonte inglobante la singolarità. Tuttavia ciò non implica l’adesione ad un punto di vista individualistico, non significa un ritorno all’ipostatizzazione del soggetto così come, secondo la ricostruzione hegeliana, le filosofie della riflessione avevano sostenuto. Al contrario la vera rivoluzione hegeliana consiste nello statuto attribuito alla coscienza, perché è proprio attraverso la nuova concezione dell’individualità che il filosofo sancirà il distacco dalla tradizione precedente e definirà l’assoluto come spirito, orizzonte all’interno del quale le dinamiche di interazione e di individualizzazione prendono corpo.

La coscienza è presentata allora come il “semplice contrario di se stessa: una volta è l’opposto ad un altro di cui è cosciente, scindendosi così in un attivo e in un passivo, e l’altra volta è il contrario di questa scissione, l’assoluto essere-uno della distinzione; l’essere-uno della distinzione che è e della distinzione tolta”44. Essa si contraddistingue dunque in quanto è insieme scissione e rapporto, essendo contemporaneamente relazione a sé e all’altro, unità di singolarità e molteplicità; si costituisce come un processo che prende le mosse dalla differenza, poiché essa pone la separazione e, in quanto soggetto, si oppone all’oggetto, ma in un secondo momento rimuove tale differenza, riconoscendo se stessa

43 JS I, pp. 265-268; tr. it., pp. 3-6, vedi anche p. 307; tr. it., p. 44. Più in generale sul tema della coscienza

nelle lezioni del 1803-04 vedi G. Planty-Bonjour, La première philosophie de l’esprit, Puf, Paris 1969, pp. 5- 48 e M. Bienenstock, La première philosophie de l’esprit, in G.W.F. Hegel, Le premier système, Puf, Paris 1999, pp. 127-173.

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come uguale a ciò che considerava distinto. Tale struttura rappresenta il principio interno che scandisce il percorso della coscienza nel corso di tutta l’opera, la quale assume un andamento fenomenologico, nella misura in cui lo spirito si manifesta nelle sue forme attraverso i differenti gradi di sviluppo della coscienza45. Nel frammento 18 del

Systementwurf Hegel sintetizza le caratteristiche della coscienza, la cui essenza è delineata

come Einheit des Gegensatzes: sebbene infatti l’opposizione si presenti nello scarto che emerge tra il soggetto come essente cosciente e l’oggetto come ciò di cui è cosciente, il

Bewusstsein si rivela quale “esser tolto di entrambi”46. Ora il passaggio dalla coscienza empirica alla coscienza assoluta si compie proprio quando si realizza l’unità tra se stessa e l’oggetto, quando essa pone l’oggetto come uguale a sé, ovvero solo quando essa riconosce che l’esser altro è in lei e in questo modo è rimossa la distinzione. L’espressione usata da Hegel è allora particolarmente eloquente allorché egli afferma che “questa coscienza

empirica deve essere però coscienza assoluta” e ciò significa che questo è lo scopo della

filosofia dello spirito: mostrare le condizioni che permettono di guadagnare “l’assoluta realtà della coscienza cui noi dobbiamo sollevare il concetto”47.

Descrivendo così l’essenza della coscienza, Hegel spiega che essa è “l’idealità dell’universalità e dell’infinità del semplice nella forma dell’opposizione; come universale essa è unità assolutamente indifferenziata dei due termini; ma come infinità è l’idealità in cui è la sua opposizione; e i due termini distinti nella coscienza sono l’uno fuori dell’altro, si separano; la loro unità appare perciò come un medio tra essi, come l’opera di entrambi”48. Tale passo è decisivo perché mostra la vera natura della coscienza, la quale è l’unità di opposizioni, in quanto ha la capacità di tenere insieme semplicità e infinità, soggettività e oggettività, attività e passività. Se il termine medio indica la funzione di raccordo fra i due estremi che permette appunto di stabilire la relazione, la coscienza è medio in quanto è essa stessa sintesi, congiunge entrambi i lati dell’opposizione. Ciò significa che non è un dato, né qualcosa che esiste come presupposto identico a sé stesso, stabilmente saldato ad un piano naturale e immediato, ma al contrario la sua vera essenza è quella di essere “il movimento stesso” tanto che, in quanto medio, è “momento

45 Ruggiu mette in evidenza come Hegel anticipi qui l’andamento fenomenologico, vedi L. Ruggiu, Logica,

Metafisica e Politica, cit., p. 449 e ss. Seelmann mette in luce come le lezione della filosofia dello spirito del 1803-04 riflettano la struttura posteriore della Fenomenologia dello Spirito, laddove le lezioni del 1805-06 anticiperebbero l’impostazione dei Lineamenti (K. Seelmann, Anerkennungsverlust und Selbstsubsumtion, Freiburg-München, p. 14).

46 JS I, 273; tr. it, p. 11.

47 JS I, 274; tr. it, p. 12. Hegel scrive che «la coscienza è l’essere semplice dell’infinità, ma, in quanto è

coscienza, deve essere per se stessa questo togliere l’opposizione; deve cioè, dal suo concetto, diventare dapprima per sé coscienza reale» (Ivi, pp. 274-275; tr. it., p. 13).

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dell’articolazione della sua totalità”49. Non si tratta quindi di considerare la coscienza kantianamente come appercezione originaria, pura attività o insieme di facoltà, né seguendo le orme cartesiane come sostanza pensante distinta da una sostanza esterna e materiale, ma al contrario di coglierne l’essenza a partire dalle opposizioni e dalle scissioni che continuamente la attraversano, giacché essa esiste solo come movimento di distinzione e unificazione, come attività concreta di mediazione. Dunque per evitare di definire la coscienza come sostrato non si può che parlare dell’“articolazione della coscienza”, dal momento che “la conosciamo come è a sé in quanto momento”, e non si può che comprenderla in quanto Organisation, ovvero in quanto “l’organizzazione della coscienza nella realtà dei suoi momenti è una organizzazione delle sue forme come medi”50. La coscienza dunque non è né solo soggettività o esclusivo autoriferimento, né fondamento ultimo o principio trascendentale, ma semplicemente sintesi e mediazione, ovvero essa è in quanto attività continua, insieme di medi.

Il programma filosofico che Hegel aveva definito nel saggio sulla Differenza, il quale consisteva nel “costruire l’Assoluto per la coscienza” si traduce in questi passi nel mostrare come la coscienza pervenga ad essere coscienza assoluta. Hegel intende infatti presentare il percorso attraverso il quale “la coscienza diventa per se stessa coscienza”, mettendo subito in chiaro che il concetto della coscienza appena descritto non corrisponde a ciò che definisce “il punto di vista della coscienza comune”, il quale infatti “considera la coscienza sempre e soltanto come un lato dell’opposizione, e si rappresenta che l’individuo nella determinatezza come attivo sia l’essenza”, il quale ha davanti un contenuto contingente qualsiasi di cui egli è padrone51. Il punto di vista della coscienza comune corrisponde infatti alla posizione della coscienza empirica, la quale, in quanto si definisce come un termine dell’opposizione, si rivela affetta dalla scissione, tanto da assurgere ad espressione delle filosofie della riflessione. La descrizione hegeliana si sviluppa per contrasto: mentre la coscienza empirica è “solo coscienza singola, formale, negativa”, “coscienza soggettiva, ovvero coscienza come singolarità assoluta”, perché “ha l’uguaglianza a se stessa soltanto nella forma negativa, per cui toglie questo di cui è cosciente, come un non uguale a sé”, la coscienza assoluta è “perfetta” e “reale”, in quanto “questo altro da ciò che essa è, è la sua vera coscienza”, senza “alcun esser per sé, senza alcuna vera distinzione”52.

49 Ivi, p. 291; tr. it., p. 27. 50 Ivi, p. 276; tr. it., p. 14. 51 Ivi, p. 291; tr. it., p. 28. 52 Ivi, p. 274; tr. it., p. 12.

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L’intento di Hegel è mostrare le condizioni che permettono il passaggio alla coscienza assoluta, in modo tale che la prospettiva individuale sia ricompresa in quella universale, dal momento che la coscienza diviene assoluta solo come spirito di un popolo, all’interno di quello spazio sociale costituito da dinamiche di interazioni che permette l’unità dell’Io e del Noi. Ciò significa che la coscienza “deve realizzarsi”, deve diventare “singolarità assoluta” o, che è lo stesso, “universalità” e “totalità”. Ricostruendo il percorso tracciato da Hegel è possibile fugare ogni dubbio circa l’eventualità che egli sia ricaduto in un’impostazione individualistica, che assuma il punto di vista del soggetto singolo come orizzonte ultimo di riferimento. Al contrario infatti egli specifica che la coscienza dell’individuo è coscienza della singolarità e pertanto è una mera astrazione, mentre nella filosofia dello spirito è in gioco il “formare-se-stesso dell’individuo”, il quale è appunto

sich selbstgestalten, in modo tale che lo spirito del popolo si costituisca come “un grande

individuo universale…medio degli individui”53: l’individuo compare innanzitutto come esistenza animale e solo in quanto sottomette a sé questa dimensione si costituisce come coscienza assoluta. Tale processo di formazione della coscienza richiede dunque uno sviluppo, che si realizza per gradi attraverso dinamiche di relazione, momenti di opposizione e forme di unificazione. Hegel presenta un duplice schema in quanto da un lato distingue tre potenze, vale a dire memoria e linguaggio, lavoro e strumento e infine famiglia e possesso, dall’altra riconduce tale scansione ad una più netta distinzione fra un ambito teorico e uno pratico. Se infatti la prima potenza permette alla coscienza di essere assoluta riflessione in se stessa e di ricongiungere a se stessa la molteplicità, le altre le consentono di guadagnare il piano effettivo, allorché attraverso l’azione essa domina la natura e instituisce relazioni stabili e durevoli, superando l’ambito circoscritto della singolarità e del puro riferimento a sé. Da questo punto di vista la prima parte esibisce quel processo teoretico che culmina nell’intelligenza e segna la coscienza come “ragione formale, astrazione assoluta, vuotezza assoluta, singolarità”,laddove invece la dimensione pratica richiede alla singolarità di porsi in maniera attiva davanti all’oggetto, agire per soddisfare i propri desideri e lavorare in vista del proprio compimento e della propria soddisfazione54. Sebbene Hegel distingua i due processi nel loro dispiegamento, risulta evidente una netta preminenza conferita all’ambito pratico, in quanto è grazie a questo che la coscienza accede al piano universale tanto da innalzare “se stessa praticamente fino alla totalità assoluta55.

53 Ivi, pp. 270-271; tr. it., p. 9. Vedi a riguardo G. Varnier, Ragione, dialettica e autocoscienza, Guida, Napoli

1990, p. 189.

54 JS I, p. 281; tr. it., p. 19.

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Hegel descrive infatti l’intero percorso che mostra il divenire dell’individualità come un Gestalten, sottolineando come sia attraverso il “pratico formare se stessa” che la coscienza diviene da ein seyendes gegen die Natur a für es selbst wedendes, ovvero für

sich diese absolute Einzelnheit56. Sebbene si giunga così a delineare una coscienza formata, in realtà entrambi questi momenti sono definiti come “potenze ideali” o “momenti ideali dell’esistenza dello spirito”, in quanto “ognuna pone la coscienza soltanto nell’astrazione di una forma”57: tali potenze descrivono lo spirito esclusivamente in termini negativi, in quanto sono il modo in cui lo spirito si relaziona verso la natura, mentre invece esso si manifesta come essenza etica e si dispiega positivamente solo in quanto “organizzazione di un popolo”58. Tale osservazione permette di mettere meglio in luce il rapporto che lega la coscienza allo spirito, poiché è solo nell’ambito dello spirito che la coscienza si genera: se quest’ultima si costituisce attraverso continue forme di relazione e loro negazioni, si può sostenere che tale processo sia contestualmente un progresso, nella misura in cui in tal modo la coscienza finita raggiunge l’universalità e si identifica con lo spirito. L’esposizione della filosofia dello spirito infatti si dispiega nello spazio che separa la coscienza naturale dallo spirito assoluto, denunciando l’illusione di un soggetto naturalmente formato e compiuto e mostrando invece come esso divenga tale attraverso dinamiche di partecipazione e processi di trasformazione all’interno di una dimensione pratico-teoretica collettiva. Come è stato messo in luce, tale concezione investe sia il piano ontologico che quello epistemologico, poiché la filosofia comincia a delinearsi quale “sapere critico-distruttivo” che si rivolge contro ciò che è presupposto e immediato e che si presenterà nella sua veste compiuta nella Fenomenologia dello Spirito59. Se tale ribaltamento significa che il soggetto non può più essere definito se non nell’ambito di quei contenuti e quelle pratiche che esperisce, ciò avrà delle conseguenze fondamentali anche sul piano della normatività, poiché norme, prassi e consuetudini saranno risultato della razionalità storico culturale e prodotto della complessità culturale in cui si generano.

Mentre Hegel definisce la coscienza come “prima forma dell’esistenza dello spirito”, il “primo momento” in cui lo spirito si manifesta, lo spirito assoluto è definito la “totalità in quanto assolutamente universale” vale a dire l’“essere-tolto della singolarità”60, il quale prende le distanze dalla natura e contiene i singoli momenti della coscienza attraverso i quali si costituisce. Il filosofo intende sottolineare l’impostazione inadeguata, comune a realismo e idealismo, basata sull’opposizione tra soggetto e oggetto, da cui si

56 Ivi, p. 304; tr. it., pp. 41-42.

57 Ivi, pp. 281 e 298; tr. it., pp. 19 e 34. 58 Ivi, p. 281; tr. it., p. 19.

59 Vedi a questo riguardo G. Varnier, op. cit., p. 233 e ss. 60 JS I, pp. 280 e 313; tr. it., 18 e 50.

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genera la vexata quaestio se la verità risieda nel soggetto o nell’oggetto e quindi se la conoscenza richieda da parte della coscienza un atteggiamento di passività o di attività. Se, come abbiamo mostrato, la coscienza presenta la peculiarità di avere in se stessa entrambi i lati dell’opposizione, è perché “in senso proprio non si deve parlare né di un tale soggetto, né di oggetto, bensì dello spirito”, il quale, in quanto totalità, è “il processo attraverso cui la coscienza diventa per se stessa coscienza…attraverso cui il concetto interno della coscienza pone se stesso come coscienza”61. In una parola sola lo spirito è Werden, ma poiché esso si manifesta attraverso la coscienza quale medio, cioè si presenta sempre come un determinato spirito del popolo che ha costumi, leggi e pratiche determinate, esso si distingue come già sempre geworden. Si instaura così un’identificazione tra coscienza e spirito, perché entrambi sono processo e mediazione e si generano attraverso quei medi rappresentati da linguaggio, lavoro e famiglia: lo spirito si eleva dalla natura e si presenta inizialmente come senziente, quando la coscienza è singolarità assoluta che nega e riconduce a sé la molteplicità, per poi mostrarsi come “spirito vivente del popolo”. Hegel specifica allora che “in quanto la coscienza esiste come un medio assoluto, essa esiste altrettanto assolutamente come un essente negli individui, come un che di opposto ad essi, essa esiste come oggetto della loro coscienza, come un esteriore. Essa è il medio universale degli individui, ma essa è l’essente negli individui e ad un tempo ciò in cui essi sono idealmente, posti come tolti”; infine prosegue l’autore “la coscienza assoluta esiste parimenti come un che di diverso da essi, di intuibile da essi” tanto che possiamo concludere “la coscienza è parimenti una coscienza tale che, mentre è la coscienza degli individui, è l’esser tolto degli individui”62.

Analogamente lo spirito di un popolo è “in modo assoluto come un essente negli individui”, i quali sono descritti come i suoi organi, ma allo stesso tempo “è anche l’opposto ad essi”, i quali possono essere “assolutamente uno in lui”, ma possono anche separarsi ed essere per sé63. Questo passo mostra allora che, come la coscienza non è una forma a priori priva di contenuti, allo stesso modo per spirito non si deve intendere un soggetto metafisico o un ente ideale trascendente, ma niente di più che la struttura all’interno della quale si danno i rapporti intersoggettivi, comunitari, sociali e politici, un

ethos originario e condiviso nell’ambito del quale si costruiscono il tessuto di relazioni e le

forme culturali di un popolo64. Infatti Hegel scrive che “lo spirito del popolo è in sé la coscienza di ognuno”, poiché l’individuo si genera all’interno di una determinata Gestalt

61 Ivi, pp. 293-294; tr. it., p. 30. 62 Ivi, p. 271; tr. it., p. 9. 63 Ibidem.

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del popolo e per questo non può che formarsi entro lo spirito a cui appartiene e non può che essere espressione di esso, ma contemporaneamente lo spirito del popolo “esiste ad un tempo come un che di diverso dagli individui, un che di intuibile…in modo tale però che questo loro essere-altro è per loro stessi assolutamente universale”, poiché la coscienza empirica deve diventare coscienza assoluta65. Da questo punto di vista, in quanto coacervo di passioni, impulsi e inclinazioni, la coscienza dichiara Hegel è, “semplicemente nella forma dell’individuo”, il quale è un lato della coscienza assoluta, che invece è unità degli opposti e per questo essenza tanto dell’individuo che dello spirito66. E’ bene inoltre porre l’accento sul fatto che, ancora una volta nello stesso modo in cui definisce la coscienza,