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RAPPORTI TRA PROCURATORI DELLA REPUBBLICA E SOSTITUTI ALLA LUCE DELLA NUOVA

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 88-99)

FORMULAZIO-NE DELL’ART. 70 DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Relatore:

dott. Amos PIGNATELLI

Pretore della Pretura circondariale di Torino

SOMMARIO: 1. Gli antecedenti storici - 2. L’ordinamento del 1941 - 3. Motivi della

mo-difica dell’art. 70 - 4. Il nuovo terzo comma dell’art. 70 - 5. La piena au-tonomia nell’udienza - 6. L’auau-tonomia limitata fuori dell’udienza - 7. La designazione plurima - 8. La facoltà di segnalazione.

1 – La struttura dell’ufficio del P.M. descritta nell’art. 70 dell’or-dinamento giudiziario del 1941 non rappresenta, nella storia delle istituzioni giudiziarie italiane, una novità. Basta infatti leggere l’art.

130 dell’ordinamento giudiziario del 1865 per rendersi conto che da allora la terminologia è rimasta sostanzialmente immutata («I pro-curatori del Re compiono personalmente o per mezzo di sostituti le loro funzioni»). Ma il testo di legge risale ancora più indietro: infatti nell’art. 147 della legge sull’ordinamento giudiziario del 13 novem-bre 1859 n. 3781 si legge che «i procuratori compiono le loro fun-zioni personalmente o per mezzo di sostituti». A sua volta la figura del sostituto e i suoi rapporti con il capo dell’ufficio risalgono alla legislazione napoleonica (art. 43 L. 20 aprile 1810). («Le funzioni del pubblico ministero saranno esercitate, in ogni tribunale di prima istanza, da un procuratore imperiale e da sostituti del procuratore dove sarà necessario stabilirne»).

2 – Nell’ordinamento del 1941 il rapporto istituito tra il procu-ratore e i singoli sostituti rientra totalmente nello schema del rap-porto gerarchico, come risulta non solo dalla versione originaria

dell’art. 70 dell’ord., ma anche dall’art. 73 del codice di procedura penale del 1931. E’ evidente che con il passare degli anni il vincolo gerarchico subì una certa attenuazione, soprattutto per quanto ri-guarda il potere di ordinare il compimento di un certo atto del pro-cedimento, ma si tratta più che altro di una attenuazione di fatto, di una disapplicazione di una norma ancora vigente e addirittura ri-tenuta conforme alla Costituzione da una discussa sentenza della Cor-te Costituzionale (la n. 52 del 1976), che ha riferito le garanzie del pubblico ministero «all’ufficio unitariamente inteso e non ai singoli componenti di esso», legittimando in tal modo il potere gerarchico del capo. Anche se si può osservare che la decisione della Corte, pur salvando la norma, non afferma la sua immodificabilità nell’ambito dell’ordinamento, va tuttavia precisato che tale scelta finisce di an-nullare ogni differenza tra il rapporto gerarchico interno all’ufficio del P.M. e quello generale che intercorre tra il capo dell’ufficio e il singolo pubblico dipendente (art. 16 D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3

«l’impiegato deve eseguire gli ordini che gli siano impartiti dal su-periore gerarchico relativamente alle proprie funzioni o mansioni»).

L’attenuazione di fatto del rapporto gerarchico in punto «dovere di eseguire gli ordini» è infatti compensato dalla immanente possibilità di sostituzione del singolo magistrato ad opera del capo dell’ufficio, che nessuno ha mai negato e che discende come logica conseguen-za dalla titolarità attiva dello stesso rapporto gerarchico in capo al procuratore della Repubblica.

Altrettanto certo è il potere di affidare il singolo affare penale ad uno piuttosto che all’altro sostituto, senza previsione legislativa di alcun criterio. La sostituibilità della persona del sostituto rende dunque irrilevante l’attenuazione di fatto del dovere di eseguire l’or-dine, giacché sotto tale sanzione può ricadere anche il semplice con-siglio, la mera prospettazione di una opportunità. Alcuni anni fa il Consiglio superiore della magistratura con la decisione del 23 apri-le 1975 aveva stabilito che «l’assegnazione di un procedimento pe-nale al magistrato incaricato di istruirlo non può essere revocata se non per gravi motivi che devono essere precisati nel relativo prov-vedimento», estendendo in tal modo anche al pubblico ministero istruttore la regola fissata per i giudici dalle sentenze costituzionali

un piano diverso da quello della legge ed aveva comunque come pre-supposto l’esercizio di una funzione istruttoria (vale a dire giurisdi-zionale) da parte del sostituto, in coerenza con la prevista istrutto-ria sommaistrutto-ria.

3 – Quali sono le ragioni delle modifiche introdotte nel testo dell’art. 70 dell’ordinamento giudiziario? Com’è noto non venne mai conferita al Governo una delega legislativa per la riforma globale dell’ordinamento giudiziario e neanche una delega per la riformu-lazione della figura complessiva del pubblico ministero. La delega concessa con l’art. 5 della legge 16 febbraio 1987 n. 81 aveva per oggetto «le norme necessarie per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale», sicché le modifiche doveva-no limitarsi a tale oggetto. D’altra parte la delega prevista dal cita-to art. 5 non contiene princìpi e criteri direttivi e pertancita-to è stacita-to necessario rifarsi da un lato ai criteri fissati dalla legge–delega e dall’altro alle soluzioni processuali realizzate in applicazione della delega generale.

Per quanto riguarda l’art. 70 dell’ordinamento giudiziario oc-correva tenere conto della direttiva 68, che fissa il principio della pie-na autonomia dell’esercizio delle funzioni del P.M. in udienza, poi naturalmente del dovere di attuare i principi della Costituzione, non-ché della direttiva 103 sulla separazione delle funzioni di giudice e di pubblico ministero nel procedimento davanti al pretore.

La direttiva 103 imponeva la modifica del primo comma dell’art.

70 mediante l’inserimento del numero dei titolari delle funzioni di P.M. anche del procuratore della Repubblica presso la pretura. Ri-mase invece invariato il secondo comma relativo alle funzioni dell’av-vocato generale.

Venne poi aggiunto un quarto comma relativo all’autonomia del magistrato in udienza in attuazione alla direttiva 68 e un sesto com-ma relativo all’avocazione per inerzia del pubblico ministero. In en-trambi i casi è stato previsto un obbligo di comunicazione del prov-vedimento motivato di sostituzione e di avocazione al Consiglio su-periore.

Tutte queste modifiche trovano diretta fonte in disposizioni spe-cifiche della legge delega. Invece quelle contenute nel nuovo terzo comma e nel comma quinto richiedono una spiegazione più detta-gliata.

4 – Le modifiche introdotte nel terzo comma dell’art. 70 atten-gono a tre diversi profili della materia.

In primo luogo si è passati da una generica indicazione delle funzioni del titolare dell’ufficio ad una articolata previsione delle prin-cipali categorie di funzioni. Si è così distinto un potere di direzione dell’ufficio, un potere di organizzazione dell’attività, un potere di eser-cizio delle funzioni processuali penali.

In secondo luogo si è modificato l’esercizio non personale delle funzioni, passando dalla formula «per mezzo dei dipendenti magi-strati» alla formula «quando non designino altri magimagi-strati».

Infine si è introdotto l’istituto della designazione di più magi-strati.

Per quanto riguarda la prima modifica, relativa alla elenca-zione dei vari poteri del capo dell’ufficio, si può osservare quanto segue.

Il potere di direzione dell’ufficio inteso in senso stretto (come fa presumere la distinta previsione del potere di organizzarne l’attività), non solo è quello tradizionalmente proprio del titolare dell’ufficio, ma non si differenzia per nulla dal corrispondente potere di dire-zione che fa capo al titolare degli organi giudicanti. (cfr. art. 38 dell’ord. giud. «Il titolare della pretura dirige l’ufficio e distribuisce il lavoro tra le sezioni»). Si tratta di un potere che rientra nella «am-ministrazione della giurisdizione» e non incide sul rapporto tra il ti-tolare e gli altri magistrati addetti all’ufficio.

Del tutto nuovo è invece il potere di organizzazione dell’attività, in quanto esso non si limiti al’attività amministrativa ma si estenda all’attività processuale (investigativa e d’accusa). Il termine «orga-nizzare» indica un comportamento ed un impegno volto a connette-re in modo organico una pluralità di elementi che vanno tra di loro coordinati secondo certe modalità. Non si tratta di un mero coordi-namento dall’esterno come implicherebbe una perfetta personalizza-zione delle funzioni del pubblico ministero in capo a ciascun sosti-tuto, ma di un coordinamento dall’interno, reso possibile dall’unica titolarità di tutti i procedimenti in capo al procuratore. Tale orga-nizzazione dell’attività processuale potrebbe esplicarsi, per quanto at-tiene al rapporto del capo con i vari sostituti, in due modi diversi, a

gerarchico. Ecco perché la seconda modifica assume rilievo centra-le nell’economia della riforma dell’art. 70.

5 – Già la direttiva 68 intaccava in qualche modo la pienezza del rapporto gerarchico tra capo e sostituto. La piena autonomia di cui gode il magistrato all’udienza rappresenta una sicura tutela di una sfera di libertà «negativa», per usare una espressione famosa, nei confronti del potere di ordine del capo dell’ufficio. L’interpreta-zione, che sembra corretta, del termine «udienza» come, compren-sivo anche delle udienze non dibattimentali, non fa che ampliare ta-le sfera di libertà negativa o piena autonomia che dir si voglia. La tassatività delle ipotesi di sostituzione nell’udienza contribuisce a sua volta a rendere sicuri i margini di tale autonomia, impedendo che lo spazio di libertà venga riassorbito attraverso una applicazione am-piamente discrezionale dell’istituto della sostituzione.

Inoltre tale sostituzione deve essere disposta con provvedimen-to motivaprovvedimen-to, come si ricava dall’ultima parte dell’articolo 70 terzo comma. Si tratta di una norma di ordinamento introdotta per assi-curare il funzionamento dell’istituto codicistico, la cui ratio è evi-dentemente quella di tutelare la libertà di opinione del sostituto nei confronti della diversa opinione del capo dell’ufficio.

L’attribuzione del procedimento avviene dunque mediante «de-signazione», intesa come atto giuridico non di delega di potere ma di attivazione di poteri già esistenti in capo al magistrato addetto all’ufficio. L’atto di designazione si avvicina in tal modo all’atto di

«assegnazione» dell’affare penale da parte del dirigente dell’ufficio giudicante (cfr. art. 7 ter dell’ord. giud.). In entrambi i casi non si può parlare di delega di poteri, ma solo di attivazione di poteri pree-sistenti; in entrambi i casi la sostituzione del magistrato o la «revo-ca» dell’assegnazione devono avvenire con provvedimento motivato.

Tutto questo è certamente affermabile per la sostituzione del de-signato nell’udienza, ma che dire del rapporto tra capo dell’ufficio e singolo sostituto designato fuori dell’udienza?

6 – Nella relazione al Progetto preliminare si dice che «non es-sendo stati toccati dalla legge–delega, restano immutati, rispetto a quanto attualmente avviene negli uffici di procura, i rapporti tra il dirigente ed i sostituti nelle fasi diverse da quella della udienza». Ta-le affermazione non sembra del tutto corrispondente alla realtà

nor-mativa. Ed infatti si può osservare che, mentre dal secondo comma dell’art. 53 si può, con interpretazione a contrario, ricavare la norma secondo la quale fuori dell’udienza il magistrato può sempre essere sostituito anche senza il suo consenso, è pur vero che con la stessa operazione interpretativa applicata al primo comma dell’art. 53 si ri-cava invece semplicemente che fuori dell’udienza il magistrato non esercita le sue funzioni con piena autonomia, e non invece che sia sottoposto al rapporto gerarchico tradizionale.

Si potrebbe cioè sostenere che il magistrato, fuori dall’udienza, non gode di un’autonomia piena ma di una autonomia non piena, limitata.

Lo spazio di una tale autonomia limitata o non piena potrebbe essere segnato dai seguenti dati normativi:

1) l’eliminazione dell’aggettivo «dipendenti» contenuto nella for-mula «per mezzo di magistrati»;

2) il nuovo istituto della «designazione» del sostituto;

3) la necessità che il provvedimento di sostituzione sia motiva-to, non essendovi ragione che tale motivazione sia riservata alla so-stituzione in udienza e non si estenda alla soso-stituzione fuori udien-za (dato anche il precedente della decisione del Consiglio superiore sopra citata);

4) il principio di eguaglianza dei magistrati tra di loro, non po-tendo la diversità delle funzioni prevista dal terzo comma dell’art.

107 Cost. giungere fino al punto da legittimare una funzione mera-mente esecutiva di una funzione ordinatoria in capo solo ad alcuni magistrati.

Se dunque il sostituto non è più dipendente del capo dell’ufficio, se ha diritto alla motivazione del provvedimento di sostituzione, se rimane magistrato nella trattazione del procedimento per il quale è stato designato, la sua autonomia troverà i propri limiti nelle ragio-ni di interesse pubblico che motivano l’esercizio del potere di orga-nizzazione dell’attività. Tale potere dovrà essere esercitato con di-sposizioni di carattere generale e mai specifico, in ordine ad un sin-golo procedimento , mentre non sembra che esso possa soffrire li-miti di contenuto, neanche per quanto riguarda l’interpretazione di norme processuali o sostanziali. Potrà avere come oggetto i tempi e

to tecnico irripetibile), e così via. Per contro non potrà il capo dell’uf-ficio ordinare un singolo atto d’indagine in modo che sorga il dove-re giuridico di compierlo nel sostituto designato per quel procedi-mento. Ed infatti la designazione del sostituto non è paragonabile ad un atto di delega alla polizia giudiziaria, in quanto tale atto trova la sua fonte nel potere del pubblico ministero di disporre direttamente della polizia giudiziaria (art. 327 C.P.P.). Ma la designazione non va neanche confusa con la delega che il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può conferire, per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, al pubblico ministe-ro presso il tribunale o la pretura del luogo (art. 370, 3° comma). Ed infatti, nel caso della designazione, oggetto dell’atto è l’intero proce-dimento, mentre, nel caso della delega, è uno o più atti singoli (ol-tre a quelli che per gravi motivi appaiono necessari ai fini delle in-dagini). Ma soprattutto, con la delega si conferisce al delegato un po-tere che questi non ha, con effetto di rappresentanza del delegato nel compimento dell’atto, mentre nel caso della designazione si ha un fe-nomeno diverso. Invero, con l’assegnazione del magistrato all’ufficio viene a determinarsi in capo al soggetto una competenza (anche se in senso improprio) per tutti gli affari per i quali è competente (in senso proprio) l’ufficio giudicante presso il quale è costituito l’ufficio del pubblico ministero. Su questa base di competenza generale la de-signazione opera come attribuzione di una semplice competenza fun-zionale in ordine al singolo procedimento. Il sostituto non può pro-cedere d’ufficio, ma deve subire l’impulso del capo dell’ufficio. L’ef-ficacia giuridica della designazione è dunque quella di attivare l’eser-cizio dei poteri di cui è titolare il sostituto, fornendo a tali poteri una materia legittima, ponendo in essere il presupposto di legge per il le-gittimo esercizio dei poteri stessi. A differenza dei poteri del giudi-ce, che sono soggetti soltanto alla legge, i poteri del sostituto sono anche soggetti al potere di organizzazione dell’attività del capo dell’uf-ficio, il quale può anche giungere ad una decisione di sostituire il singolo sostituto con atto non arbitrario ma discrezionale e quindi sottoposto all’obbligo della motivazione. E’ importante sottolineare che il potere di organizzazione implica il potere di emettere diretti-ve generali, per categorie di procedimenti, o di atti come strumenti di organizzazione concreta dell’attività. Ma tale potere non potrà toc-care il merito di un singolo procedimento, né sotto il profilo del com-pimento o non comcom-pimento di un singolo atto d’indagine, né sotto il

profilo della valutazione finale dell’idoneità degli elementi di prova raccolti a sostenere l’accusa. Questo non significa che il procuratore non possa richiedere al sostituto di approfondire le indagini, maga-ri in direzione diversa. Altro punto delicato è quello relativo alla qua-lificazione giuridica concreta dei fatti di causa. Anche tale atto sem-bra riservato al sostituto, fatta salva sempre la sostituzione per ra-gioni di interesse pubblico e non come strumento per far prevalere l’opinione del procuratore su quella del sostituto.

Nel corso delle udienze i poteri del sostituto si ampliano, supe-rando i limiti fissati dalla direttive del capo, e giungono alla piena autonomia sotto tutti i profili: in udienza il sostituto diventa procu-ratore, tranne i casi tassativi di sostituzione.

7 – L’ultima parte del terzo comma dell’art. 70 prevede il nuo-vo istituto della designazione plurima. Nel caso in cui gli imputati siano particolarmente numerosi oppure le indagini o lo stesso di-battimento siano particolarmente complessi, possono essere designati più magistrati. Fermo restando che ciascuno di essi ed anche tutti possono essere sostituiti nei casi previsti dall’ordinamento, può sor-gere un delicato problema in ordine al dissenso eventuale tra i vari designati in ordine ad un atto da compiere o ad una valutazione da dare. Mentre i dissensi relativi alle materie oggetto di direttiva del procuratore sono facilmente risolubili con riferimento appunto a ta-le direttiva, autenticamente interpretata, ben diverso è il caso che il conflitto sorga in materie riservate, secondo l’interpretazione propo-sta, all’autonomia del sostituto.

Per quanto riguarda il caso dell’udienza ,l’eventuale contrasto tra i vari designati, se non trova una composizione di fatto, può essere forse risolto con la richiesta di sostituzione avanzata da uno o da tutti i sostituti.

Per quanto riguarda invece il conflitto fuori dell’udienza, trat-tandosi di un conflitto in materia riservata, non pare che la solu-zione sia il ricorso alla decisione del capo dell’ufficio. Esiste infatti l’alternativa costituita dall’indicazione, al momento della designazio-ne congiunta, dei criteri di soluziodesignazio-ne del conflitto eventuale (mag-gioranza, anzianità, antecedenza cronologica della designazione, ecc.).

dunque è necessario ricorrere alla decisione del capo dell’ufficio, il quale, mediante e a causa della designazione, vede limitati i propri poteri decisionali con riferimento ai singoli atti e alle singole valu-tazioni. Il disaccordo del capo dell’ufficio, che ben potrebbe essere fondato in fatto e in diritto, non autorizza il capo stesso a sostituir-si semplicemente (o per meglio dire «amministrativamente») al ma-gistrato delegato, ma lo obbliga a seguire una strada diversa, impo-sta al procuratore dalla necessità di salvaguardare valori diversi dal-la semplice efficienza operativa. Non solo infatti egli deve provvede-re alla sostituzione della persona del designato, ma deve motivaprovvede-re con ragioni di interesse pubblico quel provvedimento di sostituzio-ne. In tal modo viene assicurato che la sostituzione non sia atto ar-bitrario ma discrezionale, vincolato nel fine di pubblico interesse e, nello stesso tempo, viene salvaguardata non solo la coscienza ma an-che la professionalità del sostituto in quanto magistrato, an-che ben po-trebbe rendere noto al Consiglio superiore il contenuto del provve-dimento di sostituzione.

Si può concludere su questo punto dicendo che anche nella de-signazione plurima valgono le regole che sovrintendono ai rapporti tra capo dell’ufficio e singoli sostituti.

8 – Il quinto comma dell’art. 70 prevede la facoltà di segnalazio-ne al titolare dell’ufficio, da parte di ogni magistrato addetto ad una procura, di fatti che possano determinare l’inizio dell’azione penale o di indagini preliminari, comunque conosciuti, purché fuori dell’eser-cizio delle funzioni. La norma si applica per le notizie apprese fuo-ri dell’esercizio delle funzioni, dal momento che, per le notizie per-venute od acquisite di propria iniziativa nell’ambito delle funzioni, provvede l’art. 335 del codice, il quale pone a carico del pubblico mi-nistero l’obbligo di immediata iscrizione della notizia nell’apposito registro.

Per le notizie comunque acquisite fuori delle funzioni tale ob-bligo non sussiste. Si tratta soprattutto delle notizie di reato cosid-dette informali o inqualificate, le quali dovrebbero essere ricercate dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero in base all’art. 330, ma che spesso rischiano di non pervenire mai ai soggetti competen-ti a riceverle.

Il comma in esame, prevedendo una facoltà di segnalazione di ciascun magistrato per tale tipo di notizie, viene a costituire un

Nel documento Apertura dei lavori (pagine 88-99)