3. I FONDI INFRASTRUTTURALI
3.1. L O SVILUPPO DEI FONDI INFRASTRUTTURALI
3.1.2. Le forme organizzative degli operatori internazionali: le LPs
Fino alla fine degli anni ’70 gli investimenti in private equity erano sostenuti da wealthy families, corporations e istituzioni finanziarie; dagli anni ‘80 e ‘90, invece, l’adozione
delle forma organizzativa della limited partnership, derivante dall’esperienza anglosassone, ha consentito l’ingresso nel settore di numerosi altri investitori109.
Tali soggetti, economicamente attratti dall’investimento nel private equity, prima, e nel settore infrastrutturale, poi, hanno trovato, in questa forma organizzativa, l’equilibrio di interessi ed i presidi minimi necessari a superare le asimmetrie informative, di esperienza e di rischio, che limitavano in precedenza il loro accesso in questo mercato.
La limited partnership trova fonte in un contratto, denominato partnership agreement, stipulato fra un “General Partner” e taluni “Limited Partners”. In prima approssimazione, la limited partnership è sostanzialmente paragonabile alla società in accomandita semplice di diritto italiano: si riconoscono, infatti, due tipologie differenti di soci, legati dal partnership agreement che ne disciplina caratteristiche, diritti, poteri e responsabilità.
In particolare, ciascun Limited Partner (assimilabile al nostro socio accomandante) sottoscrivendo il partnership agreement si impegna a conferire nel veicolo un determinato ammontare di denaro, in una o più volte, su richiesta del General Partner (socio accomandatario); quest’ultimo è a sua volta tenuto a sottoscrivere in proprio una partecipazione nel veicolo stesso ed ad effettuare i relativi conferimenti di denaro.
Al General Partner spettano, nei limiti definiti dal partnership agreement, tutti i poteri di ordinaria amministrazione del veicolo, nonché la definizione di tutte le scelte di investimento e disinvestimento (all’interno della politica di investimento definita nel contratto sociale), il monitoraggio degli investimenti e le decisioni relative all’affidamento di incarichi di outsourcing o advisory a soggetti esterni. Spetta sempre al General Partner la possibilità di delegare a soggetti terzi la gestione del veicolo, ferma la propria responsabilità per la stessa e per il controllo sul delegato.
109 Per una dettagliata trattazione sul tema delle Limited Partnerships si legga W. A. Sahlman, The
Structure and Governance of Venture Capital Organizations, in Journal of Financial Economics, vol. 27, issue 2,, 1990, p. 473 e ss., e A. Gervasoni - A. Bechi, I fondi chiusi di private equity nell’esperienza
Il General Partner risponde illimitatamente nei confronti dei terzi per le obbligazioni della limited partnership, come avviene per il socio accomandatario.
A fronte dell’apporto di denaro e della rinuncia alle prerogative di ordinaria gestione, invece, il Limited Partner riceve il beneficio della limitazione della propria responsabilità alla sola quota di capitale sottoscritta al momento della costituzione della, o dell’ingresso nella, partnership. Rimangono in capo al Limited Partner solo talune prerogative (i) di straordinaria amministrazione, come quella di deliberare la rimozione del General Partner dalle prerogative gestorie o la liquidazione del veicolo, comunque solo nei casi previsti dal partnership agreement (invero piuttosto scarsi e, nella prassi, sostanzialmente limitati alla sola ipotesi del dolo o della colpa grave del gestore), o (ii) a valenza informativa, come quelle relative all’accesso ai libri della partnership o al rendiconto di gestione, o (iii) di controllo, come il potere di vietare la realizzazione, con il patrimonio del veicolo, di operazioni in conflitto di interessi fra questo ed il soggetto gestore o il suo gruppo di appartenenza.
Anche sotto il profilo economico-patrimoniale la posizione delle due tipologie di soci della limited partnership è differenziata. La c.d. waterfall o “cascata dei pagamenti”, infatti, prevede una partecipazione diversa al risultato di gestione, che può essere variamente configurata nella prassi applicativa in ragione, principalmente, dell’esperienza e del track record del General Partner (al crescere dei quali cresce la possibilità di questo di ottenere una remunerazione maggiore), del settore di investimento e delle modalità di contribuzione.
In linea di massima, comunque, il modello standard (c.d. “all-contributions-preferred-return-back”) prevede che la distribuzione dell’extra-rendimento del Fondo sia subordinata all’integrale restituzione ai partecipanti dei versamenti effettuati e del rendimento obiettivo. In particolare, si prevede che il risultato di gestione (comprensivo di tutti i proventi e le plusvalenze percepiti e incassate dalla limited partnership ed al netto di tutti i costi, oneri e debiti di gestione) sia distribuito secondo un ordine di priorità che, di prassi, può essere schematizzato come segue:
(i) pari passu ai Limited Partners ed al General Partner, in proporzione ai relativi conferimenti, fino al raggiungimento di un importo corrispondente ai
versamenti effettuati (tenendo conto degli importi eventualmente già distribuiti nel corso della vita della limited partnership);
(ii) il residuo, pari passu ai Limited Partners ed al General Partner, fino a concorrenza di un importo pari al rendimento obiettivo dell’iniziativa (calcolato ad un determinato tasso di rendimento interno sulle somme versate dai partecipanti, dal momento del loro conferimento fino alla restituzione delle stesse) (c.d. “Hurdle Rate”);
(iii) il residuo, per il 20% pari passu fra tutti i partecipanti e per l’80% al General Partner, fino a che gli importi attribuitigli a questo titolo non siano pari al 20% delle somme distribuite ai Limited Partners a titolo di remunerazione del capitale investito (e, quindi, ai sensi del numero (ii) e di questo numero (iii)) (c.d. “Catch Up”);
(iv) l’eventuale ulteriore importo residuo, fino a concorrenza delle somme disponibili, per l’80% pari passu fra tutti i partecipanti e per il 20% al General Partner (c.d. “Extra rendimento” o “Carried Interest”).
La sopra descritta modalità di distribuzione dei proventi e del risultato netto di gestione (che corrisponde, in sostanza, all’attivo netto di liquidazione della limited partnership) realizza l’obiettivo di assicurare ai Limited Partners, non coinvolti nella gestione del veicolo la restituzione dell’equity ed il riconoscimento di un rendimento minimo prima che il gestore possa percepire delle commissioni di performance, legate all’andamento della gestione. In questo modo, da un lato si neutralizza (o almeno si tende a minimizzare) il rischio legato all’asimmetria informativa e, dall’altro, si allineano gli interessi dei gestori con quelli degli altri partecipanti. La remunerazione del gestore, infatti, viene costruita sotto forma di compartecipazione al risultato effettivo dell’iniziativa, di modo che per il gestore risulti appetibile assicurare ai singoli partecipanti la massimizzazione dei ritorni dell’investimento, così da giungere il prima possibile a percepire le proprie componenti di remunerazione.
In questo schema, peraltro, la commissione fissa di gestione che viene pagata dalla limited partnership al gestore risulta solitamente contenuta e tale da remunerare solo il puro costo del servizio prestato. È immediato comprendere come, se la
remunerazione del gestore fosse costruita in termini di commissione variabile invece che di partecipazione ai risultati, egli avrebbe interesse principalmente a massimizzare il rendimento “teorico” e contabile degli investimenti, perché percepirebbe i propri ricavi (che si tradurrebbero in costi del veicolo) in pre-deduzione rispetto alle distribuzioni (di utili) effettuate dal veicolo.
Il meccanismo sopra individuato ha trovato, come detto, diverse configurazioni concrete, fra cui merita ricordare, quantomeno, l’estensione del beneficio (e del rischio) di partecipazione al risultato di gestione anche al management del gestore, con l’individuazione di talune figure chiave dell’operazione, e l’applicazione del c.d. deal-by-deal.
Quanto al primo profilo, nel private equity in generale e nel settore infrastrutturale in particolare, la competenza, professionalità ed esperienza del management costituiscono un fattore chiave di successo dell’iniziativa, vuoi per le dimensioni dei singoli progetti (cui si riconnette quindi un rischio elevato in caso di insuccesso), vuoi ancora per la necessità di operare in un contesto costituito da un numero non elevato di operatori e caratterizzato dalla presenza di drivers sociali e politici, vuoi infine per la necessaria conoscenza del mercato di riferimento. Al di là della reputazione ed affidabilità del grande player di mercato, quindi, l’abilità del singolo manager prescelto per guidare il team di investimento del veicolo risulta importante per l’investitore terzo, con la conseguenza che (i) su tale nome e professionalità si concentrano una buona parte del marketing legato alla commercializzazione del veicolo e (ii) gli investitori richiedono che a tali manager sia effettivamente affidato il controllo delle scelte gestionali, in autonomia rispetto agli interessi di parte dei gruppi finanziari cui appartengono. Tali risultati portano con loro la volontà degli investitori di legare l’interesse del manager al successo dell’iniziativa e di prevedere il blocco della fase degli investimenti, con la conseguente impossibilità di realizzarne di nuovi, nel caso di uscita dello stesso (c.d. “key man clause”) 110.
110 Si parla, a tale proposito, di clausole di good leaver e bad leaver, finalizzate a definire delle casistiche di abbandono dell’iniziativa da parte del manager e delle conseguenze in termini di percezione della remunerazione variabile. Il vesting delle partecipazioni attribuite ai manager è funzione, in questi casi, degli anni decorsi dall’avvio del fondo, della scadenza o meno del
Il c.d. deal-by-deal, invece, è una modalità di distribuzione dei proventi periodici e del risultato finale di gestione basata sulla valorizzazione di ciascun singolo investimento, come, cioè, se ciascuna delle operazioni condotte dal veicolo dovesse considerarsi, fino al conguaglio finale, completamente autonoma. In altri termini, fermo l’ordine di distribuzione sopra descritto, viene a variare l’importo delle somme da distribuire ed il limite considerato per ognuna delle classi di riparto.
Più in particolare, all’effettuazione di un disinvestimento o in caso di distribuzioni effettuate da una delle iniziative in portafoglio al veicolo, si andrà anzitutto a rimborsare ai partecipanti al veicolo stesso il capitale investito, sino però a concorrenza di quello imputabile al singolo investimento dismesso o che ha dato origine alla distribuzione111.
La cascata dei pagamenti viene in questi casi resa più complessa dalla necessità (i) di imputare a ciascuna operazione anche quota parte dei costi generali di struttura (in relazione ai quali dovrà essere definito un criterio applicativo efficiente), e (ii) di evitare il disinvestimento, da parte dei gestori, di assets non ancora maturi, finalizzato ad ottenere in anticipo la quota parte di remunerazione variabile o, comunque, ad estrarre valore dal veicolo, relegando la dismissione degli investimenti in perdita (che, quindi, non riusciranno a coprire la quota parte di equity e spese generali e che, anzi, potrebbero accumulare ulteriori perdite) per la fase di liquidazione finale del veicolo. L’applicazione del sistema deal-by-deal “puro” risulterebbe, evidentemente, più favorevole per i gestori e correlativamente meno prudenziale per i limited partners, esponendo questi ultimi al rischio di non ottenere, in fase di liquidazione finale del veicolo, non solo la remunerazione base, ma neppure la restituzione del capitale impiegato su tutti gli investimenti. E ciò avendo però già riconosciuto al management ed al General Partner delle somme a titolo di catch up ed extra rendimento (a valere sui primi disinvestimenti effettuati).
periodo utile per l’effettuazione degli investimenti e, come detto, delle ragioni che inducono l’uscita e della loro preventiva accettabilità da parte degli investitori (morte, invalidità, licenziamento, dimissioni, etc.)
111 La descritta modalità di distribuzione si riferisce alle ipotesi in cui la partnership agreement preveda il versamento dei conferimenti a seguito dei richiami effettuati da parte del General
I correttivi sviluppati nella prassi di mercato, quindi, operano, da un lato, sull’ammontare spettante in prima istanza ai Limited Partners e, dall’altro, sulla disponibilità e ripetibilità delle somme eventualmente distribuite al General Partner ed al management durante la vita utile del veicolo.
Si riscontrano, così, nella prassi applicativa, previsioni volte a consentire la distribuzione dell’hurdle rate (i) solo dopo che i partecipanti abbiano comunque ricevuto tutto l’equity versato nel veicolo (limitando, di fatto il deal-by-deal solo alle voci di remunerazione dell’investimento), o (ii) dopo che sia stato restituito tutto il capitale investito sul singolo asset oggetto di disinvestimento maggiorato di tutti o di quota parte dei costi di struttura e di un importo pari alle minusvalenze potenziali sugli altri investimenti in essere (in modo da abbattere il rischio di mancata restituzione dell’equity versato).
Quanto alla disponibilità delle somme spettanti al General Partner ed al management, invece, si prevede che le stesse siano depositate, in tutto o in parte (e la percentuale dipende direttamente dalla reputazione e dall’affidabilità dei soggetti) in un escrow account, in modo da poter essere utilizzate per eventuali compensazioni con gli importi spettanti ai partecipanti in sede di liquidazione finale. Inoltre, anche dopo lo svincolo (che può essere disposto al raggiungimento di certe percentuali di rimborso dell’equity) viene prevista la possibilità di ripetere tali somme qualora, in esito alla liquidazione del veicolo – e, quindi, alla cristallizzazione della cascata dei pagamenti – le stesse debbano in tutto o in parte essere destinate ai Limited Partners (c.d. “claw back”).