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CRITICA DELL’OCCIDENTE MODERNO: LA PERDITA DELLA «QUALITÀ»

3.3. Rapporto tra metafisica e filosofia.

Se nel precedente capitolo si è tentato di dare un’interpretazione e una colloca- zione al rapporto che deve intercorrere fra religione e metafisica, ci si ponga ora la domanda su quale rapporto debba invece sussistere tra l’insieme delle forme di cono- scenza del mondo occidentale (filosofia e scienze) e la metafisica. Se la metafisica pura è anche mezzo di conoscenza - ed è anzi la massima e suprema forma della co- noscenza - la sola in grado di includere ogni altro tipo di sapere, si sarebbe portati ad ammettere una parziale sovrapposizione anche tra metafisica da un lato e l’insieme delle filosofie e delle scienze moderne dall’altro. Sulla scia del medesimo ragiona- mento si potrebbero pertanto collocare anche le scienze moderne in una qualche posi- zione nella scala verticale della conoscenza, in modo del tutto analogo a quanto già effettuato per le religioni. Si tratta però di stabilire quale altezza e grado esatto di co- noscenza debba essere conferito all’insieme delle filosofie e delle scienze moderne. A tal proposito, mentre per Di Vona non è possibile alcuna sovrapposizione, neanche parziale, tra scienza e metafisica:

I domìni qui considerati restano profondamente separati, 285

e nemmeno tra religione e metafisica:

allo stesso modo che avviene tra la metafisica e la religione.286

per me l’accostamento e la parziale sovrapposizione resta possibile - e assume anzi un preciso e importante significato gnoseologico e ontologico - limitatamente alla comparazione fra religione e metafisica (come ho cercato di illustrare nel capitolo precedente) e, in misura minore, fra filosofia e metafisica. E’ quindi un errore trattare “allo stesso modo” - e quindi collocare sullo stesso piano - la religione, la filosofia e le scienze, in quanto queste tre istanze partecipano in diversa misura e grado della conoscenza metafisica, e in forza di ciò devono pertanto essere collocate su tre diver-

si livelli nella scala verticale della conoscenza. A riprova di ciò si analizzi il seguente

passo di Guénon:

Quanto alla filosofia, anch’essa rappresenta un punto di vista esclusivamente occidenta- le, e d’altra parte molto più esteriore di quello religioso,287

ma dire “molto più esteriore di quello religioso” equivale a dire “molto più basso - ossia molto più decaduto - di quello religioso”, il che induce a collocare la religione in una posizione superiore rispetto alla filosofia. Ma essendo la filosofia occidentale - una parte almeno di essa - partecipante in una certa misura dei princìpi metafisici, re- sta da stabilire con maggiore esattezza il grado di questa partecipazione, e quindi la sua corretta collocazione nella scala verticale della conoscenza. Diverranno in tal

285 PDV1, p. 39 (corsivo mio). 286 PDV1, p. 39 (corsivo mio). 287 VED, p. 15 (corsivo mio).

modo più chiare non soltanto le disposizioni gerarchiche tra religione, filosofia, e scienza, ma anche le variazioni che la stessa filosofia ha manifestato ed evidenziato nel corso dei diversi periodi storici.

Una prima traccia dell’influenza della metafisica sulla filosofia può essere ri- scontrata laddove Guénon attribuisce un ruolo preponderante alla scienza dei numeri nella Cabala.288 Dopo aver registrato ancora una volta il diffuso errore tendente a ri-

condurre la Cabala al Neoplatonismo, Guénon ribadisce invece la presenza, all’inter- no del Neoplatonismo, di elementi ritenuti greci ma che dovevano invece essere più antichi.289 Se questo è vero, i “prestiti” si sono sì verificati, ma solo in senso inverso

(come ammette esplicitamente Guénon): non sono questi elementi della conoscenza tradizionale a dover essere ricondotti alla cultura greca, ma, al contrario, gli elementi della cultura greca che, essendo stati importati da dati precedenti e tradizionali, devo- no essere ricondotti alla metafisica orientale. Ma ricondurre alcuni elementi della cul- tura greca alla conoscenza tradizionale significa ammettere esplicitamente la presenza di alcuni elementi metafisici all’interno della cultura greca stessa, la quale, dunque, lungi dall’essere originaria, deve essere considerata in senso subordinato alla stessa metafisica orientale. Questa conclusione trova ulteriore conferma nel seguente passo di Guénon:

non si vuol contestare che una scienza della tradizione dei numeri sia esistita anche presso i Greci; essa, come si sa, costituì addirittura la base del Pitagorismo, che non era una semplice filosofia, ma aveva anch’esso un carattere propriamente iniziatico; ed è questa la fonte, in Platone, non solo di tutta la parte cosmologica della sua dottrina, così come egli la espone in particolare nel Timeo, ma anche della sua «teoria delle idee», che, in fondo, non è altro che una trasposizione, secondo una diversa terminologia, delle concezioni pitagoriche sui numeri, considerati come princìpi delle cose.290

Ma la contaminazione di elementi metafisici nelle diverse posizioni culturali dell’Occidente può assumere molte e diverse forme, tanto che queste stesse differenze possono essere erroneamente interpretate come posizioni teoriche completamente in- dipendenti. In realtà

è perfettamente normale che una medesima scienza si riscontri in tradizioni diverse, poi- ché la verità, in qualsivoglia dominio, non potrebbe essere monopolio di una sola forma tradizionale, ad esclusione delle altre;291

Quella “medesima scienza”, quindi, non è altro che la verità della metafisica pura, la quale, costituendo unicamente la posizione più elevata nella scala verticale della co- noscenza, deve necessariamente rappresentare «l’origine comune» di ogni altra forma di conoscenza.292 E questo nonostante le differenze formali prodotte dalle diverse

288 CC, p. 56. 289 CC, p. 57. 290 CC, pp. 57-58.

291 CC, p. 58 (corsivi miei).

292 Ciò che qui deve essere ben compreso è che la conoscenza tradizionale, ammettendo ogni aspetto della verità, non

può opporsi a nessun adattamento legittimo, e pertanto non può opporsi neanche alla filosofia, potendo questa essere considerata un adattamento della conoscenza nell’Occidente. La vera conoscenza tradizionale deve pertanto essere con -

contingenze,293 le quali, come è noto, si accentuano progressivamente nella misura in

cui ci si allontana e si discende verso il basso. D’altra parte, è proprio in queste ampie differenze, così marcate nell’epoca moderna, che trova terreno fertile la proliferazio- ne di teorie errate, le comparazioni inopportune, e le difficoltà stesse di risalire «ver- so» la conoscenza tradizionale.

Le riflessioni appena effettuate dovrebbero dunque essere sufficienti a confer- mare la presenza di un certo grado di metafisica già nella filosofia occidentale delle origini; e a considerare pertanto questa stessa filosofia non più originaria, nel senso stretto del termine, ma in qualche modo derivata da elementi tradizionali e metafisici. Ma sebbene di fronte alla vera metafisica ogni altro punto di vista diventi pressoché insignificante e irrilevante (in virtù del tratto d’infinità della metafisica pura), si deve pur ricordare l’indefinita varietà - e quindi la differenza - dei gradi di riflesso parteci- pativo della metafisica pura nei confronti delle diverse istanze: religione, filosofia, scienza. Mentre è già stata chiarita la subordinazione della filosofia rispetto alla reli- gione, rimane da precisare il rapporto tra la filosofia e la scienza, sul quale, del resto, ci si può trovare d’accordo con Di Vona a proposito dell’impossibilità di una signifi- cativa sovrapposizione tra le scienze moderne e la metafisica pura. Le scienze, infatti, e in particolar modo le scienze moderne, non possono che essere collocate sulla posi- zione più bassa della scala verticale, costituendo esse un insieme di punti di vista molto particolari, e orientati all’indagine di oggetti altrettanto particolari e frammen- tati; i quali, a loro volta, anziché ricondursi ad un princìpio unitario (secondo il per- corso più corretto di ogni vera conoscenza), sembrano invece frammentarsi ulterior- mente in mille rivoli, spesso in disaccordo fra loro. E tutto questo in modo particolare a partire dall’inizio dell’età moderna.

Se dunque la parziale sovrapposizione tra religione e metafisica è senz’altro possibile - almeno questa è la tesi che si è cercato di sostenere nel precedente capitolo - lo stesso non si può dire per quanto riguarda la scienza moderna, che sembra anzi non avere pressoché nulla in comune con la metafisica pura (come si avrà modo di chiarire meglio nel capitolo successivo).

La filosofia dunque sembra collocarsi in una sorta di posizione intermedia tra le religioni e le scienze contemporanee, incluse tutte le forme tecniche: più in alto ri- spetto alle scienze moderne ma più in basso rispetto al piano religioso-teologico- mistico dell’Occidente. Nondimeno è necessario chiarire meglio le ragioni di questa precisa collocazione; così come si dovrà chiarire meglio le ragioni dell’attribuzione di un’altezza maggiore alle filosofie antiche rispetto a quelle moderne.

Dopo aver posto le religioni in una posizione relativamente elevata (fatte salve le forme degenerate, esteriori e “sentimentali” che caratterizzano quel che resta oggi delle religioni,294 almeno in Occidente); e dopo aver collocato nella parte più bassa la

sede attribuibile alle scienze moderne (per l’analisi delle quali si rinvia al capitolo

siderata come una posizione che travalica ogni limite, e quindi anche i limiti stessi delle concezioni filosofiche (OO, p. 235). Ma dire questo significa dire che la conoscenza tradizionale “include” le concezioni filosofiche stesse, le quali, pertanto, debbono necessariamente partecipare, in una certa misura, degli elementi metafisici insiti nella conoscenza tra- dizionale.

293 CC, p. 59. 294 SSS, p. 16.

successivo), è necessario precisare meglio i caratteri di questa posizione “intermedia” attribuibile alla filosofia. Non basta dire infatti che essa sta più in alto della scienza e più in basso della religione, ma si deve anche stabilire in modo più preciso il grado di questa altezza, nonché in maniera più articolata le ragioni che determinano questa collocazione. Più specificamente è necessario chiedersi innanzitutto fino a che punto possa sussistere un margine per un significativo innalzamento della filosofia nella scala della conoscenza, e in virtù di quali fattori è possibile legittimare questo innal- zamento. Ai fini del presente studio, la domanda assume qui un’importanza assai rile- vante, specie se si richiama la valenza conoscitiva della filosofia. Essendo essa “amo- re per la sapienza”, o “tensione verso il sapere”, si può estenderne il significato fino ad intenderla come una generale disposizione al sapere o ricerca del sapere, come in effetti sembra fare Guénon,295 perché è in questo più ampio significato che diventa

possibile rapportarla correttamente ai princìpi metafisici.

Se da un lato si è disposti a riconoscere la molteplicità e la complessità del pa- norama filosofico occidentale, dall’altro affrontare questo problema appare più com- plesso rispetto a quello relativo alla religione o alla scienza. Innanzitutto Guénon af- ferma in modo chiaro l’esistenza della separatezza tra filosofia e metafisica al pari della separatezza della scienza dalla metafisica.296 Si sarebbe quindi portati a liquidare

l’intera questione con un’altra ulteriore chiusura, ma sarebbe un errore dettato da fret- ta e sintesi eccessive. E’ lo stesso Guénon infatti a riconoscere, nella stessa pagina, l’esistenza di un attributo qualitativo superiore della filosofia greca delle origini ri- spetto alle moderne filosofie occidentali:

la parola filosofia agli inizi sembra aver compreso per loro (per i Greci, ndr), in un modo abbastanza indistinto, ogni conoscenza umana297

Questa constatazione acquista qui una rilevanza notevole, in quanto se ne deduce che la filosofia occidentale delle origini era qualitativamente superiore rispetto alla gran parte della filosofia moderna occidentale. Significa che, anche in questo caso, utiliz- zando la scala verticale della conoscenza, è possibile configurare con certezza il pas- saggio dall’epoca antica all’epoca moderna, in Occidente, come una sicura “discesa di livello” e come ulteriore allontanamento dai princìpi metafisici. Il che significa che con il trascorrere del tempo l’uomo occidentale si è progressivamente allontanato da un punto di vista che, essendo qualitativamente superiore, riusciva a spiegare e a uni- re il sapere più di quanto non riesca a fare nell’attuale epoca la filosofia moderna e contemporanea. E anche se Guénon, in questa comparazione, afferma di volersi occu- pare solamente della filosofia moderna, non si deve dimenticare la differenza che lui stesso dimostra di saper cogliere tra antichità classica e mondo moderno,298 specie

quando allude a quelle dottrine occidentali che, pur essendo inferiori alla metafisica, contengono tuttavia una parte di metafisica:

295 CM, p. 32. 296 INT, p. 98.

297 INT, p. 98 (parentesi e corsivo miei). 298 AS, p. 126; INT, p. 26.

Alludiamo qui soltanto a dottrine filosofiche dell’antichità e del Medioevo, poiché i punti di vista della filosofia moderna sono la negazione stessa della metafisica;299

dal che se ne può dedurre una ulteriore conferma del maggior grado di elevatezza del- la filosofia antica e medievale rispetto alla filosofia moderna. Ma la filosofia antica nell’epoca della Grecia classica, per quanto elevata, non rappresentava i vertici del pensiero in Occidente. Negli scritti di Guénon compaiono diversi elementi a sostegno di questa tesi. Innanzitutto egli riconosce che lo stesso Platone, nel Timeo, riporta una testimonianza secondo la quale i Greci venivano considerati «bambini» dagli Egizia- ni,300 dal che se ne potrebbe dedurre una superiorità conoscitiva della civiltà egizia ri-

spetto a quella greca di quel tempo. Ma c’è di più: Guénon sembra anche rilevare l’uguaglianza di certi simboli e certe tradizioni in aree diverse,301 che lascia supporre

l’avvenuto scambio di elementi culturali fra civiltà diverse, probabilmente nel conte- sto di scambi commerciali già esistenti all’epoca:

gli scambi commerciali non dovettero mai avvenire con continuità senza prima o poi in- durre scambi di un genere del tutto diverso, e in particolare scambi intellettuali; e può anche darsi che in certi casi le relazioni economiche, lungi dall’avere quella priorità che hanno presso i popoli moderni, siano state di un’importanza più o meno secondaria. La tendenza a ricondurre tutto al punto di vista economico, sia nella vita interna di un paese sia nelle relazioni internazionali, è infatti una tendenza propriamente moderna; gli anti- chi, anche occidentali, ad eccezione forse dei soli Fenici, non vedevano le cose a questo modo,302

E se gli scambi commerciali antichi si dimostravano correlati con gli elementi cultu- rali molto più che nell’epoca moderna (dove gli scambi sono improntati prevalente- mente sull’aspetto quantitativo ed economico, come giustamente riconosce Guénon), c’è da supporre che la filosofia greca delle origini abbia subìto importanti influenze dal punto di vista qualitativo di civiltà superiori e più antiche; e se così è non c’è da stupirsi della presenza di elementi analoghi nelle diverse culture né della maggiore presenza di elementi metafisici nelle filosofie antiche rispetto a quelle moderne. Del resto è lo stesso Guénon a riportare numerosi elementi a sostegno di questa posizione, come la possibile influenza indù sulla Grecia del tempo, la precedente presenza dell’atomismo in India nella scuola di Kanâda, dei jaina e dei buddisti.303 E’ noto in-

fatti che Democrito, il primo sistematizzatore dell’atomismo, aveva compiuto viaggi in India, Persia, Egitto; e pertanto potrebbe benissimo aver conosciuto alcuni elemen- ti di queste teorie, per poi importarle nella Grecia del suo tempo. Si potrebbe obbiet- tare che l’oggettività delle conoscenze metafisiche non impedisce che queste vengano scoperte in modo separato e indipendente da culture diverse, e anche in tempi diversi, vanificando in tal modo l’ipotesi delle influenze e dei prestiti; ma in questo caso è lo stesso Guénon a riconosce che queste “somiglianze” sembrano essere “un po’ troppo

299 VED, p. 147, nota 1 a pié di pagina (corsivi miei). 300 INT, p. 39.

301 INT, p. 34.

302 INT, pp. 34-35 (corsivo mio). 303 INT, p. 35.

precise per essere attribuibili al fondo comune a tutta l’umanità”.304 Egli constata al-

tresì la scomparsa delle tracce dell’influenza indù nella filosofia greca dopo Aristote- le. Interpreta il periodo ellenistico (scetticismo, epicureismo, stoicismo) come una fase di vero e proprio decadimento305 (sia per l’evidente rinuncia agli ideali pubblici

della polis - la quale era l’espressione stessa della forma di innalzamento dell’uomo - sia per la marcata ed evidente presenza di eccesso di moralismo, il quale, per Guénon, non può mai essere riconducibile alle posizioni metafisiche306). Guénon interpreta il

periodo successivo all’ellenismo come distruzione necessaria ai fini di un successivo restauro della spiritualità. Ed infatti egli registra il riapparire delle influenze orientali, sebbene sotto altra forma, proprio nel periodo del Neoplatonismo (che per primo ha inserito nella speculazione l’idea, nuova in Occidente, di «Infinito»).307 La cristianità

ha poi segnato poi una vera e propria ripresa - o restaurazione - della spiritualità, sep- pure in diversi gradi e forme, fino a giungere al XIV secolo, inesorabile inizio della vera decadenza moderna.308

Tuttavia, le accertate influenze dell’Oriente sulla cultura della Grecia antica do- vrebbero costituire un importante elemento a detrazione della diffusa idea secondo la quale l’origine di ogni civiltà occidentale risiederebbe nel mondo greco e romano. In altre parole, l’accertata presenza di elementi orientali nella cultura occidentale di quel tempo costringe a non considerare più la Grecia classica come il luogo di origine del- le civiltà successive (e non solo del «pensiero», come già precedentemente afferma- to). D’altra parte, questo errore, denominato «pregiudizio classico», costituisce anch’esso frutto e prodotto della mentalità moderna occidentale, tendente a ricondur- re ogni cosa al proprio orizzonte interpretativo. Tuttavia Guénon dimostra di sma- scherare questo pregiudizio senza esitazioni e senza ambiguità, in modo esplicito e senza sottigliezze:

è manifesto che i Greci hanno adottato quasi tutto degli orientali, almeno dal punto di vista intellettuale, come essi stessi hanno ammesso abbastanza sovente; [...] La loro uni- ca originalità [...] risiede nella maniera in cui hanno esposto le cose, secondo una capa- cità di adattamento che non può essere loro contestata, ma che trova necessariamente un limite nella misura della loro comprensione; si tratta perciò di un originalità di ordine puramente dialettico.309

Ed anche se Guénon attribuisce ai Greci il merito di aver conferito un «carattere pra- tico» a certe conoscenze (diversamente dalla tendenza degli orientali a disinteressarsi delle applicazioni), non va mai dimenticato che nonostante si possa agevolmente ri- conoscere il debito della Grecia classica nei confronti dell’Oriente, nondimeno le

304 INT, p. 36. 305 CM, p. 34.

306 INT, p. 103. Si noti come, coerentemente con quanto Guénon ha sempre sostenuto, in forza della correlazione di ogni

morale con l’azione umana (anziché con la conoscenza e la contemplazione metafisica) sono state proprio le filosofie ellenistiche che, per la loro natura, hanno riscontrato un grande successo presso la civiltà romana, notoriamente più le - gata all’azione che alla conoscenza.

307 INT, pp. 36-37; PDV2, p. 42. 308 CM, pp. 34-35.

analogie fra le due culture hanno generato l’errore di ricondurre la Tradizione orienta- le alla cultura occidentale, anziché interpretare la deduzione in senso opposto:

vi è chi, pur dimostrando una certa simpatia per le concezioni orientali, vuol farle rien- trare a ogni costo negli schemi del pensiero occidentale (il che significa snaturarle com- pletamente), e dimostra in tal modo di non averne capito nulla;310

Non basta quindi riconoscere il debito della cultura greca e romana nei confronti di alcuni elementi metafisici del pensiero orientale, ma è anche necessario intendere nel modo più corretto ogni comparazione tra le due tradizioni di pensiero. Ne risulterà in tal modo confermata sia la non-originalità sia l’inferiorità della posizione occidentale rispetto a quella orientale.

Alla luce di queste ultime riflessioni è dunque possibile collocare l’origine del- le civiltà occidentali non nel mondo greco-romano, ma assai più indietro nel tempo e nello spazio. In un certo senso lo smascheramento del pregiudizio classico permette di ampliare e di completare in modo più soddisfacente il quadro generale che si va configurando con il presente studio. Come si vedrà più oltre, infatti, la constatazione dell’avvenuta influenza di alcuni elementi della metafisica orientale sulla Grecia anti- ca, consentirà di ricavare e di elaborare ulteriori importanti elementi ai fini dello svi- luppo della presente teoria generale, come per esempio una particolare interpretazio- ne del sistema filosofico platonico, alla quale si rimanda più oltre nel presente studio.

Per ora è necessario ribadire che la deduzione secondo la quale appare confer- mata l’inesorabilità del processo di discesa - dispiegatosi nel corso del tempo, e, in modo ancor più accentuato, nel corso degli ultimi secoli, in Occidente - non consente soltanto di attribuire un grado di conoscenza e un’elevatezza minori alle filosofie mo- derne rispetto a quelle antiche,311 ma permette anche di interpretare il tempo storico in

310 OO, p. 150.

311 La tesi che voglio sostenere è che le filosofie antiche - in particolare il platonismo e il neoplatonismo - non solo de-