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Il 23 aprile, Kissinger scelse l’assemblea dell’Associated Press, riunita al Wadorf Astoria a New York, per dedicare il suo primo discorso pubblico formale su un “argomento corposo”133

all’annuncio ufficiale non solo che il 1973 doveva essere l’anno dell’Europa, ma anche della volontà statunitense di consacrarlo con una seconda dichiarazione atlantica. La scelta dell’assemblea non era stata casuale; si pensava che un simposio di giornalisti costituisse l’uditorio più idoneo ad assicurare una larga risonanza all’iniziativa.134 Per Shurmann, anche la

scelta della data non era stata accidentale, ma fu determinata dall’inizio di ciò che fino a poche settimane prima sembrava un trionfale secondo mandato per Nixon, e dalla quasi contemporaneità con l’importante discorso presidenziale sull’energia, che era stato pronunciato il 18 aprile.135 Maurice Ferro riporta che il discorso sarebbe stato concepito il

mese precedente, durante una vacanza ad Acapulco.136 Non ho trovato conferme di

quest’affermazione, che contraddirrebbe la formulazione frettolosa difesa da Kissinger.

Kissinger esordì sottolineando come l’alleanza con l’Europa occidentale fosse stata “la pietra angolare di tutta la politica estera del dopoguerra”. Per tutti quei trent’anni, valori, interessi e obiettivi di Stati Uniti e Europa avevano coinciso. Quest’epoca, però, sembrava volgere a un termine. L’Europa era stata ricostruita, l’Unione Sovietica aveva raggiunto gli USA in una parità strategica, altre aree del mondo, come il Giappone, erano cresciute d’importanza, le tensioni internazionali erano diminuite ma al contempo nuovi problemi nascevano. Kissinger motivò la scelta di dichiarare il 1973 l’anno dell’Europa innanzitutto per l’atteggiamento di una nuova generazione di europei, abituati a dare per scontata la stabilità internazionale, e meno legati all’unità occidentale che l’aveva resa possibile. Le due sponde dell’Atlantico erano divise da dispute economiche e da incomprensioni e sospetti.

132 AMAE. Amerique, 1971-75. EU. 791. Relations economiques avec la France, Janvier-Decembre 1973. 28 août

1973. Crise de l’approvisionnement en produits petroliers.

133 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.151.

134 Kalb, Marvin and Kalb, Bernard. Kissinger. Little, Brown & Co., Boston 1974, p.429. 135 Schurmann, Franz. Op. cit., p.314.

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Gli europei chiedono agli Stati Uniti di accettare la loro indipendenza e le loro occasionali, severe critiche in nome dell’unità atlantica, e al contempo il potere di porre un veto sulle nostre scelte politiche indipendenti—sempre in nome dell’unità atlantica. La nostra sfida è se un’unità forgiata da una comune percezione di pericolo può trovare nuova linfa in aspirazioni positive e condivise. Se permettiamo alla partnership atlantica di atrofizzarsi, o di erodersi tramite negligenza, diattenzione o sfiducia, mettiamo a rischio quanto abbiamo conquistato, e perderemo la nostra opportunità storica per conquiste ancora più significative.

Per Kissinger, le nazioni atlantiche dovevano unirsi in un “nuovo atto creativo”, paragonabile per coraggio e immaginazione a quello che avevano compiuto negli anni Cinquanta e Sessanta. Le relazioni transatlantiche dovevano trasformarsi, diventare una forza dinamica, “meno concentrata sulle crisi e più consapevole delle opportunità”. Questo atto creativo sarebbe partito dagli approcci personali e diretti del presidente con i leader dell’Europa occidentale, e si sarebbe concluso col viaggio ufficiale del presidente in Europa nel corso dell’anno. In seguito, Kissinger avrebbe commentato a questo riguardo: “Un viaggio presidenziale durante quell’anno era entrato così fermamente della coscienza ufficiale—e propabilmente anche nell’opinione pubblica—che lo trattai come un dato di fatto”.137 Tuttavia anche questo punto

si sarebbe rivelato controverso. Inoltre l’iniziativa si sarebbe dovuta caratterizzare per un approccio onnicomprensivo. Questo costituì uno dei passaggi, e delle questioni, più problematiche dell’intero esercizio. Per Kissinger, l’ambito politico, quello militare e quello economico erano uniti indissolubilmente l’un l’altro “dalla realtà, non da una nostra scelta né dallo scopo tattico di barattare l’uno con l’altro”. Il linkage era un fattore importante della visione statunitense: “Non è giusto, corretto o saggio che gli Stati Uniti prendano decisioni sulle truppe di stanza in Europa sulla base del trattamento che il Mercato Comune riserva alla soia. Ma non c’è modo di impedire che ciò accada”.138 Gli europei, invece, cercarono

costantemente di combattere questa prospettiva, e di separare i diversi ambiti. In quest’ottica, essi spinsero sempre per avere non un’unica dichiarazione atlantica, ma dichiarazioni separate: una stipulata in ambito NATO, un’altra che interessasse i rapporti bilaterali fra Stati Uniti e paesi della comunità europea. Di fatto, gli Stati Uniti finirono giocoforza per adottare quest’approccio. Alla fine, la seconda dichiarazione non vide mai la luce (anche se si finì per trovare escamotage politici giudicati comunque soddisfacente), mentre la dichiarazione NATO finì per essere un documento debole e presto dimenticato.

L’ultimo punto del discorso di Kissinger, anch’esso violentemente contestato, e forse il punto più provocatorio dell’intero discorso, fu il sottolineare gli interessi regionali dell’Europa, contrapposti alle responsabilità globali statunitensi:

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nelle relazioni economiche, la Comunità Europea ha posto l’accento sempre di più sulla propria personalità regionale; gli Stati Uniti, al contempo, devono agire come parte e essere responsabile per un più ampio sistema commerciale e monetario[…] gli USA hanno interessi e responsabilità globali. I nostri alleati europei hanno interessi regionali.

Kissinger tentò in seguito di difendere queste affermazioni, affermando che non erano state che una descrizione della realtà, e che gli Stati Uniti anzi desideravano incoraggiare gli Europei ad assumersi maggiori responsabilità. La sensibilità di un’Europa che stava cercando con difficoltà di definire una propria identità sulla scena internazionale, però, ne fu urtata, anche se Pompidou avrebbe dichiarato: “Sarei stato scioccato se avessi affermato che non abbiamo diritto ad avere la nostra opinione, ma non hai detto questo, e noi abbiamo la nostra opinione. Riconosco però che […] i paesi europei nel complesso sono essenzialmente potenze secondarie”.139 Nel suo discorso, Kissinger sottolineò come queste due diverse prospettive

rischiassero sempre più di entrare in conflitto. Questa diversità andava gestita trovando una “cornice unificante”. Era necessario trovare un nuovo equilibrio fra interessi particolari e universali. Altri valori e obiettivi comuni, oltre alla sicurezza, andavano individuati, anche per riaffermare l’interesse dei popoli e dei parlamenti. L’integrazione europea aveva costituito l’elemento più costante della politica estera americana nel secondo dopoguerra. Ma l’Europa non aveva affiancato un’integrazione politica a quella economica, e il suo successo in questo secondo ambito aveva creato crescenti frizioni nelle relazioni transatlantiche. “Bisogna porre fine alla graduale accumulazione di dispute economiche, piccole o grandi” per dare spazio a soluzioni cooperative. L’unità europea avrebbe continuato a godere del sostegno statunitense; essa però, come sempre era stato, non costituiva un fine in sé ma “un mezzo per il rafforzamento dell’emisfero occidentale”.

Negli svariati negoziati previsti per l’anno in corso, su tutti, il Tokio round e la riforma del sistema monetario internazionale, era necessario un “superiore senso di direzione” che moderasse l’influenza degli economisti e dei gruppi d’interesse. Anche se la difesa continuava ad essere un campo di interessi esplicitamente condivisi, la dottrina della risposta flessibile, necessaria in un’epoca di parità nucleare, richiedeva un aggiornamento dell’alleanza. L’amministrazione Nixon si opponeva “in modo inflessibile” a riduzioni unilaterali del numero delle truppe, ma al contempo doveva al popolo americano una “posizione razionale sulla difesa” alla minima spesa possibile e “con costi divisi equamente”.

La distensione, e i dubbi che aveva insinuato negli europei, rendeva necessario stabilire “una chiara serie di obiettivi comuni […] un’intesa su cosa possa essere fatto insieme e sui limiti che dovremmo imporre alla portata della nostra autonomia”. Non stupisce rilevare come molti

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europei avessero letto in questa frase un desiderio di limitare soltanto la propria autonomia. Gli USA non avevano offerto molti segnali di essere disposti a limitare la loro.

Kissinger concluse affermando che l’agenda delineata non era un “prescrizione americana” ma un appello per “uno sforzo creativo comune”. Il contributo degli Stati Uniti sarebbe stato un continuo supporto all’integrazione europea, un impegno al mantenimento delle forze in Europa, il proseguimento della distensione e un impegno a non urtare mai coscientemente gli interessi degli alleati in Europa o in Asia in uno spirito di reciprocità, che includesse il burden- sharing. Inoltre, gli Stati Uniti erano pronti a collaborare nelle nuove questioni di importanza internazionale, come l’energia. Anche il Giappone andava incluso in questa impresa comune.140

Il discorso appare nel suo complesso meno rivoluzionario di quanto Kissinger stesso avrebbe sempre sostenuto. Gli elementi concreti in esso contenuti non erano affatto nuovi, fuorchè per il paradossale desiderio di associare il Giappone all’anno dell’Europa. Ciò che più colpisce, comunque, alla luce degli sviluppi successivi, è la totale assenza di riferimenti ai successivi passi concreti.

Da subito qualcosa andò storto. Se l’anno dell’Europa doveva essere una grande iniziativa diplomatica, destinata fra le altre cose anche a risollevare le sorti di un’amministrazione in difficoltà per il Watergate, i segnali in risposta furono immediatamente negativi. Lo stesso Kissinger, d’altrondo, riconosce che la tempistica del suo discorso si dimostrò “disastrosa”.141

Il giorno successivo, solo il Washington Post dedicò la prima pagina all’anno dell’Europa, mentre gli altri quotidiani si concentrarono tutti sui pochi commenti che i giornalisti erano riusciti a strappare a Kissinger riguardo al Watergate, dimostrando quanto poco opportuna fosse stata la tempistica del discorso. Alle dimissioni di Ehrlichman e Haldeman non mancava che una settimana. Il New York Times, comunque, pubblicò per intero il testo del discorso. Sulzt sostiene che questo quotidiano sia stato l’unica voce influente a prestare attenzione all’evento.142

A proposito di questo, Kissinger disse:

Pensai di aver fatto un discorso importante sull’Europa. Ma durante il question time, mi furono poste circa dieci domande sul Watergate, così risposi nel contesto della politica estera. Quando chiesi compassione tutto ciò che dissi fu che era una terribile tragedia umana, per questi uomini all’apice delle proprie carriere. Non intendevo che dovessero essere impuniti.143

139 NARA, NPM, NSC files, Subject Files, Europe, box 56. May 18, 1973. Memorandum of conversation.

140 New York Times. April 24, 1973. Text of Kissinger’s speech at A.P. meeting 141 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.153.

142 Sultz, Tad, Op. cit., p.691.

143 NARA NPM NSC Files. Presidential/HAK MEMCONS. Box 1027. April 25, 1973. Memorandum of

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La reazione degli europei fu ancora più fredda. Secondo Howard, il “condiscendente” tentativo di Kissinger di placare gli europei dichiarando il 1973 l’anno dell’Europa rese solo le cose più difficili.144 Si può forse affermare che, in un momento diverso, Nixon avrebbe deciso

di abbandonare un’idea da subito accolta con tanta freddezza, e che invece continuò a perseguirla, accettando infine come risultato una dichiarazione NATO assai inconsistente, perché i successi in politica estera erano l’unica cosa a cui l’amministrazione potesse aggrapparsi. Questa visione è avvallata dallo stesso Kissinger: “Già a maggio le dimonstrazioni dell’indifferenza europea probabilmente avrebbero dovuto spingerci a posporre la nostra iniziativa […] Ma il Watergate ci rese più tenaci che prudenti”.145 Rispetto al Watergate, gli europei in realtà decisero di adottare un atteggiamento piuttosto attento. Raramente lo scandalo venne menzionato negli incontri bilaterali. Il 4 maggio Cromer scrisse a Heath che, almeno in parte, il discorso del 23 aprile aveva costituito una modesta diversione dallo scandalo. Da tempo il presidente citava la politica estera come giustificazione per tornare a “questioni più importanti”, sebbene questi richiami non fossero ben accolti né dai suoi sostenitori né dai suoi critici. In effetti proprio questi richiami rendevano ancora più “pericolosa” l’ipotesi che le sue strategie in politica estera potessero fallire; pertanto le sue iniziative meritavano una risposta “simpatetica”.146 Heath suggerì a Cromer di evitare di dichiarare un pubblico qualunque cosa riguardo alle “sue difficoltà pubbliche”.147

I segnali che l’anno dell’Europa non avrebbe replicato i successi di Marshall (parallelo forse azzardato, ma che Kissinger avrebbe continuato a proporre per molto tempo) non si fecero aspettare. Molteplici sono le cause del gelo con cui gli alleati accolsero il discorso; molti indicano in primo luogo la sorpresa. È senz’altro vero che il peculiare stile diplomatico di Kissinger al contempo scavalcava il dipartimento di Stato, che sicuramente avrebbe moderato il linguaggio del discorso, evitando gaffes come il riferimento al ruolo meramente regionale dell’Europa, e prediligeva i contatti diretti con le massime personalità delle altre nazioni, ridimensionando la portata dei continui scambi a livello più basso che da tempo contraddistinguevano le relazioni transatlantiche e che su di loro avevano un indubbio effetto positivo. Non è chiaro chi, all’interno nel NSC, fosse al corrente del contenuto preciso del discorso, e le consultazioni in merito all’interno dell’amministrazione furono proibite, anche per il timore che la notizia trapelasse. Il segretario di stato Rogers tenne un discorso a New

144 Howard, Micael. An Unhappy Successful Marriage. “Foreign Affairs”, Vol.78 No.3, May/June 1999, p.170. 145 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.162.

146 UK NA. FCO 82/307, AMU 3/548/14 The visit of Henry Kissinger to the UK part A. May 4, 1973. Letter

from Cromer to Heath.

147 UK NA. FCO 82/307, AMU 3/548/14 The visit of Henry Kissinger to the UK part A. May 11, 1973. Letter

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York lo stesso giorno, completamente all’oscuro dell’iniziativa di Kissinger. Per Kohl, “Il modo chiuso e segreto in cui fu formulata quest’iniziativa aiuta a spiegare alcuni degli errori tattici commessi”.148 Come già sottolineato, però, ai massimi vertici, l’anno dell’Europa era

stato comunicato. Se è vero che un’iniziativa di questo tipo avrebbe avuto bisogno di consultazioni più ampie, che coinvolgessero magari anche le istituzioni comunitarie, la sorpresa non può spiegare completamente il gelo che seguì il suo annuncio.

In effetti il principale problema dell’anno dell’Europa furono i consistenti errori tattici: la mancanza di consultazioni preliminari con l’altra metà dell’auspicata partnership, ma anche i passaggi più rozzi del discorso. L’anno dell’Europa fallì “per motivi procedurali almeno quanto che per questioni sostanziali”.149 Queste ultime, comunque, esistevano; in primo luogo, l’atteggiamento ambiguo dell’amministrazione Nixon nei confronti dell’Europa. Molti ritengono che a condannare l’anno dell’Europa a una fine dimessa siano state le divergenze innescate dalla guerra di ottobre e dalla crisi petrolifera. Ritengo invece che esso avesse dall’inizio poche possibilità di portare a risultati concreti, poiché era minato dall’interno da tutte le contraddizioni inerenti la posizione dell’amministrazione Nixon rispetto all’integrazione europea che avrebbe rivelato con chiarezza. Sebbene le relazioni transatlantiche possano essere descritte come una crisi continua, come si è detto, all’inizio degli anni Settanta, e in particolare nel cruciale anno 1973, molti problemi si erano coaugulati insieme.

Secondo Schaetzel, per coloro i quali avrebbero assunto un atteggiamento positivo rispetto al discorso, “la vaghezza del discorso, ma anche delle politiche americane, potevano costituire un vantaggio. Essa permetteva all’Europa piena libertà di sviluppare la questione secondo i suoi desideri e le sue capacità, prima di future discussioni con gli USA.”. Egli giudica però il discorso del 23 aprile un modo di lanciare l’anno dell’Europa “in modo inetto e con rara insensibilità”. In generale, il discorso venne accolto senza calore perché era stato scritto in fretta e concepito senza attenzione. Eppure molti sospetti permanevano. “La pura ambiguità del discorso permetto a Washington una scelta di opzioni a trecentosessanta gradi”.150

148 Kohl, Wilfrid The Nixon-Kissinger Foreign Policy System and U.S.-European Relations: Patterns of Policy Making.

“World Politics”, vol. 28 no.1, October 1975, p.19.

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