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I dispositivi concreti dell’agire didattico efficace: un campo da esplorare

di Alberto Agosti – Università di Verona

8. I dispositivi concreti dell’agire didattico efficace: un campo da esplorare

Si sono riportate esplicitazioni positive ed anche quelle negative, ed è tutta- via molto confortante constatare come accanto ai ricordi più spiacevoli, di cui bisogna comunque tener conto, gli allievi ne conservino molti, all’incontrario, gradevoli. Resta la curiosità sul… come. E può essere molto utile approfondire il perché di certe belle dichiarazioni, passando alla concretezza delle scelte dei docenti. Come si è già specificato, si è chiesto agli allievi di ricordare in che modo i loro insegnanti avessero favorito il sentimento di appartenenza, ovvero “quando” e “come” essi fossero riusciti, da professionisti dell’insegnamento, sia con i propri atteggiamenti, ma anche con oculate pratiche, a promuovere climi di classe positivi e produttivi sul piano del rendimento scolastico. Que- sto patrimonio di pratiche in parte già si intravvede nelle esplicitazioni degli allievi: “In seconda ero con la professoressa di Italiano e decidemmo di or-

ganizzare un laboratorio di teatro. Alla fine dell’anno mettemmo in scena ‘I promessi sposi’, un romanzo che ricordo ancor oggi molto bene in tutti i suoi dettagli. La cosa ci impegnò moltissimo: occupava alcune ore di lezione e poi i pomeriggi. Ma lo facevamo tutti molto volentieri: ognuno aveva un suo spe- cifico ruolo. Fu molto divertente sia la preparazione sia la messa in scena! Ci aiutò anche molto a legare tra di noi, ma soprattutto, come scrivevo sopra, fu una modalità che mi permise di apprendere molto bene i contenuti”. “Quando ero alla scuola primaria, la mia insegnante di scienze ci propose una moda- lità molto originale per conoscere e studiare le trote: tutti insieme abbiamo realizzato un acquario e in esso abbiamo iniziato ad allevare questi pesci. Col tempo da uova sono cresciuti e si sono sviluppati, finché quando abbiamo sta- bilito che fossero pronti, li abbiamo insieme liberati nel fiume che scorre nel nostro paese vicino alla scuola. Ogni alunno ha liberato un cucciolo di trota e le maestre ci hanno chiesto di dare un nome al ‘nostro’ animaletto. Termi- nata l’esperienza abbiamo realizzato un libretto di classe in cui raccontava- mo l’insieme di conoscenze acquisite su questi animali”. “Il mio insegnante di Scienze umane, invece di adottare un testo da studiare, decise di ‘farcelo fare’ a noi. Quindi scelse diversi argomenti da affrontare, ci divise in gruppi, ciascuno dei quali aveva un argomento diverso e doveva fare una ricerca al riguardo. Dopo la correzione da parte dell’insegnante, queste ricerche veni- vano unite a formate un libro; con una copertina, un indice e delle immagini. I benefici di tale ‘invenzione’ credo stiano nell’attivazione del soggetto nel fare ricerca, nell’interessarsi all’argomento e nella creatività nell’elaborare e nel- lo scrivere il testo”.

9. In sintesi

Si sono proposti alcuni lacerti ritenuti significativi, tra i molti esplicitati da- gli allievi, nella certezza che attingere alle loro memorie scolastiche può coin- cidere con il disvelamento di un patrimonio di buone pratiche, spesso inventa- te da docenti particolarmente appassionati del loro lavoro. L’intento di questo scritto era quello infatti di indicare alcune vie percorribili per l’empowerment professionale tra gli insegnanti. Un empowerment che si può realizzare attra- verso la scrittura da parte degli allievi e la lettura attenta, da parte degli inse- gnanti, delle loro scritture; attraverso il dialogo tra i primi e i secondi, o tra gli insegnanti tra di loro, magari dopo la visione di un film che abbia come sfondo la scuola, oppure la lettura condivisa di qualche buon libro. Tutti dispositivi ed occasioni per la pratica di un rispecchiamento destinato, auspicabilmente, a mi- gliorare sia la qualità delle relazioni, e di conseguenza il livello di benessere, sia la quantità, ma soprattutto qualità degli apprendimenti, il più interessante risultato sia per gli allievi sia per gli insegnanti. In fin dei conti troppo spesso si dimentica che i primi e i secondi sono chiamati a vivere in un rapporto che dovrebbe valorizzarli entrambi.

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Diversi contributi pubblicati nell’ultimo decennio presentano uno stato di “sofferenza degli insegnanti” (Lantehaume e Hélou, 2008) e l’avvio di un pro- cesso di de-professionalizzazione (Wittorski e Roquet, 2013; Maroy e Cattonar, 2002; Maubant, Roger e Lejeune, 2013) che costituiscono un reale impedimen- to per un positivo sviluppo professionale. Tra le cause, che maggiormente in- ducono un senso di depotenziamento rispetto alla propria possibilità di agire, si ravvisa la riduzione del senso di autonomia e di decisionalità progettuale derivante dal crescente rilievo assegnato alla valutazione dell’apprendimento attraverso l’uso di standard nazionali ed europei. Questa traiettoria valutativa supporta un’interpretazione causalistica tra insegnamento e apprendimento e alimenta negli insegnanti la percezione di essere “preparatori alle performan- ce” anziché “facilitatori di apprendimento”. Nei casi in cui la valutazione ba- sata su standard venga estesa anche alla professionalità docente aumentano gli atteggiamenti di difesa e di tutela del sé (Paquay et al., 2010), sicuramente non pertinenti con la visione di un professionista che “è in ricerca” (Beillerot, 1991) e che procede, prendendo anche dei rischi, attraverso un continuo “questionne- ment pratique” (Richardson, 1994). La percezione del sé professionale è sem- pre più simile a quella di un “buon esecutore”, colui che si concentra solo sul raggiungimento di traguardi definiti mettendo in atto un processo di pragma- tizzazione dei modelli teorici proposti dai ricercatori universitari o di colui che applica buone pratiche riconosciute da esperti esterni alla scuola.

Una seconda causa che alimenta la difficile costruzione di un sé professio- nale è ravvisabile nel moltiplicarsi di situazioni alle quali l’insegnante deve far fronte, sviluppando continuamente le proprie competenze per gestire gruppi di progetto, partecipare a commissioni con diversi obiettivi e problemi da affron- tare, relazionarsi con il territorio, far fronte a situazioni difficili con i genitori. Ridurre il peso che simili problematiche creano ai docenti è compito sia politi- co sia formativo.

8. “Di problema in problema”: un processo