il
vero, non istirno di avere pagato abba-stanza un cosi gran bene. Ed io sono di quelli che non mi curerei morire
ildi mille volte, se poi una volta sola potessi gustare simili diletti. Oh dolce mia speranza e sommo mio bene
!ingannami
ilsonno, o pure veramente sono teco? Tu sei pure la mia bella
Lucre-zia. Io
tiposseggo! —
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to STORIA
Era Lucrezia vestita di una leggierissima gonna, che alle
membra
senza piega alcuna arrendevasi, enon furavaallavista la bel-lezza del seno e de’ fianchi,iquali anzi mo-stravansi inogniloroforma egrazia.Aveva
le carni come fioccanteneve, gli occhi rilu-cevano coinè un raggio di sole, lo sguardo era letizioso, lafaccia venusta e serena, le guance parevano di gigliocommisto arose, il suo riso era dolce esoave, il petto ricol-mo;le mammelle sorgevano ritonde a guisa dimelagranate, ed eccitavano coi loro pal-piti un dolcesolletico.
Le
quali cosecon am-mirazione e diletto fisamente riguardando, Eurialo più contenerenonsipuò.Onde
sban-dita dase ogni temenza, eposto da parte la modestia, abbracciandoebaciando Lucre-zia, disse; Oramaiètempo digustare i soa-vissimi frutti d’amore:—
egià alle parole aggiugneifatti.Lucreziafa resistenza,affer-mando
nonvolereperdereilfiore disua one-stà, e che il suo amore non desideravase non dolci ragionamenti c baci. Eurialo sor-ridendo rispose:O
saaltri cheiodoveva ve-nir qui, o noisa. Se il sa, credi tu che ei nonvoglia sospettareil rimanente,echenon sia graia raattezza esporsi a tanto pericolo divituperio e non gustare i frutti? Senoi sa,comesipotrà risapere quello che siamoper fare?Questo è il veropegnodi amore,e la-scerei più prestola vitache farne senza.—
Ah, questa època cortesia, dissealloi’a Lu-crezia.
—
Poca cortesia sarebbe,soggiunseDigitizedbyGoogle
DI
DUE
AMVNTI 71 r amante, nonusareil bene quandosi può, ed io voglio valermidiquesta ventura tanto lungamente cerca e desiderata:—
e fatte Tultime prove vinse chi combattevaper es-sere vinta.Ma, nonchele amorosedolcezze avessero a loroingenerato fastidio, come in-tervenne adAmnone
colla sorella Tamar, sete maggiore in loro produssero. Final-mente Furialo fatto ricordevole del luogo,poiché s’ebbe alquantodicibo e dibevanda confortato, presecommiato dallasua amante.
STORIA 72
la qualea malincuore partire illasciava, ed uscifuori in
modo
chepersonanon se ne ac-corse, essendo da ciascuno creduto un fac-chino.Intanto che Eurialoandava a casa,
non
potevacessare dalmaravigliarsidisè stesso.Oh
seadessom’incontrasseloimperatore,ci di-ceva,emiriconoscessein quest’abito,chenon
penserebb’egli! Quanto non si befferebbe di me! Io sarei la favola di ciascheduno e il trastullo dilui,ilqualemai nonlascerebbemi, finche tutto manifestato non avessi. Io do-vrei dire a qualfineho ioindossato così ru-sticano vestimento.Ma
io fingei'ei, e direigli essereitoabenaltramatrona,perchèsobene ch’egli ardedi questa.Ne
giova ame
cheiodebbafarglipaleseilmioamore. No, giam-mai tradirò io Lucrezia, che tanto soave-mente mi accolse, e colsuo ingegno fecemi salvo.
Mentre, cosìandando, ragionava dentro di sè, si avvidediNiso,cui cercò di sopravan-zare col passo, ed entrò in casa senza che egli di lui si avvedesse, ed ivi deposto il ruvido saio e riprese le sue vestimenta, si fe’atuttoricordare a Nisoilpassato evento;
e mentre narrava dellasopportata paura e della gustata letizia, a volta a volta pren-dealo dinuovoil timoreela gioia.
E
il pas-sato spavento faceaglidire:Me
pazzo, chea femmina la mia vita commisi! Eppurenon
CO.SÌ eranogl’insegnamenti di mio padre,il quale dicevami sempre digiammai non ini
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t)l
DUE
AMANTI 73fidare didonna, bestia indomita, infida,
mu-tabile,crudeleedamillepassionisoggiogata.
Ma
io,nonricordevoledi tale dottrina, abban-donailamiavitaaduna femmina. Qual vergo-gna perme
se taluno conosciutomi avesse, quando mi caricavalespalle collesacca del frumento!Qualvituperoperme
e pe’miei di-scendenti!j\Iiavrebbealienato l’animo dell’im-peratore, al quale sarei forse venuto in di-spregiononaltrimenticheunpazzarelloinsano.Seilmarito, intantochefrugavanelloscrigno, m’avesse trovato colà nascosto!
La
leggeGiu-74 STORIA
liaè crudaassaicontroagliadulteri;
ma
la rabbiadiunoscolmatomaritoèpiùcruda an-cora.Questi uccidecol ferro,quellouccidecon sanguinosebattiture,edaltriuccidel’adultero conficcandogli dentro ilmuggine.Ma
pogna-mo
cheilmaritotolto divita non miavesse;forse chenonmi avrebbefattolegare,e,
col-mo
divergogna, consegnato alloimperatore?Diciamo ancora che io avessi potuto scam-paredalle sue mani, sendo egli inerme ed
ioavendomi al fianco lafidaspada!
Ma
egliaccompagnato era,e pendevano alle pareti armiingran numero cheagevolmentepoteva pigliare: ha moltiservi incasa;avrebbe gri-dato;tostosisarebbero chiuseleporte, edio preso, avreidovuto patire ogni più riapena.
Me
pazzo!Nessunaprudeiiza,ma
il caso fu chemisalvòdaquelpericolo.Perchèilcaso?di’ meglio lo pi-onto senno diLucrezia.
Oh
donna fedele eprudentissima!Oh
senza pari e nobilissima amante! Perchè non ti cre-derò io? Perchè nonporrò ioin teogni,fi-danza?Avessi pure milleteste chetutte in te le vorrei ciecamente commettere.
Tu
sei fida, tu accorta, tu saggia, tu saiamare
e sai nei pericolisalvar lo amante. Chicon tanta prontezza avrebbe potuto pensareal
modo
di trasviare quelli che parevano vo-lere cercarme: chi mai, senon l’accortis-simo tuo senno? Questa vita, che tu m’hai salva, è a te consacrata per sempre.Non
più mia,