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La palla in campo europeo Un’estate difficoltosa.

1.6 La palla in campo europeo. Un’estate difficoltosa.

La CPE non aveva una struttura legale, ad esclusione del testo del comunicato emesso dal vertice dell’Aja il 2 dicembre 1969. Tutti i precedenti tentativi di cooperazione sul terreno della “high politics” erano falliti, così in quell’occasione ci si posero obiettivi moderati, prevalentemente tesi ad una consultazione e all’azione comune solo quando possibile. Nuttal la definisce un “private club”, e sottolinea come il rapporto di Lussemburgo fosse stato redatto in modo da evitare le faglie in cui era inciampato il comitato Fouchet, in particolare, la Comunità doveva essere tenuta a distanza.341 Allen e Wallace ne danno una definizione di

“reductio ad absurdum” del principio del minimo comun denominatore così diffuso nell’integrazione europea. La CPE soffriva del suo equivoco rapporto con il maldefinito concetto di unione politica.342 La sua principale debolezza derivava dalla sua natura chiusa,

riservata- alle riunioni preparatorie del COREPER vigeva ad esempio un “veto totale contro ogni comunicazione scritta”.343 Quest’aspetto andava a detrimento della legittimità delle sue

decisioni. Inoltre, essa venne spesso accusata di limitarsi ad una diplomazia dichiaratoria. D’altro canto, non solo i paesi membri trattarono sempre gli accordi presi come vincolanti; il suo funzionamento, libero dalla perpetua minaccia del veto, fece sì che essi facessero sforzi genuini per armonizzare le proprie posizioni. L’estrema riservatezza dei procedimenti della CPE hanno a lungo reso difficile valutare il rapporto fra i mutamenti interni ai paesi membri e l’avvicinamento degli stessi all’interno della CPE. L’apertura degli archivi nazionali tuttavia hanno gettato nuova luce sul modo in cui i flussi di informazione continui spesso creassero un “riflesso di coordinamento”, grazie al quale non di rado fu possibile ottenere un reale avvicinamento delle posizioni. La CPE diede buoni risultati rispetto al ruolo esterno. I nove sempre più considerati come un tutt’uno.344 Anche se la conduzione del dialogo transatlantico,

o meglio il suo stallo, non può forse essere considerato uno dei successi della CPE, di certo esso fece molto nel far crescere, a livello interno ed esterno, l’immagine di una Comunità sempre più vicina a parlare con una voce sola.

Anche se l’immagine prevalente è che Parigi si sia impegnata duramente per portare gli altri europei più vicini alle proprie posizioni, per Hoffmann all’interno del Mercato Comune essa non aveva grandi difficoltà a riunire gli europei contro gli USA, poiché “la lunga lista di

341 Nuttal, Simon J. European Political Co-operation. Clarendon Press, Oxford 1992, p.12.

342 Allen, David e Wallace, William. La CPE: la storia di ieri e di oggi. In Bonvicini, Gianni (a cura di). La politica

estera dell’Europa. Autonomia o dipendenza? Istituto Affari Internazionali, Roma 1980, pp.33-45.

343 ASC. KM 83. Lettera a Emile Noel, 11 dicembre 1973.

344 Wessels, Wolfgang. La Cooperazione Politica Europea, un nuovo approccio alla politica estera dei Nove. In Bonvicini,

Gianni (a cura di). La politica estera dell’Europa. Autonomia o dipendenza? Istituto Affari Internazionali, Roma 1980, pp.11-32.

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richieste e lamentele americane rispetto all’agricoltura, alle preferenze commerciali e alle procedure decisionale della CEE costituivano un attacco alle fondamenta stesse dell’edificio europeo che in se stesso generava ostilità nei membri della Comunità”.345

L’incontro dei ministri degli esteri del 6 giugno pose fine alla fase di consultazioni bilaterali. Gli europei decisero allora di dover trovare una posizione comune prima di poter cominciare un processo negoziale con gli Stati Uniti, e passarono l’estate a elaborarla. Nel frattempo solo il paese alla presidenza di turno, la Danimarca, era autorizzata comunicare i progressi fatti in quest’ambito agli americani, che erano sempre più perplessi e irritati. Kissinger dichiarò di essere:

preoccupato del comportamento europeo rispetto alla nostra iniziativa […] Pensavamo di fare una proposta quasi completamente nell’esclusivo interesse dell’Europa. Ora siamo accusati di egemonia, di ricattare l’Europa nell’ambito della difesa, e di altri simili obiettivi. […] Sento che, se non riusciremo a risolvere queste problematiche, potremmo arrivare ad una catastrofe […] Vogliamo un successo simbolico per resistere alle pressioni per lo scontro[…] Siamo tentati di far cadere l’intera iniziativa e lasciare che l’Europa veda con chiarezza la propria posizione.346

Questo periodo di riflessione esclusivamente europeo si sarebbe chiuso alla fine di settembre, quando la discussione tornò ad aprirsi agli americani e la tensione si stemperò. Tuttavia quell’estate pesò molto nel determinare i futuri atteggiamenti di Kissinger rispetto all’Europa. Essere stato tagliato fuori dal canale confidenziale di tutti gli europei, compresi i britannici, minò molto le buone disposizioni che aveva potuto nutrire rispetto all’Europa.

La riunione del 5 giugno, in Lussemburgo, dei ministri degli esteri fu quasi interamente dedicata all’esame delle relazioni transatlantiche. Van Eslande dichiarò con forza che l’Europa non avrebbe tenuto fede alle proprie respondabilità se non avesse almeno tentato di trovare una posizione rispetto agli USA. Fu Jobert a dominare l’incontro, ponendo il veto alla partecipazione di Ortoli alle discussioni, e negando che la Francia avesse mai dato il proprio consenso a incontri multilaterali con gli americani. Jobert affermò che la Francia era “estremamente aperta” a discutere delle iniziative americane, e intenzionata a che i nove vi dessero risposte “che avessero fattori comuni”, secondo linee “il più simili possibile”. Proiettando il suo punto di vista sugli americani, egli sostenne che gli USA non desideravano un summit, ma solo visitare alcuni paesi, la NATO, e forse i presidenti di Commissione e Consiglio. La sola preparazione necessaria erano altri due o tre incontri dei ministri, nelle cui

345 Hoffmann, Stanley. Op. cit.

346 NARA NPMP. NSC country files. HAK Office files. Country files- Europe- General. Box 54 Year of Europe

Memcons (originals) 1973 NATO, EC, OECD. Memorandum of Conversation, July 27, 1973. Meeting of Henry Kissinger with Emile van Lennep.

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mani la questione andava mantenuta, durante l’estate. Anche se negoziati multilaterali con gli americani erano da evitare, Jobert era a favore di discussioni multilaterali a livello europeo in merito a quest’importante questione “che era però un problema come gli altri”. Douglas Home ritorse che era assai improbabile che i ministri riuscissero a vedersi ancora così tante volte durante l’estate, e propose di seguire l’esempio delle preparazioni alla CSCE, incaricando i direttori politici di “portare avanti le discussioni”. Scheel invitò con forza i suoi colleghi a approvare una preparazione comune all’invito statunitense tramite la formazione di un gruppo ad hoc composto dai direttori politici e da rappresentanti della commissione, affermando che con gli Stati Uniti ci sarebbero dovuti essere “contatti e dialogo costanti”. Douglas Home, che insistette sulla necessità di “ottenere qualche risultato da questa riunione” e Medici sostennero con forza questa proposta. Il primo ministro inglese in particolare sottolineò come sarebbe stato paradossale se Ortoli avesse incontrato Nixon senza aver partecipato alle discussioni preliminari a un tale incontro. Van Eslande, che presiedeva l’incontro, tentò di fare una sintesi delle posizioni. Affermò che l’opposizione al linkage o “globalisation”, era condivisa da tutti, così come l’appoggio a un dialogo aperto con gli Stati Uniti. Lo scambio di vedute appena avvenuto era di grande importanza per tutti e sarebbe proseguito durante l’incontro di luglio. Questa sintesi, seppure piuttosto neutra, non soddisfò Jobert, che sostenne di doverci “pensare su”, per poi aggiungere che non ci doveva essere una competizione rispetto a chi fosse il “più europeo”. Tutti, infatti, di tanto in tanto avevano commesso qualche “peccato” a riguardo. I ministri discussero in seguito la bozza del secondo rapporto sulla CPE e approvarono un testo, in cui si sottolineava l’importanza, per l’Europa, di affermare la propria personalità e di trovare il suo posto sulla scena mondiale in quanto entità distinta. Inoltre essi incaricarono i direttori politici di predisporre, per la riunione successiva, un elenco di questioni che avrebbero potuto essere affrontare in un dialogo con gli Stati Uniti. Scheel comunicò agli altri ministri che avrebbe interpretato le decisioni prese come un diritto per ogni delegazione di associare i propri rappresentanti permanenti alla Comunità ai lavori dei direttori politici.347 I britannici si dichiararono soddisfatti del testo approvato, fuorchè per quanto riguardava i rapporti fra la CPE e la CEE, rispetto ai quali il veto francese aveva impedito di cercare qualche meccanismo pratico per rafforzarli.348

L’ambasciata americana a Bonn riferì, grazie a una fonte definita “affidabile”, che la riunione era andata “male”. Venne descritto, correttamente, un Jobert isolato nel porre il veto alla partecipazione della commissione, e nell’opporsi a un summit atlantico (perché non sarebbe

347 AMAE 9_5_3 Relations des EU avec l’Europe Occidentale mai-decembre 1973 29/6/73 Cooperation Pol.

Reunion comitè politique des 5 et 6 juillet à Helsinki. Anche UK NA Telegram Douglas Home to Paris, June 6, 1973, Ministerial political cooperation meeting: European/American relations.

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stato saggio per gli europei “accalcarsi intorno a Nixon”) e a una preparazione multilaterale alla visita di Nixon in Europa. Inoltre, in quell’occasione Jobert riportò il proprio resoconto dell’incontro di Rejkjavik, in contraddizione con quello fornito dagli americani. La performance di Jobert aveva attratto “considerevole risentimento da parte degli altri otto ministri degli esteri, pronti a proseguire col dialogo euroamericano”. La fonte tedesca riportò che i ministri si erano sentiti piuttosto offesi dall’atteggiamento di Jobert.349 Anche Puaux riferì

di aver trovato la riunione “difficile e spiacevole”. La Francia non riusciva a capire “perché questo debba essere l’anno dell’Europa americano, o quale sia la fretta nel rispondere al discorso di Kissinger”. L’Europa non doveva consentire di venire “divorata” dagli Stati Uniti, né doveva accettare quest’operazione disegnata da Kissinger allo scopo di farli “ritornare alla disciplina atlantica”. Rispetto alle procedure, il rifiuto della creazione di un gruppo ad hoc per lavorare su una posizione comune in merito alle relazioni transatlantiche era motivato dall’opposizione al linkage (un tale gruppo avrebbe finito per occuparsi di tutte le questioni insieme) ma soprattutto dal fatto che esso avrebbe “mescolato la cooperazione politica con gli affari della comunità”. Mentre molti paesi membri desideravano che fra i due settori ci fosse quantomeno una maggiore facilità di scambio, la Francia riteneva imperativo mantenerli rigidamente separati. Alla replica di Ewart Biggs, che “anche se fosse stato vero che il lupo americano voleva divorare gli agnelli europei, di sicuro lo avrebbe fatto più facilmente uno a uno che se fossero rimasti tutti insieme”, Puaux replicò che una posizione comune non c’era. Parigi aveva sempre di più l’impressione di essere la sola a dire “no” agli americani.350 A

Kissinger, Jobert l’8 giugno avrebbe invece spiegato il suo atteggiamento alla riunione in Lussemburgo come una “tattica difensiva contro ciò che temeva fosse un tentativo di trascinare prematuramente la Francia in una concertazione politica”. Alcuni europei avrebbero usato il resoconto americano del summit di Rekyavik per mobilitare gli otto contro la Francia, che stava invece tentando di sviluppare una posizione comune europea, voleva andare al cuore delle questioni, e non era preparata a fermarsi di fronte a questioni di carattere procedurale.351 Soames avrebbe espresso la preoccupazione della commissione rispetto al modo in cui le relazioni transatlantiche venivano affrontate: egli pensava che l’Europa non stesse riuscendo ad affrontare questo problema “in quanto Europa”.352

348 UK NA PREM 15 1542. S 1855. 1973 foreign policy. June 6, 1973. Telegram from Pallister to FCO. Second

report on EPC.

349 NARA NPM. RG 59. Records of Henry A.Kissinger box 4. June 6, 1973. Telegram from American embassy

Bonn to secretary of state. US/European relations: EC-9 quarterly political ministerial.

350 UK NA CAB 164/1233 THE UNITED STATES AND EUROPE (Sir Burke Trend’s meetings) GEN 161.

5A 353. June 7, 1973, Telegram, from Paris (Tomkins) to FCO. Ministerial political cooperation meeting:

European/American relations.

351 UK NA. CAB 164/1233 THE UNITED STATES AND EUROPE (Sir Burke Trend’s meetings) GEN 161.

5A 353. June 10, 1973. Telegram from Kissinger to Burke Trend.

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Il giorno successivo la commissione politica del segretariato generale della Commissione si riunì a Strasburgo per ricevere il resoconto di Van Eslande sui lavori ministeriali alla presenza di Ortoli. L’armonizzazione delle posizioni dei Nove riguardo alle relazioni con gli Stati Uniti sarebbe proseguita nella riunione di luglio, in cui si sarebbero occupati anche del viaggio di Nixon e di questioni procedurali. La commissione venne rassicurata sul suo coinvolgimento quando sarebbero state toccate questioni di sua competenza. La laconicità di Van Eslande su questo punto suscitò malcontento fra i presenti, che avrebbero desiderato un coinvolgimento della commissione in tutte le fasi della questione.353 La divergenza sulla commissione divideva

drasticamente Londra e Parigi. Secondo i francesi, per i britannici, la commissione “non è concepita come la coscienza dell’Europa e neppure come la guardiana dei trattati: non è che una prima camera di arbitraggio per gli interessi nazionali”.354

La riunione ministeriale spinse Douglas Home a scrivere a Cromer per avere un suo giudizio sulla situazione. In Europa, emergeva in modo sempre più chiaro come un’interpretazione negativa delle intenzioni statunitensi fosse “piuttosto diffusa”. In Francia, essa era esasperata al punto tale da spingere Parigi ad opporsi a un approccio comune europeo alle relazioni transatlantiche, mentre all’interno dei singoli paesi, i dipartimenti economici opponevano resistenza ad essere coinvolti in negoziati che ritenevano li avrebbero esposti a forti pressioni per fare concessioni. L’invito di Kissinger a interpretare il linkage come un mezzo per imporre “limiti” alla condotta di negoziati economici era visto in Europa come implicare dei limiti solo da parte europea. D’altrocanto, in Europa le posizioni in preparazione per il Nixon round erano estremamente attente alle esigenze statunitensi. Douglas Home chiedeva dunque al suo ambasciatore quanto bisognasse prendere sul serio gli avvertimenti di Kissinger riguardo a possibili gravi conseguenze. E ancora, il presidente condivideva l’approccio di Kissinger? Stava diventando evidente che, anche se Londra avesse deciso di prendersi la responsabilità di organizzare una risposta comune europea, non avrebbe automaticamente ottenuto il sostegno dei suoi partner, incorrendo comunque nel rischio di un veto francese e di un peggioramento delle relazioni con Parigi.355

Cromer rispose con un telegramma dettagliato e rigoroso, piuttosto positivo nei confronti di Kissinger, definito “una persona troppo seria per permettere che le sue scelte politiche siano plasmate dall’ambizione personale”. Posto che il Watergate avrebbe potuto riservare altri colpi,

353 ASC, EN 419, Commission des communautès europeennes, Bruxelles 15 juin 1973, Commission Politique.

Compte rendu sommaire.

354 AMAE Europe Grande Bretagne. 1971-Juin 1976. 356. 10 mai 1973. Etude de notre Ambassade à Londres-

Actions et objectifs de la politique britannique au sein de la communautè europeenne.

355 UK NA. PREM 15 1542. S 1855. 1973 foreign policy. June 8, 1973. Telegram from Douglas Home to

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il vero scopo del presidente era per Cromer effettivamente quello di “lasciare dietro di sé nel 1976 relazioni transatlantiche abbastanza sane che nessun possibile successore possa sentire una forte pressione a cambiarle”. Kissinger aveva sottovalutato la misura in cui le sue proposte avrebbero forzato l’adozione di una comune posizione europea, e quindi si sarebbero potute rivelare controproducenti in questo senso. Il discorso del 23 aprile sotto molti aspetti era stato “inopportuno”, ma su molti punti Kissinger era già tornato indietro, tentando di “lenire le turbate sensibilità” europee. Il suo gioco si svolgeva su due fronti: in Europa e all’interno dell’amministrazione e del Congresso. Le pressioni da parte di quest’ultimo erano realmente forti: “L’umore congressuale è tale che ci sono pressioni sull’amministrazione perché produca risultati concreti più velocemente di quanto la natura dei negoziati e le necessità delle consultazioni europee rendono possibile”. Per questo Nixon e Kissinger avevano scelto procedure quali gli incontri bilaterali ad alto livello o le dichiarazioni: “per generare fiducia negli USA che si stanno facendo progressi, e per servire come linea di difesa contro l’invasione di territorio da parte del Congresso”. Secondo Cromer, la corrente amministrazione rappresentava “la nostra migliore speranza per ottenere una soluzione delle questioni atlantiche che sia per noi soddisfacente”. Le pressioni per la riduzione delle truppe erano sostanziali, e un incontro multilaterale avrebbe potuto far guadagnare tempo con il Congresso. Il rischio, in mancanza di progressi, era quello di un “serio scontro” nel quale “le nostre perdite sarebbero probabilmente maggiori delle loro”. 356

Il 14 e 15 giugno, a Copenhagen, si svolse una riunione ministeriale della NATO. Il 13 giugno Rogers su richiesta dei danesi anticipò il suo viaggio a Copenaghen al fine di dedicare una giornata all’esame delle relazioni euroamericane. Quest’invito s’inscriveva nei tentativi danesi, in corso da tempo, di normalizzare i propri rapporti con gli Stati Uniti, ma era la prima volta che tali avances non venivano respinte. I francesi motivarono questo cambiamento col fatto che, a seguito del viaggio di Norgaard a Wasghington, gli americani si fossero resi conto che Copenhagen non era “del tutto insensibile” alle loro tesi.357

Il discorso di Rogers alla NATO cercò di rassicurare gli alleati sull’incontro fra Nixon e Breznhev, che non avrebbero condotto ad alcun accordo o decisione “nociva” per gli interessi dell’alleanza. Rogers sottolineò anche come fosse “imperativo” costruire un nuovo framework per le relazioni transatlantiche. Van der Stoel a sua volta diede il benvenuto del suo paese all’idea di una nuova dichiarazione NATO, per la quale annunciò una prossima bozza

356 UK NA PREM 15 1542. S 1855. 1973 foreign policy. June 11, 1973. Telegram from Cromer to Douglas

Home.

357 AMAE Amerique 1971-75. EU 748. 9_5_3 Relations des EU avec l’Europe Occidentale mai-decembre 1973.

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olandese, pur respingendo l’idea del linkage. Scheel invocò una risposta comune europea, elaborata dai rappresentanti permanenti a Brussels, e espresse il suo desiderio che Nixon incontrasse il consiglio della NATO e la CEE durante il suo viaggio in Europa. Jobert apparentemente commentò “Abbiamo una buona alleanza, teniamocela”.358

Secondo i francesi, alla riunione ministeriale gli Stati Uniti avrebbero accettato il punto di vista europeo, cioè che ogni problema andasse affrontato nel forum appropriato, riuniciando così a qualsiasi “mercanteggiamento”- seppure un certo legame fra i problemi in questione veniva riconosciuto anche dai francesi. Gli Stati Uniti, dunque, non puntavano a una revisione del trattato NATO, né alla fondazione di nuove istituzioni, ma solo alla formulazione di una dichiarazione di principio che esprimesse i valori comuni. È significativo come ci fossero voluti due mesi solo per arrivare a questo punto. In ogni caso, la Francia non ebbe mai problemi con l’idea di una dichiarazione in ambito NATO, sebbene i Nove si ponessero comunque il problema di coordinare le proprie posizioni, e anche di gestire le rimostranze dell’Irlanda, membro della Comunità ma non della NATO.359 Tuttavia a Copenhagen, Jobert

diede voce a notevoli perplessità francesi rispetto all’anno dell’Europa, e, più precisamente, ad una dichiarazione in ambito NATO. Nel 1973, l’Europa stava facendo progressi in ambito economico, ma era ancora in cerca di una propria identità politica. Una nuova dichiarazione d’intenti rischiava di non avere alcun tipo di pubblico impatto, e di indebolire l’alleanza, che per Jobert era “buona”. Inoltre, il ministro francese mise in guardia gli alleati dall’accettare una dichiarazione che avrebbe potuto avere un’applicazione regionale, confermando così la divisione dell’Europa.360

Nel frattempo, anche i britannici cominciarono ad esprimere più apertamente le proprie perplessità. Durante il mese di giugno, Walt Rostow, professore di economica presso l’università del Texas, molto vicino all’amministrazione, aveva intrapreso a titolo personale un tour dell’Europa, rispetto al quale riportò le sue impressioni in un incontro avuto con Heath il 18. Il discorso del 23 aprile a suo avviso era stato “nella natura di una lezione in scienza politica”, e a suo avviso non aveva suscitato negli europei il minimo desiderio “di tirare su l’alleanza per i piedi e darle una bella occhiata”. Tuttavia gli europei avrebbero dovuto capire il bisogno di Nixon nella battaglia contro le forze protezionistiche e isolazioniste all’opera negli Stati Uniti. Heath replicò sottolineando l’idea del declino degli USA: “Non sono più il numero