3 Una visione d’insieme sulla pratica giuridica nei tribunali sabaudi
3.2 I periodici e le raccolte giurisprudenziali dopo la codificazione albertina
3.2.2 La Giurisprudenza del Codice civile di Cristoforo Mantelli: il
Il forte attaccamento dei giuristi sabaudi alla tradizione si riscontra anche nelle raccolte giurisprudenziali avviate negli anni successivi all’introduzione del Codice albertino, tra le quali le più note sono senza alcun dubbio quella di Mantelli e quella, di poco più tarda, di Bettini.
338 Ibidem. 339 Ibidem. 340 Ibidem. 341
Annali di giurisprudenza cit., I, 1838, pp. 233-242.
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Avvocato alessandrino e membro della Regia Deputazione di Storia Patria, Cristoforo Mantelli343 fu il curatore della raccolta Giurisprudenza del Codice Civile e delle altre leggi dei Regi Stati344, avviata subito dopo l’entrata in vigore del testo codicistico, a partire dal 1839.
Nella prefazione dell’opera Mantelli, parallelamente alle riflessioni che si pubblicavano, in quegli stessi anni, sugli Annali, affrontava anch’egli il tema del ruolo della giurisprudenza nel nuovo ordinamento, riconoscendole la funzione di interpretazione e integrazione del testo codicistico. La premessa, infatti, consisteva proprio nell’affermazione della inevitabile lacunosità del Codice, perché, per quanto un’opera legislativa potesse essere completa, non lo sarebbe stata mai abbastanza da poter prevedere e disciplinare tutti i casi che possono presentarsi davanti a un giudice345.
«Questa inevitabile condizione di cose, ha indotto i Legislatori a chiamar sempre in soccorso della Legge la Giurisprudenza; quindi vediamo che nell’atto stesso che si promulga un codice, s’ingiunge ai Magistrati di ricorrere a quella in tutti i casi dalla legge non preveduti, ed eziandio ove questa dubbia od oscura presentasi»346.
In questa prospettiva, la codificazione non aveva in alcun modo scalfito la magistratura sabauda, la quale restava ben salda nella sua posizione centrale nell’ordinamento giuridico, poiché ad essa spettava il fondamentale compito di colmare le lacune e chiarire i dubbi interpretativi, che potevano ostare alla garanzia di giustizia nel Regno. Si tratta di un punto essenziale, che mostra la raccolta di Mantelli aderente a quelle che erano le istanze conservatrici della casta giudiziaria piemontese del tempo, particolarmente scettica nei confronti delle innovazioni sul piano giuridico, nonché sospettosa nei confronti della circolazione
343
Sulla figura di Mantelli, cfr.P.RONDINI, Cristoforo Mantelli, in DBGI, II, pp. 1257-1258; ID., I
giuristi dell’altro Piemonte nell’età di Carlo Alberto, in L’altro Piemonte nell’età di Carlo Alberto, Monferrato 2001, pp. 553-582.
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Giurisprudenza del codice civile e delle altre leggi dei Regj Stati, ossia Collezione metodica e progressiva delle decisioni e sentenze pronunciate dai supremi Magistrati sì dello Stato che stranieri, sui punti più importanti di Diritto Civile, Commerciale, di Procedura, Criminale, Amministrativo ecc., compilata dall’avvocato Cristoforo Mantelli, Alessandria, 1839-48.
345 Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 5: «Per quanto la scienza della Legislazione sia a perfezione condotta, il tutto prevedere non è nei poteri del Legislatore. Circoscritto l’ufficio della legge a fissare norme generali di diritto, a stabilire massime feconde di conseguenze, a non discendere a particolari questioni, che possono insorgere sulle materie, che interessano l’umano consorzio, il Legislatore, abbenchè nelle sue generali prescrizioni, si sforzi a voler contemplare la maggior parte dei casi, trova ad ogni passo un limite nei confini della mente umana, comunque sia desso coadjuvato dall’esperienza, e sussidiato dal sapere». È opportuno però rilevare che lo stesso Portalis esprimeva dei dubbi a proposito della completezza del Codice: «Nous sommes également préservés de la dangereuse ambition de vouloir tout régler et tout prévoir», in P.A. FENET, Recueil
complet des travaux préparatoires du Code civil, I, Paris 1836, p. 463. Sul problema della
completezza del Codice, cfr. U.PETRONIO, La lotta per la codificazione cit., pp. 107-144.
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delle opere di carattere giurisprudenziale, le quali potevano rappresentare un mezzo per controllare l’operato dei giudici.
Ebbene, Mantelli chiariva la sua posizione critica nei confronti di quanti credevano che il Codice, una volta introdotto, avrebbe costituito l’unica fonte giuridica di riferimento, l’esclusivo diritto al quale i giudici avrebbero dovuto far ricorso per risolvere qualsiasi controversia. Infatti, di fronte alla dichiarata scelta del legislatore di abrogare il diritto previgente, l’avvocato si domandava:
«Ma se questo Codice abroga e modifica le leggi preesistenti, e stabilisce in moltissime parti, e per la generalità dei Regj Stati un diritto affatto nuovo, per l’applicazione e l’interpretazione del quale non si hanno tradizioni nell’antica Giurisprudenza; se questo deposito di massime e di dottrina, formatosi a lato delle leggi antiche, rimane in gran parte di niun valore, ed estinto colla legge medesima della quale era a compimento, qual guida, qual traccia rimane ai Giureconsulti, ai Magistrati, sempre quando il solo testo della nuova legge, o di altre analoghe, non basti a manudurli nella molteplicità dei casi che quotidianamente presentansi, e che sono dal Legislatore lasciati alla lor decisione? Ricorreranno essi ai commenti?»347.
Dunque una scelta di completo abbandono del passato veniva ritenuta inaccettabile, poiché risultava impossibile sostituire in blocco un intero sistema di norme con un altro diverso, specialmente se si riconosceva – come è dovuto – che nessun ordinamento potesse prevedere tutti i possibili casi che la realtà presenta davanti al giudice. Infatti, «allorquando il diritto romano formava la legge comune della maggior parte d’Europa, le decisioni dei Magistrati stranieri, se non sempre valevano di autorità, generalmente servivano di guida o schiarimento a pronunciare nei casi consimili»: in questo senso, anche nell’epoca di Mantelli risultava opportuno richiamarsi a legislazioni che si mostrassero dotate di principi uniformi ed applicabili: quella romana, ma anche quella francese, «fanno autorità nel foro, sempreché vedonsi emanati sopra disposizioni conformi, od analoghe alle vigenti presso di noi, o che sono altrimenti testuali al caso della cui decisione si tratta»348.
Si potrebbe a questo punto pensare che l’avvocato alessandrino, fautore del richiamo a un diritto ormai abrogato, si ponesse in posizione polemica nei confronti del Codice, ritenendo che la vecchia legislazione fosse più adatta a risolvere le controversie. Ma così non è, perché il riconoscimento del valore del passato non significava rifiuto del presente; Mantelli accoglieva con favore l’avvento della codificazione albertina349
, della quale non mancava di sottolineare i vantaggi:
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Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 7.
348 Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 10.
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Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, pp. 6-7: «Fra i molti e preclari ordinamenti coi quali S. M. il Re Carlo Alberto in pochi anni procacciò ai suoi sudditi prosperità e grandezza, il nuovo Codice di leggi di recente promulgato occupa un posto così distinto, che esso solo
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«Il Codice è la fiaccola che deve sempre illuminarci, sia come legge interpretativa, sia come legge vigente […] Egli può applicarsi senza retroattività ad un
caso anteriore, quando la questione è lasciata incerta dall’antica giurisprudenza. Allora
la legge nuova è considerata come interprete del vero senso dell’antica, e le leggi interpretative sono applicabili in tutte le sue cause regolate dalle leggi interpretate»350.
Le disposizioni del Codice civile, infatti, secondo Mantelli, potevano in molti casi considerarsi confermative ed interpretative delle leggi e della giurisprudenza anteriori. L’idea del Codice come legge interpretativa delle norme previgenti è un’idea sostanzialmente innovativa, in quanto fino a quel momento si era affermato che, all’inverso, fossero le norme del passato a fungere come mezzi di interpretazione della nuova legislazione da legge interpretativa della nuova legislazione. Qui invece Mantelli inverte i termini del rapporto, prospettando una sorta di interscambio tra vecchio e nuovo diritto che sembra del tutto originale. In quest’ottica, anche il passaggio dall’antico regime all’ordinamento codificato si intendeva fosse avvenuto nel segno della continuità, una continuità che non rinnegava il passato, ma al tempo stesso non bloccava l’evoluzione verso il futuro: «Se la legge antica, o diremo meglio la giurisprudenza, non lasciasse alcuna incertezza e fosse diversa dalla nuova, allora, ma allora soltanto potrebbe farsi la questione che toccammo. Ma la legge antica è genericamente conforme alla nuova, e solamente non fornisce mezzo per risolvere pienamente le dubbietà. Invece la nuova le manda in dileguo senza disporre diversamente dalla prima; dunque la nuova legge dee prevalere»351.
Nella risoluzione delle controversie, quindi, non solamente il Codice doveva essere la fonte per eccellenza e il punto di riferimento essenziale dell’interprete, ma doveva anche necessariamente ricorrere, in caso di dubbi e lacune, al diritto previgente, in tutti i casi in cui condividesse con questo i principi posti alla base della disciplina in esame352. Il confronto, però, non si arrestava qui, poiché per ben fondare una pronuncia era anche opportuno, secondo l’opinione di
basterebbe ad illustrarne il Regno; ma questo Codice, mentre comprova che in Piemonte vivono gli eredi di quella sapienza, che diede il primo esempio all’Europa d’una riforma di Legislazione, e che i medesimi seppero mostrarsi degni di cogliere tutta quella maggior gloria».
350
Giurisprudenza del codice civile cit., Mantelli, 1842, vol. VI, p. 154
351
Giurisprudenza del codice civile cit., Mantelli, 1842, vol. VI, p. 157
352 È opportuno altresì considerare che Mantelli individua nella giurisprudenza la fonte sussidiaria per eccellenza, la depositaria di quei «principi generali del diritto» indicati dall’art. 15 del Codice albertino: «Tutto ciò non valse a poter sottrarre il Codice medesimo a quel tributo verso la Giurisprudenza, al quale ogni legge trovasi costretta assoggettarsi (v. art. 15 del Codice Albertino); sicché vediamo ad essa abbandonati i casi più rari e insoliti, le particolarità troppo varie e troppo litigiose, che non possono formare oggetto di un testo preciso di legge, siccome pure tutte quelle specie, che invano si sforzerebbe il Legislatore di prevedere», Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 7.
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Mantelli, operare delle comparazioni con altre realtà giuridiche, tanto che espressamente l’avvocato dichiarava di procedere, nella sua raccolta, a continui confronti con le principali decisioni, sentenze e decreti dei fori di altri regni353, a dimostrazione dell’uniformità e dell’omogeneità di principi adottati, «conformi o analoghi al Codice Albertino».
Il termine di confronto principale veniva individuato da Mantelli non a caso nel Code civil, il quale era ritenuto, al pari delle norme romane, un tesoro inestimabile di principi giuridici, molti dei quali ripresi dal legislatore sabaudo. Trattandosi di una legislazione imposta e in diversi punti discorde dalla tradizione del Regno, erano in molti a voler abbandonare ogni riferimento ad essa, ritenuto non più necessario dopo l’avvento della codificazione albertina; il fondatore della raccolta però mostrava di non condividere affatto questa opinione, sul rilievo che il Codice di Napoleone, e in particolare la sua giurisprudenza, rappresentavano ancora un prezioso strumento per i pratici del diritto, del quale era opportuno avvalersi.
«[…] quel Codice civile, che nel primo lustro di questo Secolo prese il nome da quel Grande, sotto la cui possanza e sapienza fu ordinato […] chi potrà dubitare che la serie di quelle decisioni contenuta in centinaja di volumi, non sia una feconda miniera dalla quale ricavare si possano preziosi tesori, onde coadjuvare alla Giurisprudenza del nostro Codice Civile, e di quelli degli altri, che si stanno maturando nei Sovrani Consigli? Perché dunque nel bisogno di lumi e di guida, potendolo, tralasceremo di giovarci di tante dovizie?»354.
La raccolta di Mantelli aveva dunque lo scopo di fornire ai pratici del diritto – magistrati in primo luogo, ma anche avvocati, causidici, notai – uno strumento che potesse guidarli nell’interpretazione delle norme e nella comprensione degli istituti, presentando non soltanto fonti prettamente piemontesi, ma allargando il panorama fino a ricomprendere le opere legislative, dottrinali e giurisprudenziali di diversi Stati e in diversi tempi, da cui «ciascuno potrà ricavare quel maggior corredo di scienza, e di guida nell’interpretazione delle nuove leggi, cui tanto possono coadjuvare sì fatti monumenti della Giurisprudenza»355.
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Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 9: «Raccogliere le decisioni profferte da quei Supremi Magistrati sopra le varie disposizioni legislative, che trovansi conformi od analoghe al Codice Albertino, ed alle altre leggi dei Regj Stati, in tutto ciò che sarà atto a chiarirne il disposto, agevolarne l’eseguimento e l’applicazione ai varj casi che si presentano; aggiungervi di mano in mano quelle, che si andranno progressivamente pronunciando dai Magistrati medesimi su tali materie; presentare in una sola collezione le principali decisioni, sentenze e decreti dei cinque Senati, e delle altre supreme Magistrature del Regno sulle disposizioni contenute nello stesso Codice e sulle altre leggi patrie; tale si è l’oggetto dell’opera che intendiamo pubblicare».
354
Giurisprudenza del codice civile cit., I, 1839, p. 8.
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3.2.3 La Giurisprudenza degli Stati sardi di Filippo Bettini: la strada