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OBBLIGATORIETA’ DELL’AZIONE PENALE

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 113-147)

Relatore:

dott. Vladimiro ZAGREBELSKY

procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Torino

Considerazioni sulla base delle prime esperienze nella Procura della Repubblica presso la Pretura di Torino

1. Nei 18 mesi trascorsi dall’ottobre 1989 la Procura della Re-pubblica presso la Pretura di Torino ha ricevuto circa 95 mila noti-zie di reato a carico di persone note (escluse quelle relative ad emis-sione di assegni a vuoto, gestite separatamente e circa 200 mila no-tizie di reato a carico di ignoti. Queste ultime, non consentendo ge-neralmente di ipotizzare e svolgere indagine alcuna, dopo quelle im-mediate della Polizia giudiziaria, sono state trattate in modo indif-ferenziato, con la richiesta di archiviazione presentata al Giudice dell’indagine preliminare secondo ritmi dettati dalla capacità della Segreteria di eseguire le necessarie iscrizioni sull’apposito registro.

Le notizie di reato a carico di persone note, come è noto, ri-chiedono una indagine preliminare di varia consistenza e comples-sità. L’esaurimento delle attività necessarie richiede l’opera integra-ta del magistrato designato, della Segreteria e della Polizia giudizia-ria. All’esito di detta attività si perviene alla richiesta di archiviazio-ne, alla emissione del decreto di citazioarchiviazio-ne, alla richiesta di decreto penale e si instaurano eventualmente i riti semplificati del giudizio abbreviato e del patteggiamento sulla pena.

delle notizie di reato a carico di noti, è stata del 7%. I decreti penali richiesti al Giudice dell’indagine preliminare sono stati circa 4.200, corrispondenti al 4.5% del totale delle notizie di reato (esclusi gli as-segni a vuoto). Le definizioni del procedimento con patteggiamento o con giudizio abbreviato avanti il Giudice dell’Indagine Prelimina-re sono state 800, corrispondenti allo 0,8% del totale delle notizie di reato. Le archiviazioni richieste per infondatezza della notizia di rea-to, per mancanza di una condizione di procedibilità o per estinzio-ne del reato (esclusa la applicazioestinzio-ne della recente amnistia ed esclu-si i procedimenti a carico di ignoti) sono state circa 54.000, corri-spondenti a quasi il 57% del totale.

Sono venuti a scadenza i termini dell’indagine preliminare in or-dine a 635 notizie di reato. Il Procuratore Generale, che ne ha avu-ta comunicazione, ha avocato 43 procedimenti. Negli altri - che non necessitano di ulteriori atti di indagine - la procura della Repubbli-ca, salvo che intervenga la avocazione, provvederà agli atti conclusi-vi della indagine preliminare.

Come si è detto l’attività svolta produce un risultato da attribuire complessivamente all’Ufficio e non ai soli magistrati. In particolare, con riferimento ai decreti di citazione, occorre tenere conto che at-tualmente il personale addetto alla notificazione dello stesso ed alla citazione dei testimoni del P.M. stenta ad esaurire il lavoro, che i ca-si di notificazione irregolare o omessa ca-si avvicinano al 25% del to-tale e che, quindi, non sarebbe possibile un aumento dei decreti di citazione senza rafforzare il servizio delle relative notificazioni. Ma un simile rafforzamento non è ipotizzabile, nel presente stato di ca-renza di personale di Segreteria, in conseguenza del quale, ad esem-pio, l’essenziale servizio della registrazione delle notizie di reato può essere ora svolto in tempi accettabili - anche se non immediatamente (art. 335 c.p.p.) - soltanto mediante l’ausilio di personale dell’Arma dei Carabinieri, che tuttavia viene così distolto dalla attività di poli-zia giudipoli-ziaria.

La esperienza maturata nel periodo trascorso non consente, di per se stessa, una previsione identica per il futuro, poichè i primi mesi di funzionamento dell’Ufficio sono stati fortemente condizio-nati da gravissimi problemi di avvio e perchè è possibile prevedere che il numero dei magistrati e l’entità del personale di segreteria sia-no destinati ad aumentare. In effetti ormai l’organico dei magistrati va completandosi, cosicché si può ritenere che con la fine dell’anno

in corso non vi saranno vacanze. Inoltre si deve considerare che una parte del lavoro di indagine svolto, darà i suoi frutti in seguito, even-tualmente con decreti di citazione a giudizio.

Sembrerebbe quindi da prevedere una crescita della percentuale di esaurimento delle indagini preliminari con decreto di citazione.

Ma occorre considerare una serie di profili organizzativi e di ef-ficacia della attività svolta, che impediscono una previsione sulla ba-se dei soli elementi sopra enunciati.

E’ da aggiungere che i dati delle notizie di reato pervenute nel periodo considerato sono il frutto di una legislazione assurdamente ricca di ipotesi di reato, che ben potrebbe essere ridotta, non solo per considerazioni di natura pratica, ma anche in aderenza all’orien-tamento dottrinale che spinge a limitare il ricorso alla sanzione e al processo penale, inteso come estrema ratio. L’auspicabile introdu-zione del giudice di pace con competenza penale (senza coinvolgi-mento della magistratura professionale nemmeno per la funzione in-quirente e rein-quirente), potrebbe poi selezionare con criteri qualitita-tivi il compito rimesso alla magistratura. Ma fino a quando il legi-slatore non avrà percorso la via indicata, la realtà che emerge dai dati sopra forniti impone la ricerca di programmazione e di oppor-tuni moduli organizzativi, che - a riforma realizzata - non diverreb-bero superflui, ma potrebdiverreb-bero risultare meno urgenti.

2. Alla presa d’atto dei limiti alla capacità di lavoro della Pro-cura della Repubblica, deve unirsi la considerazione di esigenze che attengono al funzionamento complessivo del processo penale nelle varie fasi in cui si articola. Non è ragionevole, infatti, limitare l’os-servazione alla sola attività dell’ufficio di Procura. L’esperienza del regime processuale precedente, infatti, indica che, anche nel proces-so di Pretura, una gran quantità di attività giudiziaria veniva inutil-mente - e costosainutil-mente - svolta nelle prime fasi del procedimento, mentre in fase di appello con grande frequenza non era possibile la trattazione del processo prima dell’intervento della estinzione del rea-to per prescrizione o amnistia.

Ciò si dice per segnalare che un discorso di programmazione del lavoro giudiziario da parte della Procura della Repubblica deve

ne-la Corte di Appello di Torino, con ne-la circone-lare in data 8 marzo 1989 del Presidente e del Procuratore Generale, avente ad oggetto la ap-plicazione della L. 21 febbraio 1989, n. 58. Con tale circolare -pub-blicata in Cass. pen., 1989, 1373 - si osserva che la capacità di smal-timento, da parte della Corte di Appello, non superava il 50% delle sopravvenienze, e si sosteneva che “non è più possibile che ciascu-no si preoccupi solo del proprio ufficio e che occorre una filosofia nuova, che guardi al risultato complessivo del servizio...”. La circo-lare proseguiva affermando che “occorre a questo fine, evitare di sprecare tempo e fatica e denaro dello Stato in attività praticamen-te inutili - quali la minuziosa e scrupolosa celebrazione di processi destinati ineluttabilmente alla prescrizione. Ciò richiede un filtro scrupoloso delle priorità da assegnare ai singoli processi, in modo da far procedere rapidamente, e senza timore di prescrizioni, i pro-cessi importanti e non ingolfare, al tempo stesso, uffici già struttu-ralmente troppo deboli con masse ingenti di lavoro inutile, perchè destinato ad essere del tutto vanificato”. Il grado di accoglimento di una simile, nuova “filosofia” - concludeva la citata circolare - avreb-be condizionato l’ampiezza del ricorso alle applicazioni di magistra-ti alla Corte di Appello, che la L. 21 febbraio 1989, n. 58 aveva reso più facili. Nel discorso svolto dal Presidente e dal Procuratore Ge-nerale presso la Corte di Appello di Torino, dunque, programmazio-ne del flusso di lavoro smaltimento dai singoli uffici giudiziari e di-stribuzione delle risorse umane disponibili, si collegano come aspet-ti di una qualificazione unica che trova la sua origine nel fatto in-discutibile che la domanda di giustizia è notevolmente superiore al-la capacità del complesso degli uffici giudiziari di esaurire i real-lativi procedimenti.

Il rinvio a un punto di vista, che tenga conto della produttività degli uffici giudiziari complessivamente considerati, consente di du-bitare che i problemi di cui si tratta possano non riguardare gli uf-fici di Procura della Repubblica che, per le medio-piccole dimen-sioni e il favorevole rapporto tra organici e flusso di lavoro, sem-brano in grado di provvedere in ordine a tutte le notizie di reato.

In realtà, in quelle situazioni, a prescindere dal dato non noto che si riferisce alla completezza della indagine preliminare compiuta, si osserva spesso che la fase del dibattimento risulta impegnata per lungo tempo, cosicché è impossibile una trattazione tempestiva. e in ogni caso il circuito giudiziario non si esaurisce nel giudizio di

primo grado, cosicché resta significativo il discorso svolto nella cir-colare del Presidente e del procuratore generale presso la Corte di Appello di Torino.

Il riferimento è naturalmente ad una possibilità di smaltimento che tenga conto così della quantità come della qualità. Limitando l’at-tenzione alla parte che è chiamata a svolgere la Procura della Re-pubblica presso la Pretura, occorre infatti considerare che v’è un nes-so stretto tra presenza alla udienza dibattimentale del magistrato del P.M. che ha condotto l’indagine preliminare e qualità del dibattimento.

Ma la presenza del magistrato del P.M. al dibattimento è funzione del numero dei sostituti, del numero delle udienze e, quindi, del nume-ro complessivo dei decreti di citazione a giudizio, la cui emissione ha determinato la fissazione della udienza. Merita di essere ricordato che attualmente sono in servizio 20 magistrati (il Procuratore, il Procu-ratore Aggiunto e 18 Sostituti) e si tengono circa 180 udienze dibat-timentali ogni mese in Torino e nelle sette Sedi distaccate della Pre-tura. Ad esse devono aggiungersi le udienze in camera di consiglio tenute dal Giudice dell’indagine preliminare, per alcune delle quali è obbligatoria la partecipazione del magistrato del P.M.

Per altro verso, il numero dei decreti di citazione - fermo re-stando il numero dei Pretori addetti al dibattimento penale - condi-ziona i tempi di celebrazione del dibattimento e quindi la qualità della istruzione dibattimentale e la tempestività della decisione.

E’ dunque chiara la necessità di programmazione del lavoro del-la procura deldel-la Repubblica presso del-la Pretura, sotto il profilo quan-titativo. Tale necessità va riconosciuta, dovendosi prendere atto sia della insufficienza dell’Ufficio rispetto al flusso di notizie di reato in entrata, sia della irrazionalità di un sovraccarico di processi trasmessi ai vari gradi dell’iter del giudizio. L’esigenza - come è evidente - si manifesta particolarmente acuta per quanto attiene ai decreti di ci-tazione a giudizio, che introducono il rapporto con gli organi giudi-canti nel dibattimento.

3. Occorre allora riconoscere che l’impossibilità di tempestiva-mente esaurire (per le diversificate ragioni sopra esposte) la tratta-zione di tutte le notizie di reato che pervengono all’Ufficio, implica

ricevere adeguata considerazione, quanto a tempestività e approfon-dimento di trattazione e quanto ad osservanza dei termini dell’inda-gine preliminare da parte della Procura della Repubblica presso la Pretura. Ma, senza questo dato di fatto, nessuno potrebbe accettare come ragionevole un criterio che facesse meno riferimento alla suc-cessione cronologica della sopravvenienza. Specie nell’ambito della competenza pretorile, la gravità delle notizie di reato è infatti estre-mamente diversificata.

Da ciò discende, tra l’altro, che nel caso di ritardo nella tratta-zione di una notizia di reato, pur nell’osservanza dei termini delle indagini preliminari o delle procedure conseguenti alla avvenuta sca-denza, il ritardo non potrebbe essere ritenuto indebito - nelle varie ipotesi in cui la legge a tale nozione fa riferimento - quando fosse conseguenza della applicazione di ragionevoli criteri di precedenza.

E’ chiaro che l’indicazione di criteri di priorità suscita problemi non facili, anche sul piano dei principi fondamentali e costituziona-li della organizzazione giudiziaria e della funzione del Pubbcostituziona-lico Mi-nistero. Il magistrato del Pubblico Ministero, obbligato ad esercita-re l’azione penale, non può ricoresercita-reesercita-re a considerazioni di opportunità per escluderla (art. 112.Cost.).

Tuttavia l’individuazione di criteri di priorità non contrasta con l’obbligo di cui all’art. 112 Cost., dal momento che il possibile man-cato esercizio di una azione penale tempestiva e adeguatamente pre-parata per tutte le notizie di reato non infondate, non deriva da con-siderazioni di opportunità relativa alla singola notizia di reato, ma trova causa nel limite oggettivo alla capacità di smaltimento del la-voro dell’organismo giudiziario nel suo complesso e della Procura presso la Pretura in particolare.

Occorre a tal proposito sottolineare che la formula letterale e la ratio dell’art. 112 Cost. implicano l’esclusione di valutazioni discrezio-nali da parte del P.M., che possano frapporsi tra il riconoscimento del-la sussistenza degli elementi costitutivi del reato e l’esercizio deldel-la re-lativa azione penale. Ma la impossibilità pratica è cosa diversa dalla volontà negativa, maturata per considerazioni di opportunità, tanto più quando si rileva prima del momento dell’esercizio della azione pe-nale - che il codice vigente rinvia al termine della indagine prelimi-nare (art. 405 c.p.p.) - e sollecita provvedimenti organizzativi nella fa-se preliminare della fa-selezione delle notizie di reato fa-secondo criteri di priorità (cfr. CARAVITA E., Obbligatorietà della azione penale e

collo-cazione del pubblico ministero. Profili costituzionali, in AA.VV., Accusa penale e ruolo del pubblico ministero, Napoli, 1991, p. 298 s.).

Per altro verso i principi di cui all’art. 3/1 e 97/1 Cost. escludo-no che la sopra richiamata capacità di smaltimento del lavoro pos-sa essere impiegata in modo casuale o lasciata alla determinazione di ciascun magistrato addetto all’Ufficio. Occorre a quest’ultimo pro-posito rammentare che l’art. 97/1 Cost. - pacificamente riferibile an-che all’amministrazione della giustizia - richiama i valori del buon andamento e della imparzialità della amministrazione con riferimento agli uffici considerati nella loro unità.

La soggezione del magistrato alla legge, infine, comporta che non siano consentiti moduli di organizzazione che si traducano in asso-luto nella esclusione della azione penale per fatti che la legge consi-dera reati. Occorre invece stabilire soltanto criteri di priorità di trat-tazione delle notizie di reato. Le conseguenze che discendono dalla priorità assegnata a tale notizie di reato, in ordine alla trattazione delle altre, non derivano dai criteri di priorità seguiti, ma dalla og-gettiva impossibilità di trattazione di tutte le notizie di reato. Una impossibilità che permane, qualunque sia il criterio di priorità adot-tato e anche se si assumesse l’impossibilità o l’inopportunità di de-finire qualsiasi criterio, oppure si rimettessero le scelte ai singoli ma-gistrati addetti all’ufficio.

4. Le diffuse considerazioni che precedono sono rese necessarie dalla delicatezza del tema che viene affrontato. A tal proposito me-rita peraltro di essere ricordato che da lungo tempo - in tutte le fa-si processuali e particolarmente in quelle iniziali - fa-si è fatto ricorso a criteri di priorità. Nel vigore del codice processuale abrogato, co-me è noto, la formazione di gruppi specializzati di magistrati idonei a trattare prioritariamente e in modo adeguato certi tipi di reato, è stata sollecitata dal Consiglio Superiore della Magistratura. Lo stes-so Consiglio con deliberazione pubblicata in Notiziario, 31 luglio 1977, n. 11, p. 5 ha ritenuto “opportuno che nei distretti e negli uffici do-ve il problema è maggiormente avdo-vertito, si proceda a programma-re lo svolgimento del lavoro penale in modo tale da consentiprogramma-re in primo luogo la trattazione sollecita dei processi più gravi, intesi

an-te ed urgenan-te la necessità di affrontarla. Le conseguenze della non tempestiva trattazione di una notizia di reato, infatti, a differenza di quanto avveniva nel vigore del precedente sistema, sono immediata-mente constatabili dalle parti processuali e dal pubblico.

Ma già in passato il problema era ben noto. Si affermava, infat-ti, che “di un’obbligatorietà nel senso pieno del termine non è possi-bile parlare in concreto, data la gamma degli innummerevoli illeciti che consentono, anzi impongono, all’ufficio del pubblico ministero di dosare i tempi e le modalità del suo intervento (il discorso vale so-prattutto per gli illeciti non fatti oggetto di una formale notizia di reato): ad essere “obbligato anche a causa della carenza dei mezzi, non è tanto l’esercizio dell’azione penale, quanto il compimento di scelte prioritarie, il cui prezzo è non di rado l’accantonamento di ca-si ritenuti non prioritari sul binario scontato della prescrizione” (CON-SO G. Introduzione a AA.VV., Pubblico Ministero e Accusa Penale, Pro-blemi e prospettive di riforma, Bologna, 1979, p. XVI). E i momenti di discrezionalità nella gestione della azione penale, talora meramente fittizia, assumevano aspetti multiformi (ZAGREBELSKY V., Indipen-denza del pubblico ministero e obbligatorietà della azione penale, in AA.VV.,Pubblico ministero e accusa penale, cit. p. 9).

5. Criteri di priorità come quelli di cui si discute debbono esse-re individuati sulla base di considerazioni che trovino base nell’or-dinamento vigente e nella complessiva ragionevolezza su cui lo stes-so ordinamento si fonda (art. 3 Cost.).

Vi sono procedimenti che richiedono una attività di indagine pre-liminare semplice e spesso ripetitiva, la cui gestione può essere lar-gamente rimessa ad opportuna organizzazione dell’ufficio. Un esem-pio indicativo è quello delle contravvenzioni all’art. 80 Cod. strada.

Anche al dibattimento spesso tali procedimenti hanno facile e rapi-do esaurimento. Lo scarso peso di tali notizie di reato, in termini di attività richiesta per la loro definizione, ne rende possibile ed op-portuna la trattazione per canali organizzativi autonomi, che fini-scono con il realizzare una trattazione con tempi largamente più ra-pidi di quelli propri delle altre notizie di reato. Si tratta di una prio-rità ottenuta per considerazioni puramente attinenti al costo della gestione del flusso di tali notizie di reato e non invece ricercata per motivi di gravità del reato. A Torino, per accordi intervenuti con la Pretura, speciali udienze dibattimentali saranno riservate a simili

pro-cessi, senza che ne derivi eccessivo aggravio e conseguente dilazio-ne dilazio-nello svolgimento degli altri dibattimenti. Per tali udienze, inol-tre, potranno essere delegati Ufficiali di polizia giudiziaria, senza che la mancata partecipazione del magistrato comporti danno per la con-duzione dell’accusa nel dibattimento.

A maggior ragione, si sottraggono alla incidenza delle conside-razioni di seguito svolte, le notizie di reato che possono rapidamen-te portare a richiesta di decreto penale. Nell’attuale stato di cose il ricorso alla richiesta di decreto penale deve essere massiccio. A tal fine le notizie di reato vengono concentrate per una trattazione se-condo capi di imputazione e richieste di pena standardizzate. Tra le notizie di tal genere, una particolare considerazione autonoma rice-vono le innumerevoli notizie per violazione della legge sugli assegni.

Vi sono poi notizie di reato numerose e di facile indagine preli-minare, ma di solitamente più lungo esame dibattimentale. Si tratta ad esempio di notizia relativa a fatti di offese verbali all’onore, al de-coro, al prestigio delle persone, ovvero di modeste lesioni alla inco-lumità personale, realizzate in un contesto confuso e ricostruibile soltanto per mezzo di testimoni. Un invio massiccio di tali procedi-menti al dibattimento rischia di ingolfare le udienze, impedendo la sollecita trattazione di altro tipo di processi.

Altre notizie di reato non consentono una rapida definizione del-la fase dell’indagine preliminare. Si tratta spesso di notizie attinenti ai fatti più gravi o per il danno subito dalla parte offesa o per l’al-larme sociale suscitato. Esse richiedono approfondite attività di in-dagine preliminare, tempestiva fissazione del dibattimento, diffusa e lunga istruzione dibattimentale attraverso numerose udienze.

Se si seguisse solo il criterio della semplicità e rapidità di defi-nizione della indagine preliminare, le notizie di reato da ultimo con-siderate non troverebbero alcuna possibilità di trattazione.

Il criterio della semplicità e rapidità della indagine preliminare non è quindi da solo idoneo rispetto alle esigenze sopra richiamate.

Occorre anzi resistere alla tentazione di adeguarsi soltanto ad esso al solo fine di raggiungere risultati statisticamente utili.

6. Le considerazioni ora svolte e le ragioni che le sorreggono

in-per la discrezionalità della azione penale. Rispetto ad esigenze di

in-per la discrezionalità della azione penale. Rispetto ad esigenze di

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 113-147)