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si sappia: questo non si può fare senza mezzo

Nel documento : ili r![ f' li.. (pagine 89-99)

STORIA GO

T’è bengià noto dì'quantafidanzaiosia me-ritevole; imperciò, sea

me

nondisdegni com-metterti, parla. Jlaggior mia cura si è che questo

amor

tuo nonsiadiscoperto, en’abbi tua pagare il fio

, e il marito a essere in istrazio e beffe diciascheduno.

— A

cui Lucre-zia: lacosaè

come

tudici,ediohoin tetede grandissima;

ma

tumiseiparutononso

come

negligente, e quasi contrarioa’miei desiderj:

ma

dappoi che spontaneamentemiofferì 1’ o-pera tua,volentieri Tuserò, nèstimerò giam-mai chetumi voglia ingannare. Saidiquali fiamme arde il miocuore,lequalicertamente

pili softrire nonposso.Aiutami adunque,aciò che noi possiamo trovarci insieme. Eurialo per

me

sistrugge etormenta,edioper

amor

suo impazzo e moro;enullav’hadipeggiore quanto il voler affrontarelenostrebrame.]\Ia seunasolavoltacipotessimo trovare insieme,

ameremmoci

poi con maggiore temperanza, e ilnostro amore sarebbepiùcelato.

Va

dun-que ed esponi ad Eurialo l’unicomezzo per trovarsi meco,ed è questo: da qui aquattro dì, quando verranno i contadini a recare il

frumento, egli da facchino sivesta, ecoperto di sacco faccia operaper trasportarelebiade su per le scale nel granaio.

Tu

ben sai che nella mia camera v’è un'apertura, che sulle scale mette,la qual cosa tudiraiadEurialo.

Ter quel giorno io resteròcolà,cquandofia l’ora io mi renderò solettanellacamera.Egli pure, quando si veda inosservato, urti albi porta, l'd entrerà meco.

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t)I

DUE

ALIANTI . (U Questecose udiva iSosia, e comecliè fosse difficile negozio, a fine di evitare mali peg-giori si diede a correrelacittà,ctrovato Eu-rialo gli narrò distesamente ogni cosa. Sati-sfecemoltoadEurialo questo disegno,alquale pareva lievissimaimpresa, e di niente altro sidoleva, senonche troppo lungoglipareva

breve termine.

Oh

insensato pettodegliamanti!

Oh

mente cieca!

Oh

presuntuosi ed audaci animi!

Oh

pettie cuori sicuri! quale cosa ò grande che a voi non paia piccola?che c perico-loso chenon vi apparisca sicuro? qual cosa è tanto chiusa che a voi nonsembriaperta?

Voi spregiateognipericolo,ogni laboriosa im-presa voi giudicate facile,ciascuna custodia de’mariti è indarno appresso divoi,nessuna leggevi raffrena, nessun timore,nessuna ver-gogna curato

, nessuna asprezza vi stanca, nessuno ostacolovi arresta.

Oh

amoretiranno di tutte le cose! tuil baroneaCesare accet-tissimo, di ricchezze abbondante, per età già virile, provetto nelle lettere e per pru-denza chiaro, a tanto l’hai tucondotto, che glisplendidi vestimenti depose pervestire di grossa tela: il voltositinse,edipadronevii servo si fece.

E

quelloche erastato nelle deli-zie nodrito, ora si addestra a sobbarcare il

dorso a gravi some, e,fattosi un mercenario dapiazza,appigiona se stessoper prezzo.

Oh

stupenda cosa epoco

mcn

cheincredibile!

Un uomo

giàperconsiglioprestantissimo confon-dersitra laturbadei facchini,ed acconciarsi

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STORIA 62

agliusi plebei di quellabassa ed abbietta gente. Chi potrà produrre una tramutazione più strana? Questo èquantovolle significare Ovidio, quandoparlò ditrasformamenti d’uo-mini talora inbruti e talora o in sassi o in piante. Questo sentì eziandio Omero, l’ al-tissimo poeta, quando cantò degli aniatoi*i di Circein belve convertiti.

Ma

tant’è.

La

fiamma diamore toglie agli uomini ilsenno in cosìfatta maniera,che dallanaturadelle bestie poco

men

che nulla differiscono.

L’aurora abbandonava il croceo letto del suo Titone, adducendo il desiderato giorno, cui tosto ilsole facevabello de’suoiraggi, e infondeva ildiletto nell’animo impaziente di Eurialo, il quale allora sò fortunatissimo e beato estimava. Mescolatosi adunque tra la bassa gentedi sua casa s’accorse cheda nes-suno era conosciuto. Uscì, ed entratonellacasa diLucrezia, delfrumento si caricò, e poeta-tolo nelgranaio, fu 1’ultimo a discendere, e avendo imparato quale eral’usciodella ca-meradisegnata, che stava a mezzo la scala esocchiuso, lo spinseun po’, eentrò den-tro e lo serrò, evedendoLucrezia cheaveva a mani un lavoro in seta, selefeceetàpresso e disse:Tisaluto, animamia, unico sostegno, unica speranza della mia vita.Finalmenteti trovo qui sola: oranon hoioquialcuno osta-colo a’mieilungotempodisiatipiaceri.

Non

più un

muro

cisepara,nessunacasatirende piùlontana dai miei abbracciamenti.

Lu-crezia, sebbene avess’ella dispostaognicosa,

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/

inquesto primoabboccamentostupefatta,non Burlalo,

ma

un’ombragliparcavedere,non po-tendo credere che untanto barone fosseper andare incontroacosigravipericoli

;

ma

poi-chétra gli abbracciamenti edi baci il suo Eurialo riconobbe: Poverino, esclamò, seitu dunque? Sei tu qui, o Eurialo?

Intanto su per le guance s’era diffuso ungentile ros-sore, si avviticchiò più strettamente al suo caro, del quale mai non si saziava di con-templareil viso. Indi ripresa la favella, sog-giunse: Ahi lassa! a quanti pericoli ti sei tu esposto per

amor

mio!

Che

posso io dire

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STORIA

<54

(li più? Al presente restoio certa die io ti sono carissima, e deiramor tuo lio fatta

non

poca esperienza.

Ma

tu non troverai d’altro proposito me: solo vuoisi che il cielo asse-condi,eun prospero finediaalnostroamore.

Finchelo spiritoreggeràquestemembra, nes-suno da te in fuori non potràmai avere di

me

lavittoria, non che altri,

ma

il marito mio; se marito mio ragionevolmente si può chiamare, essendomi stato dato eontroalmio volere, nè avendo mai l’animomioinlui eon-sentito. Orsù ti affretta, o dolcissimo c soa-vissimo mio bene, getta via questo saeco e mostramiti qual sei. Togliti questo laido ve-stimento, queste cordeda facchino c,che io possa vedere il mio Furialo.

Furialo allora

, trattosi l’abito rozzo e laido, c rimastoingiubbonedibroccato d’ar-gentopulito e bello,giàsipreparavaalgiuoco amoroso.

Quando

Sosia,accorto, bussòTuscio della camera moltoin fretta,dicendo: Abbia-tevi cura, 0 amanti; eccoMenelao cheviene conassai celeritàper cercare in questa ca-mera non so che scrittura. Nascondete pre-sto,nascondeteifurtivostri, cconsagaci astu-ziesalvate 1’uno e l’altro,cnonpensate or-mai poter di qui uscire.

Lucrezia allora disse: Quic’èUnostanzino, nelquale stanno ripostele cose dimaggior prezzo. Questo è

il sito del quale a tescrittoavevadivolerti colare nel caso, che stesse per sopravvenire

il marito. Filtra, l’oscurità tifarà‘salvo,

me

sta quatto, e badapersino anonsputare.

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DI

DUE

AMANTI 65 Ignaro diche si facesse,piegò Eurialo alle parole,della sua donna, laquale, poiché lui colà entro ebbechiuso, aperto l’uscio, tornò alsuo lavoro.

Subitodopoentrònellacamerailmaritocon

sci*Berto, e simise a cercare d’uno istrU-mentopubblico, enontrovandolo dentroallo scrittoio, disse: Questa carta sarà forse nel-lostanzino. Va, Lucrezia, per unlume, vo- * glio cercarelà dentro.

^

,

Udendo

queste parole, Eurfàlosentì tutto gelarsi,^e già pensando che laLucrezia in-gannato loavesse, incominciò seco adolersi, dicendo:

Me

tapino! Nessuna cosa m’ha co-stretto a venire inquesto luogo, se non la mia singoiar pazzia. Questa è quella volta che io sarò prdso, e,vituperatoin perpetuo;

ecco eh’io sono per perdere quanta grazia ho colmioimperatore.

Ma

che penso io alla grazia? Volesse Dio che io non perdessi la vita, a tal pericolo mi sono sottomesso! Chi

mi

può qui salvare? Certamenteiosono allo stremodeigiorni mici.

Oh

infeliceame!

Oh

mattosopratutti imatti!

A sommo

studiomi sono condottoingravepericolo. Oimè,che dilettisono questi checaro costano,se ccosì breveladolcezza,etanto fuormisuralunghii

tormenti?

Ah

setantosopportassimo perlo con-quisto del cielo!

Oh

strana mattia dinoi uo-mini, che patirenon vogliamo un corto tra-vaglio per ungaudio lunghissimo,mentreche per le cagionidi amore,la letizia delquale non è chefiuno, tantasopportiamo angustia

5

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STORIA 66

edaffanno. Iosono a

me

stesso esempio.

Al

presente saròio bene lafavola ditutto que-sto popolo, nè so per qual via potrò scam-pare. Se mi libero di questo laccio

,

mai

più nou mi ci lasciocogliere.

O

Dio, ti sup-plicochemisalvidaquest’angoscia,abbi pietà della mia giovinezza: deh, non voler far conto della mia inesperienza! Salvami, per-chè possa iofarpenitenzadegli altrimiei pec-cati.No, certo Lucrezianon mi havolutobene giammai,ma, simulando diamarmi, m’ha al-lettato nell’insidia a

modo

di uncervo.

Ora

èvenutol’ultimo de’mieigiorni.Spesse volte avevosentitoraccontare ifemminili inganni, e nondimeno non

me

n’ho saputo guardare;

ma

se questa volta n’esco, nonporrò mai più fede in lusinga didonna.

Frattanto Lucrezia nonsentiva minori af-fanni, nè

manco

era sollecitadella salutedi Furialo chedellasua propria.Ma,comespesso ne mostrala esperienza, ne’ sùbiti pericoli gl’ingegnidelledonne esser prontissimi, così Lucrezia subitamenteha pensato ilrimedio.

Marito mio, dice, io mi ricordoche tu ripo-nesti questa carta nelforzierino, che ioposi qui poco avanti in su la finestra.

Andiamo

a cercarvela.

— Andando

con celerità, e fingendo volerloaprire,destramentelospinse efecelocaderedalla finestraa terra

;poi

come

se a caso fosse caduto, dicesse al marito:

Ahimè,corri,corrichenon perdiamo qualche cosa; m’è caduto il forzierino dalla finestra;

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DI

DUE

AMANTI 67"

presto,vagiùconserBerto, acciò che qual-cuno non furilegioie ele carteche visono dentro; va tosto, che fai? andate dico,in buon’ora, io resteròqui, evedrò dalla line-stra che altri non prenda alcuna cosa, men-tre tu scendi.

Consideri ciascunoquantosial’astuzia delle foinmine,epoiabbia fidanzain loro.Nessuno è tanto accorto che possaresistere allaloro astuzia, equeglisolamentenonfumai ingan-nato, cui la moglie non volle ingannare.

E

STOllIA 68

però si può direche ciascuno sianella

mo-gliesua più avventurato, che savio.

Commossi adunque Menelaoe ser Bei’toper questoinaspettato caso,subitoandaronoin quellaparte, dove il forzierettoera cascato, e perchèle casesonoinToscana moltoalte, e bisogna salire o discendere molte scale

,

Eurialo ebbe spazio di mutarluogo, e

me-nato da Lucrezia, di nascondersi altrove; intanto chequelli raccoltele carte, e quella che cercavano non avendopotuto trovare, se n’andaronodoveprimaEurialo nascostos’era, e quivi avendo trovato quelloche volevano, salutatala donna, si partirono incontinente.

Rassicurata Lucrezia, serròl’uscio dentro, e ripienadi letizia trasse loamantedalluogo occulto, e cosìincominciò adirgli:Vienifuori, Eurialo, esci, dolce mia speranza, accostati ame, amor mio. Vieni,mia

somma

delizia.

Giàècessatoqualunquepericolo.Ognicosaè ridotta al sicuro.Oraèdato il

campo

libero a’nostri ragionamenti,epossiam senzapaura alcuna gustareilsovranodiletto.Seainostri amorosi bacilafortunahavoluto essere con-traria, gliDei ci sono stati propizj, e non hanno permessocheduesi fideliamantisieno periti.Vienitra lemiebraccia,non aver più sospizione veruna

, mio bel giglio

, mio bel

mazzodi rose.

A

che pensi?Di che hai so-spetto? Ecco che Lucrezia è teco, a che tantoindugi a stringerlaaltuoseno?

Eurialo, scacciata dasé appenalapaura, si gittò al collo di Lucrezia: Giammai,

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DI DUE AMANTI 69

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