• Non ci sono risultati.

Hegel e il diritto naturale

Sembra importante sottolineare che la critica alle concezioni empiristiche e formalistiche non si concentra in primo luogo, come ci si potrebbe aspettare, sulla dicotomia, distintiva della tradizione giusnaturalistica, diritto naturale-diritto positivo. L'intento hegeliano è infatti quello di considerare tale ripartizione come una conseguenza di premesse maggiori, di cui la coppia naturale-positivo è una conseguenza. Ciò che

78

assurge a elemento caratterizzante è l'impostazione individualista del diritto moderno, a partire dalla quale si genera la separazione fra natura e diritto, di cui la distinzione tra diritto statale e originario è allora solo un aspetto. Come sarà evidente nella concezione speculativa dell'etica che egli esporrà nella terza sezione del saggio, il modello di riferimento è quello classico, platonico-aristotelico, che si fonda sulla nozione di popolo come originaria, di cui gli individui sono membri, secondo quel modello di relazione tra il tutto e le parti, che prevede che i cittadini non siano separabili dall'intero se non sulla base di un'astrazione. L'empirismo e il formalismo illustrano una concezione secondo la quale il diritto è inizialmente e fondamentalmente diritto soggettivo al fine di garantire la libertà della persona, mentre Hegel concepisce ancora il diritto come diritto di un popolo organizzato in uno stato, perché solo nell'ambito di esso l'individuo può essere libero. Ciò che accomuna dunque le due concezioni è un'impostazione dualistica che, assunta sul piano teoretico, determina anche la visione pratico-politica, dal momento che lo stato sarà pensato secondo un modello meccanico, finché l'idealismo adotta un pensiero dicotomico, nel quale la relazione fra i due termini viene intesa come Herrschaft di un termine sull'altro, dell'io sul non io, o del concetto sulla natura: proprio in quanto la riflessione presuppone una dualità di opposti che sono messi in rapporto sulla base del principio causa-effetto, la relazione individui-stato sarà intesa secondo una dinamica di assoggettamento e negazione.

In questa fase del suo pensiero Hegel ha già maturato una distanza rispetto alla tradizione precedente a partire dalla critica all'atomismo e all'astrattismo rivolta alla scuola giusnaturalista che comporta una concezione della libertà come limitazione. Come la disamina hegeliana stessa di empirismo e formalismo ha ben mostrato, la scuola del diritto naturale accoglie al suo interno posizioni eterogenee, in alcuni casi anche opposte, che rendono difficile presentarne un ritratto completo, senza il rischio di operare semplificazioni e forzature sulla base di criteri esterni. E' possibile tuttavia, come è stato ampiamente fatto, individuare alcuni elementi che contraddistinguono tale corrente a partire dalla recezione che essa ha avuto, nella misura in cui ha segnato una tappa significativa nel pensiero giusfilosofico, tanto che ogni teorico del diritto posteriore non ha potuto non confrontarsi con essa, sia nel caso abbia voluto presentarsi come suo prosecutore sia nell'ipotesi in cui abbia invece inteso prenderne nettamente le distanze. In questa prospettiva è opportuno sottolineare che il confronto intrapreso da Hegel con tale tradizione nasce in primo luogo in relazione al carattere di scienza rivendicato dalle concezioni di diritto naturale, che, sulla base di un metodo razionalista, ambivano alla costruzione di un sistema di norme costituenti un ordine analogo a quelle delle scienze

79

della natura. Se da un lato la concezione giusnaturalistica del diritto affonda le proprie origini in un ordine naturale indisponibile universale ed eterno, d'altra parte sviluppa una teoria dualista in cui l'ordine politico è la negazione della natura, in quanto frutto di una convenzione e di un artificio. La critica hegeliana richiamerà questo impianto per rovesciarne i presupposti, perché, da una parte, il diritto in quanto dimensione spirituale è prodotto dell'attività umana e non è riducibile alla natura né è immutabile, dall'altra, però, non è risultato di un accordo né di un contratto. Sebbene in questa fase Hegel non abbia ancora maturato la nozione di Spirito oggettivo, la presa di distanza nei confronti della tradizione moderna del diritto è già consumata. Si può affermare infatti che, se nel periodo più maturo il distacco dal giusnaturalismo avviene sulla base della concezione della storia che egli elabora – non a caso dimensione non sufficientemente assunta dai teorici del diritto naturale – lo stesso rifiuto di tale impostazione nasce nel Saggio sul diritto naturale attraverso il recupero della concezione politica classica. Tuttavia alcuni punti fermi sono stabiliti e resteranno invariati nel corso di tutta la produzione hegeliana. Se infatti si possono individuare tre elementi come aspetti cardine del pensiero giusnaturalista moderno, ovvero la teorizzazione di diritti naturali soggettivi che si impongono sullo stesso diritto naturale oggettivo, la definizione dello stato come prodotto della libera creazione degli individui a protezione dei propri diritti naturali e la concezione del diritto positivo in virtù del diritto naturale, il quale diventa così suo metodo di elaborazione nonché criterio di legittimità, si può altrettanto dire che già nel Saggio sul diritto naturale Hegel ricusa tutti e tre questi presupposti. Sebbene il rapporto fra il filosofo di Stoccarda e le teorie del diritto naturale non sia in realtà esclusivamente di rifiuto, tanto che è stato descritto come “attraversamento critico” o insieme come “dissoluzione e compimento”160, il motivo fondamentale di biasimo da parte di Hegel deve essere individuato nella concezione di libertà sottesa al giusnaturalismo. Ciò che viene contestato è quell'impostazione, comune sia all'empirismo che al formalismo, secondo la quale si sostiene la libertà assoluta dell'individuo al di fuori del contesto sociale, mentre lo stato, nato in teoria per garantire quella stessa libertà, non può che rivelarsi come causa della sua limitazione. In questo modo, separando la libertà individuale dalla libertà collettiva, si ammette una frattura fra singolo e intero, che non è più possibile ricomporre definitivamente. Il diritto naturale allora cade in contraddizione in quanto lo stato si rivela limitante e addirittura coercitivo, perché per realizzare la libertà individuale è obbligato a circoscriverla e poiché l'unico

160 Vedi N. Bobbio, Studi hegeliani, cit. e L. Fonnesu-B. Henry, a cura di, Diritto Naturale e filosofia

classica tedesca, Pacini, Pisa 2000. Per quanto riguarda l’ampia bibliografia sul rapporto fra Hegel e il giusnaturalismo, si segnalano anche G. Duso, a cura di, Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, Il Mulino, Bologna 1987; M. Riedel, Hegel fra tradizione e rivoluzione, cit. e J.L. Vieillard-Baron-Y.C. Zarka, Hegel et le droit naturel moderne, Vrin, Paris 2006.

80

modo di rendere la libertà individuale conforme a quella universale è la costrizione. Se questo è il ragionamento in base al quale Hegel ha condotto la critica a Fichte, paradigmatico da questo punto nella sua teorizzazione di uno stato di polizia come esito necessario della libertà dell'io, esso si può estendere a tutta la teoria del diritto in quanto analoga è l'impostazione secondo la quale la libertà è prima di tutto del singolo e in secondo luogo assoluta solo finché al di fuori della comunità.

Come è stato giustamente sottolineato il problema sotteso alla scienza moderna del diritto concerne il modo di pensare il nesso molti-uno161, perché non può che determinare un potere universale che si eserciti nei confronti dei singoli quale Herrschaft e Zwang; ciò risulta espressione di un'impostazione logica di matrice intellettualistica, così come emerso nella lettura del Saggio sul diritto naturale attraverso la lente costituita dal testo sulla

Differenza. Tuttavia dietro alla relazione singolo-collettività si nasconde il nodo cruciale

del pensiero hegeliano, che riguarda le condizioni necessarie attraverso le quali garantire il vero concetto di libertà o, in altri termini, la possibilità per la libertà di essere veramente attuata. Mentre allora la domanda che Hegel si pone riguarda il modo in cui si deve pensare la libertà perché sia realizzabile, proprio al fine di evitare lo stato meccanico e dispotico, la risposta concerne la necessità di pensare una nozione di libertà che invece di prendere le mosse dall'individuo parta dalla comunità stessa e che al posto di avere nello stato la sua limitazione, sia compresa secondo un movimento di progressivo ampliamento. A tal fine è necessario rompere con la tradizione che concepisce la libertà come indeterminatezza o come libero arbitrio, che può avere come contro altare solo la limitazione o non può che restare sul piano del Sollen, e pensare la libertà come “la possibilità…di entrare in altri rapporti”162. Pertanto, afferma Hegel, “è assolutamente da respingere quella visione della libertà secondo la quale essa deve essere una scelta tra opposte determinatezze, di modo che, se +A e -A fossero poste, essa consisterebbe nel determinarsi o come +A o come -A, e resterebbe del tutto vincolata a questo aut-aut”163, in quanto “è libertà soltanto in quanto riunisce, positivamente -A con +A”. Analogamente concepire la libertà come indeterminatezza, come è proprio del formalismo, vuol dire decretare da subito il suo scacco, perché, come è stato mostrato, ogni infinitezza finisce necessariamente per assumere una determinazione. La problematica generale che emerge allora nel Saggio sul diritto naturale resterà costante nell'arco di tutta la riflessione

161 Vedi G. Duso, «Crisi e Compimento del diritto naturale», in L. Fonnesu-B. Henry, op. cit., p. 182. 162 Diff, p. 82; tr. it., p. 67.

163 Nr, p. 477; tr. it., p. 57. A tal proposito vedi G. Faraklas, «Critica della dominazione. Politica e filosofia

nella Differenzschrift» e R. Racinaro, «Critica del pensiero astratto: contro il giacobinismo e lo stato di polizia», in M. Cingoli, a cura di, L'esordio pubblico di Hegel, Guerini e Associati, Milano 2004, rispettivamente pp. 199-216 e pp. 193-198.

81

hegeliana, in quanto vengono elaborate questioni di fondo che saranno riformulate in altri contesti, mantenendo un immutato significato, tanto che si può considerare questo periodo come un grande fucina teorica, fonte da cui lo stesso Hegel attingerà164.

Il rifiuto netto di un'impostazione contrattualistica e di un impianto individualista è ben chiaro a causa dell'incoerenza che tali posizioni implicano nella concezione dello stato, che non può che risultare come estraneazione e imposizione, e dell'astrazione su cui si fondano, che conduce a postulare l'individuo al di fuori di legami originari, come un

Gedankending, qualcosa di irreale che nega all'origine la possibilità della socializzazione

se non come violenza. In opposizione al “principio del Nord”165 Hegel recupera allora la concezione classica, sovrapponendo al concetto di stato quello di eticità e fornendone una descrizione tale per cui la forma politica greca ricomprenda quali sue interne articolazioni anche quegli aspetti che contraddistinguono la modernità come l'economia politica e il diritto. Da questo punto di vista lo stato come eticità incarna l'Assoluto, in quanto totalità onnicomprensiva nella quale, come per l'idea, la singolarità è sua manifestazione. Nelle

Lezioni di storia della filosofia, Hegel scrive che quello che è ancora attuale di Platone è

“l'idea che egli ha della natura etica dell'uomo”, che egli indaga a dispetto del “diritto di natura, astrazione triviale di una vera realtà pratica”166 giacché “l'eticità in generale è in sé sostanziale, e quindi, deve esser conservata come divina”, mentre ad Aristotele riconosce il merito di aver affermato il principio secondo il quale l'individuo “non può realizzarsi compiutamente se non in seno al popolo”167. Pertanto lo stato è prioritario dal punto di vista logico e cronologico e l'individuo è per natura sociale, secondo l'idea che l'intero è presupposto e fondamento di ogni determinatezza e singolarità e che la separazione prospettata dal diritto naturale fra natura e stato viene superata in base a una concezione dello stato come sostanza, di cui gli individui sono attribuiti. Attraverso una convergenza del disegno antico e del pensiero spinoziano, Hegel si smarca dalla concezione della natura sottesa al giusnaturalismo: mentre la natura per l'empirismo è “qualcosa a cui bisogna rinunciare”168 e secondo il formalismo è “astrazione priva di essenza” del molteplice di

164A tal proposito è interessante sottolineare che è lo stesso Hegel che cita il saggio Sulle maniere di trattare

scientificamente il diritto naturale nei Lineamenti di filosofia del diritto all'interno della sovranità esterna dello stato, vedi Rph, § 324, p. 257. Bourgeois afferma che è possibile rilevare in tale saggio un «germe actif de l’hégelianisme definitif», vedi B. Bourgeois, Le droit naturel de Hegel, cit., p. 49.

165GuW, p. 289; tr. it., 125. Hegel afferma che «la grande forma dello spirito del mondo che si è riconosciuta

in quelle filosofie è il principio del Nord e (per ciò che concerne l'aspetto religioso) del protestantesimo, ossia la soggettività, nella quale bellezza e verità si rappresentano nel sentimento e nelle disposizioni d'animo, nell'amore e nell'intelletto».

166 VGP, vol. II, p. 105 e ss; tr. it., vol. II, p. 248 e ss. 167 Ivi, vol. II, p. 226; tr. it., vol. II, p. 370.

82

fronte alla ragion pura169, per l'autore della Differenza, essa riflette una concezione teleologica, per cui è physis.

In questa prospettiva allora la tradizione classica che Hegel plasma nella sua rielaborazione dell'eticità permette di superare il binomio legge naturale e legge positiva, in quanto ad essere positivo è lo stato stesso, che per natura viene prima dell'individuo ed è suo compimento, mentre il diritto naturale viene riformulato come diritto della natura etica al fine di far emergere la continuità tra natura e stato, e non la loro contrapposizione, e la priorità dell'intero sulla parte. Il rapporto fra individuo e stato viene riformulato in termini di negatività-positività: mentre dunque il popolo è l'universale, “il positivo...l'assoluta totalità etica”, l'individuo è il negativo, la differenza, l'astrazione che esiste solo all'interno dello stato, giacché “la singolarità come tale non è nulla ed essa è assolutamente una cosa sola con l'assoluta maestà etica, il quale esser-uno vivente vero, non sottomesso è esso solo l'eticità autentica del singolo”170. Come è stato affermato in un saggio fondamentale di Riedel, Hegel critica allora il diritto naturale sulla base della concezione politica classica attraverso un concetto di natura che deve essere inteso come totalità, secondo l'accezione

deus sive natura spinoziana, e contemporaneamente come essenza, nel senso aristotelico,

per cui costitutiva dell'individuo è la polis, tanto che è proprio a partire da questo concetto classico di natura che elaborerà la nozione di stato in quanto organismo, configurazione di singole parti che concorrono alla vita dell'intero171. Ciò significa di fatto il rifiuto dell'intera impostazione del giusnaturalismo e la riaffermazione del politico come orizzonte ultimo a dispetto della dimensione moderna, rappresentata dall'economia e dal diritto. Quest'ultimo sembra perciò essere liquidato in quanto determina astrattamente e fissa le differenze, è espressione del soggettivismo contemporaneo e si afferma come universale che si applica meccanicamente separando e comparando, tanto che la critica al diritto moderno pare coincidere con una critica al diritto tout court, che può ricevere un ruolo solo nella misura in cui è ricompreso nell'eticità e superato in quanto tale. Mentre infatti la natura etica è l'unità immanente alle differenze, il diritto rappresenta quella attività dell'intelletto che le separa172. In questa fase iniziale Hegel riconosce il diritto come ambito di pertinenza di uno dei ceti nel quale lo stato etico è ripartito, ma la ricerca che lo condurrà a individuare i caratteri di un'eticità definitivamente moderna, attraverso la

169 Ivi, p. 455; tr. it., p. 40. 170 Ivi, p. 449; tr. it., pp. 34-35.

171 Vedi M. Riedel, Tra tradizione e rivoluzione, a cura di E. Tota, Laterza, Bari 1975, p. 41. Confronta anche

Id., «Natura e libertà nella filosofia del diritto di Hegel», in C. Cesa, a cura di, Il pensiero politico di Hegel, cit., pp. 37-56.

172 B. Bourgeois ha parlato a tal proposito di rifondazione antica della modernità, vedi Etudes hégéliennes,

83

definizione dello spirito oggettivo, coinciderà con una progressiva rivalutazione del diritto: sebbene infatti sia costante il giudizio su di esso, in quanto elemento ambivalente, così come emerso dalle critiche fino ad ora mosse, tanto che rimarranno grosso modo invariate, la sua riabilitazione coinciderà con il diverso ruolo attribuito all'individuo nell'economia dello stato e con la funzione positiva riconosciuta all'intelletto173.

Durante gli anni jenesi si consuma allora progressivamente la presa d'atto che le condizioni della modernità sono radicalmente differenti da quelle antiche e pertanto quel modello non può più essere riproposto, in quanto completamente mutato è l'orizzonte entro cui l'individuo agisce. Da questo punto di vista infatti il rapporto tra singolo e totalità politica si è modificato perché è cambiata la fisionomia del lavoro, non più circoscrivibile all'ambito della famiglia, come risulta evidente da quella scienza tutta moderna che è l'economia politica, espressione di una nuova dimensione che si frappone tra l'oikos e la

polis. Mentre allora l'eticità assoluta dei primi scritti jenesi attribuisce il carattere

economico ad un ceto particolare, lo stesso a cui veniva assegnato il diritto, la necessità di ripensare il modello classico sarà il frutto di una più radicale assunzione delle contraddizioni proprie del moderno. Come emergerà nel corso di questa trattazione, l'attenzione conferita al mondo dei bisogni comporterà una nuova articolazione della struttura politico-giuridica, tanto che economia politica e diritto seguono nell'ambito del pensiero hegeliano uno stesso destino che coincide con il loro graduale accoglimento all'interno della sfera etica e comporta però contemporaneamente la necessità di individuare nuove forme di mediazione politiche che garantiscano ugualmente la salvaguardia dello stato come totalità universale. Mentre allora l'adozione del modello classico coincide con il tentativo di circoscrivere tali fenomeni, secondo uno schema per cui economia e diritto afferiscono ad un unico ceto che convive accanto a quello degli uomini liberi, lo spirito oggettivo sancirà la presenza di una nuova dimensione interna allo stato, la società civile, grazie alla quale tutti gli individui sono ugualmente liberi in quanto ciascuno è contemporaneamente citoyen e bourgeois, cittadino e uomo economico. L'emergere allora del sistema dei bisogni coinciderà con un nuovo ruolo conferito al diritto quale elemento formale di regolazione e disciplinamento del mercato – in cui spicca il valore della legge in quanto mediazione – che implica l'accettazione dell'ambito particolare e della dimensione privata. Il diritto resta comunque di pertinenza dell'intelletto, ma all'interno di un nuova articolazione del rapporto tra Vernunft e Verstand, in cui

173 Da questo punto di vista la nostra posizione risulta più vicina a quella espressa da Bobbio, secondo il

quale il diritto viene rivalutato da Hegel man mano che elabora lo spirito oggettivo, mentre non condivide la tesi espressa da Bourgeois, secondo il quale il giudizio del filosofo in materia resta comunque negativo, vedi N. Bobbio, op. cit. e B. Bourgeois, Etudes hégéliennes, cit. p. 77.

84

quest'ultimo, per usare la terminologia della Differenza, non è opposto alla ragione, ma al suo servizio. In questo modo nel corso dello sviluppo del suo pensiero, tenute ferme le differenze maturate già nella critica all'empirismo e al formalismo, Hegel recupera motivi propri della teoria del diritto naturale, contribuendo a riformulare quei contenuti secondo una concezione che sfugge alla dicotomia diritto soggettivo-diritto oggettivo e diritto naturale-diritto positivo. Una volta prese le distanze dall'idea di un diritto originario, valido al di fuori dello stato e sulla base del quale valutare il diritto statuale, la relazione tra diritto naturale e diritto positivo diventa una questione relativa alla positivizzazione del diritto, che, come vedremo nel corso della trattazione, non solo comprende la relazione fra il diritto, in quanto sapere positivo, e la filosofia, ma soprattutto concerne il ruolo della storia e della ragione che in essa si incarna e la funzione dell'autorità che emana il diritto, o, per dirla in termini hegeliani, lo pone.

Prima di esaminare più da vicino la concezione speculativa del diritto, così come emerge nella terza parte del Saggio sul diritto naturale, sembra opportuno mettere in evidenza alcuni punti. Innanzitutto bisogna sottolineare che la critica che Hegel muove alla

Dottrina del diritto naturale di Fichte, soffermandosi principalmente sulla separazione del

diritto dalla morale e sul ruolo dello stato in quanto Macht der Herrschaft, tralascia alcuni aspetti della concezione fichtiana che risultano significativi sia nell'ottica dell'evoluzione del pensiero giusnaturalistico, sia in relazione al rapporto che lega i due autori. La novità