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CRITICA DELL’OCCIDENTE MODERNO: LA PERDITA DELLA «QUALITÀ»

3.6. La dottrina dei cicli cosmici.

Per comprendere correttamente i caratteri dell’Occidente moderno è necessario richiamare l’antica dottrina indù dei cicli cosmici, o delle «quattro età». Nonostante le grandi difficoltà che si incontrano nel cercare di esprimere mediante un linguaggio moderno una dottrina di questo genere,476 è ugualmente doveroso tentare di farlo,

pena la totale incomprensione delle cause originarie dell’attuale stato in cui versa l’Occidente moderno. Essendo al di fuori delle attuali possibilità il fornire una spiega- zione esauriente di questa dottrina, ci si dovrà limitare a chiarirne il senso generale. Per quanto possa apparire sommaria, un’esposizione di questa dottrina, nelle sue linee essenziali, dovrà essere comunque coerente e consequenziale rispetto alle sue pre- messe. E se di dottrina dei «cicli» si sta parlando, nondimeno si dovrà partire da una definizione di «ciclo cosmico» sufficientemente valida. Per Guénon, secondo la dot- trina indù, un «ciclo» viene definito come

la rappresentazione del processo di sviluppo di uno stato qualsiasi della manifestazio- ne.477

Ed essendo tutte le cose dell’Esistenza universale collegate in virtù della legge di cor- rispondenza, tutti i fenomeni di un determinato stato di manifestazione risulteranno in qualche modo intrecciati e correlati. Non solo: vi sarà sempre anche analogia sia fra i diversi cicli di uno stesso ordine, sia fra i cicli principali e i sottocicli generati da una suddivisione interna dei cicli principali.478 Secondo la dottrina indù, lo sviluppo totale

di uno stato (o di un mondo, o di un grado dell’Esistenza universale) viene denomina- to Kalpa. Esso avrà necessariamente anche una durata temporale, anche se il fattore “tempo” acquista una certa rilevanza soltanto in rapporto ad un determinato stato, come lo è quello del nostro mondo. I Kalpa, essendo cicli molto ampi, sono interna- mente suddivisi in cicli minori, denominati Manvantara. Al livello del Manvantara, a sua volta suddiviso in altri sottocicli, si inizia ad avere una dimensione storica oltre che cosmica, interessando il Manvantara anche l’umanità terrestre. La storia dell’umanità terrestre, infatti, non deve essere intesa come qualcosa di «separato» da ciò che sta al di fuori del nostro mondo: questa è propriamente un’idea moderna, as- solutamente errata. In realtà

tutte le tradizioni [...] sono unanimi nell’affermare l’esistenza di una correlazione neces- saria e costante tra l’ordine cosmico e quello umano.479

Da cui si deduce la contemporanea presenza dell’essere umano nella dimensione fe- nomenica e temporale, da un lato, e, dall’altro, nella dimensione metafisica e cosmi- ca. La prima cosa importante, e che deve essere ben compresa quando si inizia ad af- frontare la teoria dei cicli cosmici, è che l’essere umano non è mai isolato dal cosmo

476 CC, p. 11. 477 CC, p. 12. 478 CC, p. 12. 479 CC, p. 13.

e dall’universo: il mondo fisico non è mai separato da quello metafisico. La correla- zione tra l’ordine cosmico e l’ordine umano è la vera chiave che consente di com- prendere la natura e lo stato dell’umanità e dell’uomo in rapporto all’intero universo.

Secondo la dottrina indù i Manvantara sono in numero di quattordici, di cui i primi sette già trascorsi e gli altri sette futuri.480 Nell’ottica ciclica il presente è sem-

pre la risultante dei cicli passati. Un ciclo racchiude l’insieme di tutti gli stati inferiori e superiori allo stato umano; e contemporaneamente racchiude l’insieme di tutti gli stati anteriori e posteriori a un determinato stato. Quest’ultima angolatura è quella che qui interessa, in quanto racchiude l’insieme delle concatenazioni causali.481 In

quest’ottica la successione dei Manvantara rappresenta un riflesso degli altri mondi nel nostro. Ma la ricorrenza del numero «sette», nella simbologia tradizionale, sta ad indicare anche il legame con i sette Dwîpa o «regioni» in cui si divide il nostro mon- do.482 Ma queste regioni non devono essere interpretate come regioni spaziali effetti-

ve, come potrebbero essere i continenti terrestri, bensì come regioni che emergono in tempi diversi, come precisi stati di manifestazione del mondo terrestre. Guénon so- stiene che uno solo di essi si manifesta nel dominio sensibile,483 nel corso di un certo

periodo. Nel caso in cui si consideri come periodo un Manvantara, ogni Dwîpa dovrà dunque apparire due volte nel Kalpa: una volta per ogni serie settenaria, essendo le due serie settenarie inversamente corrispondenti l’una rispetto all’altra. Il Jambu-

Dwîpa rappresenta l’intera superficie terrestre nel suo stato attuale. Ma non si deve

dimenticare che un qualsiasi stato di manifestazione non si esprime soltanto in modo sensibile e spaziale, ma si esprime anche, contemporaneamente, nel senso del princì- pio da cui proviene. Questo princìpio è il carattere qualitativo e non sensibile, a-tem- porale e non-storico di un determinato stato. Quindi, se un determinato stato si svilup- pa in senso temporale, cronologico e causalistico, contemporaneamente esso è anche espressione di un princìpio simultaneo che lo riguarda. Ma senza addentrarsi nella complessa corrispondenza che intercorre tra il simbolismo spaziale e il simbolismo temporale, fondamento stesso dell’intera teoria dei cicli cosmici, sarà sufficiente ri- chiamare in questo contesto l’importanza del numero «sette»: anche in altre tradizio- ni, infatti, come nell’esoterismo islamico e nella Kabbala ebraica, si parla di «sette terre»,484 intendendo con questa espressione sette categorie dell’esistenza terrestre che

coesistono e si compenetrano a vicenda, di cui una alla volta soltanto si manifesta in un determinato periodo, e che a sua volta può essere percepita dai sensi; mentre tutte le altre si trovano allo stato latente e possono essere colte dall’uomo solo eccezional- mente e in speciali condizioni.485 Ma la corrispondenza si estende anche ai sette

«Poli» terrestri, i quali, da questo punto di vista, sarebbero il riflesso dei sette «Poli» celesti, che presiedono rispettivamente ai “sette cieli planetari”.486

480 CC, p. 13. 481 CC, p. 13. 482 CC, pp. 13-14. 483 CC, p. 14. 484 CC, p. 15. 485 CC, p. 15. 486 CC, p. 16.

Ma per giungere a comprendere i caratteri dell’epoca moderna è necessario ri- chiamare ancora l’intero ciclo del Manvantara: esso è suddiviso in quattro sottocicli, denominati Yuga. Come si vedrà, l’ultimo dei quattro Yuga è quello corrispondente all’attuale fase del mondo moderno. Ma la suddivisione del Manvantara in quattro fasi richiama un’altra corrispondenza numerica: quella del numero «quattro», a sua volta suscettibile di molteplici applicazioni. Si trova così che il mese lunare è suddi- viso in quattro settimane, l’intero anno è suddiviso in quattro stagioni, la vita umana è suddivisa in quattro età, le regioni terrestri sono suddivise in quattro punti cardinali (che confermano la corrispondenza tra il simbolismo spaziale e quello temporale).

Ebbene, Guénon ricorda che molto spesso è stata rilevata l’equivalenza dei

quattro Yuga con le quattro età denominate rispettivamente «età dell’oro», «età

dell’argento», «età del rame (o del bronzo)» ed «età del ferro», quali furono cono- sciute nell’antichità greco-latina.487 Sia nell’una che nell’altra rappresentazione si può

riscontrare un’analogia488 in relazione al rapporto che intercorre fra ognuno di questi

quattro cicli e gli altri tre dell’intero Manvantara. Ebbene, a partire dall’inizio di ogni

Manvantara, fino alla sua fine, si registra un progressiva «degenerazione» di ogni ci-

clo rispetto al ciclo precedente. E per «degenerazione» si deve qui intendere un allon- tanamento progressivo dai princìpi superiori della metafisica.489 Ma «allontanamento»

dai princìpi significa «discesa», ed essendo lo sviluppo della manifestazione sempre di tipo discendente, anziché ascendente, ne deriva che l’intero processo di sviluppo e di manifestazione di tutto il Manvantara non può che configurarsi in realtà come un «regresso» (anziché come un «progresso»). L’idea secondo cui lo scorrere del tempo determina un progresso della civiltà e della storia è un’idea errata, sviluppatasi pro- prio in epoca moderna e frutto di quel capovolgimento che contraddistingue ogni trat- to della cultura contemporanea.

Questo processo discendente, da cui è possibile trarre anche l’idea di «caduta» secondo la Tradizione giudaico-cristiana, si spiega con la natura stessa dello svolgi- mento ciclico: ogni processo di manifestazione implica necessariamente un allontana- mento graduale dal princìpio stesso da cui trae la sua origine e da cui procede; e ogni allontanamento da questo princìpio non può che configurarsi come una «discesa», nel senso a cui si è appena accennato.490

Se ogni Manvantara comprende dunque quattro Yuga, se ne deduce che ognu- no di questi quattro Yuga deve manifestarsi e svilupparsi in senso degenerativo rispet- to allo Yuga precedente. Ma non solo:

487 Si noti come Guénon evidenzi il sostanziale accordo fra tutte le tradizioni nel credere alla dottrina delle quattro età

dell’umanità, e questo nonostante siano riscontrabili evidenti differenze formali tra le diverse culture (ED, p. 88, nota 1 a pié di pagina; ed anche: RM, p. 79, nota 2 a pié di pagina, laddove Guénon sottolinea esplicitamente come vi sia “nel - la successione di questi periodi, una specie di materializzazione progressiva risultante dall’allontanamento dal Princìpio che accompagna necessariamente lo sviluppo della manifestazione ciclica, nel mondo corporeo, a partire dallo «stato primordiale»”). Si possono ritrovare tracce e allusioni alla dottrina delle quattro età sia nell’antichità greco-romana, sia fra gli indù, sia nei popoli dell’America centrale, ed anche nella figura del «veglio di Creta» (D. Alighieri: La Divina

Commedia - Inferno, XIV, 94-120).

488 CC, p. 16. 489 CC, p. 16. 490 CC, p. 16.

la progressiva degenerazione da uno Yuga all’altro si accompagna ad una diminuzione

della rispettiva durata, la quale è considerata incidere sulla lunghezza della vita uma-

na;491

La progressiva degenerazione che si realizza nel passaggio da uno Yuga allo Yuga successivo comporta dunque, tra innumerevoli altri fattori, anche una riduzione del fattore «tempo», e quindi una riduzione della durata dello Yuga stesso. Questo fatto, come riconosce Guénon, oltre a determinare una riduzione della durata temporale della vita media umana, aggravata da alcune operazioni di misurazione quantitati- va,492 implica anche una progressiva «accelerazione» del tempo stesso. Ma questa ac-

celerazione non deve essere intesa soltanto in senso assoluto e quantitativo: come si vedrà meglio più oltre, l’accelerazione comporta anche una precisa «impressione», percepita dall’uomo, che tende a spingerlo verso l’azione e verso il movimento in mi- sura progressivamente intensificata rispetto allo Yuga precedente. Questa pressione accelerativa spinge l’uomo non solo all’azione frenetica e reiterata, ma determina in lui anche una diversa percezione del tempo, come se questo accelerasse progressiva- mente fino a sfuggire quasi del tutto.

Ma per comprendere in modo più approfondito il problema relativo al tempo, allo spazio e alle corrispondenti connessioni con l’elemento qualitativo, si rimanda ad una successiva e più approfondita analisi dell’argomento nei capitoli successivi di questo studio. Per ora sarà sufficiente chiarire il problema della durata dei rispettivi cicli all’interno del Manvantara: richiamando dati tradizionali Guénon attribuisce al numero «10» la durata complessiva del Manvantara. Secondo Guénon la ripartizione del Manvantara si dispone dunque secondo la formula 10 = 4 + 3 + 2 + 1.493 Il che si-

gnifica che i quattro Yuga devono per così dire riflettere in durata questi quattro nu- meri. Si avrà dunque che il primo Yuga, denominato Krita-Yuga, sarà vincolato al nu- mero «4». Il secondo Yuga, denominato Trêta-Yuga sarà vincolato al numero «3». Il terzo Yuga, denominato Dwâpara-Yuga sarà vincolato al numero «2». E il quarto e ul- timo Yuga, denominato Kali-Yuga, sarà vincolato al numero «1».494 Nonostante che le

tradizioni abbiano sempre accuratamente dissimulato l’inizio e la fine cronologica del

Manvantara,495 presentando tali conoscenze previsionali molti più svantaggi che van-

taggi, è tuttavia possibile calcolare la durata di ognuno dei quattro Yuga.

Guénon richiama il numero tradizionale 4320 come numero adatto ad essere at- tribuito alla durata complessiva del Manvantara. Se è così, la durata dei rispettivi quattro Yuga saranno date rispettivamente dai numeri 1728, 1296, 864, 432. Non rap- presentando però questi numeri gli anni effettivi, è necessario moltiplicarli per un coefficiente idoneo a trasformarli in anni. Guénon ricava questi coefficienti dalla rela- zione geometrica col cerchio, sì da ottenere 4320 = 360 × 12. Del resto è proprio la corrispondenza tra matematica e geometria che permette a Guénon di individuare

491 CC, p. 16 (corsivi miei).

492 Una operazione computazionale che contribuisce ad «accorciare» la durata della vita umana è rappresentata per

esempio dalle procedure finalizzate a redigere i censimenti (RQ, p. 141, nota 1 a pié di pagina).

493 CC, p. 17. 494 CC, pp. 16-17. 495 CC, p. 18.

questa relazione, essendo tale divisione effettuata secondo i multipli di 3, 9, 12.496

Tuttavia ciò ancora non basta per arrivare a determinare la durata effettiva dei quattro

Yuga. Per giungere a tanto Guénon, richiamando ancora una volta la corrispondenza

tra ciclicità umane e ciclicità cosmiche, evoca la durata della precessione equinozia- le,497 la cui durata è nota per essere di 25920 anni. Se questa è la durata della preces-

sione equinoziale, vuol dire che lo spostamento è di un grado - su 360 gradi dell’inte- ro cerchio - ogni 72 anni. E questo numero di 72 è un sottomultiplo di 4320 = 72 × 60. E 4320 è a sua volta un sottomultiplo di 25920 = 4320 × 6. Guénon ribadisce la naturalità di questa divisione in forza del fatto che essa, ancora una volta, è riconduci- bile alla suddivisione del cerchio.498

Giunti a questo punto, e constatata la corrispondenza tra ciclo cosmico e natu- rale da un lato e ciclo umano e terrestre dall’altro, si inizia a comprendere che la du- rata complessiva di un Manvantara deve anch’essa essere riconducibile a una “durata naturale”, ossia a un “ciclo naturale”, ma quale? Guénon pensa che si debba richia- mare un numero che sia multiplo o sottomultiplo del cerchio naturale corrispondente alla precessione equinoziale; e in particolare egli registra nei dati tradizionali il «grande anno» dei Persiani e dei Greci: non tanto la durata della precessione equino- ziale ma la sua metà, ossia 12000 o 13000 anni (12960 anni per l’esattezza). Ebbene, per Guénon, è plausibile che un intero Manvantara debba comprendere, come durata, un numero intero di “grandi anni”. Ed è nella tradizione dei Caldei che Guénon trova un dato - 64800 anni - che potrebbe indicare la durata di un intero Manvantara. In ef- fetti 64800 = 5 × 12960, ossia 5 “grandi anni”. E anche qui Guénon riscontra un’ana- logia del numero 5 con dati naturali e tradizionali, essendo 5 un numero indicante gli elementi del mondo sensibile. Queste considerazioni inducono Guénon a rafforzare ulteriormente queste conclusioni a proposito della determinazione della durata com- plessiva di un Manvantara.

Mantenendo fermi come dati-base i due numeri appena visti - 64800 e 4320 - è possibile giungere a determinare la durata di ognuno dei quattro Yuga. Ebbene, 4320 è esattamente un terzo del «grande anno». E se occorrono 5 grandi anni per fare un

Manvantara, allora occorre moltiplicare per 15 questo numero per avere un intero Manvantara. Così si esprime Guénon:

I cinque «grandi anni» saranno naturalmente ripartiti nei quattro Yuga in modo disegua- le, ma secondo rapporti semplici: il Krita-Yuga ne conterrà 2, il Trêta-Yuga 1½; il Dwâ-

para-Yuga 1 e il Kali-Yuga ½; questi numeri sono precisamente la metà di quelli che

avevamo trovato, quando consideravamo la durata del Manvantara rappresentata dal numero 10. Calcolati in anni ordinari, i quattro Yuga avranno una durata rispettivamente di 25.920, 19.440, 12.960, e 6480 (anni), per un totale di 64800 anni. Come si vede,

496 CC, p. 18.

497 Per «precessione equinoziale» si deve intendere quel lento movimento dell’asse terrestre secondo cui l’orientazione

nello spazio, pur mantenendo la stessa inclinazione rispetto al piano dell’eclittica, cambia descrivendo lentamente un doppio e opposto cono completo nell’arco di circa 26000 anni. Gli antichi devono aver individuato questo lentissimo movimento a partire dalla lenta modificazione nella volta celeste della posizione polare, per poi ritornare al punto di partenza.

queste cifre si mantengono in limiti perfettamente verosimili, potendo ben corrispondere alla età reale della presente umanità terrestre.499

Un intero Manvantara dovrebbe quindi durare presumibilmente 64800 anni, e la par- te finale di esso, l’attuale quarta età, o Kali-Yuga, dovrebbe durare 6480 anni. Se que- ste ricostruzioni sono esatte l’uomo moderno si troverebbe nella quarta età, ossia nel- la fase più bassa dell’intera manifestazione discendente del Manvantara. Non è chia- ro però a quale livello di questa quarta età si trovi esattamente l’uomo dell’epoca at- tuale, né in quale esatta posizione sia collocabile il punto dell’attuale manifestazione discendente del ciclo. Tuttavia Guénon ricorda che, essendo presenti nei Purâna alcu- ne descrizioni sorprendentemente analoghe ai caratteri dell’epoca attuale, l’uomo mo- derno potrebbe verosimilmente trovarsi in una «fase avanzata» del Kali-Yuga.500 Ma

«fase avanzata» significa stadio finale del Kali-Yuga, e stadio avanzato significa che l’attuale ciclo potrebbe essere iniziato da oltre 6000 anni.501 Stando le cose in questo

modo l’umanità attuale potrebbe trovarsi molto più vicina alla fine dell’intero ciclo dell’età del ferro di quanto non si pensi, e quindi assai prossima all’estremità finale dell’intero Manvantara (del resto i segni ci sono tutti, e si manifestano in modo parti- colarmente evidente). L’andamento del ciclo si starebbe approssimando alla soglia massima degli eccessi del materialismo, e quindi vicino al punto estremo in cui dovrà avvenire un altro capovolgimento e una nuova partenza di un nuovo Manvantara. Il punto più basso del processo discendente, infatti, come si vedrà, deve necessariamen- te coincidere con il punto più elevato corrispondente al nuovo inizio del nuovo ciclo. Ma non sarà male, nell’ambito del presente contesto, ribadire ancora una volta l’inop- portunità di formulare previsioni troppo esatte: le predizioni sono sempre imprudenti e pericolose, e per questa ragione esse sono tanto avversate dalla stessa sapienza tra- dizionale.502 Del resto le ragioni di questa avversità diverranno chiare un po’ più oltre

nel corso del presente studio. Per ora sarà sufficiente puntualizzare che l’umanità ter- restre si trova attualmente nella «fase avanzata» del Kali-Yuga; ed è della descrizione e dell’analisi di questa attuale civiltà, nel suo «stadio avanzato», che ci si dovrà occu- pare in modo più approfondito nei prossimi capitoli della presente trattazione.

499 CC, pp. 19-20. 500 CC, p. 20.

501 Così almeno si esprime Guénon all’inizio della sua opera sulla crisi del mondo moderno (CM, p. 25). 502 CC, p. 20.