Questo fumetto è stato serializzato per la prima volta in cinque numeri dalla rivista Young nel 1991, è stato poi raccolto in un volume monografico insieme ad altri tre racconti: Waira, Okyakusama (「お 客様」I visitatori) e Joyful Bell. Benché l’inserzione dell’ultima storia sia peculiare come scelta, in quanto
l’unica a non trattare di eventi soprannaturali, ciò che accomuna le altre tre narrazioni è il tema degli spiriti. Se Waira si pone con un approccio più solenne al tema, essendo ambientato nel Giappone medievale, Okyakusama si presenta con una forte carica ironica. Questo breve racconto tratta di un impiegato che è finalmente riuscito a permettersi una casa indipendente in cui trasferirsi con tutta la sua famiglia. La casa costava una cifra fin troppo economica per la zona in cui è situata, ma presto sperimenteranno il perché di quel prezzo: l’abitazione è un luogo di passaggio per vari spiriti con cui la famiglia si ritroverà a fare i conti. Il tutto è affrontato in modo molto caricaturale, rendendo il racconto più che una storia dell’orrore, una commedia divertente.
Sotto questo punto di vista il titolo è molto ingannevole, poiché nonostante quasi tutte le storie siano accomunate dall’elemento sovrannaturale, nessuna di esse sembra veramente rispecchiare i classici racconti dell’orrore. Persino la prima storia, quella che presta il titolo alla raccolta e di cui Ōtomo
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realizzerà anche una versione live action, affianca ad alcuni elementi tipici del genere horror, quali possessioni ed altri eventi inspiegabili, un tema molto discusso e ancora attuale nella cultura giapponese, ovvero quello della discriminazione verso gli immigrati.
Wārudo apātomento horā, risultato di una collaborazione tra Ōtomo, Kon e Nobumoto Keiko, usa l’espediente dell’horror per far luce sul problema della xenofobia in Gippone. Questo tema è uno tra i più rilevanti negli anni Novanta e purtroppo ancora incredibilmente attuale: sono molte le opere cinematografiche e letterarie votate all’argomento, spesso dimostrando una certa simpatia nei confronti degli immigrati. La condizione di questi ultimi è decisamente precaria: le leggi che regolamentano l’immigrazione e l’inserimento nel contesto della società nipponica hanno limiti poco chiari e, nonostante sia elevato il numero di immigrati regolari presenti in Giappone, il numero di quelli irregolari è tutt’ora non quantificabile. Molti di essi, per la maggior parte di origini asiatiche o sudamericane, sono giunti in Giappone a partire dal Dopoguerra, con un picco registrato durante i primi anni Ottanta, il periodo della bolla economica, nella speranza di trovare fortuna in un paese che offriva sicuramente maggiori possibilità lavorative della loro terra d’origine. Con l’invecchiamento della popolazione, infatti, vi è sempre una maggior richiesta di persone in grado di svolgere lavori pesanti e l’ingente numero di immigrati alla ricerca di un impiego ha costituito una soluzione a questo problema. Agli immigrati vengono affidati una cerchia di lavori che i giapponesi catalogano come le “3K”, ovvero
kitanai, kitsui e kiken65 aumentando il dislivello della loro posizione nella società nipponica. Spesso si
ritrovano a gestire incarichi nell’ambito della malavita, o a svolgere lavori visti non particolarmente di buon occhio dai giapponesi, come per esempio i gestori delle sale di pachinko66 o night club. A rendere
ancora più precaria la loro situazione si aggiungono la bassa educazione impartitagli – molti di loro hanno poca dimestichezza con la lingua giapponese, dando così origine ad incomprensioni – e una scarsa integrazione anche nell’ambito lavorativo, rendendo difficile l’accesso a cariche importanti all’interno di un ambiente di lavoro.
Questo profilo descrive alla perfezione gli inquilini della fatiscente abitazione, quasi oppressa, schiacciata dai grattacieli di Tokyo. Arrivati in Giappone senza regolare permesso di soggiorno, i migranti sono disposti ad abitare in una casupola vecchia e sporca pur di rimanere a Tokyo. Ritorna qui anche il tema di Tokyo come metropoli civilizzata e speranza di un futuro radioso con infinite possibilità lavorative, questa volta non solo per i giovani nipponici, ma anche per persone provenienti
65 Kitanai, kitsui e kiken「汚い、きつい、危険」significano rispettivamente “sporco”, “difficoltoso” e “pericoloso”. Il termine “3k”, si usa per riassumere questi tre concetti ed è applicato alla tipologia di lavori pesanti, che venivano assegnati quasi esclusivamente agli immigrati perché i giapponesi si rifiutano di svolgerli.
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da paesi meno abbienti e liberi dell’Asia. Nei minuscoli appartamenti si sono insediate persone di diverse etnie, età e occupazioni, dal giovane taiwanese venuto per studiare la lingua e trovare uno sbocco lavorativo, ai cinesi giocatori d’azzardo, fino al filippino Hose, proprietario di uno strip club. Nonostante le incomprensioni linguistiche, i vari condomini riescono a vivere in armonia tra di loro, armonia che viene spezzata da Itta, portavoce estremista della supremazia razziale del Giappone sul resto dell’Asia: “I giapponesi sono bianchi”67.
Tuttavia, lo stesso personaggio di Itta crea una strana vicinanza tra la figura dell’accusatore e quella degli accusati, tanto è vero che alla fine si verrà a creare un’intesa tra lui e gli immigrati, i quali, nonostante il trattamento ricevuto dall’uomo, decidono di salvargli la vita scacciando lo spirito. Itta, infatti, membro di grado inferiore di un clan mafioso, potrebbe essere lui stesso considerato un “fuori casta” all’interno della società nipponica. Gestisce un’attività poco raccomandabile e le donne che lavorano per la sua casa di intrattenimento provengono tutte da paesi esteri. Inoltre, nonostante venga presentato come personaggio razzista, ha una relazione con Annie, una ragazza di origini straniere e da cui avrà persino un bambino.
Recitando la parte dello xenofobo ma non essendolo in realtà, la vera figura dell’antagonista è da ricercare nel signor Kokobu, il capo di Itta, colui che è disposto a calpestare delle vite umane pur di realizzare i propri interessi. Nella scena finale, infatti, si presenterà davanti al vecchio palazzo insieme ad un gruppo di uomini con l’intenzione di demolire la struttura indipendentemente da chi si trovi al suo interno. L’uomo, anche se descritto in modo caricaturale, rappresenta forse la parte più deplorevole della società nipponica, la stessa a cui apparteneva l’uomo che aveva illuso e ingannato la sorella dell’inquilino pakistano causandone il suicidio. La maledizione che il fratello adirato scaglia sulla casa è la sua vendetta, i giapponesi soffriranno come sua sorella ha sofferto a causa loro.
È una maledizione che influisce sulla psiche delle sue vittime, non ha ripercussioni a livello corporale, ma ha come scopo quello di deframmentare il loro animo facendo percepire ai malcapitati una realtà distorta. Hide è l’esempio del compimento della maledizione, affetto da ripetute allucinazioni, accecato dalla follia si spinge a rubare una spada sacra da un tempio pur di respingere l’entità maligna che infesta la casa. L’elemento horror si manifesta tramite delle illusioni, come quando Itta vede il suo stesso volto sui corpi degli inquilini dell’appartamento, ma anche tramite eventi inspiegabili, come la levitazione nel sonno di Itta e la presenza dei topi e della spazzatura nella sua camera. L’immagine più suggestiva rimante tuttavia quella del dipinto sulla parete nel bagno, una figura demoniaca che ritroviamo anche
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sul corpo della donna apparsa nel sogno del protagonista, nonché copertina del fumetto. Il disegno richiama una delle figure tradizionali dipinte nei templi, così come un richiamo alla tradizione è rappresentato anche dal rituale di esorcismo, unito al timore del sovrannaturale insito nell’uomo sin dai tempi antichi. Anche la maschera, luogo in cui si rifugerà l’entità esorcizzata, è uno strumento molto utilizzato nei rituali e carico di valori simbolici.
Le incursioni oniriche sono un altro tema caro ad entrambi i registi, Ōtomo e Kon, ed è infatti proprio un sogno a costituire il climax della vicenda. Posseduto dallo spirito, Itta si ritroverà vestito da soldato in un mare torbido dove pullulano corpi di persone appartenenti a diverse etnie in uno stato catatonico. Due sono i possibili schieramenti: da un lato c’è il capo di Itta, vestito anch’egli in uniforme militare e armato di fucile, mentre dall’altro c’è la casupola in fiamme dove lo attendono gli inquilini. Itta è costretto a scegliere tra la sua carriera e il suo onore e quindi anche l’orgoglio delle origini giapponesi, oppure un ideale più aperto all’integrazione. Scegliendo di raggiungere la casa con i clandestini, l’uomo ha decretato la sua salvezza: nello scontro finale, infatti, sarà l’unico giapponese ad essere risparmiato dallo spirito.
Nonostante il manga tocchi argomenti seri, questi sono presentati al lettore in modo scherzoso e divertente con un’ironia che permea tutto il fumetto rendendolo sì spunto di riflessione, ma scorrevole ed interessante. Il disegno è verosimile, ma reduce dai canoni in voga all’epoca in cui è stato pubblicato e dall’intenzione dei suoi autori. Quindi, nonostante non vi sia il tratto stilizzato tipico dei manga, i personaggi sono rappresentati in modo caricaturale, esagerati nell’espressività dei volti e nelle posture. La cura per il dettaglio è straordinaria, specialmente per quanto riguarda la realizzazione degli sfondi: le inquadrature sono cariche di corpi ed elementi, rendendo talvolta la tavola confusionaria nella sua completezza.
Ōtomo ha realizzato anche una versione cinematografica del fumetto. Si tratta di un live action di circa un’ora realizzato con un budget molto ridotto, nonché primo tentativo del regista di passare al cinema dal vero. Nel film, infatti, è tangibile sia la limitatezza dei fondi e quindi dei mezzi per la realizzazione, sia l’inesperienza di Ōtomo come regista di film dal vero, tanto che, subito dopo registrazione della pellicola, Ōtomo ritornerà subito a lavorare nell’ambito dell’animazione. La sceneggiatura del film è stata affidata allo stesso Kon, che ha voluto mantenere intatto l’intento tragicomico del fumetto, apportando alcune modifiche al progetto originale perché impossibili da mettere in scena con il budget a disposizione. La scena del sogno è stata volutamente tagliata in quanto letteralmente impossibile da realizzare senza l’ausilio di un sistema di computer grafica. Inoltre, nel film non vi è menzione al fatto della gravidanza di Annie, particolare importante nel fumetto in quanto lo spirito si rifugerà poi nel grembo della donna, mentre nel film semplicemente scompare divorando Hide e il capo e distruggendo la casa.
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Serafimu 266.613.336 no tsubasa
Il pianeta Terra è stato messo in ginocchio da una terribile malattia detta “malattia degli angeli”, una sindrome che trasforma gli esseri umani nel corpo e nello spirito causando forti allucinazioni che intaccano la mente, spogliando chiunque della voglia di vivere. Nonostante sia passato del tempo dai primi casi registrati nel continente euroasiatico, non è stata ancora trovata una vera e propria cura per la malattia, soltanto una serie di farmaci che ne rallentano di poco il corso. Sconosciuta è anche l’origine del malanno: alcune leggende dicono che la causa di questo male siano gli uccelli, ma le ricerche non hanno portato ad alcun risultato. Per contrastare la pandemia venne fondata l’OMS, un comitato che si occupa delle ricerche sulla malattia, le cui più alte cariche sono gli inquisitori, gli addetti che giudicano le sorti di coloro che sono stati infettati dal morbo.
I tre inquisitori Balthazar, Melchior e il cane Gaspar ricevono l’incarico da parte dei capi della OMS di scortare Sera, una ragazzina dalle doti speciali, nel luogo da cui proviene. Per farlo devono però passare per la città cinese di Shenzen, zona economica speciale e origine di quello che viene chiamato “cordone sanitario”. La città è l’ultima zona franca e colui che ne è al governo, il direttore Ye, ha il compito di fornire ai tre magi i mezzi e una guida per portare a termine il loro obiettivo.
Sulla strada verso Shangai l’imbarcazione su cui si stavano spostando viene attaccata da un gruppo di ribelli che rapisce Sera per portarla di fronte al tribunale dell’inquisizione di Shangai, che dovrebbe essere in realtà già chiuso da tempo. Durante l’inseguimento, Balthazar rivela a Melchior di aver conosciuto la ragazzina dieci anni addietro, unica sopravvissuta di una tribù decimata dalla malattia di Seraphim, e da allora sembra che il tempo per lei si sia fermato. Riescono a raggiungere la terraferma accompagnati da una falsa guida, complice dei rapitori di Sera, ma a causa dei conflitti interni tra le varie Bang che popolano Shanghai, Balthazar viene separato da Gaspar e Melchior.
Mentre l’anziano Balthazar viene condotto direttamente di fronte al tribunale dell’inquisizione, Melchior e Gaspar vengono portati in salvo dalla vera guida designata da Ye, una donna di nome Gido. Nell’attesa che Gaspar, ferito nella colluttazione, recuperi le forze, Melchior e Gido tornano alla ricerca di Balthazar e Sera, ritrovandosi per caso durante l’ennesimo inseguimento in uno degli inceneritori dell’inquisizione, un luogo macabro il cui suolo è interamente ricoperto dagli scheletri di coloro che avevano sviluppato o erano portatori sani della malattia degli angeli.
Nel frattempo dal dialogo tra gli inquisitori e Balthazar traspare una parte del passato di quest’ultimo: l’uomo è il professor Erasmus, l’inventore dell’esame della mappatura dei geni, ideato per cercare di prevenire la comparsa del morbo, esame che poi in realtà venne usato dall’OMS ed è ancora utilizzato a Shangai come metro di giudizio per la malattia e causa del genocidio in corso in città. Gli inquisitori confessano di aver fatto delle analisi su Sera, e di aver scoperto non solo che è una portatrice sana del
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morbo, ma anche che nel suo grembo sta crescendo quello che loro definiscono “il seme del diavolo”. Balthazar, già a conoscenza di quelle informazioni, prende le difese della ragazza ribadendo quanto sia importante che lei ritorni nella sua terra natale, ma gli inquisitori rimangono fermi nella loro decisione e la condannano al rogo esattamente come tutte le altre persone in cui si era manifestato il gene di Seraphim.
L’esecuzione verrà interrotta non soltanto grazie all’intromissione di Melchior e Gido, ma soprattutto grazie alla dote di Sera di comunicare con gli uccelli. La ragazza ha infatti richiamato un enorme stormo che si è sacrificato per spegnere le fiamme e salvarle la vita. Una volta ricongiunti anche con il cane Gaspar ormai nel pieno delle forze, i tre saggi scappano insieme a Gido e Sera, ma nella fuga Melchior viene preso da una delle tipiche crisi che manifestano le persone affette dalla malattia degli angeli. Viene colto da allucinazioni: rivede il se stesso di alcuni anni prima, in visita alla moglie che aveva appena dato alla luce la loro primogenita, ma a cui non era riuscito a stare vicino nel momento del parto per via dei suoi impegni lavorativi. Durante la visione, però, la moglie si trasforma in Sera che lo supplica di riportarla nella sua terra d’origine.
Grazie all’aiuto di un ragazzino della carovana con cui viaggiano, riescono a raggiungere un ospedale dove Balthazar ha la possibilità di utilizzare il sangue di Sera per creare un farmaco che rallenti il progredire della malattia di Melchior. Balthazar confessa di aver sempre saputo la ricetta per l’antidoto, ma di non averla mai voluta rivelare a nessuno per proteggere la ragazza.
Una volta tornato in forze Melchior, il gruppo prosegue il suo viaggio a bordo di un dirigibile e il fumetto si conclude proprio con la scena in cui il velivolo si alza in volo per solcare i cieli.