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Verso il riconoscimento del finalismo rieducativo quale presidio costituzionale della retroattività favorevole.

A margine di tale rapido excursus dottrinale e giurisprudenziale pare opportuno tirare le fila di quanto fin qui osservato e verificare quale tra le interpretazioni proposte possa coniugarsi al meglio con il nuovo volto che la retroattività favorevole ha assunto nella disciplina sovranazionale.

Si è visto come la lettura in chiave spiccatamente “oggettivistica” e “sistemica” fornita dalla giurisprudenza costituzionale abbia portato ad individuare nel principio di uguaglianza il fondamento ed il limite della retroattività favorevole. Le conclusioni cui è giunta la Consulta -

intasamenti della macchina processuale, poiché escluderebbe per definizione tutti i casi in cui la pena sia stata già interamente eseguita.

171In argomento v. S. RUGGERI, Giudicato costituzionale, processo penale, diritti della persona, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1, 2015, pp. 31 ss. che analizza in particolare la questione relativa alla tenuta del giudicato penale in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale diversa da quella incriminatrice

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invero non senza l’avallo di ampli settori della dottrina – non paiono tuttavia pienamente appaganti, né tantomeno in linea con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza sovranazionale.

Parte della dottrina, valorizzando le indicazioni offerte dalla giurisprudenza nazionale, osserva che tale principio, per il solo fatto di essere stato inserito tra le «tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri», avrebbe guadagnato, sul piano interno, una sorta di «prevalenza assoluta sugli altri principi di rango costituzionale» ed un’inedita forza di resistenza172. In sostanza si ritiene che, per il tramite

dell’art. 11 Cost., il principio di retroattività e il canone del favor rei debbano prevalere sugli altri principi (e diventare, dunque, inderogabili, pena la violazione del principio della primauté del diritto europeo sul diritto interno).

Se, da un lato, è innegabile che il riconoscimento da parte delle Corti europee abbia dotato tale principio della copertura costituzionale

172 Così A. BERNARDI, Brevi osservazioni in margine alla sentenza della Corte di Giustizia sul falso in bilancio, in Aa.VV., Ai confini del favor rei, cit., pp. 48 ss.

Analogamente, G. INSOLERA, Dubbi “europei” sulla ex Cirielli, in Dir. giust., 2006, 4, pp. 10 ss.; M. LA ROSA, La condivisibile “ragionevolezza” sulle norme

penali di favore, in Dir. pen. proc., 2007, p. 336. Contra, R. BIN, Un ostacolo che

la Corte non può aggirare, in AA.VV., Ai confini del favor rei, cit., pp. 109 ss.; D. BRUNELLI, Sui limiti del favor rei l’ultima parola è della Corte Costituzionale, ibidem, pp. 125 ss.; S. RIONDATO, Il falso in bilancio e la sentenza della Corte di

giustizia CE: un accoglimento travestito da rigetto, in Dir. pen. proc., 2005, pp. 910 ss.

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(anche) degli artt. 11 e 117 Cost.173, dall’altro, non pare possa invocarsi

la violazione di tali norme. Il presupposto implicito dell’operatività del principio del primato del dritto europeo è che il diritto sovranazionale riconosca una tutela maggiore rispetto a quella riservata del diritto interno, perché, viceversa, non vi sarebbe alcuna esigenza di fare riferimento alla disciplina sovranazionale174. Si è già visto, tuttavia, come la retroattività favorevole nel diritto sovranazionale non abbia una validità sostanziale superiore a quella riconosciuta dal diritto interno, posto che nella dimensione europea tale principio assume un valore

relativo e derogabile, al pari di quanto la Consulta gli riconosce sul

piano domestico175. Allo stato attuale, pertanto, un’eventuale deroga

alla retroattività favorevole perpetrata dal nostro legislatore non sarebbe comunque in contrasto con tali precetti costituzionali.

A nostro sommesso avviso, le indicazioni provenienti dalle Corti europee potrebbero invece valorizzarsi sotto un diverso profilo. La riconduzione del principio di retroattività favorevole nell’ambito delle tradizioni costituzionali comuni e, soprattutto, la sua consacrazione fra

173 Sul riconoscimento della copertura dell’art. 11 della Costituzione nei confronti della retroattività favorevole v. G. PANEBIANCO, La giurisprudenza della Corte di

Lussemburgo, cit., p. 93.

174 Sottolineano G. INSOLERA – V. MANES, La sentenza, cit., pp. 2768 ss., come in materia penale il primato del diritto europeo non possa essere operativo che in favore del reo.

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i diritti fondamentali della persona, conferiscono al principio de quo una più marcata dimensione soggettivo-garantista che non può non incidere sull’interpretazione di tale principio anche sul versante interno176. Se, fino ad ora, la Corte costituzionale si è mostrata pervicace

nel ricondurre il principio di retroattività della norma penale favorevole all’art. 3 Cost., tale conclusione va oggi quantomeno rimeditata alla luce delle conclusioni cui è pervenuta Corte di Strasburgo nel caso Scoppola: l’attrazione della retroattività favorevole nell’orbita dell’art. 7, § 1 della CEDU pare aver vieppiù rimarcato le connotazioni “garantistiche” del principio de quo, sottraendolo alla disponibilità del legislatore ordinario177.

Sul punto, pare potersi convenire con chi in dottrina ha qualificato il principio dell'applicazione retroattiva della lex mitior

176 Coglie nel segno F. P

ALAZZO, Correnti superficiali e correnti profonde nel mare

delle attualità penalistiche (a proposito della retroattività favorevole), in Dir. pen. proc., 2012, p. 1174, nell’affermare che: «i diritti fondamentali non sono più solo il baluardo contro il rischio dell’invasività liberticida della sanzione penale, ma implicano una pretesa nuova e cioè che la libertà e la personalità dell’individuo non abbiano a subire limitazioni e pregiudizi senza ragione». Contra V. VALENTINI,

Diritto penale intertemporale, cit., p. 207, il quale afferma che mentre il principio di irretroattività sfavorevole ha un’incontestabile matrice “subiettiva” e garantista, essendo l’istanza di certezza, che pure intende tutelare, funzionale alla garanzia della libertà di autodeterminazione individuale, il principio e le regole della retroattività favorevole, appunto perché innescati da evoluzioni normative ontologicamente non conoscibili, non possono che guardare al fatto nella sua dimensione squisitamente oggettiva, disinteressandosi di questioni attinenti a rimproverabilità e affidamento soggettivi.

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quale “diritto costituzionalmente rilevante del reo”178 che, come tale,

non si presta ad operazioni di bilanciamento basate su logiche

sistemiche.

Osservando i fenomeni intertemporali dalla prospettiva del reo, non si può fare a meno di notare come l’applicazione retroattiva di una disciplina favorevole rischierebbe in primo luogo di pregiudicarne la rieducazione. Non pare revocabile in dubbio il fatto che il percorso rieducativo del condannato sarebbe inevitabilmente compromesso se questi continuasse ad essere punito (o punito più gravemente) per un fatto che chiunque, ora, potrebbe commettere impunemente (o con la prospettiva di una sanzione più mite)179. Il profilo “rieducativo” della

pena, com’è noto180, richiede necessariamente la “disponibilità” da

parte del destinatario della sanzione e, proprio a tale riguardo, si osserva come «il reo, che si vedesse condannato per un fatto per il quale sarebbe assolto in quanto non costituente reato (o sarebbe punito più lievemente) ove lui stesso o altri lo commettesse nel momento in cui viene giudicato, non potrebbe non ritenere del tutto ingiusta tale condanna». Da ciò consegue il venire meno della «disponibilità ad

178 Cfr., A. CADOPPI, Il principio di irretroattività, cit., p. 193.

179 Nella stessa direzione L. RISICATO, Gli elementi normativi, cit., p. 281 e G. CASAROLI, Amicus libertatis, etiam pro hosti, in AA.VV., Ai confini del favor rei,

cit., pp. 139 ss. il quale abbina tale ratio a quella di uguaglianza ex art. 3 Cost. 180 V. ancora G. DE VERO, L’incerto percorso, cit., pp. 451 ss.

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accettare la pena, che è il presupposto ineludibile di qualsiasi prospettiva rieducativa»181.

Diviene così assolutamente necessario il richiamo al finalismo rieducativo della pena ex art. 27, comma 3 Cost. quale fondamento della retroattività in mitius e quale presidio costituzionale atto a garantire l’inammissibilità di deroghe al suddetto principio e la piena valorizzazione delle istanze personalistiche presenti nella disciplina intertemporale182. Tale disposizione, contrariamente a quella di cui

all’art. 3 Cost., non si presta ad operazioni di bilanciamento con altri interessi di volta in volta emergenti e quindi conferirebbe alla retroattività in mitius valore inderogabile.

Si osservi poi che l’esigenza di assicurare l’applicazione del trattamento più mite, oltre che mostrarsi in linea con il finalismo rieducativo, emerge anche alla luce del principio di sussidiarietà,

181 Cfr. G. DE VERO, Limiti di vincolatività in ambito penale degli obblighi comunitari di tutela, in G. Grasso-R. Sicurella (a cura di), Per un rilancio del progetto europeo. Esigenze di tutela degli interessi comunitari e nuove strategie di integrazione penale, Milano, 2008, p. 310.

182 Un richiamo al finalismo rieducativo quale fondamento della lex mitior è contenuto anche nell’ordinanza del Tribunale di Torino del 27 giugno 2011 (disponibile sul sito www.penalecontemporaneo.it) con cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 673 c.p.p. nella parte in cui prevede, nei casi di mutamento giurisprudenziale favorevole che incida sull’estensione applicativa di una fattispecie incriminatrice (c.d. abolitio criminis giurisprudenziale), la revoca della condanna rispetto a quei soggetti condannati in via definitiva sulla base del precedente e più rigoroso orientamento interpretativo. Sul punto si ritornerà, più diffusamente, infra, Cap. III, § 5.

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inevitabilmente intaccato dall’applicazione di una sanzione più grave quando ciò non è più considerato strettamente necessario dalle disposizioni vigenti.

Considerato pertanto che la retroattività favorevole non possa più intendersi quale principio di sistema soggetto a bilanciamento, ma diritto assoluto ed inderogabile del reo, ne consegue che la sua copertura costituzionale non possa affidarsi unicamente alle variabili applicazioni dell’art. 3 Cost., ma, in maniera assai più pregnante, al finalismo rieducativo di cui all’art. 27, comma 3 Cost.

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NOZIONE CONVENZIONALE DI MATERIA PENALE E