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Il Ducato di Modena

Nel documento TITOLO TESI / THESIS TITLE (pagine 171-174)

5 Al di là del Piemonte: cenni sulla sopravvivenza del diritto romano in altri

5.1 Il ritorno all’antico tra legislazione e giurisprudenza

5.1.3 Il Ducato di Modena

L’ultimo Stato preunitario a dotarsi di un Codice di leggi che disciplinasse in maniera unitaria il diritto civile fu il Ducato di Modena739.

Analogamente a quanto accaduto nel Regno di Sardegna, la Restaurazione nei territori modenesi determinò la cancellazione dell’intera codificazione napoleonica, e il contestuale ripristino dell’antico sistema delle fonti del diritto, in primis le Costituzioni modenesi del 1771740 e le norme ducali promulgate prima dell’anno 1797741

.

Nel Ducato l’avvio della codificazione fu più lento, perché fu solo nel 1849742 che Francesco V nominò una commissione legislativa, affidandole il compito di formare un nuovo corpo di leggi civili e criminali che fosse «conforme ai bisogni dei tempi e in armonia con quelle degli Stati limitrofi»743, scegliendo «per base del proprio lavoro uno dei codici italiani e specialmente quello di

738 Ibidem.

739

G.ASTUTI, Il Code Napoléon in Italia cit., pp. 34-36.

740

Sulle Costituzioni modenesi in particolare, si veda C. E. TAVILLA, Il Codice Estense del 1771:

il processo civile tra istanze consolidatorie e tensioni riformatrici, Milano 2001; ID., Ricerche di

storia giuridica estense, in “Quaderni del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di

Modena e Reggio Emilia”, 2002, pp. 123-174.

741

Editto 28 agosto 1814, in Collezione generale delle leggi, costituzioni, editti, proclami per gli

Stati Estensi, I, Modena 1814, pp. 11-18. La materia ipotecaria e quella successoria furono le sole

per le quali si conservò la legislazione francese.

742

Decreto 6 agosto 1849, in Collezione generale delle leggi cit., XXVIII.

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Parma». La priorità era quella di conciliare «più Legislazioni fra loro diverse» che vigevano nelle diverse parti dello Stato estense, da cui la «necessità di preordinare sopra una base più ampia il piano delle nuove Leggi»744.

Con la promulgazione del testo del Codice nel 1851, si sancì che dall’anno successivo, contestualmente alla sua entrata in vigore, dovevano ritenersi abrogate tutte le leggi, le consuetudini e le altre norme che avevano efficacia nei diversi domini ducali:

«2. Le Leggi, le Consuetudini, e tutte le altre Disposizioni Legislative vigenti nelle diverse parti dei Nostri Dominj sopra le materie che formano oggetto del nuovo Codice, resteranno col predetto abrogate, salvi i casi in cui lo stesso Codice vi si riferisce»745.

Pur avendo adottato la medesima formula abrogativa del diritto previgente, anche nei territori estensi si verificò un analogo fenomeno di resistenza all’integrale sostituzione del diritto vecchio con quello nuovo, racchiuso nella codificazione. Anche in questo caso, gli indizi più significativi di questa tendenza conservatrice si riscontrano sul piano applicativo, dall’esame delle principali raccolte di giurisprudenza.

La più nota è quella dell’avvocato Guglielmo Raisini, il quale, raccogliendo nella sua Raccolta delle decisioni del Supremo Tribunale di revisione degli Stati estensi746 numerose sentenze provenienti da quest’organo giudiziario di ultima istanza, offre un variegato panorama dell’applicazione giurisprudenziale delle nuove norme, che miravano al superamento del diritto di antico regime. Nella prefazione alla sua opera, lo stesso Raisini dichiarava che la compilazione di una raccolta giurisprudenziale per gli Stati estensi era resa necessaria non soltanto per fini meramente compilativi, ma anche in considerazione del fatto che

«si è attuata fra noi una legislazione civile tanto difforme dall’antica»747

.

Ebbene, questa affermazione ha un peso assai rilevante, poiché rappresenta già un chiaro sintomo della forte cesura che avvocati e magistrati estensi percepivano dopo l’emanazione del Codice del 1851. Ritenuto quest’ultimo un prodotto completamente nuovo, avulso dalle precedenti regolamentazioni, non fu certamente ben accolto dagli operatori del diritto, i quali si trovavano costretti ad

744

Ibidem.

745 Decreto 25 ottobre 1851, in Collezione generale delle leggi cit., XXX, pp. 116-118.

746

Raccolta delle decisioni del Supremo Tribunale di revisione degli Stati estensi, delle circolari,

determinazioni del Supremo Tribunale e del Ministero di giustizia relative ai nuovi codici civili e criminali, con appendice contenente un sunto della giurisprudenza dei Tribunali collegiali dello Stato sui nuovi codici e studii teorico-pratici relativi a materie di diritto, per cura dell’avvocato

Guglielmo Raisini, I, Reggio 1856.

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abbandonare quella tradizione giuridica consolidata, per applicare delle norme che sembravano discostarsi in maniera decisa dal passato.

Uno dei problemi principali che si presentavano di fronte ai giudici modenesi era costituito da tutti quei casi che nascevano sotto una determinata regolamentazione e poi giungevano nella aule giudiziarie quando ormai era vigente una diversa disciplina. In linea di massima, non si riscontrano nelle pronunce del Tribunale di revisione estense grandi difficoltà nell’applicare il diritto sotto il quale era sorto un dato rapporto giuridico: si trattava, in quasi tutti questi casi, di applicare le disposizioni delle Costituzioni del 1771, che costituivano un complesso normativo ben noto agli organi giudiziari del tempo.

Nella decisione XVI, emanata il 27 febbraio 1853748 in tema di interdizione, il Tribunale di revisione enunciava dei criteri che indirizzassero il giudice nella decisione, ogniqualvolta si trattasse di una questione di natura transitoria:

«Considerando che sebbene la retroattività della Legge sia nel potere del Legislatore, due principj per l’altro debbonsi avere presenti:

a) l’uno che per gli atti consumati la retroattività non può aver luogo in materia di forma, per la ragione evidentissima che siccome la necessità di usare certe determinate forme estrinseche non esiste in natura, ma dipende interamente dall’anteriore legge positiva, così ogni effetto dipendente dall’osservanza o inosservanza si dee unicamente determinare dalla volontà spiegata dalla stessa Legge anteriore; […]

b) l’altro, che in subjetto argomento di forme, la retroazione, quando sia voluta dal Legislatore, rispettando gli atti già consumati, non opererebbe che in quanto al temperare l’azione futura di precedenti convenzioni aventi tratto successivo e delle quali non sia ancora venuto il tempo dell’assunzione»749

.

Per quanto concerneva poi l’appello delle sentenze pronunciate anteriormente all’entrata in vigore del Codice, il principio fornito dalla decisione XXXVII, del 1 febbraio 1854750, era quello che ad esse si applicassero le regole procedurali previste dalla nuova legislazione:

«Nelle cause pendenti a vecchio metodo, le forme della nuova processura si applicano agli appelli e ai ricorsi introdotti dopo la sua attuazione tanto contro sentenze di merito, quanto contro decreti interlocutorii»751.

Stante la netta preferenza per le Costituzioni del 1771, i giudici modenesi in diverse pronunce richiamano anche il diritto romano: ad esempio, nella

748 Decisione XVI, 27 febbraio 1853, in Raccolta delle decisioni del Supremo Tribunale cit., I, pp. 119-126.

749 Ivi, pp. 123-124.

750 Decisione XXXVII, 1 febbraio 1854, in Raccolta delle decisioni del Supremo Tribunale cit., I, pp. 303-313.

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decisione XL, pronunciata dal Tribunale di revisione il 22 febbraio 1854752, tra le massime enunciate dal giudice ci sono non solo le dette Costituzioni, ma anche il diritto giustinianeo; nella decisione LV del 26 maggio 1854753, invece, si affermava che il legislatore modenese aveva, in alcune disposizioni del Codice, «fatto ritorno ai più veri principii del gius comune»754.

In materia dotale, la l. 15 C. De rei uxoriae actione in ex stipulatu actionem transfusa et de natura dotibus praestita (C. 5.13.15) è posta, insieme allo Statuto di Carrara, a base della decisione LVI, del 30 maggio 1854755: trattandosi di una fattispecie sorta in epoca anteriore alla promulgazione del Codice, i giudici applicavano la normativa previgente con grande disinvoltura, senza accennare in alcun modo alla regolamentazione già da due anni introdotta, neanche a un fine meramente comparatistico.

Le categorie dogmatiche del diritto romano sono richiamate anche dalla sentenza del 30 giugno 1854756, la quale, «per usare la voce sempre autorevole delle leggi romane»757, enumerava tutti i casi in cui un soggetto manifesti juris est, richiamando a supporto diverse disposizioni del Codex giustinianeo: l. 2 C. Quando provocare necesse non est (C. 7.64.2), l. 8 C. Qui potiores in pignore habeantur (C. 8.17.8), l. 24 C. De donationibus (C. 8.53.24), l. 3 C. Quibus res iudicata non nocet (C. 7.56.3).

Anche la giurisprudenza modenese, ultima nella penisola a doversi confrontare con una nuova codificazione da applicare ai casi controversi, mostra il persistere di un legame non solamente con il diritto romano, ma anche – e forse soprattutto – con le Costituzioni del 1771, che rappresentavano, per i giudici, la principale fonte normativa, ripristinata dopo la caduta del dominio napoleonico.

Nel documento TITOLO TESI / THESIS TITLE (pagine 171-174)