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Le questioni di ricerca

di Patrizia Magnoler

2. L’esperienza di ricerca

2.2. Le questioni di ricerca

La rilettura dell’intero percorso di ricerca-formazione effettuata al termine di tutte le attività ha consentito di individuare la successione dei temi indagati che possono essere sintetizzati in tre domande. Queste sono emerse dagli inse- gnanti durante gli incontri in piccolo e medio gruppo e hanno costituito l’origi- ne delle diverse traiettorie di indagine.

Prima domanda: “Come possiamo capire meglio le nostre pratiche di inse-

gnamento? che cosa dobbiamo cambiare per migliorare l’insegnamento nel ri- spetto delle indicazioni Ministeriali?”.

Dal primo anno di raccolta dei dati e dall’analisi dei 15 video effettuata con i 5 insegnanti è emersa la presenza di “configurazioni dell’attività collettive” e di formati pedagogici riconosciuti anche dal medio gruppo, compresa la modalità con la quale si gestisce la domanda e l’intervento dell’alunno.

Una configurazione condivisa è rappresentata nell’immagine sottostante e le insegnanti riconoscono in questa sequenza di attività la strutturazione tipica di una lezione, ne condividono la validità rispetto al coinvolgimento dell’alunno. Ad esempio, per introdurre il tema della sessione di lavoro, le insegnanti creano differenti formati che si ripetono frequentemente durante il loro insegnamento. Se ne possono descrivere tre:

1. presentare agli allievi dei materiali con l’obiettivo di far emergere domande da parte degli alunni,

2. creare un’esperienza di immersione reale (esperienza) o di immersione vir- tuale (drammatizzazione…),

3. raccogliere le conoscenze esistenti negli allievi sul tema (conversazione cli- nica, dialogo collettivo…) per poi introdurre lo sviluppo della tematica. Riguardo alle ragioni che guidano queste scelte ve n’è una condivisa tra gli insegnanti: è necessario coinvolgere emotivamente e cognitivamente gli alun- ni, sollecitare curiosità, valorizzare quello che già sanno. Un’insegnante affer- ma: “l’alunno si deve meravigliare perché è da questo che nasce il desiderio di apprendere…”, una seconda, riferendosi ad un momento di raccolta delle idee, afferma “Quando gli alunni raccontano quello che già sanno io chiedo di spiegare come lo hanno imparato …ogni bambino formula una idea ed io la

registro alla lavagna così le possiamo confrontare tutti insieme”(Intervista del 13/01/2014).

La seconda attività, “Raccogliere le idee, le domande degli allievi” è la con- seguenza naturale della prima attività: gli insegnanti sollecitano la riorganizza- zione delle conoscenze e delle domande emerse per rilanciare e specificare su quale “oggetto di conoscenza” gli allievi vorrebbero concentrare la loro atten- zione. Dal video di R. si riporta, quale esempio, la domanda posta agli alunni: “… ora che cosa vorresti approfondire per quanto riguarda questo argomen- to?”. È a questo punto che vengono proposti agli alunni diversi materiali che presentano molteplici apporti alla conoscenza del tema (scientifici, storici, geo- grafici…). Anche a questa attività è sottesa una convinzione condivisa: per svi- luppare una “conoscenza critica” è necessario prendere in esame diversi punti di vista e per farlo bene, è necessario che gli alunni acquisiscano un metodo di ricerca e di riorganizzazione delle informazioni. Una insegnante si esprime così: “Vorrei che il bambino arrivasse a questo, ossia avere diverse prospetti- ve in un argomento, per costruire una conoscenza più completa” (intervista del 27 febbraio 2014).

Fig. 1 – Esempio di configurazione dell’attività collettiva.

Raccogliere le idee e le domande degli alunni Ricostruire il sapere / la risposta a partire da diverse risorse Introdurre la tematica Controllo degli apprendimenti Sintesi delle conoscenze

L’attività successiva avvia la sintesi del processo di conoscenza e viene re- alizzata dagli alunni

• individualmente (anche con l’aiuto dell’insegnante),

• a piccoli gruppi elaborando degli schemi, mappe, serie di appunti, • a livello di classe (mappa visibile a tutti).

Per quest’ultima modalità un’insegnante, appartenente al medio gruppo, ri- corda “Poi alla fine, dopo aver osservato, rilevato, discusso ed analizzato, ab- biamo pensato di riassumere, secondo le loro idee, secondo quello che ormai erano riusciti a capire, abbiamo fatto una mappa”.

Questa attività viene interpretata dagli insegnanti anche come meta-model- lo: è utile per costruire un metodo di lavoro da poter riutilizzare in situazioni simili. L. afferma “Io vorrei che ogni allievo pensasse a questo schema [di lavo- ro, NdR] e quindi lo usasse quando va ad affrontare ogni argomento” (intervista del 22 gennaio 2014).

Infine vi è un momento di controllo delle conoscenze apprese attraverso una discussione collettiva, la rilevazione di questioni non ancora chiarite e il rilan- cio verso un’altra fase di conoscenza.

Durante le sedute di auto-confronto emergono però i problemi non percepiti nella fase progettuale e di azione in classe. Gli insegnanti rilevano che, a fronte delle loro intenzioni, la loro attività mette in evidenza che

• usano molto tempo per raccogliere le opinioni, le domande degli allievi ma che spesso, l’aver già predisposto un certo tipo di materiali, non consente di effettuare una reale ricerca sui quesiti posti dalla classe, quindi questo for- mato è valido per la motivazione ma non per l’effettiva ricaduta su una ela- borazione delle questioni,

• le domande che pongono agli allievi sono prevalentemente “a risposta atte- sa” e quindi poco generative per far avanzare la conoscenza,

• i materiali che usano per la lezione non li soddisfano e sono molto incerti sul loro valore per facilitare l’apprendimento. Proprio dai dubbi su questo tema, condivisi dal medio gruppo, è iniziata la seconda fase della ricerca.

L’analisi delle pratiche didattiche ha supportato un modo diverso di guar- dare all’azione. Come afferma un’insegnante “[il percorso di ricerca] … ti fa riflettere su qualcosa che altrimenti non faresti […] a me ha fatto capire ciò che facevo. Perché per me era routine. Anche questo. La riflessione così profonda non si fa” (autoconfronto del 23/06/2014).

Sulla base delle osservazioni finali si è proceduto con un momento più formativo che permettesse ai docenti di conoscere e sperimentare diverse tecniche per far emergere la conoscenza degli allievi, porre domande gene- rative, gestire con maggiore efficacia il tempo e la comunicazione in aula, creare un ambiente di discussione e di sperimentazione su compiti comples-

si, riducendo di fatto la ripetizione di formati pedagogici in modo automati- co e acritico.

I ricercatori, nel frattempo, avevano osservato diverse problematiche sul tema della scelta dei mediatori didattici, in parte dovute ad una semplificazione eccessiva della storia presente nei testi adottati per le classi, in parte derivate dalle riviste specializzate per gli insegnanti che sono diffuse a livello naziona- le. Da questa difficoltà espressa e condivisa all’interno del gruppo di ricerca ha preso avvio una seconda traiettoria di lavoro.

La seconda domanda è stata così posta dagli insegnanti: “Come selezione

‘in modo corretto’ i materiali per favorire un apprendimento significativo ne- gli alunni?” Questo interrogativo rimanda a un altro problema posto dagli in- segnanti: se e come utilizzare i manuali scolastici che non ritengono “di buona qualità”. Questo dubbio è condiviso anche dai ricercatori che nel frattempo ave- vano analizzato circa 30 manuali di storia per la scuola primaria per compren- dere quali motivi inducessero gli insegnanti ad essere così critici nei confronti della manualistica.

Tutti gli insegnanti sono stati perciò implicati nell’analisi dei manuali con il compito di individuare degli aspetti che non ritenevano adeguati, per poi elabo- rare le proposte di cambiamento. Si ritrova, tra le interviste del secondo anno, la presenza di dubbi e riflessioni: “ora… quando penso ai materiali mi creo una serie di problemi. Prima li sceglievo spesso in base ad alcuni criteri… se erano piacevoli, motivanti… sempre tenendo conto dell’obiettivo, ora è più compli- cato…” (intervista del 27 febbraio 2014).

Per aiutare a trovare altri criteri i ricercatori hanno proposto agli insegnanti di utilizzare alcuni mediatori didattici multimediali non creati appositamente per la scuola. È stata suggerita una presentazione multimediale validata da una comunità internazionale di ricerca sulla storia2 che permette di rivisitare i temi

già ipotizzati nelle progettazioni dagli insegnanti.

Si è potuto riscontrare che la diversità del mediatore, per la sua complessità intrinseca, non consentiva di recuperare in modo automatico le spiegazioni ri- duttive contenute nei manuali e non favoriva una modalità di spiegazione line- are. I docenti hanno dovuto riorganizzare le loro pratiche e si è notato:

a. un cambiamento a livello di progettazione: l’insegnante non ha selezionato solo una serie di attività in successione ma ha focalizzato i nuclei di cono- scenza e analizzato quali e quante informazioni fornisce il mediatore, po- nendosi in modo esplicito domande (quali altri materiali potrebbero aiutare gli studenti a chiarire il tema affrontato? Come questi materiali “rendono chiaro” il concetto/problema proposto?);

b. una diversa configurazione della lezione e delle domande poste dall’inse- gnante. Gli alunni hanno analizzato le informazioni contenute nel video, posto questioni, elaborato ipotesi. L’insegnante ha raccolto le ipotesi, ripre- so le discussioni collettive e ha evidenziato i nodi, le questioni emerse, per proporre, in un momento successivo, un processo di ricerca;

c. un nuovo interesse dell’insegnante rispetto allo studio della disciplina3. È

esemplificativo questo commento “Devo studiare! Perché per pensare ad un ambiente di apprendimento ricco, complesso, motivante, devo essere sup- portata da una conoscenza profonda della disciplina. Se non ce l’ho, risulta difficile anche problematizzare le misconoscenze che ci propongono gli al- lievi e i manuali con cui ci confrontiamo” (auto-confronto del 03/09/2015). Si nota inoltre una nuova visione della storia e del suo insegnamento: “… non avevo mai riflettuto, mai così profondamente né sugli indicatori temporali, spaziali, sul concetto di tempo nel suo profondo significato…”. Anche in questo caso l’analisi di quanto accaduto ha portato con sé alcune considerazioni: l’insegnamento è un sistema e la comprensione del suo funzio- namento può essere alimentata dal modificare un elemento (in questo caso il mediatore) per poi esplorare quali effetti si possano registrare sia sugli alunni sia sui docenti. Lo sviluppo di un atteggiamento competente negli allievi è con- nesso anche allo spazio di libertà conoscitiva e interpretativa consentita dalla mediazione ipotizzata dall’insegnante.

Dallo studio progressivo della disciplina e dalla constatazione che la realiz- zazione di compiti più complessi e con mediatori digitali richiedeva un tempo maggiore rispetto alle solite routine di insegnamento, è nata la terza domanda: “Come selezionare i nodi epistemologici corretti in funzione dello sviluppo del- le competenze?”.

Il gruppo di 25 insegnanti, accompagnati dai ricercatori, ha deciso di agire in due direzioni:

a. analizzare le attività di diversi insegnanti ponendole in relazione ai traguardi di apprendimento previsti nelle Indicazioni Nazioni (alcuni sono visibili nel riquadro sottostante) per procedere poi a comprendere insieme come le varie attività conducono l’alunno verso quel traguardo, con quale logica possono essere riviste (riattraversano lo stesso nodo epistemologico? Sono in succes- sione tra loro? Quali sono risultate più efficaci e in rapporto a che cosa?); b. confrontare le proprie attività di insegnamento con un curriculum elabora-

to da un esperto de geo-storia per scoprire come venivano affrontati alcuni temi in funzione dello sviluppo della competenza “orientarsi nel divenire 3. In Italia gli insegnanti della scuola primaria possono essere titolari di tutte le discipli- ne e questa condizione non sempre facilita l’acquisizione di una buona conoscenza disciplinare.

TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE FISSATI DALLE INDICA-