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Disciplina intertemporale degli interventi di depenalizzazione.

NOZIONE CONVENZIONALE DI MATERIA PENALE E PRINCIPI DI DIRITTO INTERTEMPORALE

3. Disciplina intertemporale degli interventi di depenalizzazione.

Quando si parla di “depenalizzazione” si fa comunemente riferimento alle ipotesi in cui la norma incriminatrice viene integralmente o parzialmente sostituita dalla norma sanzionatoria amministrativa, realizzandosi dunque una perpetrazione della rilevanza dell’illecito, anche se esso non costituisce più reato (c.d. successione impropria)335.

335 Si rammenta, tuttavia, come autorevole dottrina parli in ipotesi siffatte di “decriminalizzazione”, ritenendo che la “depenalizzazione” si abbia unicamente in caso di abolizione tout court di una certa fattispecie d'illecito penale; v. F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, 9ªed., Padova, 2015, pp. 945 ss. Nella presente trattazione si userà il termine “depenalizzazione” nella sua accezione più comune, ossia per indicare la conversione di una certa fattispecie d’illecito da penale ad amministrativa. Dall’ipotesi appena descritta, va tuttavia distinta la c.d. “depenalizzazione in concreto” che si ha nelle ipotesi in cui, in seguito a un comportamento tenuto dall'autore successivamente alla commissione del reato, l'illecito venga degradato assumendo carattere amministrativo e si renda privo di effetti penali in senso stretto (per es. in caso di oblazione o di prescrizione ex d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, nei quali il pagamento di una certa somma di denaro o, nel caso di prescrizione, l'adempimento dell'onere di “regolarizzazione”, determinano l'estinzione degli effetti penali). In queste ipotesi, al contrario di

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Senza voler qui indugiare sulle direttrici politico-criminali seguite dal legislatore nelle diverse leggi di depenalizzazione che si sono susseguite nell’ultimo cinquantennio336, in questa sede pare più

opportuno soffermarsi sui margini di operatività del principio di retroattività favorevole in presenza di interventi di questo tipo.

Prima di addentrarci sulle questioni di diritto intertemporale è pure interessante ricordare come le leggi di depenalizzazione siano state tradizionalmente considerate ipotesi di sospetta “frode delle etichette”, specie nella misura in cui ad una variazione di qualifica in senso formale faceva riscontro l’adozione di sanzioni sostanzialmente criminali (c.d. “depenalizzazione apparente”)337. In un sistema legato

ad una nozione formale di reato e che riserva la disciplina di cui all’art. 25 Cost. alle sanzioni espressamente qualificate come penali, è chiaro

quanto si realizza in caso di depenalizzazione “comune”, la degradazione incide esclusivamente sulla fattispecie concreta di reato, senza che ciò si ripercuota minimamente sulla fattispecie astratta, che resta perfettamente vigente ed uguale a se stessa. Per una puntuale disamina della terminologia usata nel campo della “deflazione penalistica”, cfr. C.E. PALIERO, Minima non curat praetor: ipertrofia

del diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari, Padova, 1985, pp. 378 ss.

336 Sul punto si rinvia a M. S

INISCALCO, Depenalizzazione e garanzia, Bologna,

1983, passim; E. DOLCINI, Sanzione penale o sanzione amministrativa: problemi di scienza della legislazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, pp. 608 ss.; G. MARINUCCI, Politica criminale e riforma del diritto penale, 1974, pp. 477 ss.; F.

SGUBBI, Depenalizzazione e principi dell'illecito amministrativo, in Ind. pen., 1983, p. 255. Più di recente, v. A. BERNARDI - I. ZODA, Depenalizzazione: profili teorici e pratici, Padova, 2008, pp. 22 ss.

337 L’espressione è d P. N

UVOLONE, Depenalizzazione, cit., p. 60. Sul punto cfr.

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che il suddetto rischio (dunque la possibilità di sottrarsi all’applicazione dell’art. 25 Cost. semplicemente variando la qualifica della misura) è tutt’altro che remoto; è altresì innegabile, tuttavia, che lo stesso rischio sarebbe “neutralizzato” aderendo alla nozione sostanzialista di materia penale già sul fronte della disciplina costituzionale, circostanza che andrebbe a spezzare il legame tra nomen iuris e principi costituzionali applicabili che ha storicamente inibito l’operatività delle garanzie penalistiche alle sanzioni amministrative338.

Tra le più spinose questioni intertemporali che sollevano gli interventi di depenalizzazione merita particolare attenzione quella relativa alla identificazione della regula iuris da applicare ai fatti commessi prima della trasformazione della relativa fattispecie astratta da penale ad amministrativa. A tal fine occorre in primo luogo ricostruire la disciplina interna e, successivamente, verificare se la nozione unitaria di matière pénale elaborata a Strasburgo possa avere delle ripercussioni anche sul regime applicabile in siffatte ipotesi.

338 Secondo autorevole dottrina il suddetto rischio dovrebbe essere scongiurato a monte sulla base del fatto che la Costituzione (specie alla luce di previsione quali quelle contenute agli artt. 2 e 13 Cost.) escluderebbe la possibilità di ricollegare ad un illecito extrapenale sanzioni aventi tutte le connotazioni sostanziali della sanzione penale. Quindi interventi di depenalizzazione apparente dovrebbero essere colpiti da declaratoria di illegittimità costituzionale. In questo senso v. F. BRICOLA,

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A tal riguardo, giova rammentare che la disciplina generale relativa agli illeciti amministrativi depenalizzati – recata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) – stabilisce che «Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» (art. 1, co. 1), prevedendo, così, l’operare del principio di irretroattività sfavorevole anche all’interno di questo specifico sistema.

Il richiamo all’art. 23 Cost. quale referente costituzionale delle sanzioni amministrative porta tuttavia a ritenere che il principio di irretroattività dell'illecito amministrativo non costituisce un valore assoluto come quello di irretroattività della legge penale sfavorevole in senso stretto. Al contrario, si sostiene che il divieto di retroattività della sanzione amministrativa sia suscettibile di bilanciamento con altri principi costituzionali, con conseguente possibilità di deroga, anche se nei limiti della ragionevolezza339.

In linea con tale impostazione, il legislatore ha spesso ritenuto ragionevole derogare al divieto di retroattività della sanzione amministrativa, consentendo a quest’ultima di poter essere applicata

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anche ai fatti precedenti alla sua introduzione. Non sorprende poi che lo stesso legislatore si sia avvalso di tale possibilità proprio nel contesto di leggi di depenalizzazione: va difatti ricordato in proposito che, in caso di depenalizzazione, in assenza di un regime transitorio apposito, si crea una situazione quasi paradossale in cui la sanzione penale non risulta più applicabile ai fatti antecedenti perché depenalizzata (principio di retroattività della lex mitior che opera con riguardo alla sanzione originaria di natura penale), ma altrettanto inapplicabile risulta la sanzione amministrativa, posto che questa non era vigente nel momento in cui veniva posto in essere il comportamento illecito (principio di irretroattività sfavorevole della nuova sanzione ammnistrativa ex art. 1, co. 1, l. n. 689/1981)340.

Tale ricostruzione delle vicende successorie che si legano alla depenalizzazione è stata di recente confermata dalle Sezioni unite, le quali hanno statuito l’inapplicabilità di ogni fattispecie sanzionatoria, tanto penale quanto amministrativa, nelle ipotesi in cui manchi una

340 Di tale avviso la dottrina maggioritaria, cfr., di recente, M. GAMBARDELLA, L'abrogazione, cit., p. 142 ss.; ID., Lex mitior, cit., pp. 37 ss. e 57. Per una

panoramica sull’evoluzione della disciplina intertemporale delle ipotesi di degradazione dell’incriminazione da reato a illecito amministrativo V. G. DE VERO, La successione di leggi penali, in G. de Vero (a cura di), La legge penale, il reato, il reo, la persona offesa, Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Torino, 2010, pp. 32 ss. al quale si rinvia anche per gli opportuni riferimenti giurisprudenziali.

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specifica disciplina intertemporale341. Le conclusioni cui sono giunte le

Sezioni unite, per quanto paradossali, risultano tuttavia ineccepibili sul piano ermeneutico in quanto conseguenza logica della c.d. “teoria della diversità” che tradizionalmente caratterizza il rapporto tra disciplina penale ed amministrativa. Proprio in nome di tale diversità, viene esclusa a priori qualunque “continuità normativa” tra le discipline in successione e, di conseguenza, l’applicabilità del disposto di cui all’art. 2, comma 4, c.p.: l'illecito “muore” con l’abolizione del reato e “rinasce” con l'introduzione dell’infrazione amministrativa, la disciplina applicabile sarà pertanto quella del combinato disposto dagli artt. 2, co. 2 c.p. e 1, co. 1 l. n. 689/1981342.

341 Già in questi termini la storica sentenza della Cass., Sez. un., 16 marzo 1994, n. 7394, Mazza, in Cass. pen., 1994, pp. 2659 ss. che rappresenta ancora oggi un riferimento nella ricostruzione dei rapporti tra diritto penale in senso stretto e diritto punitivo amministrativo. Gli argomenti della sentenza Mazza sono stati ripresi ed arricchiti dalla sentenza delle Sez. un., 29 marzo 2012, n. 25457, in Cass. pen., 2013, pp. 1366 ss. con note di A. SCARCELLA, Illecito penale “depenalizzato” ed

esclusione della postuma sanzionabilità amministrativa del fatto, ivi, pp. 1372 ss. e F. CANGELLI, Depenalizzazione: ancora sull'unitarietà della funzione afflittiva. La

discutibile soluzione delle Sezioni Unite penali, ivi, p. 1398 ss. Cfr. anche il commento critico di D. BIANCHI, La c.d. “successione impropria”: una questione di garanzie, in Dir. pen. proc., 2012, pp. 1211 ss.

342 Così, efficacemente, D. B

IANCHI, Il problema della “successione impropria”:

un’occasione di (rinnovata?) riflessione sul sistema del diritto punitivo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, p. 322. Ancor più perentorio M. GAMBARDELLA, voce Legge

penale nel tempo, cit., p. 659, il quale afferma «Nessuna continuità normativa è dato riscontrare nella degradazione di un reato in mero illecito amministrativo. Invero con la depenalizzazione si determina una vera e propria frattura ontologica, categoriale; e dunque una abolitio criminis ai sensi dell’art. 2 comma 2 c.p., che impedisce qualunque rapporto di continuità tra l’illecito penale e l’illecito amministrativo».

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Evidente come tale approdo ermeneutico, per certi versi obbligato, determini una frizione con i più elementari criteri di ragionevolezza e di giustizia sostanziale, posta l’ingiustificata disparità di trattamento che si viene a creare tra chi aveva commesso la condotta quando essa costitutiva reato (che risulta esente da qualunque sanzione) e chi, invece, commette la medesima condotta a depenalizzazione già avvenuta (a cui viene applicata la sanzione amministrativa)343.

Va dato conto, tuttavia, di un orientamento, invero minoritario, che rifiuta tali conclusioni, ritenendo che il divieto di retroattività delle norme sanzionatorie sfavorevoli rappresenti un «principio di altissima civiltà, fondamentale nel nostro ordinamento» che tutela in primo luogo la libertà di autodeterminazione del soggetto e che, in dette ipotesi, stante la preesistenza della norma incriminatrice, non potrebbe in alcun modo lamentarsi una violazione di tale libertà dato che il soggetto agente ha esaurito la sua condotta in un tempo in cui la norma di comportamento era già vigente ed era peraltro presidiata dalla “sanzione massima”344. Mancherebbe dunque un presupposto

fondamentale del divieto di retroattività, ossia la posteriorità

343 Parla eloquentemente di “amnistia occulta” D. BIANCHI, Il problema, cit., pp. 322 ss.

344 In questo senso A. A

LBANO, Nuovo codice della strada, depenalizzazione e

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dell'introduzione della fattispecie d'illecito o della modifica sfavorevole rispetto alla condotta del soggetto agente e, pertanto, la nuova disciplina potrebbe applicarsi retroattivamente.

Detta tesi, per quanto suggestiva, non può qui essere condivisa in quanto continua a riconoscere il carattere relativo del divieto di retroattività sfavorevole in materia di sanzioni amministrative e, dunque, a negare l’applicazione a queste dell’art. 25, co. 2, Cost.

La chiave per individuare una disciplina intertemporale delle ipotesi di depenalizzazione che si presenti al contempo ispirata a canoni di equità pare ancora una volta poter essere offerta proprio dall'elaborazione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo. L’irrilevanza sanzionatoria (tanto penale quanto amministrativa) dei “fatti pregressi”, come visto, è figlia di una ricostruzione dei rapporti tra sistema penale criminale e sistema punitivo amministrativo in termini di perfetta autonomia reciproca, sia a livello di normazione ordinaria sia a livello di principi sovraordinati.

Un argomento validissimo per sovvertire tale stato di cose pare essere rappresentato proprio dalla nozione convenzionale di materia penale, che ha ricondotto le sanzioni punitive amministrative e le sanzioni penali all’interno di un unico genus. Tale circostanza, a ben vedere, assume rilievo decisivo anche intorno alle questioni di diritto