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CRITICA DELL’OCCIDENTE MODERNO: LA PERDITA DELLA «QUALITÀ»

3.4. Rapporto tra metafisica e scienza.

Come può essere configurato un corretto rapporto tra metafisica e scienza? At- traverso quali modalità e quali criteri può essere collocata la posizione della metafisi- ca rispetto al piano della scienza? O meglio, della scienza rispetto alla metafisica?

Innanzitutto, se la metafisica è davvero universale e superiore a tutto, a mag- gior ragione deve esserlo nei confronti delle scienze (e non soltanto nei confronti del- le religioni e delle filosofie, come è già stato osservato). Ogni altro tipo di rapporto tra metafisica e scienze deve essere inteso in senso sbilanciato e alterato, e quindi er- rato.

Oggi la scienza moderna domina l’Occidente, tanto che vien spontaneo chie- dersi le ragioni di questo fenomeno così pervasivo ed esteso. Anche se le ragioni di ciò si comprenderanno appieno solo gradualmente nel corso del presente studio, ci si limiti per ora a prendere in esame alcune considerazioni generali sul rapporto tra la metafisica e le scienze.

Innanzitutto nell’epoca attuale impera un vero e proprio “atteggiamento di fede” nei confronti della scienza moderna,369 e non solo da parte degli scienziati, ma

anche da parte del grande pubblico. Questo atteggiamento, che per Guénon ha finito per assumere le sembianze di un vero e proprio pregiudizio, diventa

per molti, una sorta di volontà più o meno inconscia di non ammettere che i risultati rea- li o presunti di quella scienza siano qualcosa di cui si possa non tenere alcun conto.370

Il che equivale non soltanto ad affermare che il sapere scientifico viene considerato dall’opinione pubblica un sapere migliore di altri saperi, ma anche che esso è consi- derato l’unico sapere possibile. Se poi si pensa che la scienza moderna è perennemen- te sganciata dai princìpi di ordine superiore, allora l’intera questione assume qui tutta la sua apodittica contraddittorietà. Perché in effetti considerare un sapere come l’uni-

co che possa avere un fondamento legittimo non soltanto favorisce l’esclusione di

ogni altra verità, dimensione o percezione, ma contribuisce anche a generare tutti quegli atteggiamenti che, anziché essere stabilizzati e legati a un qualche punto fermo di tipo superiore e intellettuale, sono invece di tipo emotivo e sentimentale. In altri termini, tutti coloro che sposano appieno una posizione del genere, senza alcuna pru- denza o corredo critico, non solo precipita in basso senza rendersene bene conto, a li- vello di ogni altra contingenza e antagonismo, ma assume anche una posizione peri- colosa.371 E questa pericolosità deriva propriamente dal versante applicativo delle

scienze moderne, ed è davvero sorprendente come Guénon abbia intuito questo peri- colo in un’epoca che, sebbene avesse già mostrato i disastri dei due conflitti mondiali, non aveva ancora sviluppato una riflessione sistematica in tal senso.372

369 DEM, p. 301.

370 DEM, p. 302 (corsivo mio). 371 DEM, pp. 302-303.

372 Le più importanti riflessioni filosofiche sulla tecnica moderna sono state prodotte in tempi recenti da Emanuele Seve-

rino e da Umberto Galimberti. L’importanza dei loro contributi è davvero notevole, specie se si pensa al fatto che l’epo - ca della tecnica è interamente riconducibile ad un ulteriore abbassamento e allontanamento dai princìpi di ordine supe - riore e alla conseguente ulteriore accentuazione della materializzazione, che di fatto rendono difficile ricostruire corret -

Si scopre così che la scienza moderna non solo non è così indipendente e disin- teressata come abitualmente si tende a credere a livello del senso comune, e come abitualmente essa stessa vuole far credere a tutti. Ma si scopre che essa è anche peri-

colosa; di una pericolosità tanto più costante e latente quanto più gli scienziati stessi

dimostrano di perseverare nell’applicazione delle conoscenze scientifiche ignorando al contempo la natura stessa delle forze con le quali hanno a che fare. In altri termini, non è soltanto l’approccio puramente scientifico ad essere discutibile (e in definitiva errato, stante la sua mancanza di collegamento con i princìpi superiori), ma anche la sua stessa azione e il pregiudizio che costantemente genera circa la sua presunta supe- riorità. In altre parole, il suo pathos, il suo sentimento, così particolare e limitato (come limitata deve essere del resto ogni altra posizione troppo strettamente legata alla materialità).

Ed è proprio Guénon ad affermare che la componente sentimentale sembra es- sere assente dalla scienza.373 In virtù di ciò si sarebbe tentati di collocarla su di una

posizione relativamente elevata nella scala verticale della conoscenza che in questo studio è stata proposta. Ma questa operazione sarebbe il risultato di uno sguardo di- stratto. Il razionalismo moderno, che per Guénon inizia proprio con Cartesio,374 è

molto spesso un sentimentalismo mascherato.375 Guénon giunge a questa constatazio-

ne dopo aver riscontrato l’odio manifestato da molti di coloro che si occupano di una qualche scienza specifica, nella misura in cui gettano uno sguardo al di fuori del loro ambito, e nella misura in cui si trovano di fronte a punti di vista che contrastano con la loro visione del mondo.376 Naturalmente non è soltanto a partire dalla constatazione

dell’esistenza di quest’odio che si deve concludere che la scienza sembra costituire un punto di vista collocato ai gradini più bassi (e, per converso, l’assenza di odio e una forma indefinita di amore sarebbe invece il suo opposto, cioè un punto di vista elevato). La questione, anche qui, pur essendo più complessa di quanto possa apparire a prima vista, è pur tuttavia ancora una volta riconducibile all’allontanamento dai princìpi superiori. L’odio che si risconta nella visione scientifica maschera in realtà

tamente l’interpretazione del fenomeno tecnico.

373 OO, p. 48. 374 OO, p. 49. 375 OO, p. 48.

376 Al di là di ciò che afferma Guénon, è sufficiente gettare oggi uno sguardo attento agli ambienti scientifici e alle per-

sone di scienza per accorgersi di quanto sia frequente e generalizzato (pur con molte lodevoli eccezioni), quel tipico at - teggiamento di disprezzo nei confronti di alcuni saperi e di alcune conoscenze non ufficialmente accettate dalla scienza moderna proprio a causa della loro componente irrazionale - come per esempio l’astrologia, la fisiognomica, e svariate altre forme di conoscenza intuitive che un tempo rientravano nella sfera delle credenze sacre e magiche - e che oggi non sono più legittimate dalla cultura. Lo scientista inoltre manifesta volentieri quella strana forma di odio verso tutto ciò che non comprende e non conosce, rivelando con ciò stesso non soltanto i ristretti limiti del proprio orizzonte conosciti- vo (che per sua natura tende ad escludere tutto ciò che non rientra nel proprio ambito), ma anche la sua presunta supe- riorità unita a quella componente psicologico-sentimentale che invece sembrava essere stata eliminata proprio dalla scienza stessa. Si ricordi inoltre che l’odio e il risentimento in genere, quando non siano rivolti a individui specifici, sono in ogni senso e del tutto riconducibili a quell’insieme di istinti di basso grado che Friedrich W. Nietzsche ha deno - minato risentimento (e di cui la morale degli schiavi ne è l’espressione più evidente), e che è riconducibile alla volontà di potenza debole e alla conseguente sovrastruttura decadente del mondo moderno. Su questo tema si veda anche: M.F. Scheler: Il ruolo del risentimento nella edificazione delle morali; Vita e Pensiero, Milano, 1975 (edizione originale tede- sca del 1912). Si noti anche che, in generale, ogni forma di conflittualità e di antagonismo nell’Occidente moderno è sempre riconducibile ad un abbassamento e ad un allontanamento da quel Princìpio superiore che solo invece consenti - rebbe di superare e di risolvere realmente ogni forma di conflittualità.

una posizione incompatibile con ogni vera sintesi superiore, che sola sarebbe in grado di superare davvero ogni antagonismo.

La presenza dell’odio - come di ogni altra forma di pathos umano - indica sem- pre una posizione legata in misura rilevante alla partecipazione del lato sentimentale dell’essere umano (e, come si vedrà, della materia), e in quanto tale non può mai co- stituire un punto di vista veramente superiore. Ne deriva che il punto di vista della scienza moderna non può in alcun modo costituire un punto di vista elevato, e pertan- to non può sussistere nemmeno una valida ragione perché essa debba esercitare un così ampio dominio, al punto da escludere altri punti di vista e altri modi di vedere le cose e di vivere. Ma non si deve nemmeno pensare che sia stato soltanto Guénon a comprendere i forti limiti dei processi scientifici moderni. Ogni filosofo occidentale che possa essere ascritto e incluso nell’insieme dei pensatori a-sistematici e irraziona- li ha certamente fornito un contributo in tal senso. Si ricordi ancora una volta Nie- tzsche nel richiamo effettuato all’inizio della presente trattazione e più in generale in tutta la sua opera.377

Ma che cos’è esattamente la scienza moderna? E perché essa suscita così tanto entusiasmo? Innanzitutto la scienza moderna è lo studio dei fenomeni del mondo sen- sibile. Il che significa che ogni fenomeno che trascenda in una qualche misura - anche minima - il mondo sensibile proprio per questo viene non solo automaticamente escluso dall’indagine scientifica, ma perfino considerato inesistente. Ecco perché un Orientale giudicherebbe il sapere della scienza moderna “un sapere ignorante”.378

Proprio perché studiando i fenomeni del mondo sensibile e ignorando di fatto ogni al- tro fenomeno trascendente, esso rappresenta un tipo di sapere che rifiuta di ricondursi a un qualche princìpio di ordine superiore. In questo modo la scienza moderna diven- ta sì indipendente, ma contemporaneamente proprio a causa di questa indipendenza diventa anche molto più debole e limitata.379

Per comprendere meglio il senso delle ultime riflessioni si analizzi attentamen- te il seguente passo di Guénon:

La metafisica è la conoscenza dei princìpi d’ordine universale, da cui tutte le cose ne- cessariamente dipendono, in modo diretto o indiretto; dove la metafisica è assente, ogni conoscenza residua, di qualunque ordine sia, manca dunque veramente di princìpio, e se in tal modo essa guadagna qualcosa nel senso dell’indipendenza (non di diritto ma di fatto), molto di più perde in portata e in profondità. E’ questa la ragione per cui la scien- za occidentale è, se così si può dire, tutta in superficie; disperdendosi nella molteplicità indefinita delle conoscenze frammentarie, perdendosi negli innumerevoli particolari dei fatti, essa non permette di conoscere nulla della vera natura delle cose, che dichiara inaccessibile per giustificare la propria impotenza a raggiungerla; per questa ragione essa risponde a un interesse molto più pratico che speculativo.380

377 Sui forti limiti della scienza si veda ancora: F.W. Nietzsche (a cura di G. Colli & M. Montinari): Collana Opere com-

plete, Adelphi, Milano, 1970-2001; ed anche: B.E. Babich: Nietzsche e la scienza, Raffaello Cortina Editore, Milano,

1996.

378 OO, p. 51. 379 OO, p. 51.

380 OO, pp. 57-58. (corsivi miei). Si noti che l’interesse pratico della scienza moderna si accorda bene proprio con la

tecnica, che è un altro fenomeno tipicamente moderno e legato alla stessa scienza moderna. Altre implicazioni derivanti

Si presti attenzione non solo alla preferenza e all’accento posti sul lato pratico della scienza rispetto al versante speculativo, ma anche al più generale e significativo feno- meno della moltiplicazione del sapere scientifico in mille direzioni diverse. Ebbene, questo fenomeno è assolutamente antitetico rispetto ad ogni forma di sviluppo della conoscenza che cerchi invece di ricondursi ad un princìpio superiore unitario, come avverrebbe nel caso di un movimento ascendente nella direzione della metafisica. Se ne deduce che la scienza moderna non si sviluppa in altezza, e conseguenzialmente in profondità e solidità, ma soltanto in larghezza, per così dire orizzontale e superficiale. Le stesse metodologie utilizzate dalla scienza - giungere ad una sintesi partendo da un’analisi381 - rappresentano un insieme di procedimenti estremamente discutibili, per

quanto questa affermazione possa apparire strana agli occhi dell’uomo moderno. Analisi e sintesi stanno infatti su due piani distinti e non esattamente conciliabili. La sintesi sarebbe anche valida, ma solamente nel caso in cui essa si innalzi, per così dire, verso un punto di vista più alto. L’analisi di un fenomeno invece, di per sé, non conduce più in alto, anzi: essa potrebbe proseguire indefinitamente senza mai giunge- re ad un efficace approdo sintetico. Non solo, ma

Le false sintesi che si arrabattano per trarre il superiore dall’inferiore (curiosa trasposi- zione della concezione democratica), non possono mai essere che ipotetiche; la sintesi vera, al contrario, che parte dai princìpi, partecipa della loro certezza.382

Più in generale, ogni spiegazione che provenga «dal basso» non può che avere un ca- rattere necessariamente illusorio, e quindi vano ed errato. E ciò vale anche per il pro- blema delle dimostrazioni delle teorie scientifiche. Ogni vera dimostrazione implica una riconduzione di alcuni fenomeni ad un piano realmente superiore e sintetico. Ogni procedura opposta non può che generare sempre e soltanto un errore e una illu- sione, sebbene questa possa continuare ad essere utilizzata (da cui il termine “utile”) per scopi pratici anche per molto tempo. Così si esprime Guénon a proposito della di- mostrabilità:

una illusione singolare propria allo «sperimentalismo» moderno è quella di credere che una teoria possa esser provata dai fatti, mentre in realtà stessi fatti possono sempre ve- nire spiegati in funzione di molte e diverse teorie,383

Ecco dunque che riemerge ancora una volta uno dei tratti fondamentali della teoria che sto esponendo: la questione del grado di altezza e del conseguente rapporto ge-

rarchico; ossia, di ciò che deve essere inteso come «superiore» e di ciò che deve esse-

re inteso come «inferiore». Nella fattispecie, il procedimento conoscitivo - quando è veramente corretto - deve necessariamente procedere, ancora una volta, dall’alto ver- so il basso, da una visione sintetica superiore verso un’analisi di livello inferiore e

381 OO, p. 58.

382 OO, p. 59 (corsivo mio). 383 CM, p. 73.

che da quella visione sintetica superiore in qualche modo dipenda.384 Ogni percorso

inverso, a rigore, è sempre errato, per quanto esso si sia ampiamente diffuso nell’epo- ca moderna a partire da Bacone. E non solo esso è errato ma non produce mai un ef- fettivo e autentico aumento del grado di conoscenza. Anzi, esso porta spesso fuori strada e conduce di sovente a costruire modelli esplicativi sbilanciati e unicamente frutto di processi induttivi e di generalizzazioni empiriche. Ma, ancora una volta, sono proprio questi saperi che hanno dimostrato e dimostrano di avere maggior ri- scontro nelle cose pratiche (ossia legate alla materialità), ed è proprio per questo stes- so motivo che si sono così ampiamente diffusi nell’epoca moderna, così fortemente materializzata. Ma non si cada qui nell’errore, così frequente qualora si rifletta oggi su questi temi, di dover per questo squalificare i saperi scientifici e tecnici della mo- dernità:

Si comprenda bene che non è nostra intenzione dichiarare illegittima, in se stessa, una qualche conoscenza, per inferiore che essa sia: illegittimo è solo l’abuso che si verifica allorché cose del genere assorbono tutta l’attività umana, appunto come oggi accade.385

Si rifletta sul fatto che il “rapporto gerarchico” non interessa soltanto le diverse tipo- logie di conoscenza, ma anche, per estensione, il grado d’importanza attribuita di vol- ta in volta a queste stesse conoscenze. Ed è propriamente questo eccesso di importan- za attribuito alle scienze moderne che qui viene esplicitamente criticato da Guénon; e che nondimeno deve anch’esso dipendere dal mancato riconoscimento di ogni idonea gerarchia dei princìpi di ordine superiore.

Ma dall’insieme di queste ultime riflessioni è possibile dedurre alcuni ulteriori tratti della vera conoscenza: in forza della stabilità e della immutabilità dei princìpi di ordine superiore, la vera conoscenza non può che essere in qualche modo correlata con la stabilità, la quiete e la contemplazione. Mentre il sapere falso non può che es- sere associato all’instabilità e correlato con il movimento, l’utilità pratica, l’azione. A sua volta, il termine quiete deve necessariamente essere associato alla pace e all’assenza di conflitti e di antagonismi. Mentre il termine azione deve necessaria- mente essere associato alla pratica e ai conflitti in genere, nonché ad una significativa accelerazione del flusso temporale.386 Inoltre, come più oltre diverrà chiaro, quiete e

contemplazione si trovano nella parte elevata della scala verticale della conoscenza e sono sempre correlati con l’elemento qualitativo, mentre l’azione e i conflitti si trova- no nella parte più bassa della medesima scala e sono correlati con l’elemento quanti-

tativo, numerico e materiale.

Data l’enorme importanza di queste ultime determinazioni conviene soffermar- visi ancora un poco, richiamando la fondamentale differenza intervenuta nel passag- gio tra ciò che era la scienza per gli antichi e ciò che è diventata la scienza per i mo - derni. Questa differenza, in termini analitici, è la stessa che intercorre fra le scienze

384 PDV3, p. 71. 385 CM, pp. 73-74.

386 Non tutti però condividono la posizione guénoniana della superiorità della contemplazione sull’azione. Si veda per

esempio il pensiero di uno studioso italiano che viene spesso affiancato a René Guénon - Julius Evola - ma che pure si discosta da lui su questo e su molti altri aspetti (CM, p. 12). Non è tuttavia possibile richiamare qui la complessa posi - zione teorica di Julius Evola, che richiederebbe, essa sola, un ampio e particolareggiato studio a parte.

tradizionali e le scienze profane.387 Le scienze moderne sono caratterizzate da una ec-

cessiva preoccupazione per la componente empirica, pratica e utilitaristica, come del resto si è già veduto. Ma per gli antichi le cose non stavano affatto in questi termini:

tutto ciò che dipendeva dalla sperimentazione era considerato dagli antichi tale da non poter costituire che una conoscenza di grado molto inferiore.388

Dal che si comprende chiaramente non solo la differenza fondamentale tra scienze antiche (tradizionali) e scienze moderne (profane), ma anche il preciso rapporto ge- rarchico che deve necessariamente intercorrere tra queste due forme di conoscenza. L’espressione “di grado molto inferiore”, usata da Guénon, appare quanto mai chiara e inequivocabile. Se gli antichi consideravano il sapere empirico di grado inferiore e i moderni considerano questo stesso sapere empirico come il migliore e perfino come l’unico sapere possibile, è evidente che ciò che è avvenuto non può essere definito in modo diverso da un «capovolgimento». Questo stesso capovolgimento, che ha com- portato una abnorme rivalutazione del sapere pratico e sperimentale in epoca moder- na (a scapito di un sapere più sintetico, qualitativo e superiore), è determinato da una ulteriore discesa e allontanamento dai princìpi di ordine metafisico e superiore, le cui conseguenze investono sia il campo delle conoscenze, sia ogni altro campo o settore della vita e del mondo.

La conclusione alla quale si è pervenuti è della massima importanza, in quanto permette di comprendere una volta di più i tratti fondamentali del ciclo temporale che si sta attraversando - il Kali-Yuga - e che sono rappresentati sia da un progressivo al- lontanamento da ogni punto di vista superiore, sia da una ulteriore conseguente mate- rializzazione di tutte le cose, fino a rendere pressoché invisibile ogni conoscenza di tipo superiore.389

In quest’ottica, si può certo affermare che la scienza dell’epoca classica era cer- tamente di gran lunga superiore rispetto alle conquiste conoscitive del mondo moder- no (il che equivale a dire che partecipava in misura maggiore della metafisica), e il fatto che la scienza moderna - iniziata con Galilei e Newton - abbia comportato im- portanti scoperte empiriche per la fisica e per l’astronomia, ha contribuito a confon- dere ulteriormente le idee dei moderni sul vero significato di conoscenza. Non solo: essa ha anche generato il ben noto pregiudizio secondo cui solo la scienza moderna sarebbe depositaria e rappresentativa dell’unico sapere realmente possibile. Da questa erronea impostazione è derivato anche il clamoroso errore secondo il quale, passando

387 DEM, p. 187.

388 DEM, p. 187 (corsivo mio).

389 Donde, la ben nota tendenza attuale a considerare come non-esistente tutto ciò che non può esser dimostrato dalla

scienza moderna. In definitiva, si può affermare che la scienza moderna ha ristretto enormemente i confini stessi di ciò che essa ritiene esistente e conoscibile. Non è un caso dunque che proprio un filosofo come Kant faccia la sua appari - zione in un’epoca già contrassegnata dalla modernità, e questo a riprova del fatto che sono gli individui e i movimenti storici importanti ad essere il prodotto delle epoche e delle tendenze sotterranee, e non il contrario (CM, p. 35). Guénon sostiene esplicitamente che la filosofia di Descartes e la sua enorme influenza non sarebbero state possibili senza ten-