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La natura sanzionatoria della confisca per equivalente.

NOZIONE CONVENZIONALE DI MATERIA PENALE E PRINCIPI DI DIRITTO INTERTEMPORALE

5. I riflessi della nozione sostanziale di materia penale sulle diverse ipotesi di confisca previste nel nostro ordinamento.

5.2. La natura sanzionatoria della confisca per equivalente.

Nella molteplicità delle figure previste dal nostro ordinamento non sono mancate ipotesi in cui l’istituto della confisca esibisce ancor più chiaramente una struttura e una ratio di carattere repressivo- sanzionatorio, tanto che la stessa giurisprudenza nazionale e sovranazionale le ha qualificate come sanzioni di natura penale.

Il riconoscimento della natura punitiva si è avuto con riguardo alle ipotesi di c.d. “confisca per equivalente”, che si applica in caso di impossibilità di reperimento dei beni costituenti provento diretto del reato o loro immediato reimpiego: in tal caso la confisca colpisce beni di valore equivalente che si trovino nella disponibilità del reo, anche se privi di un nesso di pertinenzialità (inteso come legame diretto, attuale

277 Si veda, per tutte, Cass., Sez. un., 30 maggio 2001, in Cass. pen., 2001, pp. 1563 ss.

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e strumentale) col reato279. Secondo la dottrina prevalente, tali figure di

confisca sarebbero assimilabili a delle vere e proprie pene accessorie, vista la loro innegabile finalità sanzionatoria e generalpreventiva280.

Tale orientamento è stato di recente confermato dalle Sezioni unite, le quali hanno ribadito che la confisca per equivalente viene ad «assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è pertanto connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla

279 Sulla confisca per equivalente, v., per tutti, D. FONDAROLI, Le ipotesi, cit., pp. 249 ss.

280Contra, A.M. M

AUGERI, La confisca misura di prevenzione ha natura

“oggettivamente sanzionatoria” e si applica il principio di irretroattività: una sentenza “storica”?, in Riv. trim dir. pen. cont., 2013, 4, p. 379, secondo cui la confisca per equivalente si limita «a sottrarre l’illecito profitto accertato anche se in forma equivalente, rimanendo, quindi, una forma di riequilibrio economico e non una pena (tranne laddove se ne faccia un uso spropositato da parte della giurisprudenza in contrasto con il principio di legalità e di proporzione)». L’A., invero, mette in risalto l’assurdità per cui il principio di irretroattività si applica alla confisca per equivalente, che si dovrebbe limitare a sottrarre l’illecito profitto accertato, mentre non opera nei riguardi della confisca misura di prevenzione, che colpisce tutti i cespiti patrimoniali di sospetta origine illecita. In tal senso, difatti, non viene negata l’opportunità di «garantire l’irretroattività della confisca per equivalente […] essendo comunque maggiormente conforme al principio di irretroattività di uno Stato di diritto, come bene evidenziato nel caso Welch, che un cittadino possa conoscere prima tutte le conseguenze della sua condotta, tanto più se si considera quell’uso disinvolto della confisca per equivalente che emerge nella prassi giurisprudenziale, che la usa come un escamotage per sottrarsi alla prova del nesso causale tra il profitto e il reato o come vera e propria pena patrimoniale nei confronti di tutti i concorrenti».

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stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza»281.

L’esigenza di neutralizzare l’incremento patrimoniale derivante da alcune categorie di illeciti, legittima, dunque, ove manchi il rinvenimento del “bene” o della “utilità” acquisita tramite il reato, una sorta di «novazione oggettiva» del titolo ablatorio282, trasformando la misura della confisca da misura “preventiva” che aggredisce beni derivanti dal reato, ad una “pena” che può colpire tutte le disponibilità economiche del soggetto.

È proprio in ragione del venir meno del nesso di pertinenzialità col reato che la misura ablatoria assume connotati sanzionatori, il che, a ben vedere, genera qualche perplessità sul piano della legittimità costituzionale, dal momento che si fa dipendere il “passaggio” da misura di sicurezza a pena in ragione del fatto (del tutto casuale) della permanenza o meno dell'oggetto diretto di confisca nel patrimonio del preposto. Al riguardo, infatti, le Sezioni unite dianzi citate hanno avuto modo di chiarire che costituisce “profitto” del reato qualsiasi trasformazione che il denaro illecitamente conseguito subisca per effetto di investimento dello stesso autore, per cui anche i beni non

281 V., Cass., Sez. un., 26 giugno 2015, n. 31617, in Ced., rv. 264436. 282 L’espressione è di A. M

ACCHIA, Le diverse forme di confisca: personaggi

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direttamente derivanti dal reato, ad esso sono comunque in qualche modo riconducibili.

Tra le ipotesi di confisca per equivalente merita un cenno quella prevista per i reati tributari in ragione del rinvio all’art. 322 ter operato dall'art. 1, comma 143, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244283. La

Suprema Corte, allineandosi all’indirizzo interpretativo consolidatosi negli anni al livello della Corte EDU, considerato che trattasi di misura ablatoria avente ad oggetto denaro e, dunque, un bene in sé “neutro” e non dotato di intrinseca pericolosità, ne ha affermato la natura afflittivo sanzionatoria così escludendone la retroattività ai fatti antecedenti alla novella284.

In giurisprudenza non sono mancati i tentativi di negare tale carattere ed estendere la portata della novella legislativa anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore e sul punto si è reso necessario l’intervento chiarificatore della Consulta che, con due pronunce di manifesta infondatezza, ha posto alcuni importanti paletti a riguardo.

283 «Nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322-ter del codice penale».

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La Corte costituzionale nella prima sentenza ha richiamato sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte che qualifica la “confisca per equivalente” quale misura di carattere sanzionatorio285. Detto

ragionamento è stato esplicitato per la seconda volta dalla stessa Corte pochi mesi dopo quando la stessa Corte è dovuta tornare sulla legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 143, della citata legge finanziaria dichiarando anche qui la manifesta infondatezza della questione286. La Consulta ha in tale ipotesi rilevato come la mancanza

di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un rapporto di pertinenzialità, conferiscono all'indicata misura «una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole, così, natura “eminentemente sanzionatoria”»287.

In conclusione, può ritenersi che la confisca per equivalente – al di là delle singole discipline ove è contemplata – va considerata ontologicamente una pena per la sua natura intrinsecamente sanzionatoria e va assoggettata al regime proprio di qualsiasi sanzione penale (in primis, al divieto di retroattività contra reum)288.

285 V. Corte cost., ord. 2 aprile 2009, n. 97. 286 V. Corte cost., ord. 20 novembre 2009, n. 301. 287Ibidem.

288 Analogamente P. C

ORSO, La confisca “per equivalente” non è retroattiva, in

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La stessa giurisprudenza della Corte EDU ha ritenuto in contrasto con i principi sanciti dall'art. 7 della CEDU l'applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio ad un’ipotesi di confisca per equivalente289.

Quanto alle ricadute applicative di carattere intertemporale che reca con sé tale orientamento, va osservato come esso abbia determinato l’inapplicabilità della misura per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della normativa di riferimento, anche nel caso di condotte ad esecuzione prolungata, commesse a cavallo delle entrata in vigore della normativa stessa290.

5.3. La confisca dell’autoveicolo per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), C.d.S.

Questione analoga si è posta con riferimento all’ipotesi di confisca dell’autoveicolo introdotta per la più grave ipotesi di reato di guida in stato di ebbrezza, applicabile in via retroattiva grazie al rinvio alla disciplina delle misure di sicurezza operato dall’art. 186, comma 2,

289 V. Corte EDU, Welch c. Regno Unito, cit.

290 V., tra le altre, Cass., 14 giugno 2006, in Giur. it., 2007, p. 966, che ha sancito l’inapplicabilità della confisca per equivalente ex art. 640-quater c.p. a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 300/2000, che ha introdotto tale articolo; Cass., 12 dicembre 2006, in Ced., rv. 235814, relativo all’applicabilità della confisca agli enti per fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001.

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lett. c), del d.lgs. n. 285/1992 (Nuovo codice della strada), come modificato dal legislatore nel 2008291.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 196 del 2010, ha ritenuto illegittimo tale regime alla luce delle peculiarità della misura ablativa in questione, ritenuta non assimilabile al modello codicistico disciplinato dall'art. 240 c.p. e alle caratteristiche che “giustificano” l’applicazione del principio del tempus regit actum292.

Al di là delle enunciazioni relative al caso di specie, tale sentenza riveste particolare importanza nel tema dell’incidenza della nozione convenzionale di materia penale nel nostro ordinamento in ragione del fatto che, proprio in tale occasione, la Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare che «dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, formatasi in particolare sull'interpretazione degli artt. 6 e 7 della CEDU, si ricava [...] il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto». Su tali presupposti, la Corte ha poi precisato che il divieto di retroattività previsto dall'art. 25, co. 2, Cost., data l'ampiezza della sua formulazione («Nessuno può essere punito...»), può essere interpretato nel senso che ogni intervento

291 V., tra le altre, Cass., 3 aprile 2009, n. 38179, in Ced, rv. 245307. 292 Corte cost., 26 maggio 2010, n. 196, cit.

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sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione (e quindi non sia riconducibile – in senso stretto – a vere e proprie misure di sicurezza), è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato.

Si tratta, come è evidente, di enunciati di primaria rilevanza, che si armonizzano col generale principio, costantemente affermato dalla CEDU, secondo cui, per poter applicare una sanzione, la regola violata deve formare oggetto di una disposizione normativa che presenti i necessari requisiti della “prevedibilità e accessibilità”293.

La Consulta, in particolare, ha messo in luce la natura repressiva, e non meramente preventiva, dell'ipotesi in esame, riconoscendo il suo carattere “sostanzialmente penale” sulla base di diverse considerazioni: innanzitutto, il fatto che la misura può essere disposta “anche quando il veicolo dovesse risultare incidentato e temporaneamente inutilizzabile”, dimostra come la stessa prescinda dalla sussistenza di una pericolosità oggettiva; in secondo luogo, si è osservato come la sua operatività “non impedisce in sé l'impiego di altri mezzi da parte dell'imputato, dunque un rischio di recidiva” e pertanto alla stessa non

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può essere riconosciuta una finalità preventiva, bensì una funzione repressiva.

Tale presa di posizione ha avuto ancora una volta conseguenze di non poco momento sul piano intertemporale, visto che essa ha determinato l’operatività degli artt. 7 CEDU e 25 cpv. Cost., con conseguente applicazione del divieto di retroattività.

Il legislatore - dopo la decisione della Consulta e delle Sezioni unite della Cassazione che, sulla stessa linea, hanno confermato il riconoscimento della natura di “pena accessoria” alla stessa misura294 -

è tornato su tale speciale ipotesi di confisca con la l. 29 luglio 2010, n. 120, che ha qualificato espressamente la confisca per il reato di guida in stato d'ebbrezza come sanzione amministrativa (art. 224-ter C.d.S.).

La giurisprudenza interna non ha tuttavia interpretato il

revirement del legislatore in maniera del tutto univoca. In alcune

sentenze ha preso atto della natura amministrativa e ha applicato la nuova disciplina anche a fatti commessi in precedenza, riconoscendo l’esistenza di una successione di leggi con modifica favorevole cui va applicata la disciplina di cui all’art. 2, co. 4, c.p.295; altre pronunce,

294Cass., Sez. un., 18 giugno 2010, n. 23428, in DeJure, pur muovendo dall'analoga ipotesi di confisca prevista per il diverso reato di cui all'art. 186, comma 7, cod. strad., che punisce il rifiuto di sottoporsi all'accertamento alcoolimetrico.

295 Cfr. Cass.,12 luglio 2011, n. 34459, in Dir. e giust., 30 settembre 2011; Cass., 22 settembre 2010, n. 38570, in Ced., rv. 248650; Cass., 26 ottobre 2010, n. 41564,

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specialmente di merito, hanno invece affermato la natura sostanzialmente penale della confisca in questione, al di là della nuova qualificazione normativa adottata dal legislatore296.

5.4. La tormentata evoluzione della c.d. confisca urbanistica