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La donna come protagonista

Kon ha sempre dimostrato un grande interesse per l’universo femminile sin da quando era ragazzo, e questa attenzione la ritroviamo all’interno delle sue pellicole. Le protagoniste dei suoi lungometraggi, infatti, sono tutte ragazze o giovani donne, come omaggio all’estrema sensibilità che caratterizza la sfera femminile. Il regista ammette che sin da quando era alle scuole superiori preferiva la compagnia delle ragazze in quanto molto più mature dei suoi coetanei maschi. Inoltre, era un appassionato di shōjo

manga, quindi conscio anche di come l’emotività femminile veniva rappresentata nel mondo del fumetto.

L’artista vuole riproporre nei suoi film questo mondo, dipingendo ritratti di donne alle prese con la loro interiorità e la loro capacità di affrontare i cambiamenti che le circondano. Passiamo quindi dalla descrizione realistica della deframmentazione della coscienza di Mima in Pāfekuto burū, a una donna più idealizzata e simile alla figura dell’eroina shōjo classica di Chiyoko in Sennen joyū. Nel trio di Tōkyō

goddofāzāzu, nonostante non vi sia un singolo protagonista, sono le due figure femminili a svolgere un

ruolo portante nell’anime, in particolare il transessuale Hana che, nonostante sia uomo, dimostra un’emotività spiccatamente femminile. Persino nelle vicende narrate in Mōsō dairinin è una donna ad avere funzione fondamentale: la giovane designer Sagi Tsukiko è infatti colei grazie alla quale nasce la figura di Shōnen Bat, non soltanto perché prima vittima di una serie di aggressioni, ma soprattutto perché, come si scoprirà soltanto alla fine, è stata proprio lei a crearlo. Paprika rappresenta la parte più scanzonata dell’animo della dottoressa Atsuko, incapace di accettarla perché troppo differente da ciò che lei percepisce come suo vero io.

Il regista confessa “io sono un uomo, se avessi scelto di creare un protagonista maschile lo avrei sicuramente realizzato un po’ rozzo, trasandato e carnale, una figura sicuramente non troppo allettante. Mentre trovo decisamente più interessante sviluppare personaggi femminili che trovo più facili da descrivere perché più complessi”63. Inoltre, considerando il target di pubblico a cui sono indirizzate le

sue opere, una protagonista donna è sicuramente più accattivante e piacevole di uno maschile. Molte delle sue protagoniste nel corso del film si ritrovano a fare i conti con il proprio alter ego, un personaggio che si presenta come il loro opposto con cui si devono necessariamente confrontare per superare la situazione che si è venuta a creare. Così ritroviamo Mima ad affrontare Rumi, figura

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ambivalente che passa da immagine materna a personaggio disturbato e letale, in Sennen joyū Chiyoko dovrà spesso collaborare con l’attrice Eiko, sua principale rivale. In Tōkyō goddofāzāzu non vi è un alter ego reale, ma lo si può identificare con il passato dei tre protagonisti, i “se stessi” che li hanno portati a vivere una vita di stenti e miseria. L’esempio più lampante in Mōsō dairinin è la professoressa Chōno Harumi che soffre di un disturbo della personalità e diventa inconsciamente la prostituta Maria, mentre in Paprika il dopplegänger della professoressa Atsuko, seria e composta, è l’esuberante Paprika. Il doppio rappresenta la parte più oscura della stessa protagonista e soltanto confrontandosi con questo lato di sé, e quindi con i propri problemi e le proprie paure, riuscirà ad emergere quella che è la vera essenza di ogni eroina dei film di Kon Satoshi.

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Il debutto nel mondo della cultura otaku: i manga di Kon

Satoshi

Si parla molto di Kon Satoshi come regista, ma prima di approdare nel mondo dell’animazione Kon ha esordito come fumettista nel mondo della cultura otaku. Ha iniziato a disegnare la strip Toriko, il suo primissimo lavoro, quando frequentava ancora l’università di arte di Musashino, vincendo il premio del concorso Tetsuya Chiba, indetto dalla rivista Young, come miglior artista principiante. Nella redazione di Young è avvenuto l’incontro con Ōtomo, con cui ha avuto occasione di collaborare ed entrare in contatto con i lavori del regista di Akira. Lo stile di Ōtomo ha sempre affascinato Kon, la strip Dōmu, – sogni di bambini, in cui una ragazzina e un anziano ingaggiano una battaglia a colpi di poteri psichici in un blocco residenziale - è uno dei fumetti di Ōtomo che Kon preferisce, affermando il desiderio di volerne fare una versione animata. Di fatto, invece, Kon lavorerà poi ad un altro dei lavori di Ōtomo, partecipando al progetto Memorīzu.

Durante la sua permanenza alla Young pubblicherà una serie di strip tra cui Waira, pubblicata nel numero di marzo del 1988.

Nel 1990 gli viene commissionato Kaikisen per Kōdansha, casa editrice che pubblicava anche la rivista

Young: il regista si trova a lavorare sotto pressione, costretto a disegnare circa duecento pagine in soli

tre mesi. Una volta completato, il fumetto viene pubblicato in un unico volume monografico. Questo

manga risente molto dell’influenza di Ōtomo, soprattutto per quanto riguarda lo stile di disegno

semplice e pulito, differente per esempio da quello di Waira più particolareggiato ed elaborato. A partire dal maggio del 1995 inizia la pubblicazione seriale sulla rivista Animage del manga Serafimu, realizzato in collaborazione con Oshii, fumetto che risente dello stile di Ōtomo ancor più di quanto non ne fosse influenzato Kaikisen. Alcune divergenze tra i due artisti sono la causa della sospensione della pubblicazione del manga, ma mentre questo è ancora in fase di progettazione, Kon inizia a lavorare ad un’altra serie, questa volta totalmente di sua invenzione.

Si tratta di OPUS, di cui diciannove episodi sono stati pubblicati sulla rivista Comic Guy’s. Il manga, pubblicato in parte a colori, narra delle vicende di un mangaka alle prese con uno dei suoi personaggi che ha rubato delle tavole della storia dal suo studio. Sfortunatamente, la rivista su cui veniva pubblicato viene sospesa, e il manga non è stato mai ufficialmente concluso.

Se da un lato la cessazione della pubblicazione di OPUS comporta una maggior quantità di tempo a disposizione di Kon, che di lì a poco avrebbe iniziato a lavorare a Pāfekuto burū, dall’altro lato ha portato insoddisfazione nell’animo del regista – acutizzata anche dall’insuccesso di Serafimu –, che vede OPUS come il suo secondo grande fallimento.

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redattori hanno deciso di inserire nella versione monografica del fumetto pubblicata nel 2011. Inoltre, sempre nel 2011, fu pubblicata da Kōdansha una raccolta intitolata Yume no kaseki - Kon Satoshi zentanpen (「夢の化石今聡全短編」Fossili di sogni – Tutti i corti di Kon Satoshi, Dream Fossil), un volume unico che comprende tutte le strip disegnate da Kon per Young tra cui la sopracitata Waira e Toriko.

Sui manga di Kon è stato scritto molto poco a livello di critica, per questo motivo nell’elaborato proporrò un esame delle varie opere che io stessa ho formulato, tenendo conto di quanto è stato esposto nella sezione riguardante lo stile del regista.

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Kaikisen

Kaikisen è ambientato nella tranquilla località marittima di Tsunade, un luogo immerso nella natura e nella tradizione. Il protagonista è un ragazzo di nome Yōsuke, figlio del guardiano del tempio che custodisce un uovo di sirena, preziosa reliquia che sembra garantire prosperità al villaggio. Ogni sessant’anni l’uovo va restituito al mare, promessa scambiata con una sirena in tempi ormai remoti, al fine di garantire una pesca abbondante, attività su cui si basa l’intera economia del posto.

Se il nonno di Yōsuke rimane attaccato alla tradizione, altrettanto non si può dire del padre del ragazzo che ha stipulato un contratto con il signor Ozaki, magnate a capo di un progetto per la modernizzazione della città. Lo stesso uovo di sirena viene usato come attrazione turistica al fine di promuovere la città attirando villeggianti in occasione del festival della sirena. La notizia della modernizzazione di Tsunade ha creato del malcontento tra gli abitanti, e un gruppo di questi, capitanato da Gan, pescatore e amico di lunga data del padre di Yōsuke, protesterà più e più volte contro i cambiamenti che apporteranno soprattutto lungo la zona della baia.

Yōsuke, nonostante sia più incline al pensiero del nonno, non ha una posizione completamente chiara: come molti altri giovani, si trasferirà nella moderna Tokyo per frequentare l’università, ma le sue radici rimangono ancora legate alle tradizioni di quel luogo. Una sera, mentre era in barca con un amico, il giovane incontra dopo tanto tempo Natsumi, sua amica di infanzia tornata dalla capitale dopo aver finito i suoi studi. La ragazza si dimostra nostalgica verso il suo paese d’origine, che sta vendendo cambiare inesorabilmente davanti ai suoi occhi a causa del progetto del signor Ozaki. Durante quella gita in barca, la torcia sullo scafo dei ragazzi cade inavvertitamente in mare illuminando quella che sembrerebbe essere la sagoma di una sirena. Sebbene Yōsuke abbia creduto alla leggenda della sirena sin da quando era bambino, gli anni, insieme alla consapevolezza che si acquisisce con la crescita, gli avevano fatto dubitare dell’esistenza dell’essere mitologico, ma quella sagoma gli fa sorgere nuovi dubbi. Il giorno successivo, il padre di Yōsuke e il signor Ozaki si dirigono verso il tempietto che custodisce la reliquia per spostarla in un posto più accessibile al pubblico, ma scoprono che l’uovo era stato trafugato. Subito il sospetto ricade sul nonno, il primo ad essere contrario alla mercificazione di quella reliquia che ha tentato di mettere al sicuro portandolo sull’isola sacra di Kamijima. Sia i ragazzi che il signor Ozaki partono all’inseguimento dell’anziano, chi per proteggere, e chi per recuperare l’uovo. Saranno i giovani a ritrovare per primi il signore nell’angusta caverna sottomarina dell’isola, quasi del tutto privo di forze. L’uovo viene recuperato e l’uomo portato in salvo nel nuovo ospedale costruito dal signor Ozaki, ma il medico comunica una notizia che lascia di stucco i presenti: l’anziano signore da tempo malato di cancro sembra essere miracolosamente guarito. Lo stesso vale per le ferite che Yōsuke si è procurato durante il recupero dell’uovo, anch’esse misteriosamente guarite. Yōsuke

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promette quindi al nonno di mantenere il patto stretto con la sirena in sua vece e di riportare l’uovo al mare.

Tutti gli abitanti danno una mano con i preparativi del festival, anche se molti sono contrariati dalla recente notizia della possibile distruzione dell’isola di Kamijima, con lo scopo di creare un resort. L’entusiasmo per la tradizionale gara di nuoto dei ragazzi è compensato dalla frustrazione degli adulti che non possono far altro che guardare impotenti il degrado verso cui sta andando il villaggio. Quando iniziano i festeggiamenti, un gruppo di oppositori cercherà di intralciare la manifestazione, e nel trambusto l’uovo rischia di venire travolto dalla portantina. Grazie all’intervento provvidenziale di Yōsuke l’uovo di sirena è salvo, ma cade nelle mani di Ozaki che lo fa portare in un posto sicuro, impedendo al protagonista di mantenere la promessa fatta al nonno e soprattutto fatta alla sirena. Durante una gita in barca in un mare completamente privo di vita, lo scafo viene ribaltato da un’onda, e Yōsuke cade in acqua. Il ragazzo ha già vissuto un’esperienza simile quando era bambino, e si è salvato solo grazie al sacrificio della madre, tuffatasi in acqua per salvarlo. Questa volta, però, è la sirena a portarlo in salvo. In ospedale il padre è contento di riabbracciare il figlio e confessa che la moglie morì annegata per la mancanza di un ospedale specializzato in città, motivo per cui l’uomo vuole migliorare la qualità di vita del posto.

Yōsuke capisce l’importanza di rispettare la promessa fatta dai suoi avi e, insieme ai suoi due amici, raggiunge Ozaki per riprendere l’uovo di sirena. Quando i ragazzi scoprono che l’uovo è stato inviato ad un laboratorio di ricerca, il gruppo di amici parte all’inseguimento del furgone che trasporta la reliquia, riuscendo così a recuperarla. Nel frattempo il mare si è ritirato, preannunciano l’arrivo di un maremoto. Yōsuke deve tuttavia mantenere la sua promessa e corre freneticamente verso l’unica pozza d’acqua rimasta, dove ad attenderlo vi è proprio la sirena. Rincorso da Ozaki, Yōsuke fa cadere l’uovo che si rompe, mostrando il neonato di sirena. Quando ormai il maremoto è imminente, Yōsuke consegna finalmente il piccolo alla madre: la promessa è stata mantenuta, e la sirena salva sia Yosuke che Ozaki dalla furia del maremoto portandoli in salvo sulla riva. Alla luce degli eventi, Ozaki realizza l’importanza della natura e decide di rivedere i progetti attuando dei cambiamenti conformi con l’ecosistema.