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Così, Egitto e Siria riuscirono effettivamente a garantire un effetto sorpresa per l’attacco coordinato che intendevano lanciare su Israele. Alle dieci, ora di Gerusalemme- le quattro del mattino a New York- del 6 ottobre, il giorno dello Yom Kippur, Golda Meir convocò l’ambasciatore USA, Kenneth Keating, per informarlo che fonti “del tutto affidabili” avevano indicato come la guerra fosse imminente: l’attacco era previsto per il tardo pomeriggio. Le famiglie del personale sovietico presente in Egitto erano state evacuate. Il primo ministro israeliano tuttavia non perse il suo aplomb, anzi si premurò di sottolineare come il gabinetto, riunitosi per decidere il da farsi, avesse stabilito di non lanciare un attacco preventivo, anche se erano state richiamate “alcune riserve”. La prova delle buone intenzioni israeliane stava nel fatto che non fosse stata decisa una mobilitazione generale. Il primo ministro chiese che questa informazione venisse trasmessa agli egiziani e all’URSS, cui doveva essere riferito anche che Egitto e Siria sarebbero senz’altro usciti sconfitti da uno scontro con Israele. Lo stato ebraico era convinto che i due paesi arabi non potessero che condividere questa sicurezza; per questo esso ritenne necessario rassicurare il mondo di non avere intenzione di lanciare un attacco: solo l’idea che tale ipotesi fosse possibile, infatti, avrebbe potuto spingere Egitto e Siria a effettuare le manovre militari in atto.

In effetti, mille sovietici avevano lasciato l’Egitto, mentre le forze egiziane erano in stato di allerta e l’esercito siriano era stato posizionato sulle alture del Golan. Keating inviò un telegramma a New York, che venne analizzato in un memorandum di William Quandt.534 L’eventualità di attacco fu solo una delle ipotesi passate al vaglio. La situazione al Cairo appariva tranquilla: era possibile che l’evacuazione dei sovietici fosse solo un segnale di crisi nelle relazioni fra URSS e Egitto. Re Faisal aveva consigliato a Sadat di tagliare i legami con Mosca; forse, con il pretesto di una minaccia bellica, il presidente egiziano stava accogliendo quel suggerimento. I servizi di intelligence favorivano quest’ipotesi. Sisco, comunque, prese sul serio l’avvertimento israeliano, e irruppe nella suite al trentaquattresimo piano delle Waldorf

533 DBPO, series III, vol. IV. NFW 3/322/1. September 7, 1973. Cairo dispatch 1/1

534 NARA Nixon Presidential Material Staff. National Security Council Files. Country Files- Middle East. Middle

East War Memos & Misc. Oct. 6, 1973 – Oct. 17, 1973 to Middle East War Memos & Misc. VOL II Oct 18,

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Towers, quartier generale del segretario di stato a New York per l’Assemblea Generale dell’ONU.535 A tale riguardo, Kissinger afferma:

Sapevo che nessuna manovra diplomatica avrebbe funzionato se si fosse stati alla presenza di un attacco arabo premeditato. Ma la mia lettura era ancora influenzata dai coerenti rapporti israeliani, confermati dai nostri stessi dispacci, che un tale attacco era praticamente impossibile. Così mi immersi in un periodo frenetico di intensa attività diplomatica per evitare uno scontro, convinto più che per metà che le azioni egiziane e siriane scaturissero da un’interpretazione sbagliata delle intenzioni israeliane.536

Così, alle sei del mattino il segretario di stato telefonò a Nixon in Florida, e in seguito contattò telefonicamente i propri colleghi egiziano e israeliano per esortarli alla moderazione. Inoltre, Kissinger chiamò Dobrynin, che era “addormentato” e “confuso (o almeno faceva finta di esserlo)”.537 Kissinger inviò telegrammi a Hussein di Giordania e a Faisal perché usassero i

propri buoni uffici. Avvisò anche il segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim. Alle otto, le 2 del pomeriggio ora israeliana, partì l’attacco congiunto di Egitto e Siria, che diede inizio alla guerra di ottobre, chiamata anche del Kippur o del Ramadan, battezzata da Il Cairo e Damasco operazione Badr, poiché l’attacco cadde nel 1350° anniversario della battaglia che fece guadagnare a Maometto l’ingresso alla Mecca. Gli americani, attenti come sempre alla correttezza lessicale, privilegiano la dicitura “guerra di ottobre”; ad essa mi sono adeguata nel testo.

Settecento carri armati siriani aprirono il fuoco sulle alture del Golan, mentre l’artiglieria egiziana colpiva la linea Bar-Lev, costruita dagli israeliani lungo il canale di Suez.538 Alle 8.35

Kissinger richiamò Nixon per avvisarlo che la guerra era cominciata. Durante questa crisi, il segretario di stato ebbe quasi totale autonomia nella gestione delle reazioni statunitensi alla guerra di ottobre.539 Poche ore prima, egli aveva dato istruzioni a Scowcroft perché indicesse

per le 9 una riunione del Washington Special Action Group, l’unità di crisi approntata per l’emergenza, che riuniva rappresentanti del NSC, dei dipartimenti di stato e della difesa e della CIA. Questo primo incontro del WSAG fu del tutto inconcludente: l’intelligence continuava a sostenere che non ci fossero prove di un attacco coordinato di Egitto e Siria contro Israele. Anzi si continuò a sostenere che fosse stata quest’ultima a colpire; secondo James Schlesinger, segretario per la difesa, in vent’anni non c’era stata una sola occasione in cui lo stato ebraico non fosse stato il primo a dare inizio alle ostilità. Si udì solo una voce discordante: quella di

535 Isaacson, Walter. Op. cit., p.512.

536 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.451. 537 Ibidem

538 Fraser, Thomas G. Op. cit., p.105.

539 Foreign Affairs Oral History Program. Ambassador Alfred Leroy Atherton jr., oral history interview,

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Alfred Leroy Atherton, assistente di Sisco, che sostenne, correttamente, come gli israeliani non avrebbero mai scelto il giorno più sacro della loro religione per iniziare una simile impresa.540 In ogni modo, il malinteso non potè andare avanti ancora a lungo. L’attacco era partito simultaneamente sui due fronti. Notizie di una battaglia navale nel Golfo di Suez erano inesatte: la verità era che gli egiziani stavano tentando di attraversare il canale, dopo aver intaccato la linea di difesa israeliana grazie ai macchinari acquistati in Germania occidentale. Certi di una rapida vittoria israeliana, gli Stati Uniti avevano come obiettivo quello di evitare una scofitta troppo umiliante da parte degli arabi, che non solo avrebbe ulteriormente diminuito le possibilità di una soluzione diplomatica della questione mediorientale, ma avrebbe anche implicato il rischio di un intervento sovietico a difesa dei propri alleati. Le difficoltà di Nixon rendevano la situazione ancora più delicata: era importante non dare l’impressione di una presidenza indebolita. Tuttavia il momento era critico. La questione delle registrazioni che il presidente aveva trattenuto per “questioni di sicurezza nazionale” stava per finire il suo iter giudiziario, mentre il vicepresidente, Spiro Agnew, era coinvolto in uno scandalo. Per tutta la durata della crisi, Nixon sarebbe stato completamente assorbito dalla questione del Watergate, lasciando a Kissinger praticamente mano libera sul Medio Oriente. Anche in seguito il segretario di stato sarebbe stato il protagonista assoluto della vicenda; mentre la sua stella avrebbe brillato sempre più, quella del presidente non avrebbe fatto che offuscarsi.

Presto fu chiaro che il mito dell’invincibilità israeliana non rispondeva alla realtà. Il successo degli eserciti arabi avrebbe posto una nuova priorità agli americani: quella di impedire a paesi alleati dei sovietici di sconfiggere un suo alleato. All’inizio del conflitto, gli americani ritenevano che gli arabi sarebbero andati incontro ad una veloce disfatta, e consideravano essenziale impedire alla situazione di deteriorarsi al punto di spingere l’URSS ad intervenire a difesa dei propri clienti. Tuttavia, quando fu chiaro che il rischio non era quello di una sconfitta araba, ma piuttosto di un disastro per Israele, la percezione USA delle proprie priorità mutò. La sopravvivenza di Israele era un obiettivo ineludibile. Esso si accompagnava, però, alla volontà di mantenere relazioni distese con i paesi arabi moderati e con la necessità di non mettere in pericolo la distensione. Kissinger, dopo l’iniziale momento di confusione “procedette a manipolare la situazione per servire quelli che erano percepiti come gli interessi a lungo termine degli Stati Uniti”.541 Il mantenimento della distensione era uno di questi

interessi. I commenti dell’epoca si concentrarono sul fatto che la guerra dimostrava la duplicità

540 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.458. 541 Szulc, Tad, Op. cit., p.725.

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o la cattiva fede dei sovietici.542 Non è chiaro da quanto i sovietici fossero al corrente dei piani

di attacco. Secondo Kissinger, l’Unione Sovietica “non arrivò ad incoraggiare la guerra ma non fece alcuno sforzo per fermarla”.543 Secondo Sadat, durante i primi giorni di combattimento i

sovietici tentarono di convincerlo a fermare il conflitto, arrivando a mentire, sostenendo che la Siria avesse già chiesto un cessate il fuoco. Comunque, quando la situazione sul campo si dimostrò nettamente in favore dei suoi alleati, Mosca modificò il proprio atteggiamento, che inizialmente era dettato dal timore di un altro disastro come nel 1967. In realtà, comunque, anche l’URSS riteneva il proseguimento della distensione una priorità assoluta, come sarebbe stato chiaro soprattutto alla fine del conflitto. In ogni caso, gli USA non desideravano neppure mantenersi neutrali rispetto al conflitto, soprattutto se l’Unione Sovietica avesse parteggiato apertamente per i propri alleati.

La prima questione che si pose fu quella della strategia da adottare alle Nazioni Unite. Un dibatttito all’Assemblea Generale, dominata dai paesi del Terzo mondo e dai non allineati, sarebbe stato senz’altro controproducente. Tuttavia anche il Consiglio di Sicurezza poteva porre qualche problema, soprattutto in vista del cruciale obiettivo di non inimicarsi i paesi arabi moderati. Una risoluzione che proponesse un ritorno alle linee precedenti al combattimento non sarebbe stata accettata dai paesi arabi finchè essi avessero mantenuto l’iniziativa sul piano militare, mentre una che invocasse il ritorno ai confini precedenti la guerra dei sei giorni avrebbe costretto gli USA a porre il veto.544 La strategia migliore sarebbe stata

quella di una risoluzione congiunta con l’Unione Sovietica che suggerisse un cessate il fuoco sul posto piuttosto che un ritorno alle linee precedenti allo scoppio delle ostilità; quest’opzione, però, sarebbe stata accettata solo una volta iniziata la controffensiva israeliana, che veniva stimata per le successive settantadue ore. Così, la vera strategia USA, nelle prime ore del conflitto, fu quella di aspettare.545 D’altronde anche i sovietici sembravano voler

adottare una simile posizione; un messaggio da Mosca trasmesso da Dobrynin mentre Kissinger stava rientrando a Washington, nel primo pomeriggio, dichiarò che il suo paese stava “prendendo in considerazione, così come voi, i possibili passi che possono venire intrapresi”. Mosca ribadì la sua posizione attendista un’altra volta verso le 6 del pomeriggio.546

A quel punto Kissinger presiedette un ulteriore incontro del WSAG, dove la situazione sul

542 Bell, Coral. Op. cit., p.80.

543 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.469.

544 NARA. Nixon Presidential Materials Staff. National Security Council Institutional (“H”) Files. Meeting Files

(1969-1974) Washington Special Action Group Meetings. WSAG Meeting Middle East 10/19/1973 to 10/7/1973. Box H-093. October 9, 1973. Telegram from Scali to Kissinger.

545 Si veda NARA. Nixon Presidential Material Staff. National Security Council Files. Country Files- Middle East.

Middle East War Memos & Misc. Oct. 6, 1973 – Oct. 17, 1973 to Middle East War Memos & Misc. VOL II Oct 18, 1973

Box 664, October 7, 1973. Memorandum of Conversation, Kissinger and Mordechai Shalev, Israeli Charge.

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terreno venne esaminata. Sul fronte siriano, i combattimenti continuavano. Israele si stava preparando per un contrattacco sulle alture del Golan il giorno successivo. Tuttavia sul canale si Suez la situazione appariva meno rosea. L’esercito egiziano stava trasferendo ulteriori truppe sulla riva orientale del canale. In ogni caso, nulla sfidava la ferma convinzione che Israele avrebbe presto respinto gli assalitori.

Il secondo giorno di combattimenti vide ancora le forze israeliane sulla difensiva, in attesa della mobilitazione completa delle riserve. Tel Aviv condivideva la preferenza USA per un momentaneo temporeggiare, anche all’ONU. A Washington l’aspettativa era quella di un rapido ripetersi della situazione del 1967. Il problema dei rifornimenti a Israele, pertanto, non appariva come urgente. Tuttavia già dal secondo incontro del WSAG della giornata, quando venne ricevuta una richiesta da parte israeliana per dell’equipaggiamento militare, fu chiaro che tale questione sarebbe stata estremamente scottante per gli Stati Uniti. In quell’occasione Jenneth Rush, che rappresentava il dipartimento di Stato mentre Kissinger vestiva i panni di consigliere per la sicurezza nazionale, sostenne che non fosse necessario mandare immediatamente rifornimenti a Israele. Egli sostenne che non ve ne era una vera necessità. Secondo Isaacson, il Pentagono, rappresentato da Schlesinger “la cui mente incisiva e ego suscettibile” lo rendevano il “nuovo rivale” di Kissinger nell’amministrazione, era ancora più sfavorevole all’idea.547 Trasportare materiale in Israele avrebbe fatto crollare l’immagine degli Stati Uniti come “onesto mediatore”. Kissinger sostiene di aver dissentito da questa posizione, poiché, anche se era persuaso che Israele avrebbe vinto la guerra prima del possibile arrivo di materiale dagli USA, mandarle aiuti sarebbe servito come leva per farle accettare una soluzione diplomatica dopo la fine delle ostilità.548 L’apparente mancanza di urgenza, comunque, fece sì

che per il momento la questione fosse lasciata in secondo piano. Tuttavia, come sarebbe stato evidente a breve, quella dei rifornimenti sarebbe diventata una questione esplosiva, in cui la posizione di Kissinger non fu affatto limpida come egli sostiene nelle sue memorie. In effetti, egli afferma di aver dato indicazioni a Schlesinger, alle 13.30, per cominciare a prendere accordi con Israele per la consegna di munizioni e equipaggiamento altamente tecnologico presso la base navale in Virginia a velivoli commerciali israeliani, ordini che sarebbero stati confermati alle 15.45. Già a questo punto il Pentagono avrebbe tentato di rallentare i tempi delle consegne, ma senza successo.549 In tarda serata gli USA richiesero formalmente un

incontro del Consiglio di Sicurezza, per riuscire a discutere una risoluzione di cessate il fuoco dopo che Israele avesse cominciato il contrattacco, ma prima della disfatta totale delle armate arabe. Questo momento, si stimava, sarebbe arrivato il martedì. Le riunioni del WSAG si

547 Isaacson, Walter. Op. cit., p.513.

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limitarono a discutere della situazione sul terreno, senza rilevare particolari preoccupazioni, anche se si allestì un piano per l’evacuazione delle ambasciate.550 Un memorandum di Quandt analizzò l’evenutalità di effettuare rifornimenti bellici verso Israele, sostenendo che, “per i segnali che darebbe ai sovietici e agli arabi” non era il momento di prendere impegni per consegne di materiale. “Anche dopo i combattimenti, non vogliamo essere i primi a impegnarsi in un’opera massiccia di riformimento”; le richieste più limitate, al contrario, appartenevano ad una categoria diversa e avrebbero potuto venire soddisfatte, poiché la segretezza era possibile, e necessaria.551 Kissinger scrisse un messaggio a Ismail in risposta al

telegramma, ricevuto il giorno precedente, che chiariva le richieste egiziane. Quel messaggio viene definito come “amichevole”, consapevole “dei limiti di ciò che era possibile ottenere”, e spinse Kissinger a rivalutare l’intelligenza politica di Sadat, capace di non perdere mai di vista “il cuore della questione”.552 La risposta fu piuttosto circospetta, tesa soprattutto a mantenere

aperta la linea di comunicazione con l’Egitto. L’idea che il ritiro di Israele dai territori occupati dovesse precedere l’inizio dei negoziati di pace chiaramente non era accettabile per lo stato ebraico. Tuttavia Kissinger si limitò a verificare se questo fosse davvero il significato della richiesta egiziana, o se piuttosto si imponesse un accordo di principio su questo punto. Inoltre chiese chiarimenti su un messaggio ricevuto dallo Shah dell’Iran, in cui si assicurava che Sadat volesse la pace e fosse disposto ad accettare forze ONU sui territori che Israele avrebbe liberato.553 Il Wall Stree Journal, oltre a sottolineare la fiducia israeliana di riuscire presto a

respingere gli assalitori, rimarcò come il fatto che il conflitto si combattesse non in Israele, ma nei territori occupati non facesse che confermare il valore di questi ultimi per gli abitanti dello stato ebraico. Sharon sostenne “meglio combattere lì che in Israele”.554

I rapporti arabi e israeliani rispetto all’andamento dei combattimenti differivano nettamente. Muhammed Hassan el-Zayat, ministro degli esteri egiziano, aveva dichiarato di non avere la certezza di poter vincere la guerra; “ma non si combatte perché si è sicuri di vincere, si combatte perché si è nel giusto”.555

Comiciarono anche a venire percepiti i rischi di un ricorso arabo all’arma del petrolio. Il flusso di greggio avrebbe comunque potuto subire guasti, poiché un importante oleodotto passava

549 Ibidem, p.486.

550NARA. Nixon Presidential Materials Staff. National Security Council Institutional (“H”) Files. Meeting Files

(1969-1974) Washington Special Action Group Meetings. WSAG Meeting Middle East 10/19/1973 to

10/7/1973 Box H-093. October 8, 1973.

551 NARA. Nixon Presidential Materials Staff. National Security Council Institutional (“H”) Files. Meeting Files

(1969-1974) Washington Special Action Group Meetings. WSAG Meeting Middle East 10/19/1973 to 10/7/1973 Box H-093. October 8, 1973. Memorandum for Kissinger from Quandt and Donald J. Stukel.

552 Kissinger, Henry. Years of Upheaval, cit., p.482.

553 NARA. Nixon Presidential Material Staff. National Security Council Files. Harold H. Saunders Files. Middle

East Negotiations Files. Box 1173. October 8, 1972. Telegram from Kissinger to Hafiz Ismail.

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proprio sotto le alture del Golan e avrebbe potuto venire danneggiato dai combattimenti. Inoltre, quel giorno si apriva a Vienna un incontro fra i paesi dell’OPEC e le compagnie petrolifere.

Per tutta la giornata, Israele comunicò notizie confortanti sui combattimenti. Il temuto dibattito all’Asseblea Generale venne evitato, mentre l’URSS continuò a temporeggiare rispetto a una risoluzione di cessate il fuoco al Consiglio di Sicurezza. Il fatto che gli arabi non la richiedessero a gran voce, come sarebbe stato ragionevole se davvero i rapporti provenienti dal campo di battaglia fossero stati corrispondenti al vero, non turbò la quiete dominante a Washington. Quella sera Kissinger pronunciò un discorso programmato da tempo alla conferenza Pacem in Terris, in cui ribadì la sua ferma fiducia nella distensione. L’Unione Sovietica non conduceva più la sua politica estera “come in una guerra civile internazionale”.556

La notte fra l’8 e il 9 di ottobre cambiò del tutto la prospettiva. La verità era che la linea Bar- Lev, difesa solo da seicento riservisti, era caduta già la sera del 6. Il genio egiziano aveva installato ponti e traghetti sul canale, permettendo alla seconda e terza armata egiziane di schierarsi sulla riva orientale, senza però arrivare ad esporsi al fuoco israeliano come era avvenuto nel 1967 ma mantenendosi in sicurezza nel raggio della propria contraerea. I siriani dal canto loro erano riusciti ad occupare posizioni importanti sul monte Hermon, causando a Israele notevoli perdite di uomini e aerei. Inizialmente, tuttavia, gli USA ritennero che i successi arabi fossero dovuti alla sorpresa. Israele si sarebbe ripresa presto; pensare di rifornirla via mare era del tutto inutile, e anche un ponte aereo, oltre che incredibilmente costoso, sarebbe stato superfluo e avrebbe danneggiato l’immagine statunitense. Il 9 le perdite israeliane arrivarono a cinquecento carri armati e quarantanove velivoli. Dinitz chiamò Kissinger due volte nel cuore della notte per chiedergli se gli USA potessero rifornire il suo paese, lasciando il segretario di stato piuttosto perplesso, dato che la sera prima nulla aveva turbato l’ottimismo imperante. La questione venne affrontata in un incontro la mattina successiva, in cui fu presente anche il generale Gur, attaché militare. I due israeliani procedettero ad illustrare una situazione sul campo ben diversa da quella prospettata fino a quel momento, enumerando le elevatissime perdite israeliane in termini di uomini e di mezzi. Kissinger dichiarò di “non capire” come cio fosse potuto accadere. “La nostra strategia era di aspettare fino a mercoledì sera, quando pensavo che l’intero esercito egiziano sarebbe stato distrutto”.557 Nelle sue memorie, Kissinger sostiene di aver da subito deciso di non poter

rifiutare la richiesta di aiuto israliana. Una sconfitta di Israele da parte di paesi alleati