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Le diverse tipologie di fondi

Nel documento LUISS Guido Carli (pagine 83-87)

3. I FONDI INFRASTRUTTURALI

3.2. L A VIA ITALIANA : IL FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO CHIUSO

3.2.1. Le diverse tipologie di fondi

Il fondo comune di investimento, in buona sostanza, rappresenta lo strumento attraverso cui si esplica l’attività di gestione collettiva della SGR. L’ordinamento italiano conosce diverse tipologie di fondi comuni, differenziati in ragione degli “scopi” di investimento perseguiti e perseguibili con gli stessi e delle caratteristiche dei soggetti potenzialmente destinatari dell’attività di commercializzazione delle loro quote, al fine della sottoscrizione delle stesse.

depositario o nell'interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La società di gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, i beni di pertinenza dei fondi gestiti”.

123 Secondo F. Annunziata, La disciplina del mercato., cit., p. 183, “non a caso uno degli elementi

distintivi della gestione individuale rispetto a quella collettiva è che in ogni momento, il singolo cliente può impartire istruzioni vincolanti al gestore”.

La prima macro distinzione possibile è quella fra fondi di tipo “aperto” e fondi di tipo “chiuso”: tale distinzione attiene al profilo oggettivo e delle caratteristiche dello strumento.

Rinviando per i fondi chiusi (oggetto specifico del presente lavoro) al successivo paragrafo, si definisce "fondo aperto", ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. k), del D.lgs. n. 58/1998, il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo.

La variabilità del patrimonio del fondo, in aumento ed in diminuzione, influisce sulle caratteristiche e sui limiti di investimento che, per tale tipologia di fondi, sono determinate dal Provvedimento della Banca d’Italia del 14 aprile 2005, come recentemente modificato (dicembre 2009)124. In particolare, i fondi di tipo aperto, armonizzati o non armonizzati, investono il proprio patrimonio in assets che consentono un livello di liquidità coerente con la necessità di garantire ai partecipanti la possibilità di uscire dall’investimento, attraverso il rimborso delle quote inizialmente sottoscritte, o successivamente acquistate, a valere sul patrimonio del fondo.

In altri termini, è il fondo, con il proprio patrimonio, a liquidare la posizione dell’investitore, provvedendo ad annullare le relative quote. Tale operazione è disciplinata dal regolamento del fondo stesso e può essere soggetta a limiti “tecnici” ed operativi, nel senso di prevedere un tempo tecnico di liquidazione della quota o finestre temporali per la richiesta di rimborso; in ogni caso, la richiesta di uscita o smobilizzo (parziale o totale) del partecipante non è vincolata o legata alla raccolta di nuove sottoscrizioni di quote del fondo da parte della SGR.

L’effetto netto di un rimborso, pertanto, è sempre quello di determinare una – seppur temporanea – riduzione del patrimonio del fondo, che quindi è potenzialmente molto volatile.

124 I limiti di investimento dei fondi di tipo aperto, armonizzati e non, sono definiti nel Titolo V, Capitolo III, rispettivamente Sezione II e III del Provvedimento della Banca d’Italia del 14 aprile 2005.

Questo significa, per quanto qui di interesse, da un lato, che tali fondi hanno un orizzonte di investimento essenzialmente di breve-medio periodo, e per oggetto strumenti finanziari o altri beni che presentino un livello di liquidità sufficiente a garantire il disinvestimento degli stessi nei tempi previsti dal regolamento per procedere alla liquidazione delle quote chieste a rimborso e, dall’altro, che sono di fatto preclusi – dal punto di vista economico, prima ancora che da quello giuridico, al fine di mantenere l’equilibrio finanziario fra le fonti e gli impieghi – gli investimenti in operazioni di private equity e di sviluppo in generale125.

Una seconda distinzione all’interno del genus fondo comune di investimento attiene, invece, al profilo soggettivo dei suoi destinatari. Si distinguono, così, fondi comuni di investimento retail, riservati ad investitori qualificati e speculativi, tutti istituibili sia nella forma aperta che chiusa.

125 Ai fondi di tipo aperto sono, ai fini che qui interessano, assimilabili anche le SICAV, società di investimento a capitale variabile, che rappresentano la forma statutaria dell’OICR di diritto italiano. Tali società che si caratterizzano per l’equiparazione fra capitale sociale e patrimonio, perché riconoscono – nei limiti previsti dallo statuto – il diritto per il socio di chiedere il rimborso delle azioni sottoscritte, sono soggette ai medesimi limiti di investimento applicabili ai fondi di tipo aperto, armonizzati o non armonizzati, a seconda del fatto che la SICAV rientri in una categoria o nell’altra. Per maggiori approfondimenti sulle SICAV si vedano, M. Sepe, Il

Risparmio Gestito, Bari, 2000, p. 100 e ss.; F. Annunziata, La disciplina del mercato., cit., p. 213; P. Ferro Luzzi, L'assetto e la disciplina del risparmio gestito, in Riv. dir. comm., 1998, I, p. 191 e ss.; R. Costi e L. Enriques, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale, Padova, 2004, p. 439 e ss.; E. Rocchi, Le Società a capitale variabile, I, Una ricognizione per modelli, Modena, 2000, p. 205 e ss.; B. Szego, Commento sub Art. 43, in Il testo unico dell’intermediazione finanziaria, a cura di C. Rabitti Bedogni, Milano, 1998, p. 328 e ss.; R. Lener, Commento sub Art. 45, in Commentario al testo unico

delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di G. Alpa e F. Capriglione, Padova, 1998, I, p. 466 e ss.; A. Antonucci, Le società di investimento a capitale variabile, Torino, 2000, p. 111 e ss.

È evidente che, tanto nei fondi di tipo aperto che nelle SICAV, sussisterebbe, in via teorica, la possibilità di “giocare” sulle limitazioni di uscita che possono essere previste nel regolamento del fondo o nello statuto della SICAV. In questo senso, però, deve considerarsi che entrambi gli strumenti richiedono una preventiva approvazione proprio delle “regole del gioco” (cioè del regolamento o dello statuto, rispettivamente) da parte della Banca d’Italia. In questo senso, ipotizzare delle regole di smobilizzo dell’investimento che subordinino e limitino lo stesso alla sottoscrizione di nuove quote, da parte di terzi investitori, equivarrebbe a snaturare la tipologia del fondo e, di fatto, a creare un fondo di tipo chiuso (le cui caratteristiche saranno meglio delineate infra). In generale, ciò sembrerebbe difficilmente accettabile dall’Autorità di Vigilanza in sede di approvazione e, con specifico riferimento alle SICAV, finirebbe per allineare le stesse, in modo piuttosto evidente, con gli intermediari finanziari di cui all’art. 106 o 107 del D.lgs. n. 385/1993 che siano autorizzati allo svolgimento dell’attività di assunzione di partecipazioni nei confronti del pubblico.

Alla diversa classificazione corrisponde, nel giudizio del legislatore, un diverso bisogno di protezione dell’investitore e, quindi, un decrescente grado di dettaglio della normativa secondaria della Banca d’Italia. I fondi c.d. retail, destinati al pubblico indistinto, sono quelli su cui maggiormente si concentra l’attenzione della normativa di attuazione, definendo con precisione il contenuto del regolamento di gestione del fondo, le regole di investimento e remunerazione del gestore, i limiti alle operazioni in conflitto di interessi, così come anche i divieti generali e i limiti alla concentrazione del rischio.

Al crescere dell’esperienza dei potenziali destinatari delle quote e, quindi, della loro capacità di comprendere e affrontare i rischi connessi all’investimento, aumenta anche lo spazio concesso dalla Banca d’Italia allo sviluppo dell’autonomia privata. I fondi riservati ad investitori qualificati, infatti, possono derogare alle norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio fissate dalla Banca d’Italia nel Provvedimento del 14 aprile 2005, definendo proprie regole e limiti nel regolamento del fondo. Permangono, tuttavia, taluni limiti e divieti generali di investimento, nonché le limitazioni in tema di operazioni in conflitto di interessi (salvo talune eccezioni per i fondi chiusi specializzati nell’investimento in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari).

Da ultimo, alle iniziative destinate ad investitori in possesso di elevato patrimonio personale, tale da consentire un investimento minimo nel fondo di almeno 500.000 euro, è invece concesso il massimo livello di autonomia negoziale. Tali fondi, infatti, possono investire in beni anche diversi da quelli previsti per gli altri fondi (che hanno comunque un livello di liquidità o un valore determinato con cadenza almeno semestrale in modo oggettivo) e stabilire nel regolamento, in assoluta autonomia, i limiti di investimento ed i livelli di concentrazione del rischio. Inoltre, tali fondi possono derogare anche alle altre norme in materia di concentrazione del rischio e frazionamento degli investimenti, purché mantengano comunque un livello di diversificazione “adeguato”, coerente con la tipologia di investimenti effettuati.

Nel documento LUISS Guido Carli (pagine 83-87)