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CRITICA DELL’OCCIDENTE MODERNO: LA PERDITA DELLA «QUALITÀ»

3.7. Spazio, materia, quantità, misura.

Le condizioni dell’andamento della manifestazione ciclica hanno determinato i caratteri specifici dell’attuale periodo del mondo moderno occidentale: la «fase estre- ma» del Kali-Yuga.503 Pertanto, tutte le condizioni della modernità che, da questo mo-

mento in poi, verranno esaminate in modo più approfondito, devono essere intese come conseguenza di questo stato avanzato di manifestazione. Per quanto il mondo moderno sia un’anomalia, o una «mostruosità»,504 nondimeno esso deve essere inteso

come una fase naturale di un più ampio ciclo, necessariamente destinato a concludersi per dare nuovamente avvio al ripetersi della ciclicità.505 Le innumerevoli conseguenze

dell’attuale stato di manifestazione non sono niente altro che il prodotto della discesa e dell’allontanamento dai princìpi superiori della manifestazione universale. Ma ogni discesa, intesa in questo preciso senso, deve necessariamente comportare l’ineludibile tendenza a trasformare ogni cosa in elemento quantitativo e materiale, sacrificando in pari tempo il corrispondente versante qualitativo.

Ma quale esatto significato assumono le due espressioni «elemento quantitati-

vo» ed «elemento qualitativo»? Per comprendere correttamente il significato metafi-

sico di questa coppia terminologica è necessario richiamare la dualità «essenza»-«so- stanza» della dottrina indù, o meglio la coppia terminologica Purusha-Prakriti. Essi costituiscono i princìpi universali da cui ogni cosa necessariamente dipende, e debbo- no essere considerati come i due poli di ogni manifestazione sensibile.506 Si può par-

lare di essenza e di sostanza sia relativamente a un mondo (ossia ad uno stato di esi- stenza determinato), sia relativamente a un essere considerato in modo particolare.507

Per meglio comprendere il significato di questi due termini, Guénon effettua l’acco- stamento fra questa coppia terminologica e le due parole usate dalla Scolastica «for- ma»-«materia», sebbene l’analogia non sia del tutto esatta. Ad ogni modo

dire che ogni essere manifestato è un composto di «forma» e di «materia» equivale ad affermare che la sua esistenza procede necessariamente dall’essenza e dalla sostanza ad un tempo, e, per conseguenza, che vi è in lui qualcosa che corrisponde ad entrambi que- sti princìpi, di modo che sia come una risultante della loro unione, o, per essere più esat- ti, dell’azione esercitata dal princìpio attivo, o essenza, sul princìpio passivo, o sostan- za;508

Ma «forma» e «materia», che nella tradizione indù sono anche denominate nâma e

rûpa, possono anche essere accostati all’«atto» e alla «potenza» della filosofia aristo-

telica. E proprio la coppia terminologica «atto»-«potenza» può essere agevolmente accostata alla coppia «essenza»-«sostanza». In ogni essere vi è quindi un misto di atto e di potenza, e l’atto è ciò per cui egli partecipa dell’essenza, e la potenza è ciò per

503 RQ, p. 11. 504 RQ, p. 11. 505 AS, p. 138. 506 RQ, p. 19. 507 RQ, p. 19. 508 RQ, p. 20.

cui egli partecipa della sostanza.509 Ebbene, «qualità» e «quantità» non sono che la

manifestazione di questi due princìpi. Soltanto non si deve dimenticare che nel mon- do della manifestazione sensibile non può mai darsi un atto puro o una potenza pura, essendo possibile ogni manifestazione sensibile soltanto dall’intervento di entrambe queste componenti. Inoltre, mentre la quantità non può che manifestarsi unicamente nel mondo sensibile, la qualità si estende simultaneamente nel mondo sensibile e nel mondo sovra-sensibile, essendo essa sempre un princìpio superiore alla materia, e quindi superiore alla quantità. Il fatto che Aristotele intenda la quantità e la qualità come «categorie» significa semplicemente che egli considera i due termini correlati (essendo le categorie applicabili unicamente al mondo sensibile), come in effetti è e deve essere fintanto che ci si limita a prendere in considerazione esclusivamente il mondo umano e fenomenico.510 È solo nel momento in cui si iniziano a considerare

gli altri stati dell’essere che l’elemento qualitativo manifesta la sua maggiore esten- sione. Si noti anche come Guénon intenda le «idee» platoniche come delle vere e pro- prie «essenze», e il concetto aristotelico e della Scolastica di «forma» come eidos, os- sia come quell’elemento comune a più soggetti che non può che essere ricondotto ad un ordine qualitativo. In definitiva, per Guénon, in rapporto all’elemento qualitativo, Platone ne pone in evidenza l’aspetto trascendente, mentre Aristotele ne pone in evi- denza l’aspetto immanente,511 annullando così le presunte sostanziali differenze sussi-

stenti tra Platone e Aristotele. La «quantità», dunque, appartiene al versante sostan-

ziale, mentre la «qualità» appartiene al versante essenziale.512 Ma il lato essenziale -

l’essenza - è suscettibile di un’estensione assai più ampia di quanto non accada per la quantità, necessariamente vincolata alla sola materia e al solo mondo sensibile e cor- poreo: il mondo della sostanza, o materia, è infinitamente più limitato rispetto al mondo dell’essenza. Ne deriva che se il mondo moderno è precipitato fino ai livelli più bassi della materialità, nondimeno deve anche aver subìto una marcata restrizio- ne. Si noti anche che «materia» qui deve essere intesa non nel senso limitato della fi- sica moderna, ma come il più ampio concetto di «sostanza», sia nel suo versante di «forma», quando si consideri un essere particolare, sia nel suo versante di «materia prima», ossia di potenzialità pura, che equivale al Prakriti della dottrina indù.513 Men-

tre il significato del nesso qualità-essenza dovrebbe esser già abbastanza chiaro, da queste ultime deduzioni invece sembra emergere ancora una certa ambiguità di senso per ciò che concerne la quantità-sostanza; e questo a causa della molteplicità degli aspetti e dei significati attribuiti dal mondo occidentale al termine «materia», prima di giungere a quella particolare e specifica deviazione di significato che tanta importan- za doveva assumere in epoca moderna. Per queste ragioni sarà necessario chiarire in maniera più ampia ed estesa la complessità del rapporto che intercorre tra la «quanti-

509 RQ, p. 20. 510 RQ, p. 21. 511 RQ, p. 21.

512 E’ possibile verificare il significato originario della coppia terminologica «essenza»-«sostanza» secondo la tradizione

filosofica classica in: S. Maso: L.Ph.G. - Lingua philosophica graeca - Dizionario di greco filosofico, Mimesis, Milano- Udine, 2010. Si presti attenzione in particolare a come con il termine «essenza» si faccia riferimento a fattori che “per- mangono al di là del variare dei fattori accidentali e temporali” (p. 120); e a come con il termine «sostanza» si faccia ri- ferimento al tratto fondamentale della “variabilità” (p. 191).

tà» e la «sostanza»: esaminandone i nessi e le implicazioni diverrà sempre più chiaro l’aspetto centrale e il cuore stesso della presente indagine.

Innanzitutto, affinché una manifestazione qualsiasi possa prodursi, Purusha deve necessariamente entrare in rapporto con Prakriti.514 Si potrebbe considerare

esclusivamente il Purusha soltanto nella situazione limite dove manca qualsiasi ma- nifestazione. Del resto è proprio questo il significato del Princìpio Supremo, da cui ogni cosa deriva. Ma affinché una qualsiasi manifestazione sensibile diventi realmen- te possibile deve necessariamente intervenire un secondo princìpio, denominato Pra-

kriti, apparentemente correlato con Purusha, ma in realtà totalmente indipendente da

esso, essendo entrambi i princìpi dipendenti dal solo «Essere universale» e per nulla assimilabili ad una sorta di dualismo.515 Il Purusha è il princìpio attivo e maschile,

mentre Prakriti è il princìpio passivo e femminile. Dalla combinazione di entrambi questi princìpi ogni individuo, e ogni stato di manifestazione dell’essere diverso da quello umano, diventa possibile.516 Ma oltre a non ricondurre questa coppia di concet-

ti ad una sorta di dualismo, sarebbe ancor più fuorviante ricondurla ad un dualismo assimilabile alla dualità «spirito»-«materia» di derivazione cartesiana (a tal proposito si veda più oltre la critica al meccanicismo). La nozione di materia dell’uomo moder- no è assai diversa dalla nozione indù di Prakriti. Vediamo come si esprime Guénon in proposito:

Prakriti non può dunque essere veramente causa di per se stessa (alludiamo alla «causa-

lità efficiente»), al di fuori dell’azione, o meglio dell’influenza del princìpio essenziale,

Purusha, il quale è, potremmo dire, il «determinante» della manifestazione; tutte le cose

manifestate sono prodotte da Prakriti, di cui sono determinazioni o modificazioni, ma senza la presenza di Purusha queste produzioni sarebbero sprovviste di ogni realtà.517

E ancora:

Purusha non è né produzione, né produttivo (in se stesso), quantunque sia la sua azione,

o meglio la sua attività «non-agente» [...] a determinare essenzialmente tutto ciò che è produzione sostanziale in Prakriti.518

Sufficientemente chiarito il significato di questa importante coppia terminologica, è ora necessario operare una distinzione, come hanno fatto gli Scolastici dopo Aristote- le, tra materia prima e materia secunda. Guénon attribuisce il significato di «sostanza universale» alla prima espressione, e di «sostanza in senso relativo» alla seconda espressione.519 Chiarito che il significato della parola «materia», intesa nel senso mo-

derno, è assai lontano da quello inteso dagli Scolastici, si deve dire che la «sostanza» è un concetto che “sporge” rispetto al più ristretto ambito semantico del termine «ma- teria» così come viene inteso dai moderni. Mentre infatti l’«essenza» è il princìpio

514 VED, p. 43. 515 INT, p. 184. 516 VED, p. 43. 517 VED, p. 46. 518 VED, p. 47. 519 RQ, p. 23.

immateriale da cui ogni manifestazione proviene, sia sensibile sia extrasensibile, la «sostanza» include la sola manifestazione sensibile, ma comprensiva di tutti gli inde- finiti gradi di possibile applicazione. Ne deriva che, nella regione del relativo (mate-

ria secunda), la manifestazione diventa possibile sotto forma di innumerevoli modali-

tà (gradi) comprensivi di forma e materia a vari livelli. Così si esprime Guénon:

se si entra nel relativo, i termini divengono suscettibili di applicazioni molteplici a gradi diversi, può essere che ciò che è materia ad un certo livello possa diventare forma ad un altro livello e inversamente, a seconda della gerarchia dei gradi più o meno particolari presi in esame nell’esistenza manifestata. Benché in tutti i casi una materia secunda co- stituisca il lato potenziale di un mondo o di un essere, non è mai potenza pura; di poten- za pura non c’è che la sostanza universale, la quale non soltanto si situa al di sotto del nostro mondo (sub stantia, da substare, è letteralmente «ciò che sta al di sotto», reso al- trettanto bene dalle idee di supporto e di «substrato»), ma al di sotto dell’insieme di tutti i mondi e di tutti gli stati compresi nella manifestazione universale.520

La materia secunda viene quindi declinata in un indefinito numero di gradi e di pos- sibilità diverse che danno luogo alle diverse manifestazioni del mondo sensibile, le quali però in nessun caso potranno poggiare sulla sola potenza pura, risiedendo essa esclusivamente «al di sotto» di tutti i mondi inclusi nell’insieme delle manifestazioni universali.

È interessante notare che la sostanza universale, di per se stessa, è completa- mente inintelligibile.521 La conoscenza infatti - come già evidenziato, seppure in for-

ma diversa, nel capitolo sulla scienza - dipende necessariamente dall’essenza, o me- glio, da quanto si è in grado di rapportare la sostanza all’essenza, perché soltanto que- sta è la conoscenza, e niente altro. In una ipotetica situazione estrema costituita dalla sola «sostanza» la conoscenza non potrebbe che esser nulla (donde l’espressione di Guénon «in esso non vi è niente da conoscere»522). E in un’altra ipotetica situazione

estrema, opposta alla precedente, costituita dalla totalità di «essenza», la conoscenza non potrebbe che essere totale, completa, assoluta e permanente (è questa la cono- scenza corrispondente alla realizzazione metafisica). Ne deriva che le cose saranno tanto meno conoscibili quanto più parteciperanno della potenzialità della sostanza universale; e, per converso, le cose saranno tanto più conoscibili quanto più parteci- peranno dell’essenza (ossia dei princìpi metafisici). Data l’importanza del passaggio è necessario riportare direttamente le parole di Guénon:

per quel che riguarda le sostanze relative, esse, in quanto partecipano della potenzialità della sostanza universale, partecipano anche della sua «inintelligibilità» in misura corri-

spondente. Non è dunque dal lato sostanziale che bisogna cercare la spiegazione delle

cose,bensì al contrario dal lato essenziale, il che si può tradurre, in termini di simboli- smo spaziale, dicendo che qualsiasi spiegazione deve procedere dall’alto verso il basso e non dal basso verso l’alto; questa osservazione è per noi particolarmente importante

520 RQ, pp. 23-24. 521 RQ, p. 24. 522 RQ, p. 24.

perché fornisce la ragione immediata per cui la scienza moderna è in realtà sprovvista di qualsiasi valore esplicativo.523

Ma, come si vedrà, non soltanto ogni corretto processo di conoscenza dovrà necessa- riamente procedere dall’alto verso il basso, ma anche la determinazione di qualsiasi applicazione sociale e umana (come per esempio la definizione delle posizioni e dei ruoli politici), dovrà derivare da una consequenziale applicazione della conoscenza procedente dall’alto al basso, e quindi da una precisa e determinata gerarchia proce- dente dall’alto verso il basso. Come già ribadito, infatti, la teoria generale che si va configurando con il presente studio deve essere considerata organica ed unitaria, e tale quindi da dar luogo a spiegazioni e ad applicazioni che non possono non avere un carattere generale e simultaneamente esteso a tutti i fenomeni umani e sociali.

Ma mentre la materia prima è completamente indistinta e priva di qualsiasi de- terminazione, la materia secunda viene a determinarsi in rapporto al mondo della ma- nifestazione nella forma della «sostanza».524 Ora, ciò che fa essere la materia quello

che effettivamente è nel mondo sensibile non è la «qualità» ma la «quantità». Ciò che induce in errore i fisici moderni è la loro tendenza a voler attribuire un qualche ele- mento qualitativo alla “materia in se stessa”, mentre la qualità risiede completamente

al di fuori della manifestazione sensibile, e quindi al di fuori della materia così come

questa viene intesa dall’uomo moderno. Ne deriva che l’espressione materia secunda deve essere intesa come riferita al solo mondo sensibile e fenomenico, includendo la totalità di ciò che esiste, ossia degli oggetti materiali così come l’uomo li vede. Gué- non chiarisce che la «quantità» - e quindi la «sostanza» - del mondo sensibile, diventa la condizione primaria - o di base - di tutti gli oggetti inclusi nel mondo sensibile. Si deve soltanto avere l’accorgimento di non attribuire alla materia di questo mondo sensibile proprietà che essa non può in alcun modo avere.525 Nondimeno è proprio la

tendenza ad attribuire elementi qualitativi a questa stessa materia del mondo sensibile che fonda il materialismo moderno come tendenza fondamentale dell’epoca contem- poranea. Tendenza che conduce inevitabilmente ad intendere il mondo sensibile come unico mondo esistente. In realtà, come si dovrebbe già iniziare a comprendere, la spiegazione del mondo sensibile si trova totalmente al di fuori del mondo sensibile stesso, sebbene la sua base o il suo presupposto sia la quantità e la sostanza, e sebbe- ne l’esistenza stessa del mondo sensibile non possa che provenire unicamente dall’elemento qualitativo.

Ma, giunti a questo punto, vien da chiedersi che cosa debba essere esattamente la «quantità». Apparentemente si sarebbe portati ad identificare la «quantità» con la semplice «estensione» di un corpo nello spazio, così come aveva teorizzato Carte- sio.526 Ma questa posizione non convince Guénon, in quanto l’estensione, a causa

dell’«orientazione»527 che caratterizza ogni corpo “esteso” e spaziale, non può essere

considerata come quantità “pura”. In altre parole, l’«estensione» è sì un elemento for-

523 RQ, p. 24 (corsivi miei). 524 RQ, p. 25.

525 RQ, p. 26. 526 RQ, pp. 26-27. 527 RQ, p. 40.

temente quantitativo, ma mai completamente quantitativo. Se le cose stanno in questo modo, allora vuol dire che Cartesio, definendo la materia come estensione, deve aver introdotto nella definizione stessa, forse senza volerlo, un elemento qualitativo, che non permette a sua volta di identificare la vera base quantitativa della materia, che è invece quello che qui si sta cercando di fare. Se da un lato la direzionalità e l’orienta- zione spaziale di ogni oggetto collocato nel mondo sensibile attenua la radicalità della componente quantitativa attribuita all’«estensione» della materia di un corpo nel mondo sensibile, dall’altro il «numero» sembra invece costituire una componente quantitativa assai più pura. In effetti, così come San Tommaso intendeva il numero come «base sostanziale di questo mondo»,528 così anche la dottrina pitagorica poneva

il numero come «simbolo dei princìpi essenziali delle cose».529 E se è vero che tutto

ciò che è quantitativo può - e deve - essere espresso numericamente, allora ne deriva che ogni cosa appartenente al mondo sensibile deve necessariamente procedere dal numero, o meglio da una combinazione di numero e di una componente qualitativa. Ma se lo scopo del presente passaggio è quello di “discendere” fino al punto più bas- so e trovare la forma esprimibile della sola componente quantitativa pura, allora non si può che giungere ad individuare per tale scopo soltanto il «numero». È dal «nume- ro», quindi, che si deve partire ogni qualvolta si intenda prendere in considerazione la «quantità pura». Tutti gli altri modi non sono che «derivati» e, come si vedrà, anche

le concezioni di spazio e di tempo, a dispetto di tutti gli sforzi dei matematici moderni, non potranno mai essere esclusivamente quantitative, a meno di ridurle a nozioni intera- mente vuote, senza contatti di sorta con una realtà qualsiasi;530

che è quello che invece si tende a fare nel mondo scientifico moderno (e non solo nel mondo scientifico). Ma essendo ogni cosa sempre e soltanto la risultante della combi- nazione di una componente quantitativa con una componente qualitativa, la tendenza a vedere il solo versante quantitativo - ignorando quello qualitativo, come se non esi- stesse - non può che comportare inevitabilmente una trasformazione impropria delle cose e del mondo in cui queste stesse cose vengono viste: esse vengono trasformate e ridotte alla sola «quantità». L’esposizione del senso e delle conseguenze di questa tra- sformazione costituisce lo scopo della parte avanzata di questo studio.

Il termine «materia», dunque, ha assunto nell’epoca moderna il significato ri- duttivo e particolare utilizzato dai fisici. E, come si può intuire, anche questo stesso significato deve essere inteso come una delle conseguenze del decadimento moderno, tendente a tutto ridurre alla sola «quantità». In realtà il termine «materia» è di dubbia e complessa derivazione etimologica:531 il morfema radice mater - da cui sembra deri-

vare la parola «madre» - ricorda il princìpio passivo femminile, atto a ricevere l’essenza dal princìpio attivo maschile. E in effetti la materia è possibile solo a condi- zione che il princìpio passivo femminile (Prakriti) riceva la sua determinazione dal princìpio attivo maschile (Purusha). Ancora una volta, dunque, ci si trova di fronte a

528 RQ, p. 27. 529 RQ, p. 27.

530 RQ, pp. 27-28 (corsivo mio). 531 RQ, p. 29.

una conferma della correlazione tra i due termini «essenza»-«sostanza».532 Ma il ter-

mine «materia» può anche essere accostato al latino metiri (misurare) e a un altro ter- mine sanscrito dal medesimo significato,533 anche se ciò che si va a «misurare» qui

non è la materia dei fisici moderni, ma la «possibilità stessa della manifestazione ine- rente allo spirito (Âtmâ)».534

Ora, è chiaro che ogni autentica operazione di misura può essere effettuata sol- tanto in riferimento a grandezze spaziali, ossia a corpi estesi. Ma è altrettanto chiaro che, alla luce di quanto si è visto più sopra, nessun corpo sensibile può essere inteso come composto unicamente di materia pura, ossia nessun corpo può essere inteso come ridotto alla sola estensione.535 Ma se, come si è visto, non è possibile identifica-

re completamente la materia con l’estensione, allora ne deriva che ogni operazione di misura - riferendosi alla sola estensione pura - non può che essere a sua volta ridutti- va. Se anche la manifestazione sensibile più semplice contiene necessariamente un ir- riducibile elemento qualitativo, ogni operazione di misura non può mai rendere com- pletamente ragione della complessità di un qualsivoglia corpo sensibile (sebbene que- sto possieda comunque sempre un’estensione). Ogni operazione di misura pone in evidenza soltanto «un» aspetto del corpo che si sta misurando, mentre tutte le altre proprietà di quello stesso corpo ne risultano eclissate ed escluse. Ma dire che tutti questi altri aspetti restano esclusi dal processo di misurazione equivale a considerarli, di fatto, inesistenti. Nondimeno è proprio questa la tendenza fondamentale del nostro tempo. Tendenza che, inevitabilmente, doveva condurre non soltanto a “vedere” il