APPROCCIO TEOLOGICO
DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE Marcella F ArinA 1
1. La donna guardasigilli della vita, protagonista e destinataria di gra- gra-titudine
Il senso di gratitudine è un atteggiamento di fondamentale stupore dell’uomo di fronte alla vita, a Dio, alle persone, alle cose, agli avveni-menti.
Giovanni Paolo II, concludendo la sua meditazione mistico-profeti-ca sulla dignità e vomistico-profeti-cazione della donna, si rivolge alla Trinità innalzan-do un inno di ringraziamento per il mistero della innalzan-donna, faceninnalzan-dosi voce
3 Cf iStitUto Figliedi MAriA AUSiliAtrice, Costituzioni e Regolamenti, Roma, Isti-tuto FMA 1982, soprattutto art. 4 e 62. Riporto le espressioni più significative: «Cer-chiamo di fare nostro il suo atteggiamento di fede, di speranza, di carità e di perfetta unione con Cristo, e di aprirci all’umiltà gioiosa del “Magnificat” per essere come lei
“ausiliatrici”, soprattutto fra le giovani» (art. 4); «La prima comunità di Mornese è per noi invito e incoraggiamento a fare della nostra comunità la “casa dell’amor di Dio”, dove le giovani si sentano accolte, e dove la vita di ogni giorno, vissuta nella carità e nella gioia, continui il “Magnificat” di Maria» (art. 62).
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di tutta la Chiesa e, in un certo senso, dell’umanità intera.4 Espliciterà, poi, questo ringraziamento nella Lettera alle donne.5
Il grazie è unito fondamentalmente all’intimo rapporto che lega la donna alla vita nelle sue molteplici espressioni. E la Vergine di Nazaret vive questo rapporto in modo unico e singolare, perché intimamente unita al Figlio di Dio.
In questo senso nella Mulieris dignitatem al n. 31, collegandosi all’Anno Mariano, scrive: «La Chiesa desidera ringraziare la Santissima Trinità per “il mistero della donna”, e, per ogni donna – per ciò che costituisce l’eterna misura della sua dignità femminile, per le “grandi opere di Dio” che nella storia delle generazioni umane si sono compiu-te in lei e per mezzo di lei».6
Pone in primo piano l’evento straordinario, il più grande nella storia umana sulla terra: l’Incarnazione che si è compiuta grazie al sì di Maria, la donna che racchiude in sé il mistero biblico della creazione e della grazia.
Esplicita il grazie della Chiesa «per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio nella vergi-nità; per le donne dedite ai tanti e tanti esseri umani, che attendono l’a-more gratuito di un’altra persona; per le donne che vegliano sull’essere umano nella famiglia, che è il fondamentale segno della comunità uma-na; per le donne che lavorano professionalmente, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per le donne “perfette” e per le donne “deboli”, per tutte: così come sono uscite dal cuore di Dio in tutta la bellezza e ricchezza della loro femminilità; così come sono state abbracciate dal suo eterno amore; così come, insieme con l’uomo, sono pellegrine su questa terra, che è, nel tempo, la “patria” degli uomini e si trasforma talvolta in una “valle di pianto”; così come assumono, insieme con l’uomo, una comune responsabilità per le sorti dell’umanità, secondo le quotidiane necessità e secondo quei destini definitivi che l’umana famiglia ha in Dio stesso, nel seno dell’ineffabile Trinità. La
4 Cf giovAnni pAolo II, Lettera apostolica sulla dignità e vocazione della donna:
Mulieris dignitatem (MD), 15 agosto 1988, in Enchiridion Vaticanum (EV)/11, Bologna, Dehoniane 1991, 1206-1345. La donna richiama il mistero di Dio, rimanda all’origine della vita.
5 Cf giovAnni pAolo II, Lettera alle donne (29 giugno 1995) [in occasione della 4ª conferenza mondiale sulla donna], in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVIII/1, Città del Vaticano, LEV 1997, 1871-1882.
6 MD 31, in EV/11, 1343.
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Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del “genio” femminile appar-se nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e Nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, spe-ranza e carità: ringrazia per tutti i frutti di santità femminile».7
Nello stesso tempo chiede che, soprattutto oggi, questo enorme pa-trimonio sia riconosciuto e valorizzato a vantaggio dell’umanità intera.
Nella Lettera alle donne esplicita questo grazie, qualificando le don-ne dalle loro relazioni, quindi secondo l’ordidon-ne dell’amore.8
Ai n. 2 e 3, come nella MD, colloca il ringraziamento nell’orizzonte teologale e lo formula con espressioni dense di bellezza, di poesia, di nobili sentimenti, di coraggioso impegno. È riduttivo sintetizzare il suo pensiero. Riporto, pertanto, le sue parole perché possono costituire un luogo fecondo di meditazione operosa sulla gratitudine.
«Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, soste-gno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familia-re e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del “mistero”, alla edificazione di strutture economiche e politi-che più ricpoliti-che di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande del-le donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta “sponsale”, che esprime
meravigliosa-7 Ivi 1344.
8 Cf FArinA Marcella, Nell’ordine dell’amore, in Rivista di Scienze dell’Educazione 43(2005)3, 362-382.
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mente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la perce-zione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani».9
Il Papa propone, così, un’antropologia al femminile secondo coor-dinate che caratterizzano tutto il suo magistero umanistico: la donna, quindi la persona umana, si realizza nel dono sincero di sé, nel donare e nel ricevere amore. Non si attua nell’egocentrismo, ma nella relaziona-lità e della relazionarelaziona-lità la donna è come l’icona per il valore simbolico della maternità.
Al n. 3 della stessa Lettera il Pontefice coniuga memoria e responsa-bilità, ricordo e riconoscimento. Sulla base della riconoscenza e richiesta di perdono fiorisce la gratitudine.
Insiste sulla necessità di guardare «con il coraggio della memoria e il franco riconoscimento delle responsabilità alla lunga storia dell’uma-nità» nella quale le donne, molto più svantaggiate degli uomini, hanno dato un contributo singolare, umanizzando la vita nelle sue svariate espressioni dalla cultura all’arte, all’educazione. Purtroppo della loro multiforme opera «molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti della storiografia scientifica. Per fortuna, se il tempo ne ha sepolto le tracce documentarie, non si può non avvertirne i flussi benefici nella linfa vitale che impasta l’essere delle generazioni che si sono avvicendate fino a noi. Rispetto a questa grande, immensa “tradizione” femminile, l’umanità ha un debito incalcolabile».10 Di qui l’immensa gratitudine che deve tradursi in una futura svolta storica, valorizzando la compe-tenza, la professionalità, l’intelligenza, la ricchezza della sensibilità del-le donne, rispettandone e promuovendone la dignità.
Nel nucleo centrale del suo pensiero Giovanni Paolo II, fedele alla tradizione biblico-cristiana, evidenzia che la donna esprime in modo singolare il mistero della creatura umana, dalla sua origine al suo com-pimento. Questo mistero si traduce nella maternità intesa nella sua di-mensione più profonda che abbraccia la realtà bio-psicologica, intel-lettuale, mistico-spirituale. In quest’ordine simbolico la donna emerge nel suo ricevere e donare amore, confermando la verità sulla persona e sull’amore.
9 giovAnni pAolo II, Lettera alle donne n. 2, in Insegnamenti, vol. XVIII/1, 1872-1873.
10 Ivi n. 3, 1874.
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Al riguardo il Papa conia delle espressioni che hanno avuto una pro-fonda risonanza nell’animo femminile e non solo, perché hanno inciso sulla riflessione antropologica, tematizzando ulteriormente il senso del-la gratitudine verso le donne.
«Se la dignità della donna testimonia l’amore, che essa riceve per amare a sua volta, il paradigma biblico della “donna” sembra anche svelare quale sia il vero ordine dell’amore che costituisce la vocazione della donna stessa […] nel suo significato fondamentale, si può dire universale […]. La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in un modo speciale l’uomo, l’essere umano […] questo affidamento […] decide in partico-lare della sua vocazione […]. Dio “le affida l’uomo”, sempre e comun-que, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi».11
Da questa consapevolezza e affidamento la donna attinge quella forza morale testimoniata da tante donne nella storia. «I nostri giorni attendono la manifestazione di quel “genio” della donna che assicuri la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo!».12 Tale manifestazione è urgente nell’attuale contesto socio-culturale ove paradossalmente il progresso scientifico rischia di accompagnarsi ad
«una graduale scomparsa della sensibilità per l’uomo, per ciò che è essen-zialmente umano».13
L’antropologia biblico-cristiana può offrire un grande contributo in questa direzione. Essa sottolinea che la donna resta sempre la vitale, Eva, anche dopo il peccato, perché Dio è fedele nell’amore. Al riguardo sono molto illuminanti le considerazioni della scrittrice ebrea Giacoma Limentani. Ella, commentando i racconti biblici della creazione, mette in rilievo l’eccellenza della creatura umana fatta a immagine di Dio.
Nella Genesi all’inizio vi è Adam, la creatura terrestre, plasmata con haadamah, con la terra. Il nome םדא Adam indica qui la prima cop-pia umana ed è scindibile in due parti. La prima, la lettera א, alef, è l’ideogramma dell’essere umano con gambe e braccia aperte, tese ad abbracciare l’universo e protese verso Dio; indica l’unicità e l’eccel-lenza di ogni essere umano. Le altre due lettere compongono םד dam, sangue, che indica il flusso vitale comune a tutti gli esseri umani, ciò che
11 MD n. 31, in EV/11, 1339-1340.
12 Ivi 1341.
13 L. cit.
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li rende equivalenti e fisicamente consapevoli del bene e del male che possono fare a se stessi e ai loro simili. Queste due parti formano ogni singolo םדא, sono inscindibili, per cui il prevalere di una sull’altra altera equilibrio l’umano.
Dio proclama: «Non è bene che l’uomo sia solo, gli farò un aiuto idoneo a lui» (Gn 2,18). Scava, così, accanto al cuore dell’uomo un luogo per l’amore che la donna alberga, invece, nella cavità dell’utero.
Ora il nome םדא Adam diventa nome proprio con הוח Khawah, Eva, la vitale. In Gn 2,23 spuntano i termini ש’א Ish, uomo e השא Ishah, donna, derivati dalla stessa radice, portatori di una particolarità sulla quale si ferma l’esegesi midrashica.
השא - ש’א sono composti da due lettere uguali: ש e א, e da due di-verse: ’ e ה. Le due lettere diverse corrispondono alle due lettere con le quali il Signore ha creato l’universo. Se si togliessero queste due lettere, per rendere più omogenea la coppia, resterebbero א e ש che danno שא esh fuoco, che brucia tutto. Le due lettere diverse fanno parte del Te-tragramma הוה’ che esprime il Nome Ineffabile di Dio come pure la Sua misericordia. Misericordia si dice rakhamim, che si può leggere anche rekhamim, uteri.14 Ogni fecondità viene da Dio, dalla sua misericordia.
In un altro saggio, la Limentani propone la riflessione ebraica sul cambiamento del nome ad Abramo e Sara, cambiamento che va pro-prio nel segno dell’aggiunta della ה (h).15
Riporto qualche sua espressione.
Abramo e Sara – i loro nomi ebraici suonano Avram e Sarai rispet-tivamente Padre Eccelso e Mia Principessa – riceveranno da Dio un nome nuovo: Avram diventerà Avraham e Sarai si chiamerà Sarah. Avra-ham ha il senso di Padre di moltitudini e Sarah non sarà più Mia princi-pessa, ma Principessa di tutti. Dal midrash a volte la ה (h) è vista come un ideogramma della casa e assomiglia a un piccolo utero. Ritorna, così, il raccordo tra rekhamim, uteri, e rakhamim, misericordia. L’utero sim-boleggia in modo speciale la misericordia, in quanto accoglie il seme, anche di uno stupratore; lo nutre e lo lascia crescere in sé e, quando diventa un individuo indipendente, lo lascia uscire, senza trattenerlo.
14 Cf liMentAni Giacoma, Regina perché metà, in TAricone Fiorenza (a cura di), Maschio e femmina li creò, S. Pietro in Cariano, Il Segno dei Gabrielli Editori 1998, 65-69.
15 Cf Id., Uteri o profeti?, in VAlerio Adriana (a cura di), Donna potere e profezia, Napoli, D’Auria 1995, 9-23.
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Abramo dà prova della sua nuova identità prontamente, interceden-do per Sointerceden-doma e Gomorra, ove nella supplica rivela la sua partecipa-zione alla misericordia del Signore (cf Gn 12;17; 18,17-25).
Con la MD il Papa propone una lettera-meditazione, un genere let-terario nuovo per i documenti pontifici e questa novità, forse, è dovuta al fatto che sull’ordine dell’amore, sull’identità e dignità della creatura umana, sul simbolo materno, non si può mettere in moto un’operazio-ne mentale intellettualistica, occorre procedere secondo la sapienza che scaturisce dall’intelletto d’amore, vivificato dall’apertura al Signore, dal quale ogni paternità e ogni maternità in cielo e in terra prendono nome.
Il compimento di questo mistero di apertura nella Theotokos non fa che spingerci in questo orizzonte sconfinato: la Nuova Eva, infatti, accoglie in sé e compie il mistero dell’antica Eva, portando all’umanità l’Autore della vita.
Sull’ordine simbolico della madre (prima dell’esplosione ideologi-ca dei generi in ocideologi-casione della 4ª conferenza mondiale di Pechino), a livello scientifico è stata elaborata una intensa e profonda riflessione, anche interdisciplinare e interculturale con connotazioni interreligiose.
Essa ne ha evidenziato la ricchezza e, in quanto esperienza umana, an-che l’ambivalenza.16
La regressione della riflessione antropologica nel monismo sessuale attraverso l’omosessualità e i diversi tentativi di legittimarla forse è un appello a riconsiderare il proclama del Creatore: “Non è bene che l’uo-mo sia solo”, a coltivare lo stupore di fronte al mistero per la nascita della vita umana, scaturita dalla relazione d’amore.
La prospettiva dell’antropologia relazionale, base dell’atteggiamen-to spirituale della gratitudine, trova una concretizzazione eloquente in un dialogo di Dio con Caterina da Siena.
«Si dilati il tuo cuore, figlia […] per vedere quanto è l’amore e quanta la provvidenza con cui Io ho creato l’uomo affinché goda del mio bene sommo ed eterno. A tutto ho provveduto [...]. In questa vita mortale, mentre siete viandanti, vi ho legati con il legame della carità [...]. Perché negli atti e negli affetti voi usaste la carità [...], Io provvidi a far sì che non uno uomo vi fosse, e così ciascuno di voi, che sapesse fare tutto quello che è necessario per vivere; ma ho dato ad alcuni una capacità, ad altri un’altra, affinché ciascuno avesse un motivo di
ricor-16 Per una visione sintetica cf FArinA Marcella, Dalla maternità-destino alla materni-tà simbolo di amore, in Theotokos 2(1994)2, 107-136.
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rere all’altro per proprio bisogno [...]. Non avrei potuto dare tutto a tutti? Certo che sì, ma volli provvidenzialmente che si umiliassero l’uno di fronte all’altro, e fossero costretti ad usare insieme l’atto e l’affetto della carità».17 E ancora: «Vieni! Ti farò vedere la bellezza della mia creatura!».18
La gratitudine a Dio per il suo immenso amore espresso nelle sue opere meravigliose della creazione e della grazia culminano nella crea-tura umana, nella sua creazione e vocazione a partecipare alla vita divi-na con la filialità nel Figlio.
2. Maria la piena di grazia, la benedetta nei secoli