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Sviluppo professionale, stare bene a scuola, e lavorare con maggiori risultati: dove e come trovare idee?

di Alberto Agosti – Università di Verona

2. Sviluppo professionale, stare bene a scuola, e lavorare con maggiori risultati: dove e come trovare idee?

Se comunque il binomio “sviluppo professionale” può essere riferito all’in- tero ventaglio di competenze relativo alla figura del docente, può risultare uti- le prendere in considerazione, nell’ottica del servizio verso il docente stesso, quelle che maggiormente gli consentano di gestire al meglio il clima della clas- se, nell’idea che ad una buona qualità di tale clima possano corrispondere sia un benessere che sia tale per gli studenti, ma anche per i docenti, sia un buon rendimento sul piano più prettamente scolastico. Questo significa aiutare gli insegnanti ad individuare quali possano essere gli atteggiamenti e le pratiche più adatte in ordine agli obiettivi appena indicati. Significa anche lavorare alla ricerca di quei dispositivi che verosimilmente si rendano efficaci al conteni- mento di quel disagio/malessere che sembra interessare in misura crescente la realtà della scuola e che vede come protagonisti e vittime insieme sia gli stu- denti, sia gli insegnanti. È soprattutto a contatto con i pratici che, in atteggia- mento di ascolto attento e partecipe, si possono cogliere segnali, numerosi e di varia tipologia, di un disagio crescente, più o meno profondo, che abita nella scuola d’oggi e che sovente rende il lavoro per gli insegnanti particolarmen- te pesante3. Dai lacerti riportati in nota, si evince che anche l’appesantimento

3. Durante un’intervista, effettuata nell’ambito di una ricerca sull’impiego delle tecnologie digitali a scuola, un’insegnante ha modo di proferire parole assai significative (si riportano tre

amministrativo e burocratico che ha conosciuto la scuola in particolare negli ultimi due decenni, la compilazione di una serie di documenti un tempo non ri- chiesti, nonché l’introduzione di strumenti per il monitoraggio e la misurazione degli apprendimenti, e quindi per il miglioramento della didattica, non si sa se alla fin fine davvero sortiscano gli effetti previsti e se si traducano in un reale potenziamento della professionalità dell’insegnante, oppure all’incontrario co- stituiscano un appesantimento ulteriore. Si ha l’impressione di un clima sco- lastico sempre più connotato da ritmi convulsi, che sottraggono spazi ritenuti vitali in rapporto alle esigenze di allievi, sempre più bisognosi di una scuola che certamente “insegni”, ma anche abbia la possibilità di offrire quegli spazi di accoglienza, di ascolto che sempre più sembrano ridursi, fino quasi a scom- parire, nei luoghi extrascolastici, in primis quello della famiglia. Se da un lato occorre lavorare per una scuola meno convulsa, compulsiva si potrebbe addi- rittura dire, soprattutto per quanto riguarda le pressioni burocratiche, al tempo stesso occorre però pensare a innovazioni didattiche che rendano l’azione in- segnativa magari più distesa, ed umana, e al contempo maggiormente efficace. La letteratura divulgativa, ma non per questo da sottovalutare rispetto a quella scientifica, a questo proposito, è assai corposa, e può costituirsi come valido supporto per letture e riflessioni condivise tra insegnanti. Numerosi sono gli autori, spesso anche insegnanti, che hanno dedicato le loro scritture a tratta- lacerti): «Eh sì, una volta eravamo forse più insegnanti, educatori, adesso devi essere burocrate, perché anche quello ti porta via un sacco di tempo, cioè ti delegano. Per le gite devi organizzarle in tutto e per tutto tu, eh sì, ma io non sono mica un amministrativo! Non è che a te amministra- tivo io porto le verifiche da correggere! È vero che adesso ci sono le mail, però dopo devi fare e devi compilare, e devi portare, dopo di che c’è la dematerializzazione, ma qui non serve solo che tu mandi via mail, vogliono anche il cartaceo! Dopo che hanno il cartaceo, l’hanno perso… e poi il registro, un sacco di cose e un sacco di tempo che la burocrazia ci porta via. Poi dobbiamo giu- stamente avere i contatti con lo psicologo, che è giusto, ma mentre una volta avevi un bambino con problemi, adesso ne hai tre o quattro da seguire, e poi anche le classi sono belle numerose! Però non sono le classi numerose in cui riesci a lavorare, e cioè, come ti dico, è anche fisico l’im- pegno! Quindi la maestra che sta seduta alla cattedra, almeno io, non ci riesco non sono quel tipo […] solo che è un serpente che si mangia la coda, più dai, meno acquisiscono; dovrebbe esser- ci un momento di equilibrio, dove ci fermiamo tutti e si attende. Ma il problema arriva anche da parte dei genitori: chi ha due classi, magari siamo sempre noi gli stessi da una classe all’altra, ci sono le mamme che controllano il quaderno di una classe e dell’altra e vedono che questi hanno fatto di più, questi di meno… ma quindi la classe è indietro, vuol dire che mio figlio è indietro! C’è un’ansia da parte dei genitori… Siam sempre tutti di corsa, per andare dove non so […] con la paura che tutto rientri in un certo protocollo, e questo non si può fare, e questo sì, ed è tutto così incanalato che se tu non fai qualcosa di creativo, qualcosa un po’ fuori, diventa come il millepie- di che gli chiedi come fa a camminare e nel momento che ci ragiona non cammina più. Questo perché non posso uscire, non posso far vedere la foglia caduta, e c’è il parco giochi davanti… Ti bloccano e quindi i bambini o non li porti fuori, o le foglie gliele porti tu, oppure vai fuori e torni e dici: meno male che non è successo niente!».

re di questioni di scuola. La lettura delle loro opere può costituire una via per comprendere quali siano i problemi che attraversano l’istituzione nell’attuale temperie culturale. Talvolta, presso alcuni autori in particolare, le visioni sono fin troppo allarmistiche e alla fin fine quasi del tutto o del tutto unilaterali, in senso sovente catastrofico. Spesso però accanto alla descrizione/denuncia dei numerosi mali che la scuola conosce nei giorni nostri, vi è anche lo spazio per il racconto di pratiche felici, che aprono alla speranza di un futuro migliore4.

Altra fonte preziosa è quella cinematografica. A comprendere le difficoltà che incontra l’insegnante oggi, più che un tempo, con allievi sempre più irrequieti, al limite della capacità di riconoscimento dell’autorità e quindi di rispetto, pos- sono aiutare anche alcuni ottimi testi filmici – presi criticamente in esame in testi di ricerca, come quello citato in nota, e proposti alla visione da parte degli insegnanti – come Il club degli imperatori (tit. orig. The Emperor’s Club) del 2002, del regista Neil Tolkin, Freedom Writers, del 2007, del regista Richard LaGravenese, La classe (tit. orig. Entre les murs, 2008) del regista Laurent Cantet, o ancora l’impegnativo The Detachment – Il distacco, uscito nel 2011 per la regia di Tony Kaye, o l’avvincente Class Enemy, del 2013, per la regia di Rok Bicek5. I problemi che si trova ad affrontare l’insegnante oggi sono appe-

santiti inoltre da una normativa a volte al limite dell’assurdo, che pone vincoli di ogni sorta nel nome del rispetto, giusto per indicare una dimensione ormai fattasi mito intoccabile, della privacy. Spesso inoltre è la “cultura” del contesto sociale in cui è inserita la scuola che impone, di fatto anche se non per iscritto, divieti a trattare temi riguardanti ad esempio la sessualità e più specificamen- te gli orientamenti sessuali, o temi particolarmente difficili come quelli delle malattie e della morte. In tema di sessualità vale la pena di citare il coraggioso

The History Boys, del 2006, per la regia di Nicholas Hytner, ed anche l’impe-

gnativo Il sospetto, diretto e prodotto da Thomas Vinterberg (2012), mentre 4. Tra i molti scrittori sulla scuola si ricordano Marco Lodoli, Eraldo Affinati, Giuliano Corà, Marco Rossi Doria, Paola Mastrocola, Alex Corlazzoli, Giuseppe Caliceti, Gisella Donati, Daniel Pennac, Rob Buyea, Mario Taglieri, Carla Melazzini, Angelo Fiore, Chiara Valerio, Giusi Marchetta, Domenico Starnone, Sandro Spreafico, Sandro Onofri, Silvia Dai Pra’, Giancarlo Visitilli, Edoardo Albinati, Arnaldo Colasanti, Marco Balzano. Utili guide per traguardare criti- camente le opere di questi ed altri autori che hanno scritto sulla scuola possono essere saggi di ricerca come quelli di Giuseppe Tacconi, il primo che si cita è «Dentro la pratica. La concomi- tante attenzione ai saperi disciplinari e al successo formativo degli allievi nel racconto di alcuni insegnanti-scrittori», in RASSEGNA CNOS, 2, XXVI, 2010, pp. 167-183, che evidenzia le buo- ne pratiche; il secondo invece è «Scritture rancorose sulla scuola», in Quaderni di didattica del-

la scrittura, 1-2, 2011, gennaio-febbraio, pp. 41-53. Cfr. anche di Cinzia Ruozzi, Raccontare la scuola. Testi, autori e forme del secondo Novecento, Loescher, Torino 2014.

5. Dei primi tre film citati tratto estesamente nel mio Pratiche didattiche sullo schermo. Per

esiste un film abbastanza recente, rispetto all’argomento della morte, di sicuro spessore: Monsieur Lazhar (2012), del regista Philippe Falardeau, che propone addirittura il tema del suicidio, quando quest’ultimo si presenta nello scenario scolastico. Abbastanza recentemente è comparso nelle sale cinematografiche un altro bel film intitolato Una volta nella vita (2014), della regista francese Marie-Castille Mention-Schaar, il cui titolo originale, Les héritiers, veicola l’i- dea della scuola come luogo in cui si può passare in eredità agli allievi, anche quando questi ultimi sono particolarmente riottosi verso l’offerta formativa, qualcosa destinato potenzialmente ad essere loro utile. Il titolo in italiano, per una volta tanto non del tutto arbitrario sebbene non fedele all’originale, si fa interprete di un messaggio altrettanto importante, quello che la scuola può co- stituirsi come luogo e tempo per esperienze conoscitive cruciali che gli allie- vi, uno volta cresciuti, non potrebbero più effettuare. Il cinema può costituirsi come un ottimo supporto per il rispecchiamento di insegnanti, allievi e genito- ri. Taluni film si prestano ottimamente ad essere visionati sia dagli insegnanti, sia dagli allievi, magari insieme. Sono i film che si potrebbero definire ‘trasver- sali’, da far vedere in alcuni casi anche ai genitori. Parlarne poi insieme, pra- ticando dibattiti sapientemente moderati, può costituire un’occasione di con- fronto assai proficua, in cui dar modo a tutti di sperimentare il punto di vista degli altri, mettendolo a confronto con il proprio.

Anche nella letteratura scientifica si trovano opere che prendono in consi- derazione i problemi che incontra l’insegnante oggi, un insegnante costretto a dover difendere, spesso, un riconoscimento verso la sua funzione che sembra venir eroso progressivamente. Quella dell’insegnante è una professione che al giorno d’oggi è assai difficile, poco remunerativa sia dal punto di vista eco- nomico, sia dal punto di vista della soddisfazione personale di chi la pratica. Il sentimento di profondo disagio, lamentato da parte dei docenti quando essi dichiarano che si sentono stabilmente in trincea, è sempre più frequente; i pro- fessionisti della scuola sono bersagliati dai “colpi” degli allievi6, ma anche dei

genitori e, purtroppo, anche dalle pretese delle autorità superiori. D’altra parte 6. Incisive le parole di Elio Damiano: «Oggi la sfida dell’insegnante è la “conquista” del- la classe, tutti i giorni riaperta e mai acquisita una volta per tutte. Tra i giovani insegnanti, chi arriva nutrendo aspettative per un lavoro stimolante – dedicarsi ai giovani e contagiarli con la gioia del sapere – scopre con disappunto, salvo il fortunato che si vede assegnare “buone clas- si”, che il mestiere consiste nel tenere la scolaresca, motivare gli alunni, adattarsi al loro livel- lo e togliersi certi grilli dalla testa. Un naufragio che segnerà a lungo, se non indelebilmente, la sua biografia professionale». (Damiano, E., L’insegnante etico. Saggio sull’insegnamen-

to come professione morale, Cittadella, Assisi 2007, p. 22.) Si veda anche Perla, L., Didatti- ca dell’implicito. Ciò che l’insegnante non sa, La Scuola, Brescia 2010, in particolare i para-

grafi Il disagio non dichiarato e Vox clamans in deserto: l’implicito del disagio di insegnare (pp. 85-86 e 164-182).

vi è chi si dimostra molto critico verso alcune pericolose derive, per cui questo stesso contributo, là dove proporrà l’ascolto degli allievi per migliorare la scuo- la, non va frainteso: facilitare la scuola non significa semplificare la didattica, nel senso di renderla più facile, come pure la necessità di assumere un atteggia- mento clinico, di ascolto, non deve intendersi come un comodo, ma deleterio, abbassamento di aspettative nei confronti degli allievi (Furedi, 2012).

L’idea comunque sulla quale si basa questo contributo è che promuovere lo sviluppo professionale vuol dire facilitare gli insegnanti ad attrezzarsi di nuo- vi dispositivi e a pensare a pratiche efficaci da attuare nel loro difficile com- pito di istruzione e di educazione delle nuove generazioni, aiutandoli anche a mantenersi nei solchi di una moralità che è sempre più messa a dura prova dalla temperie socio-culturale dell’oggi (Damiano, 2013)7. Esistono in verità

opere estese e contributi più agili, oltremodo apprezzabili, che già definiscono con chiarezza le caratteristiche di tali possibili pratiche e dispositivi, ma ac- quisisce un significato differente lo scoprirli o il riscoprirli con gli insegnanti. La ricerca in modo specifico è chiamata a far sì che siano gli insegnanti stessi a riconoscerli e ad individuarli. Daniela Maccario in un suo pregevole volume, in tema di competenze a scuola, dedica un passaggio quanto mai interessante all’importanza di coltivare nella vita di classe un clima di benessere ed è signi- ficativo che ella colleghi tale dimensione con quella dell’efficacia, a diversi livelli, delle pratiche insegnative. Centrale risulta essere, da parte degli allievi, il sentimento del sentirsi accettati, che «è fondamentale per provare senso di benessere e disponibilità nei confronti del lavoro scolastico, mentre percepir- si non accolti induce spesso malessere, difficoltà ad impegnarsi, talvolta sta- ti depressivi; in classe, gli studenti che si sentono ben inseriti generalmente hanno una rappresentazione positiva di sé e della scuola, lavorano ed appren- dono meglio rispetto a chi si sente a disagio» (Maccario, 2012, p. 98). Sono molteplici i suggerimenti che l’autrice indica: l’impegno attivo del docente a stabilire una relazione con ciascun singolo studente, a fargli percepire che gli si porta rispetto e considerazione. Come? Per esempio intrattenendosi con lui in tempi differenti da quelli delle attività didattiche; dimostrando e dichiaran- do apprezzamento per i successi in campo scolastico e non; chiedendo l’aiuto per la progettazione e l’implementazione delle attività da svolgere in classe. Anche il chiamare per nome gli studenti, il cercare il loro sguardo, il far capire che si è disponibili all’aiuto in caso di difficoltà e di errore, rientrano nel pano- rama di possibilità che l’insegnante può realizzare per ottenere un sentimento di appartenenza che concorra al benessere da parte dello studente stesso, ma forse anche del docente (ivi, pp. 99 sgg.). Suggerimenti si possono dunque già

trovare delineati in alcune pubblicazioni italiane e altre straniere. Ma ciò che ci si chiede è se l’invitare i docenti a confrontarsi, in tema di scuola, con la letteratura divulgativa e sul cinema, nonché sulla letteratura scientifica, maga- ri ponendosi come facilitatori per la presa di contatto con i suggerimenti con- tenuti in questi referenti, sia la strada maestra per un autentico empowerment da parte dei docenti stessi. Certo vi possono essere modi assai intelligenti di impiego di tali fonti per la promozione dello sviluppo professionale dell’inse- gnante, ma comunque si rischia di perpetuare un modello formativo a cascata, tutto sommato trasmissivo. Per cui c’è qualcuno che indica agli insegnanti li- bri scientifici, film, e, attraverso questi supporti, più o meno apertamente, sug- gerisce i comportamenti e le strategie da adottare e qualcuno che dopo aver ascoltato la “lezione”, si trova impegnato ad implementarli sul campo. Questo stesso contributo non è esente, verosimilmente, dal rischio di questa ambigui- tà, seppure le intenzioni siano differenti. Forse è più proficua un’altra via, che è quella della ricerca sul campo, scolastico in questo caso. Individuato uno o più problemi si possono trovare assieme alcune possibili soluzioni, sulla base magari dell’ascolto attento dei bisogni presenti nei docenti, nonché negli al- lievi. Perché infatti non coinvolgere anche loro nella ricerca?

3. La voce degli studenti attorno ad un concetto