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Le interferenze della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: la vicenda Scoppola.

2. L’orientamento tradizionale della giurisprudenza costituzionale.

2.3. Le interferenze della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: la vicenda Scoppola.

Muovendosi lungo il crinale delle sentenze appena esaminate, anche la giurisprudenza costituzionale successiva ha ritenuto il principio della retroattività della legge penale favorevole suscettibile di

141 La sanzione penale rappresenta difatti la reazione alla commissione di fatti offensivi di interessi che, in un dato momento storico, il legislatore reputa meritevoli di essere salvaguardati col presidio della pena. Poco importa se nel momento in cui il fatto è stato commesso fosse presente una norma incriminatrice o fosse prevista una sanzione più severa: ciò che conta è solo la diversa valutazione del legislatore sulla necessità o opportunità di punire quel fatto o punirlo con quella sanzione.

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limitazioni e deroghe in relazione alla necessità di preservare interessi contrapposti, ritenuti di analogo (o maggiore) rilievo142.

Una rimeditazione dell’intera questione potrebbe tuttavia imporsi in seguito alla pronuncia della Corte EDU nella nota vicenda “Scoppola”, ove, per la prima volta, il principio di retroattività della norma più favorevole è stato ricondotto all’art. 7 CEDU143.

La “tardività” con cui la Corte ha riconosciuto il suddetto principio trova spiegazione nel fatto che molti ordinamenti nazionali hanno a lungo negato l’esistenza di un diritto costituzionale all’applicazione retroattiva delle modifiche in melius: tale circostanza ha consentito ai giudici di Strasburgo di poter soprassedere per molto tempo (al punto dall’essere preceduta dal giudice comunitario) sulla sua

142 V., ex multis, Corte cost., 28 marzo 2008, n. 72, in Giur. cost., 2008, p. 928, con nota di D.PULITANÒ, Retroattività favorevole e scrutinio di ragionevolezza, ivi, pp.

944 ss.

143 V. Corte EDU, Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, cit., con nota di G. ICHINO, L’“Affaire Scoppola c. Italia” e l'obbligo dell'Italia di

conformarsi alla decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Cass. pen., 2010, pp. 841 ss. e di M. GAMBARDELLA, Il “caso Scoppola”: per la Corte europea l'art. 7 Cedu garantisce anche il principio di retroattività della legge penale più favorevole, ivi, pp. 2020 ss. La pronuncia della Corte europea dei diritti dell’Uomo è stata altresì commentata, tra gli altri, da G. ARMONE, La Corte europea dei diritti dell’uomo e il principio della “lex mitior”: prove di tutela multilivello, in Foro it., 5, 2010, pp. 229 ss.; C. DI PAOLA, Gutta cavat lapidem: in assenza del legislatore,

in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, pp. 1936 ss.; G. GARUTI, Ergastolo eretroattività della legge più favorevole all’imputato, in Dir. pen. proc., 2009, pp. 1427 ss.; C. MUSIO, Il “caso Scoppola” dalla Corte europea alla Corte di cassazione, in Cass.

pen., 2011, pp. 2018 ss.; C. PECORELLA, Il caso Scoppola davanti alla Corte di

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validità convenzionale144. Ad ogni modo, occorre soffermarsi sulle

argomentazioni utilizzate dalla Corte per giungere a tale conclusione onde verificare i possibili risvolti di tale pronuncia (anche) sull’interpretazione della disciplina nazionale.

La Corte, per esaminare compiutamente la questione sottoposta al suo vaglio, affronta una preliminare ricognizione delle fonti che prevedono il canone della retroattività in mitius e delle pronunce intervenute in argomento ed osserva come, a partire dalla decisione X

c. Germania del 1978, «si sia formato progressivamente un consenso a

livello europeo e internazionale per considerare che l'applicazione della legge penale che contempla una pena meno severa, anche posteriore alla commissione del reato, sia divenuta un principio fondamentale del diritto penale»145. La stessa Corte prosegue poi rilevando che la Convenzione, in quanto meccanismo di protezione dei diritti dell'uomo,

144 Qualche timida apertura nei confronti del riconoscimento del diritto alla retroattività delle modifiche migliorative da parte della Corte di Strasburgo si era invero già avuta in qualche pronuncia. In tali occasioni, tuttavia, l’applicazione della modifica migliorativa venne motivata più sul principio tempus regit actum che sulla regola della lex mitior. Cfr., ad es., Corte EDU, 8 luglio 1999, Baskaya e al. c. Turchia, ric. n. 23536/94 e 24408/94, §50. Sul punto, v., amplius, A. ESPOSITO,

Il diritto penale “flessibile”. Quando i diritti umani incontrano i sistemi penali, Torino, 2008, pp. 333 ss. il quale sottolinea come nelle suddette ipotesi la Corte non abbia richiamato l’art. 7, bensì l’art. 10, co. 2 della Convenzione.

145 V. Corte EDU, Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, cit., punto 103.

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debba essere interpretata ed applicata nella prospettiva di rendere le garanzie «concrete ed effettive, e non teoriche ed illusorie»146.

Sulla scorta di tali considerazioni, si è affermato che l'art. 7, § 1 CEDU non garantisce soltanto il principio di irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche il principio di retroattività della legge penale più favorevole147 e, pertanto, se la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e le leggi penali posteriori adottate prima della pronuncia della decisione definitiva risultano essere differenti, il giudice è tenuto ad applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli all'imputato148.

146 V. Corte EDU, Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, cit., punto 104.

147 Interessante l’osservazione operata da V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., p. 183, il quale riconduce il ritardo nel riconoscimento del principio di retroattività a livello convenzionale al vittimo-centrismo che innerva tutto il diritto convenzionale. L’A. sul punto afferma che «non c’è nulla di “meno vittimo-centrico” del principio di retroattività favorevole, il quale, operando sul presupposto che la minaccia penale abbia fallito il suo scopo general-preventivo e che un reato sia stato commesso, presuppone anche la presenza di vittime da delitto convenzionale, i cui diritti-interessi alla sicurezza-prevenzione, alla punizione, alla reintegrazione e alla compensazione sacrifica (nel caso di abolitio criminis) o, comunque, mènoma (nel caso di modifica in melius della disciplina punitiva)». 148 Tale pronuncia pare aver reso merito a quella dottrina che, all’indomani dell’approvazione del Trattato di Lisbona, riteneva che già in applicazione del criterio del maximum standard - ossia il criterio che per recepire i diritti fondamentali in campo comunitario impone che la tutela comunitaria sia orientata al livello più alto di protezione rinvenibile all'interno dei diversi sistemi costituzionali dei Paesi membri - deve riconoscersi che, nell'ambito del principio di legalità europeo, vada ricompreso anche il corollario della retroattività della legge penale favorevole: cfr. A. BERNARDI, All'indomani di Lisbona: note sul principio europeo di legalità penale, in Quad. cost., 1, 2009, pp. 47 ss. Analogamente C. SOTIS, Le “regole dell’incoerenza, Pluralismo normativo e crisi postmoderna del

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Nel caso di specie, la legge penale più favorevole da applicare retroattivamente era in realtà una “legge intermedia”149, ovverosia una

legge sopravvenuta, più mite rispetto a quella vigente all'epoca del fatto, ma non più in vigore nel momento conclusivo del giudizio perché sostituita da una legge meno favorevole150. La circostanza sembrerebbe

di poco momento considerato che nel nostro ordinamento risulta pacifico che la legge intermedia favorevole151, pur se abrogata o

sostituita da una legge meno favorevole, si continua ad applicare ai fatti realizzati prima della sua entrata in vigore152. Nondimeno, vale la pena

149 Durante la pendenza del processo a carico di Scoppola la disciplina del giudizio abbreviato è stata oggetto di due interventi modificativi di segno opposto: entrambe le leggi succedutesi tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 risultavano più favorevoli al reo rispetto a quella che era in vigore al momento del fatto, avendo reso possibile l’accesso al rito speciale anche ai soggetti imputati di reati punibili con l’ergastolo. La prima delle due leggi (la l. n. 479/1999) conteneva per questi casi una disciplina di maggiore favore - prevedendo sempre e comunque la sostituzione dell’ergastolo con la reclusione di anni trenta - rispetto a quella definitivamente introdotta con il d.l. n. 341/2000, che manteneva ferma la pena perpetua nei casi in cui la pena altrimenti applicabile fosse quella dell’ergastolo con isolamento diurno.

150 Il caso Scoppola presenta numerose sfaccettature e meriterebbe un approfondimento di tutti i suoi aspetti. Per una dettagliata ricostruzione della vicenda processuale si rinvia, tra gli altri, a M. GAMBARDELLA, Lex mitior, cit., pp.

59 ss. Si noti che il principio della retroattività della legge penale più favorevole viene affermato dalla Corte solo in relazione a leggi penali intervenute prima di una sentenza definitiva: conforme all’art. 7 § 1 CEDU appare, dunque, il limite del giudicato previsto dal quarto comma dell’art. 2 del nostro codice penale per le ipotesi di leggi sopravvenute meramente modificative della disciplina previgente. 151 Anche se, come osserva C. PECORELLA, Il caso Scoppola davanti alla Corte di Strasburgo (parte II), in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 406, tale approccio non è comune a tutti gli Stati, neanche tra gli ordinamenti di civil law.

152 Ciò in ragione della locuzione al plurale contenuta nell’art. 2, co. 4, c.p. che afferma che «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse si applica quella più favorevole al reo». Tale principio si ritiene tuttavia non operi se la lex intermedia favorevole sia costituita da una norma dichiarata

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di sottolineare che, nel caso de quo, l’avvicendamento non aveva interessato disposizioni di diritto penale sostanziale, ma la disposizione prevista dal codice di rito che prevede la c.d. “diminuente processuale” per il rito abbreviato. Ciononostante, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto la natura “sostanziale” della norma oggetto di modifica sfavorevole, in ragione della considerazione che la stessa ha ad oggetto il trattamento sanzionatorio cui andrà incontro l’imputato che sia condannato in seguito a giudizio abbreviato.

Sulla nozione di “materia penale” emersa in sede sovranazionale si ritornerà in maniera più approfondita nel proseguo della trattazione, per il momento è sufficiente valutare le conseguenze che tale pronuncia potrebbe determinare nell'ordinamento penale nazionale sia in ordine all’ambito di operatività di tale principio che alla vexata quaestio relativa allo statuto della sua validità.

Le statuizioni presenti nella sentenza Scoppola ma, più in generale, l’evoluzione complessiva della giurisprudenza di Strasburgo ci portano, alla luce dell’obbligo di interpretazione conforme che grava

incostituzionale, in ragione del fatto che la declaratoria di incostituzionalità determina la caducazione retroattiva della norma. Alla medesima conclusione deve giungersi nell’ipotesi in cui la lex intermedia favorevole sia contenuta in un decreto legge non convertito, realizzandosi anche in tal caso una perdita di efficacia ex tunc della disposizione in oggetto. Su tale ultima ipotesi v. Corte cost., 22 febbraio 1985, n. 51.

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sul giudice nazionale, a rivisitare il contenuto della retroattività in

mitius, estendendone l’applicazione nei confronti delle norme

processuali «a rilevanza sostanziale»153 e a tutte le misure che, a prescindere dalla loro qualifica formale, sono inquadrabili entro una dimensione sostanziale di tipo afflittivo-punitiva154. Non meno

importante è poi l’aver superato ogni dubbio circa l’efficacia retroattiva della lex intermedia ed aver aperto la strada alla possibilità di estendere le regole intertemporali al diritto giurisprudenziale155.

La giurisprudenza di Strasburgo, tuttavia, se è chiara e perentoria nell’estendere il raggio operativo delle garanzie intertemporali, nulla dice in ordine alla defettibilità del canone. La stessa sentenza Scoppola non contiene alcuna indicazione a riguardo, ma, nonostante ciò, pare doversi ragionevolmente concludere nel senso della “relatività” del principio de quo. Si è difatti osservato come la clausola contenuta all’art. 17 CEDU neghi ab origine il carattere assoluto dei diritti riconosciuti dalla convenzione, perché impone a ciascuno di essi di bilanciarsi con altri diritti fondamentali o interessi convenzionalmente

153 Tale espressione si ritrova già in F. CARNELUTTI, Riflessioni sulla successione di leggi penali processuali, in Questioni sul processo penale, 1950, pp. 189 ss. il quale si riferiva a norme che, pur trovando collocazione nel codice di rito, dovrebbero godere delle medesime garanzie delle norme sostanziali perché ad esse ritenute assimilabili.

154 Sul punto si tornerà comunque infra, Cap. II, Sez. I, § 1 ss.

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protetti con i quali può eventualmente entrare in collisione: se tutto ciò, come si è visto, è valido nei confronti del principio di irretroattività, lo è a fortiori con riguardo alla retroattività favorevole in cui le esigenze di garanzie sono sicuramente meno intense156.

Stando dunque alla validità sostanziale del canone espressa dalla Corte di Strasburgo, non può affatto ritenersi impedito al legislatore italiano di inserire deroghe all’operatività del principio dell’applicazione retroattiva della lex mitior in materia penale157. Non

va però parimenti dimenticato che, per quanto concerne i diritti fondamentali, la disciplina giuridica deve essere quella che tra diritto nazionale e diritto convenzionale assicura la maggiore protezione: ne

156 Ad analoghe conclusioni giunge F. MAZZACUVA, L’interpretazione evolutiva del nullum crimen nella recente giurisprudenza di Strasburgo, in V. Manes-V. Zagrebelsky (a cura di), La Convenzione, cit., pp. 426 ss. il quale aggiunge che nel caso Scoppola la Corte europea non si è soffermata sulla validità sostanziale del precetto perché «non era rintracciabile alcuna vera questione di bilanciamento». 157 In questo orizzonte può collocarsi la sentenza 19 luglio 2011, n. 236 della Corte costituzionale, chiamata a giudicare proprio la legittimità costituzionale di una norma (art. 10, comma 3, l. n. 251 del 2005), la quale ha introdotto un limite alla applicabilità retroattiva dei nuovi termini di prescrizione più favorevoli al reo. La Corte costituzionale ha escluso che il riconoscimento da parte della Corte di Strasburgo del principio di retroattività della norma più favorevole e la sua inclusione tra le garanzie sancite dall’art. 7 CEDU, oltre a fargli acquisire autonomia, ne abbia mutato natura e caratteristiche, facendolo divenire assoluto e inderogabile come il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole (art. 25, comma 2, Cost.). Resterebbe dunque ancora possibile – pure dopo la sentenza pronunciata dalla Corte di Strasburgo nel caso Scoppola -, in presenza di particolari e valide ragioni giustificative, l’introduzione di limiti o deroghe alla regola della retroattività in mitius: v. Corte cost., 19 luglio 2011, n. 236, con nota di C. PINELLI,

Retroattività della legge penale più favorevole fra CEDU e diritto nazionale, in Giur cost., 2011, p. 3052.

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consegue che quando la disciplina domestica assicura una protezione a tali diritti più intensa rispetto a quella offerta dalla CEDU, non è necessario conformarsi ai precetti sovranazionali. È dunque all’interno dei nostri principi costituzionali, magari riletti secondo gli indirizzi suggeriti in sede europea, che va verificata la possibilità di assicurare valore assoluto ed inderogabile anche alla retroattività in mitius.

2.4. L’intervento della Corte costituzionale sui “fratelli