Alessandra Pagliano
conservazione della memoria dei luoghi: grazie ai rilievi fotogrammetrici e con laser scanner, siamo oggi in grado di catturare e registrare in un modello 3D non solo la conformazione geometrica di un edificio ma anche le più minute qualità materiche, oltre ai segni fisici del degrado e delle trasformazioni. La modellazione digitale abbinata a una consapevole renderizzazione del patrimonio costruito, permette di restituire in ambiente virtuale le originarie configurazioni perdute a seguito di crolli o demolizioni, garantendo la possibilità di ricreare viste prospettiche del tutto analoghe a quelle immagini mentali che la comunità aveva sedimentato nella memoria storica del luogo mediante la vita collettiva in quegli spazi oggi perduti. Poiché l’unica vera esperienza dell’architettura si compie all’interno dei suoi spazi, quando questa è ridotta a un rudere, la perdita dei maggiori volumi, delle luci, dei rivestimenti e dei colori compromette in maniera determinante la possibilità di apprezzamento del bene. In tali casi l’interazione del quadro discontinuo dei dati reali con la ricostruzione digitale tridimensionale di ciò che il tempo ha sottratto costituisce forse l’unica possibilità di far comprendere i valori architettonici e spaziali anche a un pubblico non altamente specializzato.
La corretta rappresentazione di un centro storico permette, quindi, di ottenere una visione complessiva delle trasformazioni storiche che hanno configurato l’insediamento urbano, e che devono necessariamente essere considerate, anche in vista di eventuali successive modificazioni o restauri, affinché venga preservata l’immagine complessiva del tessuto storico.
Nel caso del Palazzo Testa-Pelosi a Frigento l’ipotesi ricostruttiva è stata condotta sulla base delle fonti documentarie e dell’analisi del tessuto urbano e delle sue volumetrie, sia esistenti che eventualmente perdute a seguito dei numerosi crolli post-sisma: tale approccio ha permesso di evidenziare un sistema denso di rapporti tra i vari edifici la cui forma si è trasformata nel tempo, anche in relazione agli spazi residuali tra un volume e l’altro. I dati comparativi proporzionali di altezze tra le facciate e le falde di copertura, oltre alla specifica collocazione di ciascun edificio lungo eventuali assi visuali privilegiati, hanno restituito una gerarchia di possibili movimenti nello spazio urbano di quei luoghi che finivano inevitabilmente per strutturare la libera circolazione dei cittadini mediante un sistema di segni e simboli stratificati nelle fughe prospettiche delle bucature e dei balconi, negli allineamenti, nelle improvvise discontinuità
determinate dalla presenza di elementi decorativi di pregio, come, ad esempio, i balconi al piano nobile dotati di raffinate ringhiere in ferro. La ricostruzione del palazzo in oggetto, ricondotto alla sua originaria interezza in ambiente digitale, ci ha permesso la visualizzazione e l’analisi di quei valori spaziali ormai definitivamente compromessi perduti. Già in fase di rilievo, sono emerse alcune conformazioni architettoniche peculiari la cui interpretazione ha richiesto il ricorso alle fonti storiche e documentali e alla necessaria ricostruzione della forma originaria del fabbricato al fine di poterne dunque interpretare le variazioni successive.
In tal modo, la diversità riscontrata nel terminale orientale dell’edificio prospiciente il Vico I Roma, in deroga al motivo compositivo principale della facciata, che prevede una disposizione simmetrica di due balconi rispetto all’assiale collocazione del portone
ways of living of the community. This allows us to understand those dynamics which have led, through a long succession of compositional rules and exceptions, related to the peculiarities of the context, to the specific configuration of each urban fragment. Currently, new digital technologies provide many tools to preserve the memory of a place: photogrammetric surveys and laser scanners, allow us to capture and record in a 3D model not only the geometric shape of a building but also the most minute material qualities, in addition to the physical signs of degradation and transformation. We have today the possibility to virtually reconstruct, in a 3D model, the original configurations of a building, which has been lost as a result of collapse or demolition, also providing us the opportunity to create interesting perspective views, that are similar to those mental images that the community had settled in the historical memory of the place. Since the only true architectural experience takes place within its spaces, when they are reduced to a ruin, the loss of greater volumes, lights, coverings and colours decisively compromises the possibility of appreciating the cultural asset. In such cases, the interaction between discontinuous real data and the three-dimensional digital reconstruction of what time has taken away is perhaps the only possibility to make architectural and spatial values understand even by a non-highly specialized public. The correct representation of a historical centre provides, therefore, an overall vision of those historical transformations that have strongly configured the urban settlement, which must necessarily be considered, in case of any subsequent modifications or restorations, in order to preserve the overall image of the historical urban fabric. In our case study of Testa-Pelosi palace in Frigento the reconstructive hypothesis was carried out on the basis of documentary sources and analysing the surrounding urban fabric and volumes, both existing and lost as a result of the numerous post-earthquake collapses: this approach highlighted a dense relationships system among buildings, also in relation to the residual spaces between one volume and another. The proportional comparative data of heights between facades and roofs, in addition to the specific location of some building along privileged visual axes, showed a hierarchy of possible paths in the urban space that inevitably ended up structuring the free movement of citizens through a system of signs and symbols, determined by the perspective lines of balconies, by horizontal alignments, by certain sudden discontinuities determined by the presence of valuable decorative elements, such as the balconies on the main floor with refined iron railings. The reconstruction of the building in question, brought back to its original form into a digital environment, has allowed us to visualize and analyse those lost and definitively compromised spatial values. During the survey activities, some peculiar architectural conformations emerged, whose interpretation required
288 principale, finemente decorato con volute in pietra locale, denuncia un ampliamento 289
del palazzo successivo alla sua originaria costruzione (in seguito al terremoto del 1688) grazie all’acquisto, all’annessione e alla sopraelevazione di un basso volume, destinato in precedenza a depositi e cantine dalla famiglia Nardovino1 (fig. 2). L’andamento della
strada regola inoltre la posizione degli accessi, disposti secondo una progressione discendente per assecondare il declivio del suolo e garantire l’accesso diretto ai locali ai giardini retrostanti. L’assenza definitiva del secondo piano della facciata del palazzo, crollata progressivamente a seguito dei danni provocati dal sisma del 1980 e non restaurata, ha compromesso sensibilmente l’immagine di quello strategico frammento urbano, originariamente caratterizzato da una marcata accelerazione visuale verso la facciata della Chiesa Madre (ex cattadrale del periodo vescovile, oggi Chiesa di Santa Maria Assunta e San Marciano) che costituisce il terminale di piccolo slargo di forma triangolare verso il quale il passante veniva sospinto dalla massiccia presenza di una cortina continua di fronti urbani allineati lungo una sezione stradale di ridotte dimensioni. Il confronto tra alcune foto storiche e le viste prospettiche tratte dal modello virtuale ha permesso inoltre di identificare la fascia verticale caratterizzata dal portone principale e dal balcone del piano superiore come un segnale urbano di forte riconoscibilità. In un tessuto compatto per materiali e per posa in opera, il rango nobiliare di un edificio può essere infatti evidenziato semplicemente da un portale, altre volte da una decorazione o da uno stemma, particolari che si distinguono nell’omogeneità dell’immagine urbana, ma senza turbarla: questi dettagli architettonici hanno richiesto, dunque, un’estrema cura nel rilievo e nella ricostruzione della forma perduta, alla scala di rappresentazione più adeguata, affinché non venissero privati di quella carica suggestiva ed emozionale che per secoli hanno introdotto nella omogeneità diffusa del sistema edilizio minore.
L’utilizzo di modelli digitali che ricostruiscono la perduta configurazione del bene archeologico ha generato negli anni alcune problematiche relative ai metodi di rappresentazione del patrimonio culturale in merito alla più efficace comunicazione delle incertezze o delle molteplici scelte che sono alla base della ricostruzione filologica effettuata. L’eccessiva ricchezza di dettagli che concorrono a rendere accattivante e verosimigliante il modello tridimensionale può, infatti, attribuire il valore di verità assoluta a quella che, spesso, è solo una delle possibili alternative, o semplicemente la più probabile. Al fine di non incorrere nel rischio di “storicizzare l’aleatorietà”2 ,
consentendo all’utente di prendere piena consapevolezza del fatto che quello che vede è una ricostruzione verosimile, possibile, ma che non esclude l’esistenza di ulteriori probabili configurazioni, il disegno delle bucature e dei dettagli decorativi crollati è stata condotto con un livello di dettaglio solo per il corpo di fabbrica originario, evidenziando invece come nuda volumetria quelle parti successivamente annesse e che negli anni hanno assunto variabili configurazioni in virtù dell’adeguamento delle finestre alla disposizione interna dei vani.
the use of historical and documentary sources and the necessary reconstruction of the original shape of the building in order to be able to interpret any subsequent variations. Thus, the discrepancy found in the eastern part of the building (facing the Vico I Roma), in derogation from the main compositional motif of the façade (which provides a symmetrical arrangement of two balconies with respect to the axial placement of the main door, finely decorated with volutes in stone local) denounces it was an extension of the building subsequent to its original construction (following the 1688 earthquake) thanks to the annexation and the raising of a low volume, previously destined to deposits and cellars by the Nardovino family1 (fig. 2). The road
also determines any portal position, arranged according to a downward progression along the street to accommodate accesses and doors to the ground slope and provide a direct entrance to the gardens behind the facades. The total absence of the second floor of the building, which collapsed as a result of the 1980 earthquake, and not restored, significantly compromised the image of that strategic urban fragment, originally characterized by a strong visual acceleration towards the façade of the Chiesa Madre (today the church of Santa Maria Assunta and San Marciano) which forms the terminal of a small triangular square towards which the passer-by was driven by the massive presence of a continuous curtain of urban fronts aligned along a small section road. The comparison between several historical photos and the perspective views taken from the virtual 3D model allowed us to identify also the urban role played by the vertical band consisting of the main door and the balcony of the upper floor, which originally formed a strongly recognizable urban sign. In a very compact urban fabric, the noble rank of a building can in fact be highlighted simply by a portal, other times by a decoration or a coat of arms, or by any others detail that stands out in the homogeneity of the urban image, but without breaking it: these architectural details required, therefore, an extreme care during the survey and the reconstructive, according to the most suitable scale of representation, in order to not deprive them of their suggestive and emotional charge that for centuries they have introduced into the widespread homogeneity of the minor building system. The use of digital models that reconstruct the architectural heritage lost configuration has generated, over the years, several problems related to the most effective methods for representation of uncertainties, doubts or simply the existence of many possible choices that underlie any philological reconstruction. Excessive details that combine to make appealing and lifelike a 3D model can, in fact, attribute the value of absolute truth to what is often only one of the alternatives, or simply the most
Fig. 1
Stato attuale dell’edificio dopo il crollo e ipotesi ricostruttiva della volumetria perduta / Current state of the building after the
collapse and reconstructive hypothesis of the lost volume.
likely. In order not to run the risk of “historicizing uncertainty”2, allowing the user to be fully aware that
that is just a likely, possible reconstruction, which does not exclude the existence of any further probable configurations, we drew with architectural details only the original part of the building, highlighting instead as bare volumes those parts subsequently annexed and which over the years have assumed variable configurations due to the adaptation of the windows to the internal arrangement of the rooms.
1. Source: U.T.C. Frigento’s Archive, private archive of Balestra’s family.
2. See Gianolio S. (ed.) (2013), Archeologia Virtuale: comunicare n digitale, Atti del III seminario, Università di
Roma “La Sapienza”, Roma: Espera, p. 130.
1. Fonte: Archivio dell’U.T.C. di Frigento, archivio privato della famiglia Balestra.
2. Cfr. Gianolio S. (ed.) (2013), Archeologia Virtuale: comunicare in digitale, Atti del III seminario, Università di Roma “La Sapienza”, Roma: Espera, p. 130.
References
Cullen G. (1961), Townscape, Elsevier, Amsterdam [trad. it. (1976 ) Il paesaggio urbano, morfologia e
progettazione, Calderini, Bologna].
Fantini D. (2005), Rappresentazione identitaria di sistemi insediativi e spazi aperti, in Magnaghi A. (ed.), La
rappresentazione identitaria del territorio. Atlanti, codici, figure, paradigmi per il progetto locale, Alinea, Firenze.
Gianolio S. (ed.) (2013), Archeologia Virtuale: comunicare in digitale, Atti del III seminario, Università di Roma “La Sapienza”, Espera, Roma.
Lynch K. (2006), L’immagine della città, Marsilio, Venezia. Maldonado T. (2005), Reale e Vituale, Feltrinelli, Milano. Migliari R. (ed.) (2004), Disegno come modello, Kappa, Roma.
Schulz C.N. (1979), Genius loci, Paesaggio, ambiente e architettura, Electa, Milano.
Verderosa A. (2005), Il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia. Manuale delle tecniche di
290 291
in alto / up Fig. 2
Ipotesi ricostruttiva dei volumi perduti: prospetto principale / Reconstructive
hypothesis of lost volumes: main facade.
a destra / right Fig. 3
Ipotesi ricostruttiva con l’evidenziazione dell’originario corpo di fabbrica e le successive annessioni / Reconstructive hypothesis
with the original body of the factory and the successive annexations highlighted.
Fig. 4
L’andamento della strada regola la posizione degli accessi, disposti secondo una
progressione discendente per assecondare il declivio del suolo e garantire l’accesso diretto agli spazi retrostanti la facciata / The
course of the road determines the position of the accesses, arranged according to a descending progression to accommodate themselves to the slope of the ground and allow a direct access to the spaces behind the facade.
292 Fig. 5 293
Vista prospettica verso la facciata della Chiesa Madre prima del crollo: ricostruzione della memoria storica del luogo / Perspective
view towards the facade of the Mother Church before the collapse: reconstruction of the historical memory of that place.
Fig. 6
Vista prospettica attuale: l’assenza definitiva del secondo piano del palazzo ha compromesso sensibilmente l’immagine di quello strategico frammento urbano, originariamente caratterizzato da una marcata accelerazione visuale verso la facciata della Chiesa Madre / Current
perspective view: the final absence of the second floor of the building has significantly compromised the image of that strategic urban fragment, originally characterized by a marked visual acceleration towards the facade of the Mother Church.
Fig. 7
La volumetria perduta del palazzo giocava il ruolo urbano di fondale prospettico per la chiusura prospettica del piccolo slargo antistante / The lost volume of the building
played the urban role of a perspective backdrop for the perspective closure of the small open square in front of it.
Fig. 8
La fascia verticale caratterizzata dal portone principale e dal balcone del piano superiore costituiva in origine un segnale urbano di forte riconoscibilità / The vertical strip
characterized by the main gate and the upper floor balcony was originally an highly recognizable urban signal.
294 295
Il percorso di ricerca condotto sul Palazzo Testa-Pelosi a Frigento, con le alternative di intervento cui si è giunti, offre rilevanti stimoli per una riflessione intorno alle
possibilità di innesto del nuovo nell’antico. Ridotto al presente a poco più di un ‘recinto’ in pietra con residui frammenti di un’ornamentazione che ne doveva arricchire gli alzati ai due livelli, l’edificio assume tuttora un ruolo-chiave rispetto all’assetto urbano e, di conseguenza, il problema del suo restauro e rifunzionalizzazione si riflette in una questione anche e più ampiamente ‘civica’. Il tema progettuale – ovvero quello connesso ai modi e limiti della conservazione e reintegrazione – si tramuta, pertanto, in una questione di ‘archeologia urbana’, dove quanto permane del costruito, come evidenza archeologica, ha perso, con la materia storica, quei rapporti volumetrici e percettivi che aveva nei secoli passati rispetto all’intorno.
Filtro tra la città consolidata e il bordo perimetrale esterno della via Limiti, il manufatto ‘chiude’ l’andamento nord-sud degli isolati di impianto medioevale a mezzogiorno e ‘apre’ nuove prospettive verso il paesaggio irpino. Sebbene la natura lo abbia ormai quasi completamente ricondotto a sé, restano ancor oggi riconoscibili, oltre il perimetro, le murature interne che affiorano dalle vegetazioni infestanti, chiarendo l’assetto antico e l’articolazione degli ambienti. Palazzo Testa-Pelosi non è, dunque, più una ‘maceria’, residuo dell’evento sismico del 1980 ma non è ancora una ‘rovina’, ormai cristallizzatasi nella sua condizione di remota incompletezza: è, piuttosto, un rudere che richiede uno sforzo progettuale complesso, teso a dare nuovi significati a quanto sopravvissuto e a riaffermare le relazioni pregresse sia con il contesto urbano sia con il paesaggio suburbano.
A confronto con l’entità numerica dei danni, nonché con gli studi dedicati al tema del “rudere” in anni recenti1, possiamo ritenere che gli interventi effettuati nell’ambito di
un’archeologia urbana carica di particolari valenze simboliche, quali, ad esempio, quelli connessi agli effetti di eventi sismici, siano, in proporzione, molto ridotti; indice, tale circostanza, di una complessità della questione che si confronta in modo inevitabile con un intreccio di competenze, responsabilità e strumentazioni urbanistiche e
normative. Nel complesso, le realizzazioni portate a termine testimoniano di un apporto sovente ancora limitato della cultura progettuale alla risoluzione della questione delle “lacune” nella dimensione non tanto architettonica quanto urbana del problema. Pochi si dimostrano quei casi il cui il rudere, superata la propria connotazione di “maceria” e caricato da un intenso valore testimoniale, venga ad assumere un suo ruolo peculiare – sia esso di sottomissione o di preminenza – entro una più ampia prospettiva progettuale. A un diffuso panorama connotato da processi di tabula
Frigento, Testa-Pelosi Palace: a laboratory of research about the relationships between old and new architecture in Irpinia
The researches carried out about Testa-Pelosi Palace in Frigento, with the alternatives of intervention that have been afforded, give important stimuli for a reflection about the possibilities of adding new parts into the old ones. Now reduced to a stone ‘fence’ with residual fragments of an ornament that would have enriched the façades on the two levels, the building still assumes a key-role with respect to the urban layout and, consequently, the problem of its restoration and reuse becomes a wider ‘civic’ topic. The design theme – that is the one related to the ways and limits of conservation and reintegration – turns into a question of ‘urban archeology’, where what remains of the building, as an archaeological evidence, has lost, with the historical materia, the volumetric and perceptive relationships that it had over past centuries compared to the context. Filter between the consolidated town and the outer perimeter of the Via Limiti, the building ‘closes’ the North-South asset of the medieval urban blocks on the South and ‘opens’ new perspectives towards the Irpinia landscape. Although nature has almost completely brought it back to itself, the internal walls that emerge from the infesting vegetation still remain recognizable beyond the perimeter, making clear the ancient structure and the articulation of the rooms. Testa- Pelosi Palace is therefore no longer a ‘relic’, a residue of the earthquake of 1980 but it is not a ‘ruin’ yet, now