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La best practice di mercato: principi ILPA

Nel documento LUISS Guido Carli (pagine 164-168)

3. I FONDI INFRASTRUTTURALI

3.5. F ONDI ESTERI E ITALIANI : PRINCIPI ILPA E DIRETTIVA AIFM

3.5.1. La best practice di mercato: principi ILPA

In data 8 settembre 2009 l’Institution Limited Partners Association (“ILPA”), un’associazione nordamericana di limited partners che racchiude più di 220 società del settore private equity, ha pubblicato – sulla base degli input e delle risposte provenienti dai limited partners leader del mercato e da apposite tavole rotonde tenute tra le società aderenti all’associazione – un documento contenente una serie di principi e linee guida standard di mercato per i private equity partnership agreement.

Tali principi mirano, tra l’altro, (i) a migliorare la governance dei gestori dei fondi di private equity e (ii) ad allineare l’interesse dei gestori di tali fondi con quello dei partecipanti. In particolare l’obiettivo è di individuare un nuovo punto di equilibrio (a valle della crisi di sistema) tra gli interessi dei General Partners e quello delle limited partnerships.

I profili considerati dall’ILPA, che non riguardano le caratteristiche che distinguono i fondi di tipo infrastrutturale da quelli genericamente attivi nel private equity, principalmente attinenti alla durata del fondo e degli investimenti, nonché alla politica di investimento, consentono di fare utilmente riferimento ai citati princìpi al

fine di verificare lo stato di allineamento delle strutture di investimento italiane a quelle delle esperienze internazionali.

Ferme le peculiarità del quadro normativo interno, quello che emerge è il sostanziale adattamento delle realtà di investimento italiane a quelle internazionali, attraverso un progressivo ma tutto sommato rapido processo di elaborazione e complicazione dei testi regolamentari, soprattutto per favorire l’investimento da parte di soggetti esteri in nuove iniziative o in fondi già esistenti.

Secondo quanto indicato dall’ILPA, con riferimento alla “cascata dei pagamenti” ed ai meccanismi di distribuzione ai partecipanti dei risultati della gestione, il modello standard viene considerato quello c.d. “all-contributions-preferred-return-back” che subordina la distribuzione dell’extra rendimento del Fondo e del carried interest all’integrale restituzione ai partecipanti dei versamenti effettuati e del rendimento obiettivo.

In caso di utilizzo di un meccanismo di distribuzione c.d. “deal by deal” (in cui la cascata dei pagamenti viene gestita separatamente per ciascuno degli investimenti effettuati dal fondo), al fine di compensare il rischio dei partecipanti dovuto alla distribuzione di somme a titolo di remunerazione del General Partner e del management (in Italia della SGR e dei managers o soggetti coinvolti nella gestione) prima dell’integrale restituzione dei versamenti effettuati, si considera come standard di mercato il deposito di almeno il 30% dell’extra rendimento distribuito ai predetti soggetti in un escrow account, nonché l’inserimento della clausola di clawback.

Entrambi i meccanismi di distribuzione sono compatibili con la disciplina italiana e trovano applicazione nella prassi di mercato.

In particolare, quanto alla percentuale di extra rendimento spettante agli sponsors del fondo, alla SGR ed ai suoi managers, che viene tenuta in escrow in caso di deal-by-deal, si rilevano sensibili differenze in relazione al track record del gestore ed alla rischiosità dell’iniziativa, ferma comunque una soglia minima generalmente non inferiore al 30%.

Quanto alle management fee, l’ILPA raccomanda che la remunerazione del General Partner venga significativamente ridotta subito dopo la fine del periodo di richiamo ed all’inizio della seconda fase dell’attività del Fondo.

La prassi di mercato italiana conosce ordinariamente l’applicazione di commissioni basate, nel primo periodo di vita del fondo, sugli importi sottoscritti dai partecipanti (indipendentemente dall’ammontare versato) e, dopo la scadenza del periodo di richiamo, sull’ammontare del patrimonio in gestione.

In relazione alle Key Men clauses, l’ILPA raccomanda l’inclusione di clausole che richiedano ai Key Managers di dedicare – almeno fino alla scadenza del periodo di richiamo o all’avvenuto investimento di determinate percentuali degli importi sottoscritti – sostanzialmente tutto il proprio tempo e impegno lavorativo alle attività del fondo, vietando lo svolgimento di attività analoghe su iniziative con politiche di investimento similari.

Nella prassi italiana, anche in considerazione del periodo in cui si colloca l’istituzione del fondo e l’approvazione del relativo regolamento, sono generalmente presenti clausole che specificano i doveri dei Key Managers rispetto ai fondi in gestione cui non sempre si accompagnano previsioni espresse di inibizione al coinvolgimento in iniziative analoghe da parte del medesimo gestore.

Con riguardo alla governance, le linee guida dell’ILPA raccomandano di evitare l’adozione di clausole che:

(i) limitino la responsabilità dei General Partners;

(ii) consentano al General Partner di decidere riguardo ad operazioni in conflitto d’interessi o con parte correlata e

(iii) riconoscano al General Partner un’indennità per condotte che costituiscono un inadempimento del partnership agreement e la violazione di obblighi fiduciari.

Al contempo si ritiene opportuno che i Regolamenti presentino clausole che

(i) consentano di rimuovere il General Partner anche in caso di una sentenza non passata in giudicato;

(ii) prevedano che eventuali modifiche al contenuto del regolamento ed alla strategia d’investimento possano essere disposte esclusivamente previa approvazione di una maggioranza qualificata; e

(iii) consentano ai limited partners di sospendere o porre fine al periodo di richiamo e rimuovere il General Partner o liquidare il fondo, anche senza giusta causa, attraverso un voto a maggioranza semplice o qualificata.

Inoltre, con riguardo all’Advisory Committee, l’ILPA individua clausole uniformi con riguardo alla composizione, formazione, ruolo e responsabilità dell’organo rappresentativo dei partecipanti.

In particolare si prevede che tale comitato sia composto da sette a dodici membri, in rappresentanza dei diversi gruppi di investitori, incentivando l’inserimento di clausole che consentano la partecipazione alle sedute del Comitato di osservatori, privi del diritto di voto, in rappresentanza di altri partecipanti. Dovrebbe essere previsto l’obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione dell’Advisory Committee per l’effettuazione delle operazioni in conflitto d’interessi o con parti correlate.

La normativa italiana prevede espressamente l’attribuzione all’assemblea dei partecipanti del fondo del potere di deliberare in merito, tra l’altro, alla modifica delle politiche di investimento del fondo e alla sostituzione della SGR, rimettendo però ai regolamenti la definizione della casistica rilevante.

In questo senso, la possibilità di sostituire senza giusta causa la SGR è solitamente prevista solo decorso un periodo di 24 o 36 mesi dall’avvio dell’operatività del fondo. Inoltre, nella prassi applicativa i poteri dell’assemblea sono ordinariamente estesi all’approvazione di tutte le modifiche del regolamento e alla liquidazione anticipata del fondo.

Quanto ai comitati dei partecipanti, nei regolamenti di gestione si riscontrano diversi meccanismi di nomina, comunque orientati a garantire la partecipazione dei principali investitori. A tali comitati è ordinariamente attribuito il potere di esprimere pareri vincolanti in relazione alle operazioni in conflitto di interessi. Crescente utilizzo trovano anche le clausole che attribuiscono ai partecipanti il potere di

sospendere, o terminare, il periodo di richiamo degli impegni al ricorrere di determinati eventi individuati nel regolamento.

Nel documento LUISS Guido Carli (pagine 164-168)