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DISTRIBUZIONE DEGLI AFFARI E SPECIALIZZAZIONE

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 171-200)

Relatore:

dott. Giorgio VITARI

sostituto procuratore della Repubblica presso la Pretura circondariale di Torino

Tratterò la questione dell’organizzazione di gruppi di lavoro (o

“pools”; o sezioni, secondo la varia terminologia utilizzabile). Cer-cherò quindi di affrontare la scansione di problemi connessi con la realizzazione di tali gruppi.

In primo luogo è di tutta evidenza che la costituzione di grup-pi di lavoro è proponibile prevalentemente presso le Procure Circon-dariali più vaste quanto a competenza territoriale e più ricche di ma-gistrati addetti.

Inoltre la costituzione dei gruppi presuppone la risoluzione di alcuni problemi:

1) l’esistenza o meno di un “capogruppo”, 2) l’eventuale sua funzione e competenza,

3) la circolazione dei magistrati tra i vari gruppi, 4) la struttura complessiva del gruppo.

Vedrò di discutere questi aspetti, sulla base dell’esperienza ma-turata nella mia sede di lavoro (Torino), non prima però di aver af-frontato una questione preliminare ma essenziale per l’impostazione stessa della discussione, oltre che per la ricerca delle soluzioni: co-sa si vuole ottenere con la formazione dei gruppi di lavoro.

Delle difficoltà nelle quali si dibattono le Procure Circondariali è ovviamente inutile che io parli, potendomi limitare a richiamare precedenti relazioni ed in particolare quella del dirigente del mio uf-ficio, dr. Vladimiro Zagrebelsky.

La risposta al problema non deve però essere condizionata dall’obiettivo della mera sopravvivenza, dalla volontà cioè di sem-plicemente minimizzare il peso del lavoro dei magistrati.

Certe situazioni di crisi, pur nel grave disagio, hanno il vantag-gio di costringere a fare delle scelte: le scelte possono anche costi-tuire un fattore di profondo rinnovamento.

Sono convinto che la costituzione delle Procure Circondariali e il loro grave travaglio possa, se gestito in modo costruttivo, gettare le basi per un proficuo rinnovamento del rapporto tra giustizia e col-lettività.

La relazione del dr. Zagrebelsky ci ha mostrato come l’impossi-bilità (peraltro non nuova) di seguire nello stesso modo tutti i cessi possa essere tradotta non in un atteggiamento riduttivo del pro-blema, bensì nel tentativo di incanalare la risposta alla domanda di giustizia in modo più razionale che in passato.

Non diversamente si può ragionare per quanto riguarda i grup-pi di lavoro e la loro organizzazione.

I moduli di riferimento non possono che essere diversi, essendo diverse le opzioni di partenza.

Tradizionalmente (e quindi negli uffici inquirenti del vecchio co-dice) i gruppi di lavoro rispondevano a esigenze ben definibili:

- specializzazione dei magistrati (con conseguente risparmio di energie, potendosi evitare lo studio di troppe materie specialistiche:

ecologia, urbanistica, normativa anti-infortunistica, ecc.),

- specialità dei temi di indagine, oggetto del gruppo (criminalità organizzata, terrorismo, violazioni finanziarie, ecc.).

Le procure circondariali possono fare riferimento soprattutto al primo ordine di esigenze.

Ebbene, operando in tale ambito, non penso che la logica del ri-sparmio di energie, cioè quella della specializzazione del magistrato intesa come approfondimento di una materia con esclusione di al-tre, sia l’unica logica perseguibile e forse neppure la migliore.

Se, a fronte dell’enormità dei compiti cui sono chiamate le Pro-cure Circondariali, la risposta deve essere quella di individuare una razionale priorità nella trattazione dei processi, l’individuazione dei gruppi, la loro consistenza e struttura, debbono essere gli elementi che sostanziano le scelte di priorità.

I gruppi devono pertanto consentire di dare corso a quella poli-tica giurisdizionale che l’ufficio ritiene di dover perseguire (sul

sen-so di questa affermazione e per evitare equivoci, mi richiamo a quan-to osservaquan-to da Zagrebelsky).

Ne consegue quindi che i gruppi non potranno limitarsi a esse-re costituiti da magistrati, semplici ricettori di fascicoli attinenti ad una determinata materia, sulla quale si sono specializzati. Dovranno essere invece unità organiche, strutturate per il miglior raggiungi-mento dello scopo prefissato.

E’ quindi prevedibile che i gruppi debbano avere un coordina-tore, il quale dovrà attuare il modulo organizzativo stabilito, coor-dinare le risorse (umane e tecnologiche) a disposizione dell’ufficio nel suo complesso con le esigenze particolari del gruppo, assicurare l’omogeneità dell’attività dei sostituti che compongono il gruppo in relazione agli obiettivi.

L’equilibrio tra specializzazione del magistrato ed opportunità della sua rotazione appare in questo quadro più facilmente raggiun-gibile;

E’ opportuno a questo punto esemplificare riferendo dell’espe-rienza da me fatta presso la Procura Circondariale di Torino.

Mi sono occupato, quale coordinatore, della “sezione ecologica”

presso tale ufficio.

All’inizio abbiamo avuto a che fare con i problemi, gravissimi, dell’ufficio (scarsissima assistenza, locali del tutto inidonei all’attività e comunque gravemente insufficienti, una congerie di impegni pres-santi), aggravati, per quanto riguardava la “specializzazione”, dal fat-to che i magistrati componenti il gruppo non avevano, a partire da me, alcuna esperienza nel settore.

Le scelte che si proponevano erano sostanzialmente due:

il gruppo poteva assolvere la funzione di serbatoio di un certo tipo di procedimenti, a sostanziale beneficio degli altri colleghi che ne sarebbero stati esonerati, tentando al più di affrontare i procedi-menti più urgenti;

il gruppo poteva tentare una strada di collaborazione con altri uffici pubblici preposti alla tutela dell’ambiente, appoggiandosi quin-di alla competenza professionale quin-di questi.

Si è scelta questa seconda possibilità.

Dal Comune di Torino si è ottenuta la costituzione, all’interno

to” la formazione professionale di questo gruppo di vigili, facendo partecipare i componenti a vari corsi specialistici e affrontando i pro-blemi relativi alle modalità delle indagini e degli atti da compiere.

Dalla Provincia di Torino si è ottenuto il distacco di 3 ispettori ecologici (in futuro saranno 4), i quali hanno costituito il nucleo ini-ziale (a parte i magistrati) della sezione; ad essi si sono aggiunti due sottoufficiali della Polizia Municipale di Torino ed un carabiniere ef-fettivo.

La costituzione di tale gruppo di lavoro presso l’Ufficio della Pro-cura ha fornito il potere contrattuale per richiedere un locale idoneo ove allocarlo e la strumentazione necessaria all’attività. Abbiamo di-fatti dislocato un computer Olivetti M380 con un software gestiona-le di tutti i fascicoli processuali, un computer portatigestiona-le per gli atti fuori ufficio, un telefax.

La Procura si è attivata con un successo per far riconoscere agli ispettori la qualifica di ufficiali di P.G.

In sostanza il lavoro del gruppo si articola in tal modo:

la notizia di reato viene “filtrata” dal coordinatore che l’asse-gna ad un magistrato del gruppo, secondo turni cronologici; il fa-scicolo, tranne casi di particolare urgenza, viene dal coordinatore immediatamente trasmesso al gruppo di lavoro degli ispettori-vigi-li urbani i quaispettori-vigi-li inseriscono i dati significativi nel computer, pren-dono contatti con l’autorità di P.G. che ha inviato la notizia di rea-to per gli eventuali seguiti ed integrazioni, identificano le persone sottoposte ad indagini (a tal fine hanno un accesso alla Camera di commercio via telefax, mezzo usato anche per i certificati anagra-fici e l’acquisizione di documentazione da altre provincie), acqui-siscono la documentazione necessaria, operano le riunioni con al-tri procedimenti (avvalendosi delle possibilità di ricerca offerte dal-la computerizzazione di tutti i dati); se necessario propongono al magistrato titolare del processo gli atti da compiere (consulenze, in primo luogo), predispongono direttamente il decreto di citazio-ne, ovvero la richiesta di decreto penale o di archiviaziocitazio-ne, com-prese liste testi e nomine di difensore di ufficio e certificati di ri-to (il tutri-to con un sistema integrari-to di videoscrittura e di gestione di archivi).

Fino ad oggi, dalla costituzione del gruppo, sono giunte 1.530 notizie di reato, di cui evase 915 (con bassa percentuale di archi-viazioni).

Nessun procedimento è scaduto.

In sostanza il gruppo di lavoro, per quanto riguarda i procedi-menti non particolarmente complessi, funge da totale supporto del lavoro del magistrato, il quale non di rado apprende, specialmente dagli ispettori ecologi, informazioni tecniche alquanto utili e ne ha assistenza anche in udienza.

Il gruppo di lavoro ha svolto un’altra attività utile per l’ufficio:

uno dei primi problemi della sezione è stato quello di avere a che fare con notizie di reato incomplete o indecifrabili (in particolare se provenienti dalle USL). Un ispettore ecologo e un sottoufficiale del-la Polizia Municipale sono stati pertanto incaricati dal coordinatore di effettuare una sorta di apostolato in tutto il territorio distrettua-le, spiegando come e quando le notizie di reato dovessero essere tra-smesse.

Il risultato è stato pari alle aspettative: è diminuito il numero delle notizie di reato (dall’1.1.1991 a tutt’oggi sono state 234), con un notevole miglioramento qualitativo e di completezza (e conse-guente risparmio di energie da parte dell’A.G.).

In una simile organizzazione è evidente che l’avvicendamento dei magistrati componenti il gruppo non è un problema particolarmen-te grave, consenparticolarmen-tendo quindi elasticità di manovra da parparticolarmen-te del diri-gente dell’ufficio e pluralità di esperienze per i magistrati stessi.

L’organizzazione della sezione infine ha inteso dare sostanza al-la scelta di priorità effettuata dall’ufficio nei confronti di procedi-menti a tutela di interessi generali, quali quelli in materia ecologia.

La Procura della Repubblica di Torino tuttavia ha affrontato il tema della specializzazione in modo che ritengo originale, costrin-gendo un gruppo di lavoro a tutela delle c.d. “fasce deboli” (già ne ha parlato Zagrebelsky).

L’idea di partenza, lo stimolo iniziale è disceso dall’osservazio-ne (sempre dall’osservazio-nel quadro dell’individuaziodall’osservazio-ne delle priorità) che rilevanti problemi sociali sfuggivano e tuttora sfuggono ad un controllo giu-risdizionale organico o anche soltanto ad una attenzione giudiziaria soddisfacente.

Fra gli altri e a titolo di esempio si possono considerare la con-dizione degli anziani e dell’infanzia, la situazione dei cittadini

ex-genetico, un fenomeno sociale e non più un particolare corpus juris, essendo varie e non rigidamente confinabili le ipotesi criminose re-lative (dalla violazione degli artt. 570 e 572 c.p., alle truffe in danno di anziani, all’abusiva gestione di case di ricovero con altrettanto abu-sivo esercizio di professioni medica e infermieristica).

Sottesa a questa scelta operativa è evidente la volontà di avvici-nare l’attività giurisdizionale agli effettivi problemi della comunità. i primi risultati dell’attività di tale gruppo di lavoro sono stati a dir po-co inpo-coraggianti, anche sul piano del po-consenso sociale all’iniziativa.

DISTRIBUZIONE DEGLI AFFARI E SPECIALIZZAZIONE

Relatore:

dott. Antonino DE MARCO

sostituto procuratore della Repubblica presso la Pretura circondariale di Napoli

Tra gli effetti più immediati determinati dall’entrata in vigore del nuovo codice di rito va preso in esame, ai fini che qui interessano, quello per cui la massiccia mole delle informative concernenti i rea-ti così detrea-ti minori, originariamente incanalata in mille rivoli corri-spondenti alla miriade di Preture disseminate sul territorio naziona-le, viene tutta concentrata in direzione delle Procure di nuova isti-tuzione, che malamente, a mio avviso, vengono qualificate come cir-condariali per distinguerle da quelle presso i Tribunali con la mes-sa in evidenza di un elemento, quale l’ambito della competenza ter-ritoriale che, essendo comune alle altre, da queste, in definitiva, non le differenzia affatto.

L’afflusso delle notizie di reato verso le nuove Procure, cui me-glio si addice l’attributo di Pretorili, se prima dell’avvento del nuovo codice era caratterizzato, oltre che dall’elevato numero di destinata-ri, anche da un ritmo condizionato dai tempi necessari alla reda-zione degli ormai superati rapporti giudiziari, attualmente procede con cadenza per così dire torrenziale, direttamente correlata alla ve-locità di accadimento dei fatti.

Di fronte a simile innovazione dalla portata sicuramente rivolu-zionaria che ha consentito pure limitatamente alla trasmissione ed alla corrispondente ricezione delle notizie di reato, l’ingresso nel mon-do della operatività in tempo reale, si corre il grave rischio di

vede-zioni provenienti dall’esterno, privi di significativa incidenza e re-sponsabili, anzi, di una allarmante situazione di stasi giudiziaria, ac-centuata, nelle sue conseguenze, dall’atteggiamento degli organi del-la polizia giudiziaria, improntato, non infrequentemente, ma soprtutto in occasione di reati di ritenuto scarso rilievo, a demotivata at-tesa di direttive per lo svolgimento delle necessarie indagini, spesso neppure avviate.

Quale che sia l’opinione che si intende condividere in tema di organizzazione degli uffici giudiziari, è ben certo che non può pre-scindersi dalla considerazione della situazione appena descritta e dal-la conseguente necessità di venirne fuori senza peraltro dal-lasciarsi in-trappolare dal rischio, che spesso mi è apparso essere stato avverti-to come inevitabile, di vedersi necessitati alla affannosa e spesso ine-sauribile gestione dell’esistente con la conseguente impossibilità di perseguire qualsivoglia progetto di politica giudiziaria.

Ma è davvero utopica la ricerca di un modello organizzativo del-la Procura che consenta, insieme, del-la gestione dell’esistente e del-la rea-lizzazione di un preciso programma di “politica giudiziaria”?

Personalmente credo proprio di no, alla luce delle considerazio-ni che brevemente svolgerò.

Rilevo, innanzitutto, che di fronte alla fin qui incontenibile quan-tità di notizie di reato indirizzate alle Procure Pretorili non è affat-to vero che può reagirsi soltanaffat-to con un atteggiamenaffat-to per così di-re difensivo, consistente nel selezionadi-re quelle di maggiodi-re inciden-za ed accantonare le altre in un arbitrario ed imbarazinciden-zante archivio corrente, destinato a crescere a dismisura, contribuendo così alla creazione di specifiche aree di sistematica impunità, sia pure limi-tate ai reati bagattellari, ed all’acuirsi del senso di sfiducia nei con-fronti della giustizia in seno agli eventuali privati denuncianti ovve-ro agli organi di polizia giudiziaria che quelle informative hanno pri-ma raccolto e poi fatto pervenire in Procura, pri-magari con diligente rispetto del brevissimo lasso di tempo loro concesso dal codice.

Una tale difesa dalla sopravveniente mole di lavoro risulta obiet-tivamente inappagante non solo per la sostanziale sopravvivenza del problema, relativamente al quale prospetta solo un differimento si-ne die della relativa soluziosi-ne, ma anche e soprattutto per i danni che può determinare alla quotidiana vivibilità dei cittadini, forte-mente disturbata dall’eventuale diffondersi di forme di micro-crimi-nalità, che possano giovarsi del programmato e quindi ben

prevedi-bile disinteresse dell’autorità giudiziaria competente.

La prospettiva dalla quale conviene porsi è quella di verificare se, in assenza di un risolutore intervento legislativo dal contenuto ampiamente deflattivo dell’intervento penale, possa farsi luogo ad un correttivo di natura giudiziaria della distorsione del sistema.

Occorre, a tal fine, procedere ad una preliminare analisi delle componenti del flusso delle notizie di reati.

Ci si rende subito conto, allora, che alla formazione di tale flus-so concorrono flus-sostanzialmente due categorie di informative:

A) quelle per così dire “interne” al sistema, che scaturiscono da investigazioni degli organi di polizia giudiziaria, intraprese o per spontanea iniziativa degli operanti ovvero in esecuzione di direttive degli organi centrali;

B) quelle, per così dire “esterne” al sistema perché provenienti da fonti estranee ed indirizzate alla Procura, direttamente o con il tramite della polizia giudiziaria.

Orbene, mentre le notizie di reato “esterne” risultano obiettiva-mente “resistenti” a qualsivoglia tipo di condizionamento, almeno fi-no a quando fi-non si sarà provveduto alla predisposizione di struttu-re alternative a quella giudiziaria ordinaria per la tutela degli inte-ressi ad esse sottesi, bene e correttamente può e deve incidersi sul-le altre, opportunatamente incanalando sul-le risorse della polizia giu-diziaria verso gli illeciti che appaiano di volta in volta più pericolo-si per la collettività, con un’attività di direzione che rivendichi all’au-torità giudiziaria non solo la scelta sulle modalità operative delle in-dagini, ma anche e soprattutto la preliminare e determinante scelta sull’oggetto di queste.

Se ad un siffatto modo di procedere, che chiama gli uffici delle Procure Pretorili a muoversi “all’attacco” delle forme di criminalità di propria competenza, fosse riservata diffusa e convinta attuazione, due tipi di conseguenze potrebbero determinarsi, entrambi di segni positivo.

Innanzi tutto ne rimarrebbe utilmente travolta ogni residua per-sistente cultura attendeista degli uffici giudiziari ancora eventual-mente inclini a porsi quali meri referenti esterni delle indagini e non quali protagonisti dell’attività di investigazione.

sivo abbandono, da parte della polizia giudiziaria, dell’impegno ri-servato alla repressione di quegli illeciti che, pur privi di significati-vo disvalore sociale, risultano diligentemente perseguiti non è ben chiaro se per mera consuetudine culturale e professionale ovvero per la intrinseca facilità di accertamento e per la conseguente ottima re-sa statistica dell’impegno profuso.

Potrebbe, quindi, risultare significativamente ridimensionato l’an-damento “torrenziale” delle sopravvenienze di scarso rilievo, sulla ba-se di una più razionale ed oculata gestione delle risorba-se da parte di una polizia giudiziaria fortemente orientata nella sua azione, dalle scelte di campo operate, in positivo, dal pubblico ministero.

Potrebbero liberarsi, così, energie pigramente e tradizionalmen-te direttradizionalmen-te alla repressione di modesti episodi di furto, di abusi con-trattuali o commerciali dagli incerti rilievi penalistici, di contrav-venzioni al testo unico di pubblica sicurezza a contenuto meramen-te formale e di simili manifestazioni di non preoccupanmeramen-te devianza e potrebbero essere più attentamente perseguite le forme di crimi-nalità realmente lesive di interessi che, pur rigorosamente protetti sul piano dei principi, non altrettanto lo sono stati, fin qui, sul pia-no concreto.

Spetterebbe, poi, al politico scegliere se adeguare le risorse sia della polizia giudiziaria sia della magistratura ai fini del persegui-mento in sede penale anche degli illeciti “abbandonati” ovvero ap-prestare per questi, diverse e meno dispendiose forme di trattamen-to, il che sarebbe francamente augurabile, specie se la scelta si orien-tasse verso un rafforzamento delle strutture di prevenzione, sicuro e definitivo antidoto alla crisi del sistema penale.

Un ufficio di Procura che intenda svolgere fino in fondo il ruolo che gli è proprio, nella prospettiva qui disegnata, abbisogna di un ap-propriato modello organizzativo, all’altezza del compito che l’aspetta.

La scelta della struttura organizzativa più direttamente funzio-nale agli indicati compiti d’istituto deve tendere al deciso supera-mento della figura del magistrato “tuttofare” che perpetui la non gra-tificante immagine di una giustizia la quale, troppo presumendo di se stessa, considera ciascun magistrato come capace di gestire da so-lo - e di gestirso-lo bene - l’intero sapere giuridico.

Il criterio cui si dovrà informare sarà pertanto quello che secon-di, in ciascun magistrato, la formazione di una professionalità speci-fica, finalizzata all’approfondimento conoscitivo delle singole

dina-miche delinquenziali ed all’affinamento interpretativo del corrispon-dente quadro normativo, finalità, queste, il cui raggiungimento è as-solutamente indispensabile ove si voglia assicurare in concreto all’au-torità giudiziaria ed a quella requirente in particolare il ruolo “forte”

che il nuovo codice di rito formalmente le assegna laddove individua in essa il “centro motore” del nuovo processo attribuendole in via esclusiva non solo la direzione di ogni attività di indagine, ma anche la scelta della strategia processuale e ponendo a sua disposizione di-retta ed immediata specifiche strutture di polizia giudiziaria.

Il modulo organizzativo verso cui occorre orientarsi, dunque, per la trattazione dei reati verso i quali si vuole mantener tendenzial-mente alto e costante il livello dell’intervento giudiziario, è quello dell’articolazione dell’ufficio in strutture operative con competenza

“qualitativamente” limitata ad una o più bene individuate materie.

Per quanto concerne gli altri reati, caratterizzati da modesta le-sività, da mera occasionalità, da agevole accertamento e, infine, dal-la notorietà e semplicità deldal-la redal-lativa disciplina legisdal-lativa, appa-rendo del tutto incongrua l’assegnazione a sezioni specializzate, va prevista, a mio modo di vedere, una distribuzione meno settorializ-zata, non essendovi ragioni per derogare al principio generale che privilegia la omogeneità delle mansioni dei sostituti appartenenti al medesimo ufficio di Procura.

Tra i reati di competenza pretorile vanno presi in esame, infine,

Tra i reati di competenza pretorile vanno presi in esame, infine,

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 171-200)