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Una ricerca sul modello ecologico relazionale a scuola

di Laura Clarizia

1. Una ricerca sul modello ecologico relazionale a scuola

L’ipotesi qui proposta ha una base empirica in precedenti ricerche regio- nali (Clarizia, Di Lieto, Lombardi e Quatrano, 2009, pp. 147-159) e naziona- li (Clarizia, Lombardi e Quatrano, 2011, pp. 211-253; Clarizia, Lombardi e Quatrano, 2012), che hanno indagato, da un lato, le prevalenti modalità dell’a- gire didattico, dall’altro, le prevalenti percezioni degli studenti di star (più o meno) bene, sul piano cognitivo, emotivo, relazionale, a scuola.

Si tratta di un complesso progetto di ricerca relativo alla professionalità do- cente che, su un piano locale, è riconducibile a tre progetti di ricerca FARB, di cui sono stata responsabile, mentre sul piano nazionale, ad un PRIN (2007-09), coordinato dall’Università degli studi di Padova, con la partecipazione delle Università di Bergamo, di Roma 3 e di Salerno, della cui unità di ricerca sono stata responsabile.

Il percorso di ricerca seguito dall’Unità di Ricerca di Salerno ha riguardato la traduzione operativa, per la parte di propria competenza, del più ampio pro- gramma di ricerca d’interesse nazionale sulle forme entro cui si manifesta la funzione docente tra percezioni e attese degli studenti, da una parte, e rappre- sentazioni ed esercizio di ruolo degli insegnanti dall’altra.

La nostra è stata, dunque, un’indagine intorno alle competenze così come autopercepite e/o agite dal docente e al modo in cui sono percepite e valutate (presenti e positive o assenti e/o inadeguate) dagli studenti.

La costruzione del campione (docenti/studenti) delle scuole secondarie di secondo grado, coerentemente con le altre unità di ricerca, è stata realizzata attraverso la definizione di un disegno di campionamento a grappoli e ha ri- guardato le competenze disciplinari, le competenze pedagogico-didattiche, le competenze comunicativo-relazionali e, infine, le competenze etico-personali- deontologiche del docente di scuola secondaria.

Per la rilevazione delle competenze così come nella professionalità docen- te sono agite/autopercepite/dichiarate si è utilizzato un protocollo d’intervista che includeva circa quaranta item con risposte a intensità scalare, cui facevano seguito alcune domande a risposte libere, oltre alla specificazione dei caratte- ri socio-anagrafici; le sollecitazioni proposte riguardavano: la consapevolezza delle scelte educative relative ai modelli pedagogici di riferimento, le modalità di relazione con i propri allievi, la capacità di modulare l’offerta formativa in rapporto agli input degli studenti, l’orientamento alla ricerca in ambito disci- plinare e all’ampliamento del proprio patrimonio di conoscenze, la capacità di motivare all’apprendimento e di valorizzare le attitudini degli studenti, la valu- tazione rispetto alla comprensibilità dei contenuti proposti, l’uso strategico di metodi e materiali didattici, la capacità di stabilire una clima relazionale posi-

tivo con gli allievi ma anche con i genitori e i colleghi, la trasparenza e la tem- pestività nella valutazione dei livelli di apprendimento.

Va subito precisato che, in tale ricerca, si è consapevolmente privilegiato un approccio fenomenologico, ermeneutico e narrativo, ritenendolo ineludibil- mente connesso alla stessa nozione di identità, di quell’identità (professionale) che volevamo ricercare.

L’identità, infatti, emerge come identificazione di una persona (nel suo

ruolo) ed è, anche per il docente, connessa alla nozione di narratività: se l’i-

dentità è il racconto della storia di una vita (Cavarero, 1997), l’identità profes- sionale del docente ha molto a che fare con il racconto che, del suo ruolo, a sé e agli altri fa il docente stesso.

In questo senso, al di là delle (significative) discrepanze emerse dall’incro- cio dei dati (docenti/studenti) resta rilevante l’autorappresentazione di ruolo così come raccontata a sé e agli intervistatori dal docente stesso.

Resta, in ogni caso, significativa la tensione comunicativa autobiografica che ha guidato i docenti intervistati a ricercare (e a raccontare), attraverso la scelta di risposte coerenti e sensate, la propria (autopercepita) identità professionale.

Chi sono? Si è chiesto il docente rispondendo alle domande del questionario. Sono come vorrei essere, come potrei essere? Come dovrei essere?

È questo l’interrogativo che ha guidato il processo narrativo del docente mentre rispondeva alle domande proposte nel questionario.

Non solo.

L’identità è sempre in difficile, a volte, precario equilibrio tra proces- si di auto- narrazione e processi di etero-narrazione, tra tendenze alla conti- nuità e spinte al cambiamento; è, in qualche modo, l’esito di un processo di

negoziazione tra la persona e il contesto e, quando in tale transazione si generi

un conflitto, il conflitto può risolversi solo in un’autonarrazione che consenta la conservazione dell’autostima. Così, le discrepanze rilevate nell’incrocio dei dati docenti/studenti trovano una parziale giustificazione all’interno della stessa categoria concettuale di identità, che si costruisce sempre anche in modo tale da mantenere alte le ragioni giustificative della propria autostima.

La ricerca ha evidenziato che gli aspetti della comunicazione intergenera-

zionale didattica più a rischio di criticità (rispetto alla possibilità che la scuola

presenti un clima relazionale positivo e di promozione di un apprendimento felice e maturativo) sono proprio quelli che vedono maggiormente coinvolte dimensioni interpersonali quali le competenze (nelle nostre ricerche, definite) comunicative relazionali.

Nel complesso i docenti in servizio intervistati si erano dichiarati soddisfat- ti delle competenze possedute, mentre il confronto con le risposte date dagli studenti a domande del questionario in qualche modo correlate e di controllo

aveva lasciato emergere un quadro meno positivo della professionalità docente così come agita o, almeno, così come percepita (o dichiarata) dagli studenti, rispetto a dimensioni ritenute essenziali.

Ciò sembra confermato per tutte le aree considerate, ma emerge soprattut- to per quelle dimensioni (emozionali, affettive, motivazionali, valutative) della professionalità docente più strettamente veicolate attraverso la comunicazione e la relazionalità interpersonale- intergenerazionale.

La comunicazione interpersonale (considerata strutturale e formativa dell’i- dentità personale del docente come dello studente) si presenta, infatti, sempre correlata alle personali interpretazioni sui processi comunicativi agiti/subiti.

In tali processi ognuno tende a ricercare una coerenza significante in virtù del- la quale racconta a sé e agli altri (dai quali è anche raccontato), ciò che è (ibidem). È nella situazione scolastica che si forma il proprio personale livello di congruità-identità professionale, per il docente, e scolastica, per lo studente; ed è in quest’ottica che la ricerca, nell’implicita possibile correlazione tra identità- comunicazione interpersonale e agio/disagio scolastico, riporta in primo piano la responsabilità intergenerazionale (etico-deontologica) del docente.

Il fil rouge rinvenibile nella ricerca è che il personale livello di congruità e agio/incongruità e disagio (professionale) del docente ne influenzi anche la competenza comunicativa, riconosciuta quale competenza strutturale volta al riconoscimento precoce e alla prevenzione di forme di disagio scolastico, atti- vate o sostenute nella comunicazione didattica docente/ studenti, nella comuni- cazione docente/ genitori, nelle comunicazioni scolastiche intragenerazionali, all’interno del gruppo classe.

D’altra parte, la comparazione dei dati docenti/studenti non ha avuto tanto l’obiettivo di “controllare” le competenze “oggettivamente” possedute dai do- centi quanto quello di far emergere il punto di vista, lo sguardo osservativo de-

gli studenti sui loro docenti.

Recentemente Maria Grazia Riva, richiamando Freud, ha sottolineato gli aspetti emotivi e affettivi, comunque implicitamente presenti nella relazione degli studenti con i loro insegnanti, sui quali si riversa una sorta di “transert genitoriale”.

Di qui la studiosa ribadisce: “Diventa necessario acquisire consapevolezza delle dimensioni relazionali, affettive ed emozionali perché esistono, creano correnti più o meno sotterranee che incidono moltissimo sull’apprendimento e sullo sviluppo cognitivo” (Riva, 2005, p. 29).

Sono state proprio le discrepanze emerse dalla comparazione dei dati (docenti/studenti) a rendere pedagogicamente produttiva la ricerca e a indicar- mi possibili percorsi formativi iniziali ed in itinere per la professionalità docen- te, focalizzati proprio sulla comunicazione intergenerazionale.