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DI DUE AMANTI 5l mi maraviglio di me stesso, che ho potuto

Nel documento : ili r![ f' li.. (pagine 81-86)

sop-portare tante pene, che tante notti ho pas-sate senza sonno,edhotollerati tanti digiuni.

Guarda

come

pallido e macilento sono dive-nuto.Piccola cosa ò quella che tiene il mio stanco spiritoin queste mie debili membra^

Nessun maggiore suppliziotupotresti darmi di quello che orapatisco, se io e genitorie figliuoli ucciso tiavessi.Setucastighiin que-staforma chiti ama, che farai a chitisarà ingiurioso?

Oh

Lucreziamia,miaregina,mia salute, riposo e sostenimento della vitamia:

deh! non mi abbandonare, e non miavere a sdegno. Rispondimi allaperfine cheiotisono a grado; null’altracosaio desidero.

Deh!

mi sia conceduto di poterdire esser ioservodi Lucrezia. Imassimi principi

amano

ed hanno cari quei, servi,i quali conoscono essere loro fedeli, e gliDei non disdegnano avere cura dicoloro che gli onorano. Addio, mia spe-ranzae mio timore.

Siccome torre che dentro sia squarciata, epareinespugnabileachi di fuorilaguarda,

ma

che rovina tosto l’abbia il nemico assa-lita, così per le parolediEurialorestòvinta Lucrezia, la quale, vedendo lasincera fedo e ilfermopropositodilui, sideliberòaltutto di nontenere più occulto il troppo simulato amore, che manifestò liberamentecon la ri-sposta che segue.

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52 STOIJTA

LETTERA

DI Lucrezia

Piùnon possoa’tuoiprieghi resistere,nè piùoltretenerti celato, oEurialo,ilmioamore.

Vinta mi chiamo.

Tua

sono.

O

bene infelice quel punto che io ricevei le lettere tue! Co-nosco certamentecheiomisottopongo a molti e gravi pericoli, se latua fede e prudenza non mi soccorre.

Bada

a benmantenere ciò che mi scrivesti.

Vengo

nel tuo amore libe-ramente.Se m’ingannerai sarai crudelissimo, cl’uomo piùscellerato ditutti.Facilissima cosa è ingannare una giovane donna;

ma

quantoè piùfacile, tantoè maggiorela vergogna. In-tanto che siamo in tempo, io ti supplico, se pensi ad abbandonarmi, dimmeloinnanziche lafiamma si faccia maggiore,nèdiamo prin-cipio a cosa che incominciata abbia quindi a farci dolenti. Intutteleimpreseprimasi con-vien riguardare al fine.Io, come giovane ed innamorata, poco veggio e conosco: ate,che sei

uomo

prudente, bisogna avere curadi te e dime.

Donomi

a te, e seguito lafedeche m’hai data, nè comincioadesseretuase

non

per essere sempre tua. Addio,mio sostegno e guidadella mia vita.

Dopo

questa ultima lettera,molte altrese ne scrissero gli amanti, nè con tantoardore potea scrivere Eurialo cheLucrezia non ri-spondesse conmolto più.Erapariin loro

una

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DI

DUE

AMANTI

ardentissima voglia di parlaree ritrovarsi in-sieme,

ma

difficileequasi impossibilepareva, perchè Lucrezia era molto guardata dal ge-loso marito: nèmaio incasa ofuorierasenza compagnia.

conmaggior diligenza, cura o gelosia

Argo

custodiva lagiovencadi Giu-none, che Menelao si guardasse la suabella moglie. Questoerroreèmolto sparsofra gl’i-taliani. Ciascuno quasiguarda la donnasua come l’avaroil suo tesoro: edalmio giudi-zio fanno ilpeggio,imperocché

comunemente

tuttele donne tantopiù desiderano la cosa, quantopiù è dinegata loro. Sono dinatura chequandotuvuoi, essenonvogliono,equando tu

manco

vuoi, loromolto più vogliono.

Avendo

la briglialibera peccano meno.

E

però tanto è facile guardare chinon vuole essere guar-dato, quanto è facile poter numerare gl’ in-setti in tempo diestate. Se ladonna persè stessa nondispone volere essere pudica, in-darno si affaticailmaiùto.Fonieguardia,chi guarderàla guardia?

La

donna, cheèastuta per natura, comincia dal guardiano;ella èun animaleindomito, cui nessun freno ritiene.

Avea

Lucrezia un suo fratello non legit-timo, alquale già si era aperta, e fidatogli tutte le lettere che avevascritte a Eurialo;

il perchè ordinò conluichenascostamentesi mettesse Eurialo in casa della madre, conla qualeessoabitava, sendo sua matrigna,eche Lucreziavisitava sovente,edacuierapure so-ventevisitata, avvengachè nonlontano runa, dall’altra abitassero.

Onde

fudato ordine che

STORIA 54

Eul'ialo sinascondesse colà entro in unaca«

mera,dopo chelamadre nefosse uscita,fuori perandare allachiesa, ècheinquello stante sopi’avvcnuta Lucrezia, fingendo divoler la

madre

visitare, e non la trovando

,

mo-strasse di aspettarla, e in quel mezzo si stesse coiramante. Questo doveva interve-nire in capo a due giorni i quali agli amanti,non

meno

che annisi fossero, par-verotediosi:conciossiachèaquelli,chehanno speranzedi bene, le ore si allunghino, ed appaionobrevi a cui un qualche dannosta sopra.

Ma

non arriseaidisegnidegliamanti la fortuna, perche la madre, avuto qualche sentore diquella trama,venuto quel dì, ed uscita di casa, chiuse il figliastro di fuori, il quale tosto corsea recarne la trista no-vella ad Eurialo, acuinon

meno

che a Lu-creziaparvemolesta.

La

donna, veggendo chel’artifiziosuoera stato scoperto, Ebbene, disse, se questo non ha sortito l’effetto, ad altra via si ricoi’ra, e lamadre mia nonpotrà contrastarmi quelle dolcezze

, alle quali sospiro.

E

non si po-tendo rinceso animo quietare, ella si era aperta a Pandalo, parente di Menelao, e fece in seguito intendere ad Eurialo, che con questo si mettesse d’accordo

,

sicco-me

quello che la più spedita via per giu-gnere al piacer loro mostrargli poteva.

Non

pertanto ad Eurialo non pareva che troppo bene di lui si potesse fidare, con-ciossiachè sempre il vedesse a’fianchi di

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DI

DUE

AMANTI 55 Menelao, elo sospettasse di doppiezza e di fraude.

In questo mezzo fu dato

comandamento

ad Eui'ialo

, cheandasse a

Roma

a trattare [jer la incoronazione col

Sommo

Pontefice; il che fu molestissimo tanto a lui quanto alla donna:

ma

fu forza piegare alla vo-lontà dello imperatore.

La

sua lontananza fu di due mesi

, nel qual tempo Lucrezia fu di continuo veduta restarsene in casa, in ogni ora tener chiusi i balconi, vestir sempre di lugubre colore, e non fare un passo mai fuori della porta, della qual cosa tutti avevano maraviglia

, c nessuno sapeva di tanto cangiamento indovinar la cagione. Ogni

uomo

nelveder lei nella me-stizia, non

meno

che vedova si fosse,

sti-mando

essergli mancato il sole, avvisava sè vivere poco

meno

chenelle tenebre. I servi, che spesse volte lavedevano sul letto gia-cente, e giammai sul suo volto di letizia

un

sorriso, pensavano leiessere da qualche malore consunta

, e andavano in cerca di quanti rimedi sapevano. Nonpertanto ella non fu veduta mai più nè ridere nè uscir dalla camera,se non se dopo ritornato Eu-rialo, e che seppeloimperatore esserestato in. persona ad incontrarlo. Allora

come

se da altissimo sonno fosse stata scossa

,

de-poste le negre vestimenta, e ornatasi al

modo

che da prima soleva, e aperte le fine-stre, lui tutta lieta ed ilare aspettò.

La

quale quandolo imperatorela vide:

— Non

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