1. La ricerca del fondamento costituzionale della retroattività in mitius I limiti dell’art 25, co 2 Cost.
1.1. La retroattività favorevole quale espressione del principio di uguaglianza del trattamento sanzionatorio.
Maggiore approfondimento mostrano quelle teorie che riconducono la retroattività in mitius al principio di eguaglianza di cui
104 Così M. GALLO, Appunti di diritto penale, cit., p. 39.
105 Così F. BRICOLA, sub art. 25 commi 2 e 3 Cost., cit., p. 286. È tuttavia d’uopo sottolineare che l’art. 25, co. 2, Cost. conferisce copertura costituzionale non solo all’art. 2 comma 1, ma anche al comma 4 della medesima disposizione, nella parte in cui esclude che possa applicarsi al reo la legge successiva meno favorevole rispetto a quella in vigore al momento del fatto. In questo senso, G. VASSALLI,
Abolitio criminis e principi costituzionali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, pp. 377 ss.
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all’art. 3 Cost., sul presupposto che questa disposizione, vietando ogni forma di irragionevole discriminazione tra situazioni omogenee106, garantisce l’omogeneità del trattamento sanzionatorio tra fatti uguali commessi in momenti diversi.
Il principio di uguaglianza, infatti, imporrebbe alla modifica mitigatrice della legge penale - e, ancor di più, nei casi di abolitio
criminis - disposta dal legislatore in dipendenza di una mutata
valutazione del disvalore del fatto tipico, di riverberarsi anche a vantaggio di coloro che hanno posto in essere la medesima condotta in un momento anteriore107.
Viene così osservato che continuare ad applicare la legge in vigore al momento del commesso reato, nonostante l’intervento di una legge che non considera più il fatto come tale o che lo assoggetta ad una disciplina più mite, contraddirebbe «l’esigenza della parità di
106 G. VASSALLI, I principi generali del diritto nell'esperienza penalistica, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, pp. 699 ss., in particolare 707, oggi in Scritti giuridici, vol. I, tomo I, Milano, 1997, pp. 449 ss. Lo stretto rapporto tra il principio di uguaglianza e la retroattività favorevole emerge anche dalla relazione al Re del Guardasigilli contenuta nei lavori preparatori del codice Rocco ove si afferma che la finalità di assicurare «uniformità nell’applicazione della legge penale» debba essere ritenuta preponderante nella disciplina della successione di leggi: cfr. Relazione al progetto definitivo. Lavori preparatori, V, parte I, 1929, Roma, p. 22.
107 Il richiamo al principio di uguaglianza sarebbe invece improprio in altri settori dell’ordinamento, diversi rispetto a quello penale, ove il trascorrere del tempo costituisce di per sé un elemento differenziatore, quindi il fatto che si applichi alla stessa categoria di soggetti un trattamento differenziato per effetto del mutamento della disciplina non contrasta con il principio di eguaglianza: cfr. Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 18, in Giur. cost., 1994, p. 131.
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trattamento tra fatti dello stesso tipo commessi prima o dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina: si punirebbe, o si punirebbe più severamente, una persona per un fatto che chiunque altro, dopo l’entrata in vigore della nuova legge, può ommettere impunemente o con conseguenze più miti»108.
Seguendo tale impostazione, tuttavia, al principio dell’applicazione retroattiva della lex mitior non potrebbe riconoscersi carattere assoluto, potendo lo stesso essere derogato dalla legislazione ordinaria allorché ricorra una “sufficiente ragione giustificativa”109. Il richiamo all’art. 3 Cost. rende difatti la retroattività della norma più favorevole derogabile in virtù della prevalenza che può darsi in concreto ad esigenze diverse, come quelle di economia processuale e di certezza dei rapporti ormai esauriti, che possono in concreto rivelarsi prioritarie rispetto a quella di evitare disparità di trattamento110.
108 Così G. MARINUCCI- E. DOLCINI, Corso di diritto penale, I, Milano, 2001, p. 268.
109 Per tutti, G. V
ASSALLI, Abolitio criminis, cit., pp. 377 ss. Riconducono la
garanzia ad entrambe le rationes prospettate (ovverosia quella della ragionevolezza ex art. 3 e quella del favor rei), G. FIANDACA- E. MUSCO, Diritto penale. Parte
generale, Bologna, 2014, pp. 96 ss.
110 C. SCACCIANOCE, La retroattività della lex mitior nella lettura della giurisprudenza interna e sovranazionale: quali ricadute sul giudicato penale?, in Arch. pen., 2013, 1, p. 2, registra come sia la stessa disciplina dei commi 3-6 dell’art. 2 c.p. ad individuare particolari situazioni al verificarsi delle quali non può darsi spazio alla garanzia sottesa alla retroattività della norma più favorevole. Così, accanto allo sbarramento temporale della irrevocabilità della sentenza di condanna, figurano ipotesi derogatorie rispetto all’applicabilità della legge posteriore più favorevole, legate alla eccezionalità o temporaneità della legge vigente al momento
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L’assunto di base è che mentre il principio di irretroattività della legge penale rappresenta un principio assoluto in quanto consente al soggetto di determinare liberamente le proprie azioni, sulla base della previa calcolabilità delle conseguenze che il suo agire comporterà, diversamente, la retroattività della legge penale più favorevole non ha nulla a che vedere con la libertà di determinazione del soggetto, per l'ovvia ragione che il cambiamento normativo avviene dopo il tempus
commissi delicti.
Eccezioni alla regola della retroattività della lex mitior sarebbero dunque ammissibili sul piano costituzionale proprio perché riguarderebbero un ambito in cui non viene in gioco il significato garantistico del principio di legalità111. L’ammissibilità di limitazioni o deroghe sorrette da “giustificazioni ragionevoli” discenderebbe, più precisamente, dalla ritenuta correlazione esistente tra ragionevolezza delle scelte legislative e principio di uguaglianza. Secondo comune insegnamento, difatti, è la ragionevolezza a “risolvere” il giudizio
della commissione del fatto, oppure alla decadenza o alla mancata ratifica di un decreto-legge posteriore che, modificando la previgente normativa, abbia introdotto un trattamento migliore, o ancora alla sopravvenienza di una norma che, modificando il trattamento sanzionatorio previsto per una determinata fattispecie penale, sostituisce la pena detentiva con quella pecuniaria.
111 È questa l’opinione tuttora prevalente in dottrina. Già in questo senso F. BRICOLA, Legalità e crisi, cit., pp. 1275 ss.; T. PADOVANI, Tipicità, cit., p. 1378.
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sull’uguaglianza, essendo la stessa a definire come giustificata o ingiustificata una disparità di trattamento112.
1.2. Il finalismo rieducativo quale limite alla derogabilità