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Il progetto come conoscenza

La scelta prioritaria del gruppo DiARC di offrire alla ricerca nella sua fase sperimentale non tanto una simulazione modellistica o un intervento a campione ma quanto un progetto urbano d’inquadramento e alcuni progetti architettonici su specifici manufatti, è stata suffragata dalla possibilità di assumere il progetto – nelle sue possibili valenze architettoniche, urbane, di restauro, tecnologiche e ambientali – come uno dei modi specifici e peculiari della conoscenza della realtà fisica materiale e immateriale in tema di centri storici e non solo. Se infatti, alcune preliminari indagini di ricostruzione storico-critica sulla evoluzione morfogenetica degli aggregati, sulle vicende storico-antropologiche che hanno condotto dalle origini alla attuale conformazione degli insediamenti sub-appenninici come pure le misurazioni scientifiche acquisite dalle campagne di rilievo hanno ampliato sul versante info- grafico il bagaglio di conoscenze prioritario a ogni possibile intervento trasformativo/ modificativo dello status quo, il progetto stesso nella sua valenza multidimensionale con le sue tecniche, le sue procedure sintattiche, il suo statuto teorico-epistemologico di riferimento e i suoi modelli, consente a quelle conoscenze oggettive di ampliarsi e di rendersi operanti in senso ermeneutico in vista di una migliore condizione dell’abitare nel senso più ampio del termine. L’area oggetto di studio, è contraddistinta dalla convergenza lungo via Frontespizio di parti urbane differenti – quella del

tessuto/aggregato consolidato di crinale e quella aperta al paesaggio di fondovalle – comprende alcuni lotti di testata incompiuti degli isolati del centro storico, un sistema di spazi pubblici e naturali e un edificio di pregio – Palazzo Testa-Pelosi – peraltro già indagato nella fase istruttoria, poi assunto a paradigma di modi e tecniche di intervento coerenti con gli obiettivi del progetto di ricerca.

Il progetto come trasformazione

Se il progetto come specifica attività prefigurativa e predittiva (pro-jectus) amplia la conoscenza della relata fisica materiale e immateriale su cui interviene e di cui fornisce una versione e descrizione ampliata al tempo stesso, per farlo, deve indurre delle trasformazioni, delle modificazioni efficienti. Tali modificazioni, che devono legittimare sempre le proprie scelte su una conoscenza dei luoghi, della loro storia, della loro cultura ma anche dei rispettivi statuti di riferimento, si devono rendere ancor più fondate se applicate a tessuti storici stratificati e a manufatti di pregio che hanno una loro identità formale e figurale da tutelare e valorizzare. In tal senso, le modificazioni che il progetto induce non possono essere soltanto risolutive e conformi a quadri prestazionali e normativi connessi alla sicurezza statica, al comfort ambientale, alla sostenibilità energetica, agli sviluppi tecnologici e dei materiali e delle tecniche ma devono, proprio a partire da queste, offrire soluzioni adeguate e rispondenti al valore formale e documentale delle materie su cui interviene, operando scelte, selezioni, trasformazioni in grado di rendersi intellegibili. Scelte consapevoli e appropriate proprio nella capacità di assumere quelle datità, quei valori stratificati, come materia stessa dell’agire, come retaggio necessario della trasformazione del “già stato” per

the consideration that the two cases offered issues and problems that allowed a possible generalizability of the answers and technical-formal transformative solutions. The generalizability concerns both the coherent and adequate modalities of intervention on the stratified and unfinished tissues and those inherent to a certain quality reduced to the state of ruin due to calamitous events, poor maintenance and/or functional and maintenance obsolescence. The project as knowledge

The primary choice of the DiARC group was to offer the research, in its experimental phase, not a model simulation or a sample intervention but an urban planning project and some architectural projects on specific artefacts and it was supported by the possibility of assuming the project – in its possible architectural, urban, restoration, technological and environmental values – as one of the specific and peculiar ways of understanding physical and immaterial reality in the historical centers and beyond. In fact, if some preliminary investigations of historical-critical reconstruction on the morphogenetic evolution of the aggregates, on the historical- anthropological events that led from the origins to the current conformation of the sub-Apennine settlements as well as the scientific measurements acquired from the survey campaigns expanded, from the infographic side, the baggage of knowledge as priority to any possible transformative/ modifying action on the status quo, the project itself, in its multidimensional value with its techniques, its syntactic procedures, its theoretical-epistemological status of reference and its models allows those objective knowledge to expand and become operative in a hermeneutical sense in view of a better condition of living in the broadest sense of the term. The study area is characterized by the convergence along via Frontespizio of different urban parts – consolidated urban fabric/aggregate on the ridgeline or open to the landscape of the valley – and includes a number of unfinished head blocks of the historic center, a system of public and natural spaces and a notable building – Palazzo Testa-Pelosi – moreover, already investigated in the preliminary phase and then assumed as a paradigm of ways and techniques of intervention consistent with the objectives of the research project.

The project as transformation

If the project as a specific prefigurative and predictive activity (pro-jectus) expands the knowledge of the physical and immaterial relationship on which it intervenes and of which it provides a version and description expanded at the same time, in order to do it, it must induce transformations and efficient modifications. These modifications, which must always legitimize their choices through the knowledge of the places, their history, their culture but also the respective reference statutes, must be become more well-founded if applied to stratified historical urban fabrics and valuable artefacts that have their formal and figural identity to be protected and valued. In this sense, the modifications that

338 consentire una sua conservazione e valorizzazione “a venire” nel tempo coerente con 339

i bisogni, le esigenze, i modi dell’abitare dell’oggi. La trasformazione, in altri termini, si deve rendere appropriata e necessaria senza tentare precari recuperi/adeguamenti solo tecnici o improponibili ripristini in stile ma neanche prefigurando interventi programmaticamente dis-tonici con le tracce del passato su cui tali modificazioni si installano. Queste tracce a memoria di forma, una volta riconosciute, classificate e decodificate, devono essere intellegibili e risemantizzate nel progetto per dare loro nuove prospettive di senso in grado di definire costrutti formali rispondenti alle esigenze contemporanee ma, al tempo stesso, colti nel rimettere in gioco le lezioni della storia e gli ordini sintattici che gli impianti insediativi, gli assetti tipologici, le materie e le vestigia ci offrono.

Presupposti teorico-metodologici

Il caso di Palazzo Testa-Pelosi, in tale cornice, risulta paradigmatico proprio in quanto pone una serie di questioni e di snodi teorico-metodologici nell’ambito della ricerca e sperimentazione progettuale nel rapporto tra antico e nuovo. Un rapporto che risulta particolarmente significativo quando l’antico, le sue vestigia essendo dirute hanno perduto in gran parte la loro unitarietà formale pur conservando un rilevante valore testimoniale sia per la collocazione urbana, sia per le qualità spaziali, sia per l’assetto morfo-tipologico di cui rappresentano uno stadio e una formulazione stabile. L’edificio infatti si colloca lungo via Frontespizio, in diretto rapporto col Duomo con l’ingresso in asse con vico II Roma ultima propaggine della teoria di isolati del nucleo originario romano-sannita e addossato a una cortina recente di ristrutturazione a blocco, presenta verso nord un ampio spazio a giardino che declina verso via Limiti. L’edificio che, secondo alcune ricostruzioni, ha avuto una serie di aggiunte e modificazioni sul fronte d’angolo a ovest, si può classificare come un tipo blocco aggregato a schiera che nella parte centrale, in corrispondenza dell’androne di ingresso, presentava un piccolo cortile concluso da una scala disposta longitudinalmente con la presenza di alcuni archi a definire due ambienti rivolti al giardino. Allo stato permangono le murature in cresta del fronte, alcune porzioni di solai lignei nella parte ovest e murature in elevazione attorno al blocco scala nonché verso il giardino numerose superfetazioni e aggiunte incongrue in calcestruzzo armato. Inoltre sul fronte principale e su quello laterale, più tardo, si riconoscono alcune decorazioni lapidee come il portale, le mensole del piano nobile e alcune riquadrature dei locali aperti sulla strada. A tale congerie piuttosto informe della rovina, ma che sottende un chiaro ordine formale quasi del tutto perduto, i presupposti teorici cui riferirsi sono di varia natura e orientamento. Scartando a priori ogni ipotesi di ricostruzione in stile che costituirebbe un falso storico ed essendo per giunta impraticabile in assenza di sufficiente documentazione iconografica e grafica cui riferirsi, ma anche la “museificazione del rudere”

lasciato nello stato attuale con minimi interventi come accade sovente in alcune contemporanee sperimentazioni/installazioni evenemenziali ed effimere, più vicine all’arte contemporanea che all’architettura, le principali opzioni prese in esame si

the project induces can not only be resolutive and conform to performance and regulatory frameworks related to static safety, environmental comfort, energy sustainability, technological developments and materials and techniques but have to, just starting from these, offer adequate and responsive solutions to the formal and documental value of the subjects on which they intervene, making choices, selections, transformations able to make themselves intelligible. Conscious and appropriate choices precisely in the ability to take those dates, those values stratified as the very subject of action, as a necessary legacy of the transformation of the “already been” to allow its conservation and its future enhancement in a time consistent with the needs and the ways of today living.

The transformation, in other words, must be appropriate and necessary without attempting precarious recoveries/ adjustments, only technical, or improper restoration in style but not even foreshadowing programmatically dis-tonical interventions with the traces of the past on which these modifications are installed. These shape memory traces, once recognized, classified and decoded, have to be made intelligible and resurfaced in the project to give them new meaning perspectives capable of defining formal constructs responding to contemporary needs. Figurations at the same time, knowing how to put into play the lessons of history and the syntactic orders that the urban fabrics, the typological structures, the materials and the vestiges offer us. Theoretical-methodological assumptions The case of Palazzo Testa-Pelosi, in this framework, is paradigmatic precisely because it raises a number of issues and theoretical and methodological hubs within research and design in the relationship between old and new. A relationship that is particularly significant when the ancient, its vestiges being ruined largely lost their formal unity while retaining a significant testimonial value both for the urban location and for the spatial qualities, for the morphological- typological structure of which they represent a stable stage and formulation. In fact, the building, located along via Frontespizio, in direct relationship with the Cathedral with the entrance aligned with vico II Rome, the last offshoot of the theory of blocks of the Roman-sannita original core and leaning against a curtain block recently restructured, presents to the north a large garden area that slopes towards Via Limiti.

The building that, according to some reconstruction hypothesis, had a series of additions and modifications on the west corner front can be classified as a row aggregated block type that in the central part, in correspondence of the entrance hall, presented a small courtyard completed by a staircase longitudinally arranged with the presence of some arches to define two rooms facing the garden. Today the walls in the ridge of the front remain, together with some portions of the wooden floors in the west part and the masonry in elevation around the scale as well as numerous accretions and incongruous addition in reinforced concrete

possono classificare in tre orientamenti metodologici che a loro volta, come si vedrà di seguito, produrranno altrettante plausibili e legittime soluzioni progettuali.

I tre orientamenti possono essere ordinati, inoltre, secondo livelli crescenti di modificazione corrispondenti ad altrettanti atteggiamenti metodologico-progettuali nella dialettica antico-nuovo e riferibili a corrispondenti e alternative tipologie costruttive nell’ambito dell’interazione con edifici contigui nell’aggregato.

Il primo orientamento – di impatto modificativo basso – che si può definire del “costruire un riparo all’antico” mediante una aggiunta elementarista distinta per forma e per elementi adoperati, opera per scarto e straniamento introducendo all’interno della fabbrica nuovi elementi riconoscibili che attingono a una sintassi distinta da quella del manufatto esistente – che copre e risignifica al tempo stesso – seppur a esso riferibile nella ripresa dei principali allineamenti, giaciture e dell’impronta planimetrica. Il secondo orientamento – di impatto modificativo medio – che si può definire del “costruire sopra l’antico”, invece opera secondo una diversa strategia nel collocare un nuovo manufatto nettamente distinguibile al di sopra di quello esistente determinando una apparente continuità volumetrica che definisce, nel distacco tra le due parti, una nuova configurazione dell’edificio: un costruire sul costruito che sonda registri espressivi analoghi o differenti ma in qualche misura alludenti a una possibile, anche se mediata, unità volumetrica.

Il terzo orientamento – di impatto modificativo elevato – anche questo riconducibile a una serie di exempla presenti in letteratura (Grassi, 1988), si può nominare come “costruire in prosecuzione dell’antico”, estrude il manufatto in continuità con le tracce delle antiche vestigia non distaccandosene se non per la variazione dei materiali e la riconoscibilità delle parti ma assumendone non tanto il registro formale e decorativo (ricadendo nel caso del ripristino o peggio del falso) quanto vieppiù la sintassi regolativa. Le scansioni, il ritmo delle bucature, le assialità, le spazialità interne.

Il confronto tra opzioni

La sperimentazione progettuale alla luce dei presupposti teorico metodologici prima annunciati e descritti ha quindi perlustrato tre differenti soluzioni che sondassero e verificassero in corpore vili la maggiore o minore efficienza e adeguatezza al caso preso in esame, secondo molteplici parametri e requisiti (dall’uso, alla praticabilità tecnica e normativa, alla sostenibilità energetica, alla efficienza sismica, al grado/ impatto di modificazione indotto, etc…) fermo restando la dignità scientifica degli approcci adoperati. Dopo una prima fase di processo dei materiali di base ancora non puntualmente verificati e sistematizzati dalle attività di rilevamento messe in campo si è passati alla elaborazione1 compiuta delle tre ipotesi che messe a confronto, secondo

la recente metodologia comportativa proposta da Martin Boesch e da altri (Boesch, Lupini, Machado, 2017) consentono una chiara articolazione e valutazione degli esiti, delle potenzialità, dei limiti e dei caratteri distintivi sul piano formale e urbano che ognuna porta con sé.

La prima soluzione, in applicazione della teoria del “costruire un riparo all’antico”,

toward the garden. Moreover, on the main and later lateral side, some stone decorations can be seen, such as the portal, the shelves on the main floor and some squares of the rooms open on the street. With respect to such a rather shapeless conglomeration of ruin, but which underlies a clear formal now lost order, the theoretical assumptions to which reference are of various nature and orientation. Discarding a priori any hypothesis of reconstruction in style that would constitute a historical false and being impracticable in the absence of sufficient iconographic and graphic documentation also the “museification of the ruins” left in the current state with minimal interventions as often happens in some contemporary ephemeral experiments/installations, closer to contemporary art than to architecture, the main options examined can be classified into three methodological guidelines which, as we will see below, will produce as many plausible and legitimate design solutions. Furthermore, the three orientations can be ordered according to increasing levels of modification corresponding to the same number of methodological-design attitudes in the “old-new” dialectic and referable to corresponding and alternative building typologies in the interaction with adjacent buildings in the aggregate.

The first orientation – of low modifying impact – that can be defined as “building a shelter to the old” through an elementaryist addition distinguished by shape and used elements, works by rejection and estrangement by introducing new recognizable elements into the building that draw to a syntax different from that of the existing building – which covers and gives new meaning at the same time – although referable to it in the revival of the main alignments, layers and planimetric imprint.

The second orientation – of medium modifying impact – that can be defined as “building above the old”, instead operates according to a different strategy in placing a new artefact clearly distinguishable from the existing one, determining an apparent volumetric continuity that defines, in the detachment between the two parts, a new configuration of the building: a construction over the existent that investigates analogous or different expressive registers but to some extent alluding to a possible, even if mediated, volumetric unit.

The third orientation – of high modifying impact – also referable to a series of exempla present in the literature (Grassi, 1988), can be interpreted as “building in continuation with the ancient”, extrudes the artefact in continuity with the traces of ancient remains not detaching, unless the variation of the materials and the recognizability of the parts, but assuming not the formal and decorative register (falling in this way in the case of restoration or worse of the forgery) but more the regulatory syntax. The scans, the rhythm of the windows, the axialities and the internal spatiality. Comparison of options

The design experimentation on the basis of the theoretical methodological assumptions above described has

340 liberato il rudere da aggiunte incongrue, dalla vegetazione infestante e dai materiali 341

non ricomponibili e previo restauro e/o integrazione dei paramenti murari e lapidei mancanti, predispone una copertura innalzata sino alla presumibile quota di gronda originaria che, eliminando tutte le superfetazioni incongrue e rispristinando solo ove sia possibili assiti di impalcato, lascia, dopo gli opportuni interventi di consolidamento e conservazione previsti nel progetto di restauro (superfici di sacrificio, pulizia delle efflorescenze, etc…), le tracce dell’edifico preesistente lasciato allo stato di rudere. Un rudere/rovina che però in ragione della nuova copertura non solo viene protetto ma vieppiù risignificato come una loggia civica, un riparo tettonico, predisposto ad accogliere funzioni civili quasi un prolungamento cintato dello spazio pubblico che viene riconosciuto ed esaltato dalla presenza del grande “canopo” della copertura aprendolo alla vista del paesaggio (naturale e urbano) e parimenti rendendola possibile. La copertura in carpenteria metallica che seguirà la forma mistilinea delle murature perimetrali principali su via Frontespizio risvoltando lungo il muro di spina in corrispondenza dell’edificio adiacente lungo la prosecuzione di vico I Roma è sostenuta sul perimetro da una doppia teoria di ieratiche colonne in calcestruzzo di adeguato diametro (per fronteggiare il carico di punta e fenomeni di instabilità) opportunamente discoste dalle murature esistenti e collocate in prossimità dei cantonali ad assecondare le rotazioni e le differenti giaciture dei fronti. Il volume del corpo scala viene recuperato e reso compiuto nella cimasa offrendo la possibilità di uno sbarco alla quota originaria con la realizzazione di una passerella metallica con assito in legno per esterni da cui poter osservare da un quota elevata l’assetto tipologico-materico del palazzo mediante la visione delle creste murarie consentendo inediti affacci sia verso il centro antico, sia verso la cattedrale nonché verso la vallata dei Limiti e in lontananza in direzione del paesaggio determinato dai sistemi montuosi posti a nord. In questa ipotesi la scelta è di realizzare uno spazio pubblico semiaperto e coperto polifunzionale con una foratura in corrispondenza dell’asse dell’ingresso a segnalare la presenza di un’originaria corte.