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Nel suo primo mandato, l’amministrazione Nixon aveva spinto per un nuovo round di negoziati commerciali internazionali. Nel perseguire questo scopo, i toni usati erano spesso ambigui: il tradizionale liberalismo si mescolava a un nazionalismo economico e all’idea che gli altri paesi avrebbero dovuto fare maggiori concessioni agli Stati Uniti. La Comunità europea, al contrario, temeva che l’iniziativa statunitense celasse intenzioni bellicose verso il sistema di accordi preferenziali e la CAP. “Consci degli umori nazionalistici negli USA, gli europei temevano che la loro dipendenza da Washington per la difesa sarebbe stata usata per estorcere loro concessioni commerciali”.112 In ogni caso, nonostante numerose difficoltò, la CEE riuscì ad elaborare una posizione comune con cui gli stati membri e la commissione si sarebbero recati a Tokio. Gli Stati Uniti, al contrario, si trovavano nella paradossale situazione di non poter negoziare seriamente, poiché il Congresso non avrebbe potuto dare in tempo al presidente il mandato negoziale.

Per Szulc, la principale motivazione dell’anno dell’Europa era di ordine economico. Le misure del 1971 non avevano risolto gli squilibri commerciali fra Europa e Stati Uniti, né le correlate distorsioni finanziarie. La riforma monetaria internazionale languiva. La situazione si stava

110 UK NA PREM 15 1540. S 1856. 1970/1973 Foreign Policy. March 16, 1973 Telegram from Brussels to FCO.

EPC: Ministerial meeting: US/European relations. Si veda anche AMAE Communautés Europeennes Cooperation

Politique. Relations avec les Etats Unis 1972-1973. 20 mars 1973. Reunion ministerielle de la Cooperation Politique, Bruxelles.

111 “La Stampa”, 12/4/73. Intervista a Giuseppe Petrilli

112 MUDD Library- Princeton. Council on Foreign Relations Study Groups Records. BOX 88 1973-1987 Folder

4, Trade (CIRG), 1973-1974 Backgorund Paper, CIRG on International Trade, Annotated Agenda for Meeting of January 7, 1974.

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deteriorando. Il 12 febbraio, Schultz annunciò una svalutazione del 10% del dollaro, che non fu una sorpresa, ma portò al 20% la svalutazione subita dalla moneta americana in soli quattordici mesi.113

Gli europei, comunque, ritenevano che i negoziati internazionali avrebbero dovuto avere per oggetto le questioni monetarie. In effetti i problemi legati all’iniziativa atlantica si intrecciarono con quelli scaturiti da una nuova crisi monetaria. L’ingresso inglese nella Comunità aveva alimentato le speranza che l’Europa potesse trovare una voce unica per affrontare le questioni internazionali, ma questa crisi appannò tali speranze, tanto più perché toccava un settore cruciale per i prossimi passi verso l’integrazione. A Londra era diffuso il timore che, se la sterlina non fosse rientrata nel serpente monetario, la Francia avrebbe bloccato ogni altro sviluppo comunitario. Il serpente monetario era stato creato per facilitare l’obiettivo a lungo termine dell’unificazione monetaria; eppure esso aveva prodotto tali difficoltà da far temere a molti di avere invece ritardato tale obiettivo.114 Sulla fluttuazione delle valute in se stessa, gli

americani erano piuttosto neutri. Un’analisi confidenziale sottolinea come nel breve termine non ci sarebbero stati effetti rilevanti per la bilancia dei pagamenti statunitense, che nel lungo periodo il serpente avrebbe potuto portare a un miglior funzionamento dell’economia internazionale, e che nel caso si fosse persuasi che questo non fosse il miglior modo per ottenere questo scopo, gli Stati Uniti allora avrebbero dovuto premere con molta più convinzione per un modo alternativo di riformare il sistema monetario internazionale, contrapponendo alla flessibilità dei tassi di cambio il rafforzamento del FMI ed un ritorno a un sistema di valute fisse.115 Durante il mese di febbraio, il dollaro venne finalmente svalutato.

Gli Stati Uniti non fecero nulla per sostenere il prezzo del dollaro, sebbene Arthur Burns, presidente della Federal Reserve, avvertì che un’omissione nell’offrirci di intervenire sarebbe interpretata in Europa come un abdicare alle nostra responsabilità di leadership. “L’urgenza di occuparsi della crisi è direttamente correlata al bisogno di […] mantenere e rafforzare il nostro legame di amicizia e solidarietà con i nostri alleati”.116 Anche in questo frangente, gli europei desideravano trovare una soluzione che non andasse a detrimento dell’unità comunitaria. A Heath e Brandt, Nixon scrisse il 3 marzo:

113 Szulc, Tad. The Illusion of Peace. Foreign Policy in the Nixon Years. The Viking Press, New York 1978, p.689.

114 GFL Arthur F. Burns Papers, 1969-78. Federal Reserve Board Subject File: Group of Ten Ministers Meeting

with EEC, Mar.9-10, 1973: General (2), BOX B55 Board of Governors of the Federal Reserve System. Office correspondence. To Mr.. Bryant from Helen Juntz, February 28, 1973: a Joint E.E.C. Float in the real world.

115 GFL Arthur F. Burns Papers, 1969-78. Federal Reserve Board Subject File: Group of Ten Ministers Meeting

with EEC, Mar.9-10, 1973: General (2), BOX B55 March 2 1973. Implications for U.S. interests of a Joint float by the EEC.

116 GFL Arthur F. Burns Papers, 1969-78. Federal Reserve Board Subject File: Group of Ten Ministers Meeting

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non possiamo accettare l’idea che il solo criterio da considerare nell’avanzare una soluzione è se questa contribuisca al rafforzamento dell’integrazione europea. Come sai, e penso tu sia d’accordo con me, nel sostenere l’integrazione europea l’abbiamo sempre guardata come un passo verso una partnership atlantica[…] ogni proposta per gestire la crisi monetaria attuale pul essere avanzata soltanto sulla base di piene consultazioni con i paesi i cui interessi sono coinvolti.117

Appartentemente dimentico dell’unilateralismo che aveva contraddistinto le proprie cruciali decisioni nel 1971, Nixon sollecitava gli europei a consultarsi con Stati Uniti e Giappone. Il 9 marzo 1973, a Parigi, il gruppo G-10 dei paesi maggiormente industrializzati, insieme agli altri paesi membri CE, riconobbero a malincuore che Bretton Woods aveva esalato l’ultimo respiro. L’Europa era stata messa nuovamente di fronte al fatto compiuto. Secondo Gilbert:

Sebbene la responsabilità per questo stato delle cose non potesse essere attribuita interamente alle decisioni dell’amministrazione Nixon(c’erano ampie disparità all’interno della CE a livello di performance economica e contenimento dell’inflazione), non c’è dubbio che la mancanza di volontà da parte del governo statunitense di difendere il regime commerciale e monetario che gli USA avevano imposto al resto del mondo industrializzato scosse la posizione americana e ebbe conseguenti esiti politici. L’Europa non era tenuta ad obbedire a un egemone in declino.118

Nella notte fra il 5 e il 6 marzo i ministri della comunità si riunirono, ma non riuscirono ad accordarsi, e decisero di posporre ogni decisione definitiva sulla crisi monetaria fino al week- end successivo. Dopo sette ore di discussione, rilasciarono una breve dichiarazione. In essa, si sosteneva che la crisi non fosse giustificata dalle relazioni esistenti fra tassi di cambio, ma fosse stata causata da sfiducia speculativa; che le proposte avanzate dalla commissione (fluttuazione congiunta, condivisione delle riserve e controlli dei capitali a livello comunitario) formassero una “base adeguata per definire una posizione comune”; ma soprattutto che la comunità voleva che il problema venisse discusso a livello internazionale. REUTER riportò questo commento di D’Estaing: “Anche gli USA si devono assumere le proprie responsabilità nella crisi attuale”.119

Al contempo però i nove diedero misera prova delle loro intenzioni di affrontare la crisi compatti. Il desiderio europeo di trovare una soluzione comune venne contraddetto quando l’inviato del ministero del Tesoro US, Paul A. Volcker, incontrò i ministri delle finanze

117 NARA. RG 59. Kissinger office files, Europe, box 73. March 3, 1973. Letter from Nixon to Heath and

Brandt.

118 Gilbert, Mark. Gli anni Settanta: un decennio di tensione e disattenzione nelle relazioni transatlantiche. In Del Pero, Mario

e Romero, Federico (a cura di). Le crisi transatlantiche. Continuità e trasformazione. Edizioni di storia e letteratura, Roma 2007, p.64.

119 GFL. Arthur F. Burns Papers, 1969-78. Federal Reserve Board Subject File: Group of Ten Ministers Meeting

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Giscard D’Estaing, Barber e Schmidt per parlare della svalutazione del dollaro, senza emissari della comunità. Quando la notizia di questo incontro trapelò, le alte proteste del ministro italiano Malagodi gli fecero ottenere un invito ai colloqui, che però non venne allargato agli altri sei. Il consiglio dei ministri delle finanze si era riunito solo dopo che l’Italia, senza alcuna consultazione preventiva, aveva annunciato la sua decisione di lasciare fluttuare la lira. Il Wall Street Journal commentò: “I ministri della CEE non si sono incontrati nemmeno una volta durante la crisi. E quando hanno deciso di farlo, per il necrologio, la cosa più sostanziale che sono riusciti a concordare è stato di porre scadenze anticipate per i rapporti—non necessariamente per provvedimenti—su alcune questioni monetarie pendenti da tempo”.120 “È

possibile che l’Europa trasformerà lo scompiglio causato dalla svalutazione del dollaro in una forza positiva e unificatrice, ma per questo dovrà superare ostacoli formidabili di interessi particolari e sospetti nazionalisti”.121 La crisi monetaria ebbe un grave impatto sulle posizioni

europee. Brandt, che da tempo sottolineava con vigore la necessità di migliorare le relazioni transatlantiche, e che aveva accolto con grande preoccupazione la notizia che il viaggio di Nixon in Europa era stato rimandato, fu spinto da essa a accordare priorità alla concertazione europea sulle questioni monetarie.122

Il 19 marzo Pompidou affermò che, se la Gran Bretagna non fosse rientrata nel serpente monetario, non sarebbero stati possibili ulteriori progressi verso l’unione economica e monetaria.123 Tuttavia la Gran Bretagna non ritenne possibile l’ingresso nel serpente. La

situazione economica britannica, caratterizzata da problemi nella bilancia dei pagamenti e da un tasso di inflazione piuttosto elevato, era piuttosto negativa e rischiava di mettere in discussione la sua influenza politica nella Comunità.124

Per Emilio Colombo, gli amerciani avevano mostrato a più riprese, come nelle recenti “manovre monetarie”, la loro volontà di bloccare l’integrazione europea. Per Kleiman, Washington era passata dalla “cold war” alla “gold war”.125 I mercati di cambio continuarono a

mostrare grande agitazione durante l’estate.126 La crisi monetaria era stata causata

prevalentemente dalla struttura creditizia statunitense e da un dollaro in ribasso, fattori che perduravano.127

120 Wall Street Journal, February 2, 1973. A Setback for European Unity. 121 Ibidem.

122 AMAE. Affairs Etrangeres. Europe. RFA. Politique exterieure. Relations de la RFA avec les EU- 1971-1973.

6-23-5, 2986

123 DPBO, series III, vol. 4. PREM 15, 14/60. March 20, 1973. UKTEL Brussels Telegram 1512, e March 20,

1973. UKTEL Brussels Telegram 1513.

124 DPBO, series III, vol. 4. Introduction, p.8. 125 Kleiman, Robert. Atlantic Evolution, cit.

126 AMAE. Affairs Etrangers. Amerique 1971-1975. Etats Unis. 798. 6 juillet 1973. Reactions americaines devant la

baisse du dollar.

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L’inflazione era un’altra preoccupazione fondamentale. Essa salì regolarmente per tutto il 1973, a causa da un lato delle fluttuazioni monetarie e dei riflessi dell’antecedente politica creditizia, e dall’altro della crescita dei pezzi delle materie prime. Ciò emerse in maniera drammatica per i generi alimentari. Il prezzo dei prodotti agricoli all’ingrosso era cresciuto del 49,2% durante il solo mese di maggio. Il presidente del comitato dei consiglieri economici della Casa Bianca si rifiutava di vedere una correlazione fra l’aumento dei prezzi e la fase III. Kosciusko Morizet riportò che Shultz, e altri membri del Tesoro americano restavano a suo avviso “incrollabilmente attaccati allo statu quo”, convinti di una situazione dell’economia americana sana, al di là delle congiunture, e timorosi che interventi troppo radicali potessero affrettare la recessione prevista per l’inizio del 1974. Al contrario, Burns, Connally e Laird erano favorevoli a un intervento. Nixon, a sua volta , si dichiarava nemico numero uno dell’inflazione, ma appariva indeciso fra i due fronti. Tuttavia, una qualche misura tesa a controllare i prezzi agricoli pareva probabile. 128

“All’improvviso, il cibo stava diventando scarso”.129 La soia è un esempio particolarmente

calzante. Un raccolto particolarmente povero spinse il governo statunitense il 2 luglio a limitare del 50% le esportazioni di soia, che era però di vitale importanza per gli allevamenti europei, e ancor di più per quelli francesi, largamente dipendenti dalle importazioni dall’America. La preoccupazione delle autorità, più che la restrizione delle esportazioni, era, da un lato, di reintrodurre una certa disciplina nel mercato e, dall’altro, di lottare contro l’innalzamento dei prezzi. Anche se furono addolcite nell’agosto 1973 e sospese in ottobre, le restrizioni alle esportazioni durante l’estate suonarono come una dichiarazione di guerra da parte dell’America, o almeno come “una cinica dimonstrazione di una dominazione economica che permetteva ogni tipo di estorsione”.130 Il problema della soia ebbe drammatici

riflessi sui già tesi negoziati GATT in preparazione del Tokyo Round. In effetti Kosciusko Morizet affermò che l’amministrazione non nascose di aver tolto le misure restrittive proprio per evitare una posizione imbarazzante a Tokio.131

I problemi di approvvigionamento facevano temere che essi non si sarebbero limitati ai prodotti alimentari, ma avrebbero potuto interessare anche altre materie prime, come il petrolio. La questione verrà approfondita in un capitolo a parte; basti menzionare il fatto che, negli Stati Uniti, la regolamentazione del controllo dei prezzi dei prodotti petroliferi suscitava

128 AMAE Washington, 9/6/73 hesitations de l’administration sur les mesures à prendre pour lutter contre

l’inflation

129 Gardner, Richard. Sterling-Dollar Diplomacy: The Origins and Prospects of Our International Economic Order. Columbia

University Press, New York 1969.

130 Grosser, Alfred. The Western Alliance. European-American Relations since 1945. Continuum, New York 1980.,

p.272.

131 AMAE. Amerique 1971-75. Etats Unis 791.Relations economiques avec la France- Janvier-decembre 1973. 8

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uno scontento crescente. Lo “zar del petrolio”, Love, veniva accusato di prestare un orecchio troppo compiacente alle grandi compagnie, mentre la Casa Bianca fu incolpata di voler scaricare sugli ambientalisti la responsabilità di un’eventuale crisi.132